IL VENTO E' CALATO
- Mauro, e tira quella scotta! - sbottò con rabbia Padron Bacì. Il fiocco è troppo allascato! Per la miseria, possibile sia sempre io a darti l'imbeccata! Tu non t'accorgi mai se qualcosa non va. E tu, Battistin, non ridere: ce n'è anche per te! Corpo di Giuda, sistema quelle reti da un'altra parte. Lì danno fastidio. - Marinai d'acqua dolce, padron Bacì - ridacchiò il Camoglino, reggendo con mano sicura il timone della paranza. - Tu, Camogli, taci!- gli gridò di rimando Padron Bacì. - Bada piuttosto di stringere con quel timone e di guadagnare all'orza se non vogliamo perdere velocità. Ma porco mondo, a tutto devo pensare io? - Altrimenti che ci staresti a fare? - borbottò tra i denti a bassa voce Mauro che già aveva teso il fiocco e stava finendo di avvolgere una scotta attorno ad una galloccia di rame. Gli altri non si presero nemmeno la briga di brontolare perché Padron Bacì lo conoscevano da tempo e le sue urla e i suoi avvertimenti, per quanto giusti, non facevano più né caldo né fresco a nessuno. Si limitavano ad ubbidire e basta. Sin dall'età di sei anni Padron Bacì aveva imparato a camminare a gambe larghe sul legno dei ponti e ad adattare i suoi passi al beccheggio sempre diseguale delle navi. A terra, dove si soffermava il minimo indispensabile, si trovava a disagio a meno di non camminare per le ripide straducole a saliscendi del suo paese dove la conformazione stessa del terreno gli dava quel senso di instabilità che, per lui, era la sola sicurezza di rimanere in piedi. Nato e cresciuto in un paesotto dell'imperiese, divenuto marinaio parte in ossequio ad una tradizione familiare, parte ad una servitù che da sempre aveva legato la sua gente al mare e parte perché‚ senza il mare non avrebbe saputo cos’altro fare, si era subito adattato al lavoro di pescatore, dapprima sotto padrone e poi, in proprio quando, dopo la guerra, era riuscito a mettere da parte il gruzzolo necessario per comprare una paranza con motore. Quello gli era parso l'atto più avveduto di tutta la sua vita. - Da mozzo a capitano! - aveva scherzosamente brindato il giorno in cui era uscito in mare con quella imbarcazione di seconda mano dallo scafo non troppo vecchio, ma già abbisognevole qua e là di qualche rabberciatina. Per l'occasione s'era comprato un berretto con la visiera sormontata da due ancore intrecciate, dorate e luccicanti sotto i raggi del sole. Quel berretto ce l'aveva ancora dopo tanti anni; unto, lercio, puzzolente di pesce e di sudore e sformato non tanto per l'uso ma per le innumerevoli volte che Padron Bacì l'aveva sbattuto sulla coperta allorquando le reti venivano su con tanto pesce che non sarebbe bastato a pagare il carburante consumato per raggiungere la zona di pesca. E Padron Bacì, da buon marinaio, usava quasi sempre le vele, difendendosi, contro chi l'accusava di taccagneria, col dire che gli dava troppo fastidio il brontolio del motore sotto i piedi e il puzzo della nafta. Al berretto ora mancavano solo le ancore dorate; le aveva strappate in un impeto di rabbia il giorno in cui un suo marinaio, scherzando, gli aveva detto: - Bacì, quando vedo quelle due cose lucenti sul berretto, mi sembra di scorgere la "gallina" portata dai gerarchi fascisti sull'orbace. - Va' all'inferno tu e loro! - era stata la secca risposta. Con furia Padron Bacì aveva strappato le due ancore e le aveva scaraventate in mare. - Ehi, Padron Bacì, il vento sta calando! - gli gridò il Camoglino. - Arriveremo in ritardo all'appuntamento. - Non sarà la prima volta. Non so che farci se il vento cala. Prova tu a metterti a soffiare, se ne hai voglia! - aggiunse. E mentre il Camoglino sbottava a ridere, il vecchio andò a sedersi a prua vicino ad un gavitello, tirando furiose boccate di fumo dalla sua pipa intartarita e dal cannello rosicchiato. Ogni volta, quanto più si avvicinava il momento dell'appuntamento, tanto più lo assaliva una sorda preoccupazione e uno strano non so che lo attanagliava allo stomaco e alla testa. Forse era paura, ma non l'aveva mai voluto ammettere. Preferiva definirlo un vago malessere che lo coglieva sempre all'imbarco e allo sbarco della merce di contrabbando. Dopo passava e non ci pensava più.... almeno fino alla volta successiva. - Ormai, - diceva ad ogni operazione conclusa, - 'la messa è finita' e siamo giunti all’ite missa est'. Padron Bacì avvertì di nuovo la presenza di quel malessere e, tirando un buffo di fumo subito disperso dal vento, pensò : "Perché mai mi metto sempre in questi imbrogli? Chi me lo fa fare? I soldi? Già, i soldi, ecco la ragione! Maledetti i soldi, anche se fan sempre comodo. Oh, ma questa‚ è l'ultima volta che accetto. "L'ultima volta che accetto", parole ripetute spesso; una promessa da marinaio mai mantenuta. Arrivava il Milanese, lindo, pulito, in doppio petto, perfettamente rasato e con uno stereotipato sorriso sempre pronto. - Padron Bacì, ci sarebbe il solito lavoretto. Si tratta di un carico. Sigarette e liquori. Martedì, stesso posto, stesso prezzo. - Una pausa e poi: - Be', forse qualcosina in più, - aggiungeva il Milanese nel vedere il volto del marinaio contrarsi in una smorfia. E Padron Bacì partiva. - Maledetti i soldi! - borbottò e poi, rivolto al Camoglino, gridò: - Ehi, Camogli, accidenti a te! Raddrizza, non vedi che sbanda! Una improvvisa scarrocciata della paranza aveva distolto per un attimo Padron Bacì dai suoi pensieri. - So io quello che faccio, - gli aveva risposto irosamente il Camoglino, raddrizzando la grossa imbarcazione con un giro di timone. Padron Bacì riprese il filo dei suoi pensieri. "Ma sì, ma sì, basta! Basta con questi patemi d'animo! Lo lascio agli altri il contrabbando. Se il Milanese viene ancora a propormi un altro viaggio lo butto in mare quant'è vero Dio che mi chiamo Bacì. Madonna mia! Se in paese si sapesse che Bacì, proprio Padron Bacì, l’uomo che dice di essere tutto d’un pezzo, è un contrabbandiere, chissà le chiacchiere e pettegolezzi! Senza poi pensare a qualche anima buona e pia sempre pronta a fare una soffiata alla Finanza; non per cattiveria, ma solo per il piacere di giocare uno scherzetto a Padron Bacì. Ma a pensarci bene, che faccio di male? Mica contrabbando droga o armi, no? Qualche cassa di liquori e di sigarette non fa male a nessuno. Tutti bevono e a tutti piace una tiratina. Semmai a rimetterci è lo Stato: ma chi se ne frega dello Stato! Per quello che fa per noi marinai! - Eccolo laggiù? Il grido di Mauro lo distolse completamente dai suoi pensieri. Si alzò e, preso un cannocchiale verdastro e mezzo arrugginito, lo puntò sulla macchiolina che gli occhi più acuti del giovane marinaio avevano avvistato. Sì, non c'era dubbio: si trattava dell' “Argiropulos”, un vecchio residuato bellico battente bandiera greca e destinato al trasporto di merci di dubbia provenienza. Anche dal bastimento dovevano averli avvistati perché subito la prora aveva puntato su di loro. - Speriamo bene e che nessuno ci capiti addosso proprio ora, - borbottò Padron Bacì senza pensare che in quel momento si trovava al di là delle acque territoriali, lontano dalla costa e fuori dalla rotta usuale delle altre navi. Ma tant'è, quel certo tremore interno lo faceva sempre pensare storto. Andò, invece, tutto bene, come al solito e come al solito il capitano dell ' “Argiropulos”, prima di allontanarsi, gli gridò col megafono: - Alla prossima volta, vecchia balena! - Va' in malora! - gli aveva urlato di rimando Padron Bacì, facendo virare di bordo la paranza che, pescando un poco di più per tutte quelle casse di sigarette e di liquori nella stiva, s'era allontanata scricchiolando in tutte le sue giunture. In breve l'”Argiropulos” era sparito all'orizzonte, inghiottito dalle onde sollevate da un vento di grecale, levatosi improvvisamente. Sembrava quasi che il tempo, concesso il minimo indispensabile per il trasbordo della merce, volesse adesso rifarsi di quell'ora perduta Il giorno volgeva al tramonto e il mare, tutt'attorno alla paranza, s'era fatto di pece tranne la cresta di qualche onda che, increspandosi, si innevava tutta. Il cielo, illividito, gravava come una cappa di piombo sul piccolo guscio che beccheggiava paurosamente e nubi nere, minacciose, s'andavano addensando a poppa della paranza che sembrava volesse sfuggirle per non esserne inghiottita. A tratti, a qualche improvviso mutamento di vento, lo scafo si inclinava paurosamente a sfiorare la cresta delle onde mentre l’ampia vela triangolare, sbattendo con secchi schiocchi simili a frustate, pareva l’ala penzolante di un gabbiano ferito. Quando poi la barca si raddrizzava, allora il vento si divertiva a far vibrare le sartie improvvisamente tese, quasi fossero corde di una immensa arpa. - Tieni sempre il timone a grecale, Camoglino! - ordinò Padron Bacì. - E fa attenzione al vento. Tra poco comincerà a girare come una banderuola. - Perché non navighiamo a motore? - intervenne Mauro. - No, si naviga a vela. Mi sento più sicuro. Non c'erano motori ad appestare le barche col loro puzzo quando avevo dieci anni. E poi le tempeste non hanno mai fatto paura a nessuno. - E chi parla di paura? - sbottò Mauro punto sul vivo. - Io mi riferivo alla sicurezza della paranza e del carico. Se entra acqua nella stiva, addio sigarette! - Tu pensa a controllare le vele e a tenerti in equilibrio perché‚ se il vento aumenta, vedrai che ballo! Quasi a dargli ragione un'alta ondata si abbatté‚ in quell'istante sulla imbarcazione, prendendola d'infilata da prora e rovesciando su tutta la coperta un mare di schiuma biancastra che rifluì poi dagli ombrinali. - Battistin, - urlò Padron Bacì in mezzo a tutto quel ribollire biancastro, - assicurati che il boccaporto sia ben chiuso! Il giovane si mosse subito, traballando, e s'accucciò il più possibile per sottrarsi alla forza del vento. Il tempo cominciò a passare. Interminabile. Il vento non era minimamente scemato e le ombre, calate di colpo, s’erano andate via via addensando e facendosi sempre più scure. Non ci si vedeva ad un palmo dal naso. Solo gli ordini di Padron Bacì erano l’unico legame a tener tutti uniti. Padron Bacì in quei momenti - e quello non era certo il primo nella sua lunga pratica del mare - non cercava di ragionare: si affidava all'istinto affinatosi in tanti anni di mestiere e lasciava che fosse lui, l’istinto, a dirigere la barca. “Per ragionare - era solito dire - occorre tempo, occorrono istanti e il vento, soffiando all’impazzata, raramente te li concede. E allora, s’arrangi l’istinto.” Anche in quell’occasione padron Bacì si affidò all’istinto e, avvicinatosi al Camoglino, gli tolse il timone dalle mani. - Da' a me! - ordinò . - Tu sta attento alle vele e tieni d'occhio Mauro. Quel ragazzo deve avere una fifa terribile; non credo si sia mai trovato in mezzo ad una tempesta simile a quella che prevedo. Il Camoglino si allontanò piegato in due e Padron Bacì con la barra tra le mani dovette subito far deviare lateralmente la paranza per evitare allo scafo, superata l'alta cresta di un'onda, di tuffarsi di prora a guisa di un gabbiano a caccia di pesci. - Maledetta notte! – mormorò- All'improvviso il ricordo di un'altra notte simile, legata ad un episodio di guerra in cui era stato coinvolto durante l'ultimo conflitto, una notte da dimenticare, affiorò in tutta la sua nitidezza. Un lampo azzurrastro illividì il cielo e gli fece balenare davanti agli occhi il ricordo dell'arco sbrecciato di quel ponte che, nonostante tutto l'esplosivo usato, era rimasto in piedi, in precario equilibrio, simile ad una enorme bocca spalancata, ghignante, pronta ad inghiottire chiunque. - No! - si lamentò Padron Bacì cercando di ricacciare il ricordo. - No, non adesso! Ma quanto più cercava di non pensarci, tanto più il ricordo continuava a formarsi, chiaro, nitido. In quei momenti lo assaliva un misto di sorda paura, di impotenza e di rimorso. Ma quale fosse la sensazione a prevalere Padron Bacì non lo sapeva e non si curava nemmeno di stabilirlo. Quando il ricordo riaffiorava, si affannava a tracannar più vino possibile finché i fumi dell'alcool non lo inebetivano completamente, oscurando il passato. Purtroppo, in quel momento non c'era tempo per bere vino. - No, - si lamentò di nuovo, - no, non adesso!....
.....sì, questa notte: ho deciso. Se non approfittiamo del temporale che imminente, non ci si presenterà presto un’altra occasione. Domani notte il cielo sarà forse sereno e siamo in periodo di luna piena. Sarebbe un suicidio tentare al chiar di luna . Gli ordini sono precisi: bisogna far saltare il ponte il più presto possibile e per me questo significa subito. Qualcuno ha qualcosa da obiettare? - concluse Greco guardandosi attorno. Nessuno fece eco alla sua domanda. Seduti nel casolare abbandonato, attorno ad un fuoco che stava languendo, i cinque uomini, ascoltando i progetti del loro capo, continuavano a pulire e a lubrificare le armi. La vita all'aperto le faceva rapidamente arrugginire. - Bene, allora piantatela di cincischiare e prestatemi un poco di attenzione. Non mi va di ripetere due volte la stessa cosa, specie quando il tempo stringe. Dunque, - continuò non appena li vide fissare la carta topografica stesa su un tavolo, illuminata da una torcia elettrica - il nostro obiettivo é questo ponte, proprio questo qui, - precisò battendo con l'indice sulla carta. L'ho ispezionato ieri con i binocoli, dall'alto, durante una ricognizione. Si tratta di una sola arcata molto alta sul greto del fiume. Tra l'arcata e la sede stradale ci sono dei pilastri di sostegno. Ce n'é una fila da ogni lato; non so però dirvi quanti siano, due, tre, forse quattro. Vi ripeto, non lo so ma non importa. Abbiamo abbastanza esplosivo per fare un bel botto. - I pilastri sono tre per parte, Greco. - E tu, come lo sai? Greco si era voltato verso un ragazzo, uno degli ultimi ad essersi volontariamente aggregato al gruppo quando erano stati richiesti dei volontari. - Lo so perché sono cresciuto da queste parti e il torrente in quel tratto della valle lo conosco a palmo a palmo. E così pure il ponte. - E perché‚ non l'hai detto subito? - Mica sapevo quale fosse l'obiettivo! Ce l'hai detto solo ora. E, se ti interessa, te lo posso dire io come é fatto quel ponte. - Avanti, parla! - Beh, ve lo dico subito: se intendete minare tutti i pilastri del ponte, ve lo potete togliere dalla testa perché quelli di destra sono irraggiungibili partendo dal basso. L'unica possibilità é calarsi con una scaletta a corda dalla spalletta del ponte... - Nemmeno a pensarci! Sul ponte c'é sempre un soldato di guardia. - Lo si potrebbe far fuori - intervenne un omone tarchiato, intento a rimestare nella brace con una baionetta. - No, Romeo, toglietelo dalla testa. Il nostro compito é solo quello di far saltare il ponte e l'impresa ci porterà via molto tempo. Il cambio di guardia avviene ogni ora, mi dici che cosa accadrebbe se la sentinella che viene a dare il cambio non trovasse più il suo collega o lo trovasse morto? - Se eliminiamo anche lui, non succederà niente. Greco alzò le spalle senza rispondergli e, rivolgendosi di nuovo al ragazzo, riprese: - Sei proprio sicuro che non sia possibile raggiungere tutti i pilastri? - Certissimo. Vedi, l'arcata poggia da una parte sulla roccia viva, ad una altezza di circa trenta metri dal fondo valle, irraggiungibile perché la parete rocciosa strapiomba liscia come il marmo. E' solo possibile arrivare ai piedi dell'altra parte dell'arcata anche se, a prima vista, per uno che non conosca il posto, questo possa sembrare impossibile. Ma io so di riuscirci. Ci sono salito tante di quelle volte sotto il ponte quando andavo a pascolare le capre sul greto del torrente! - D'accordo: allora andrete tu e un altro a porre le cariche. - Ma io non so nemmeno da quale parte si incomincia a minare qualcosa! - Ma, accidenti, a quale gruppo appartieni? Non ti hanno insegnato proprio nulla! - gridò Greco a cui già l'idea di non poter minare tutti i pilastri andava poco a genio. Il ragazzo arrossì e, quasi con l'aria di scusarsi, disse: ‑ Finora nessuno, forse per la mia età , mi ha insegnato o chiesto di fare qualcosa. Quando ti ho sentito chiedere dei volontari per trasportare l'esplosivo, mi sono fatto avanti. Le spalle le ho buone! Bacì (allora il suo nome non era preceduto dal pomposo sostantivo di 'padron') aveva quasi avvertito una nota di pianto nelle parole del ragazzo ed era intervenuto in suo aiuto. Mancava proprio che qualcuno in quel momento si mettesse a piangere! - Senti, ragazzo, sei proprio sicuro di poter salire sull'arco senza essere visto dalla sentinella? - Sicurissimo - rispose quello, contento di rivolgersi ad un altro che non gridasse come Greco. - E potresti portare con te anche un rotolo di corda? Il ragazzo ci pensò un poco su, poi fece cenno di sì col capo. - Allora, Greco, vado io con lui. Io non mi ci trovo con le scalate sulla roccia: tutte queste montagne qua attorno mi danno il mal di mare, cosa che, invece, non mi succede quando sono in mezzo alle onde. Però con una corda tra le mani mi sento a mio agio e sono ancora capace di arrampicarmi su di essa fin dove voglio. Basterà che il ragazzo, una volta sull'arco, mi cali un capo della fune. Quando l'avrò raggiunto ci penserò io a sistemare le cariche nei punti più importanti. - Allora é deciso: andrete voi due. E ora diamoci da fare per preparare esplosivo, detonatori, miccia e corda. Vorrei sbagliarmi, ma tra poco prevedo un bell'acquazzone, quindi badate alle capsule, devono essere ben protette, se no addio impresa! Un’ora dopo, nel buio, si avviavano in fila indiana seguendo un sentiero ripido tagliato in mezzo ad un bosco di pini misti a basse querce. Al passaggio gli alberi frusciavano, si lamentavano per le raffiche della tramontana che soffiava impetuosa. La visibilità era quasi nulla e a fatica si poteva seguire la traccia del sentiero.....
.....esattamente come adesso, - borbottò Padron Bacì guardando la schiuma che ricopriva tutta la coperta e passandosi una mano sul viso per togliersi dagli occhi l'acqua gocciolante dal berretto. - Tempo da dannati! - imprecò. Raffiche violentissime rovesciavano ondate salmastre sulla malsicura paranza. Un diluvio incessante si abbatteva sulle vele facendole grondare come fontanelle e le appesantiva come spugne imbevute. Mare e cielo: non c'era più alcuna distinzione; era tutta una massa compatta d'acqua in cui l'imbarcazione scivolava spinta brutalmente dal vento. A tratti, alla luce bluastra dei lampi intravedeva ora Mauro, ora il Camoglino e Battistin. Il primo, immobile, si era abbrancicato all'albero maestro e lo teneva serrato come l'edera una quercia. Padron Bacì non ne era certo, ma avrebbe scommesso che stava pregando. Gli altri due li scorgeva ora qua ora là, intenti a stringere nodi, ad allentar sartie secondo la bisogna. Quei due non lo preoccupavano minimamente. All'occorrenza gli avrebbero dato l'aiuto necessario. Chi lo preoccupava era, invece, Mauro, così come in quella notte lo aveva preoccupato quell'altro....
.....anche allora pioveva a dirotto. Greco aveva previsto il temporale e non si era sbagliato. L’acqua veniva giù dai rami degli alberi, gocciolando nel collo, penetrando dappertutto, rendendo scivoloso il sentiero, quasi tramutato in un ruscelletto fangoso e viscido. Al tormento dell’acqua si aggiungeva la furia del vento. Agitando i rami nodosi delle bassa querce, li mandava a sbattere violentemente contro i sei uomini. Carichi di pesanti zaini, con le mani impacciate dalle armi, incapaci di scansarli, erano costretti a subire passivamente quella impietosa fustigazione. Unica reazione erano le imprecazioni colorite che infioravano il buio profondo. Il ragazzo si era messo dietro Bacì e quando il percorso lo permetteva, gli si affiancava senza dir nulla. - Come ti chiami, ragazzo? - gli chiese ad un tratto Bacì per allentare la tensione. Non la poteva leggere sul volto del compagno a causa del buio pesto, purtuttavia la sentiva presente, quasi tangibile. - Mi sono scelto il soprannome di Cobra. Bacì sorrise tra sé e sé‚ pensando a tutti gli strani soprannomi scelti dai partigiani lassù, tra i monti. - Ma il tuo vero nome? - Alfio. - Hai paura a salire sul ponte di notte? ‑ Se vieni anche tu, no. - E perché? Ci conosciamo solo da poche ore. - Non te lo so spiegare, ma con te accanto mi sento più sicuro. - Sei alla tua prima missione, vero? - Sì, ma farò del mio meglio. - Non lo chiedevo per questo. Il vento soffiava feroce sospingendo le nubi basse e in terra sibilava nelle macchie e ululava tra i rami. Il gruppo, raggiunto il fondo valle, a poca distanza dalla strada costruita a mezza costa, proprio sopra il percorso tortuoso del torrente, si fermò in un castagneto presso un metato e, ad un ordine di Greco, vi penetrò compatto, felice di sottrarsi, almeno per un poco, al diluvio che il cielo rovesciava senza posa. - Posso accendere una candela? - chiese uno, traendone di tasca un mozzicone. ‑ Fa' pure, - rispose Greco, - ma prima assicurati se la porta è ben chiusa. Anche se non si vede ad un metro di distanza, é sempre meglio essere prudenti. Un istante appresso un esile luce illuminava un gruppo di disperati, bagnati fino alle ossa, con i capelli appiccicati alla fronte, gli abiti incollati alla pelle e le scarpe gonfie d'acqua. - Rivediamo ancora una volta la situazione assieme e poi ognun per sé e Dio per tutti. Greco, prima di riprendere il discorso, fece circolare un pacchetto di sigarette tratto da una tasca impermeabile in cui custodiva le cartine topografiche. - Dunque tu, Romeo, te ne vai con Furia a mezza costa sulla collina sovrastante il ponte. Sistemate il mitragliatore in modo da tener sotto tiro il maggior tratto di strada possibile. Rimanete in attesa fin che il ponte non salterà, dopo continuerete ad attendere per dieci minuti e farete fuoco solo se comparirà qualche auto o se qualcuno di noi si troverà nei guai. Diego e io accompagneremo Bacì e il ragazzo sino a duecento metri dal ponte e ci sistemeremo al di sopra della strada in modo da proteggere la loro ritirata in caso di bisogno. Voi due, invece, dovrete sobbarcarvi il compito più difficile e impegnativo, ma penso saprete cosa fare. E ora via le sigarette e prepariamoci. Ah, ancora una cosa: una volta compiuta la missione, l’appuntamento è in località Croce. Vi ho mostrato il posto venendo; si aspetterà solo mezz'ora, perché dopo bisognerà riprendere la via del ritorno ai monti. Di certo la reazione tedesca non si farà aspettare. Rimase un poco in silenzio e poi a voce bassa aggiunse: - Mi auguro di rivedervi tutti. E fatto un cenno a Diego, uscì per primo aggiustandosi lo zaino in cui era sistemata una parte dell'esplosivo. La notte li ingoiò di nuovo tutti.......
..........un rumore lacerante come di tela che si strappi violentemente, riportò Padron Bacì alla realtà. La paranza, dopo essere andata giù di prua, imbarcando una enorme quantità d’acqua ed essersi poi impennata come un cavallo brado, perché sollevata da un’onda gigantesca, era stata investita da una raffica violenta. Il vento, prendendola di traverso, ne aveva gonfiato il fiocco e la tela, in buona parte già rabberciata, aveva ceduto di schianto. - Camoglino, Battistin, tagliate! Tagliate subito il fiocco! - urlò Padron Bacì. I due, procedendo curvi sul ponte di coperta, rasenti all'impavesata ribollente di schiuma, col coltello tra i denti e le mani artigliate al bordo per non lasciarsi sballottare dalla furlana che l'imbarcazione ballava in quel momento e per non perdere l'equilibrio sotto le spinte brutali del vento, s'erano portati a prua, vicino al bompresso e il Camoglino, più lesto e anche più esperto, s'era abbrancicato ad esso con le unghie come un gatto. I due pezzi slabbrati del fiocco sbattevano rimbombando sordamente. L'uomo si sporse fuori bordo per lavorare meglio. - Tienti forte! - gli gridò Padron Bacì, vedendolo alla luce di un lampo penzolare nel vuoto. - Bada a te, porcaccio mondo! Le onde infuriate ribollivano fin sotto la schiena del Camoglino e pareva volessero ingoiarlo da un momento all'altro. Anche Battistin dal canto suo andava tagliando i legacci del fiocco che, d'un tratto, si abbatté di schianto sulla coperta. Liberato da tutti i legami, il fiocco rimase un attimo immobile come cosa senza vita, quasi a riposarsi un istante dopo l'immane fatica sostenuta sino ad allora, poi , prima che i due marinai potessero in qualche modo legarlo, nuovamente gonfiato dal vento, si innalzò, spaventoso aquilone, e sparì oltre il bordo perdendosi nel mare infuriato. - Accidenti a voi! - sbraitò Padron Bacì rivolto ai due, non appena si accorse della perdita. - Perché non l'avete trattenuto? - Trattenuto un corno! - gli rispose aspro Battistin. - Se volevi il fiocco nella stiva e noi due in mare dovevi dirlo prima. E continuò a brontolare mentre aiutava il Camoglino a riavvolgere alcune sartie penzolanti. La paranza, intanto, aveva ripreso fiato e correva sulle onde saltando dall'una all'altra come un fringuello, spinta da un forte vento che l'investiva da poppa. Padron Bacì sembrava far corpo unico col timone. Se lo sentiva agile tra le mani, manovrabile, cedevole, pronto ad ubbidire a tutti i suoi voleri e a tutte le sue fantasie. Ma non pensava certo alle fantasie quella notte, così come non ci aveva pensato in quell'altra....
.....la pioggia li colse d'infilata quando vennero fuori dal precario riparo degli alberi sgocciolanti e si addensò quanto più si avvicinavano al ponte. Il ragazzo aveva raggiunto Greco e lo aveva sorpassato mettendosi in testa; era lui a guidare il gruppo conoscendo a menadito il sentiero che, allontanandosi dalla strada, scendeva sino al greto del torrente gonfio di pioggia.. - Ecco, è laggiù! - disse ad un tratto, fermandosi al riparo di un grosso masso. - Ora Bacì ed io possiamo procedere da soli; conosco una scorciatoia; passa in mezzo ad alcuni orti. Ci agevolerà il cammino. Misero tutte le cariche in due capaci zaini da alpino; il ragazzo in più si caricò di un rotolo di corda e poi, lasciati Greco e Diego, si persero nel buio senza parlare. Alfio procedeva sicuro e Bacì, non conoscendo la strada, gli aveva messo una mano sulla spalla e camminava fiducioso. Un lampo, squarciando improvviso le tenebre, fece apparire l'arco del ponte a brevissima distanza. - L'hai visto? - chiese il ragazzo con voce gioiosa. - Te lo dicevo che ti avrei condotto senza sbagliare! - Va bene, Alfio, o pardon, Cobra, - si corresse volontariamente Bacì per mettere il ragazzo completamente a suo agio. - L'ho visto e ho visto pure i pilastri. Ora tu vai su con la sola corda; il tuo zaino lascialo a me. - Ma dentro c'è l'esplosivo! - Non preoccuparti per l'esplosivo. Pensa solo ad andare su e a sistemare la corda. Mi raccomando, sistemala bene. - Ma va, scemo! Hai paura che ti faccia ammazzare? - rispose il ragazzo ridacchiando - Tu pensa solo a legarla saldamente e a buttarmi giù l'altro capo, poi non preoccuparti d'altro. Quanto tempo ti ci vorrà? - Dieci minuti, non di più. - Allora, va! Bacì attese alcuni minuti e poi si caricò sulle spalle entrambi gli zaini e, orientandosi alla luce di qualche lampo, si portò sotto il ponte, nel punto dove presumibilmente sarebbe calato il capo della corda e attese. Il torrente, già gonfio, correva vorticoso tra i sassi, trascinando fango, rami spezzati, erba strappata dalle rive. Alcune macchie di oleandri, investite dalla corrente, avevano tutti i rami inclinati in avanti e tentavano vanamente di resistere alla forza dell'acqua il cui livello era in continua crescita. La pioggia, intanto, aveva raggiunto il massimo della sua intensità e anche se dava fastidio, impediva alla sentinella di guardia al ponte di vedere alcunché. " Quella se ne sta rintanata nella garitta, - pensò Bacì. - Chissà quanto gliene deve fregare del ponte con questo diluvio! Purché Cobra faccia presto! Quasi ad ubbidirlo, la corda cadde in quell'istante sbattendogli addosso. - Bravo ragazzo! - mormorò e, toltosi uno zaino dalle spalle, lo legò saldamente alla corda, poi, assicuratosi di avere l'altro ben saldo sulla schiena e sistemato in modo da non impedirgli i movimenti, cominciò ad arrampicarsi lentamente. Gli pareva di essere ritornato ragazzino quando in compagnia di altri mozzi faceva a gara per salire sino in cima all'albero maestro. Le braccia ora risentivano dello sforzo reso più duro dal vento che, prendendo d'infilata la valle, lo faceva dondolare pericolosamente, ma le mani indurite dai calli tenevan salda la presa mentre le gambe, avvolgendosi automaticamente intorno alla corda, alleggerivano le prime dal peso di tutto il corpo e del carico. Quando raggiunse l'arco, le due solide braccia del ragazzo lo afferrarono e lo issarono quasi di peso sul duro cemento. - E io mio zaino? - chiese.‑ - Tira su la corda e lo riavrai. - Ma dentro c’è dell'esplosivo ! - Non temere: non si tratta di nitroglicerina. E' solo tritolo e quello non scoppia nemmeno se lo prendi a martellate. Poco dopo anche il secondo zaino veniva issato. Ancora ansante per lo sforzo, Bacì si sedette vicino ad un pilastro, puntellandosi con i piedi contro di esso per non scivolare sull'arcata ricoperta da un sottilissimo strato di muschio bagnato. - Dove sistemiamo le cariche? - volle sapere Cobra. - Lasciami riflettere un istante. Dunque, direi di mettere alcuni candelotti d'esplosivo alla base di ogni pilastro. Le restanti cariche le divideremo in due parti. Una la piazzeremo alla chiave del ponte e l'altra al piano di imposta dell'arco. - E dove si trovano? Bacì sorrise. Anche lui aveva posto la stessa domanda all'ingegnere che, prima della loro partenza, in una grotta di Cima Marta, aveva spiegato a lui e ad altri guastatori come si mina un ponte. - La chiave - rispose con voce appena percettibile - é il punto dove la curva superiore dell'arcata tocca la sede stradale, mentre i piani di imposta sono i due punti in cui le due basi dell'arco si appoggiano alle pareti della montagna. Purtroppo ne dovremo minare uno solo perché l'altro é irraggiungibile, capito? Ma ora taci e seguimi sr0otolando la miccia e bada a non farla imbrogliare. Andiamo! Il lavoro procedette abbastanza speditamente. Bacì provvide a sistemare le cariche, le innescò con capsule esplosive e le avvolse più volte con miccia detonante. Lungo i pilastri si sbizzarrì a sistemare i candelotti di tritolo disponendoli a chiocciola onde ottenere un effetto dirompente maggiore. Poi collegò tutte le cariche ad una sola miccia detonante affinché l’esplosione avvenisse simultaneamente. Durante tutta l’operazione udirono una sola volta sopra le loro teste i passi cadenzati della sentinella. Doveva essere il solito giro di routine perché si allontanarono speditamente in direzione della garitta. - Andiamo via, Cobra, - mormorò Bacì, dopo aver collegato l'ultimo tratto di miccia. - Qui non c'è più nulla da fare. Scendi lungo la corda, farai più presto. - Io scendere di lì! - bisbigliò il ragazzo con un fil di voce, affacciandosi oltre l'arco del ponte e guardando nel buio nero, simile ad un pozzo senza fondo. - No, no, non ci penso nemmeno! Preferisco rifare la strada per la quale sono venuto: é più sicura. - Come vuoi tu, amico, ma spicciati perché il primo pezzo di miccia normale non é molto lungo: sì e no brucerà per un paio di minuti o poco più. Comunque ci lascia il tempo necessario per scappare. Affrettati! Il ragazzo si lasciò scivolare lungo l’arco e sparì nel buio. Bacì gli diede un paio di minuti di vantaggio prima di dar fuoco alla miccia e poi, fregata l’estremità di questa sul ruvido cemento del pilastro per mettere a nudo il polverino, fece scattare l’accendino al riparo della giacca aperta e accostò la fiammella alla polvere nera. Non appena quella prese fuoco e la sentì sfrigolare, abbandonò la miccia e, afferrata la fune, si lasciò scivolare lungh’essa, incurante dell'attrito che gli faceva bruciare dolorosamente le mani. Alcuni istanti appreso correva sul greto ciottoloso alla volta delle macchie di oleandri intravviste quando erano venuti.......
......lo zigzagare azzurro chiaro di un lampo squarciò il cielo e gli fece intravedere, almeno così gli parve, un'isola. “Che sia la Gallinara." pensò. "No, è impossibile! Non possiamo essere così vicini a terra!” - Battistin, hai visto anche tu? - Visto che cosa, padron Bacì? - Ma la Gallinara, no! - Te la sei sognata la Gallinara, - sbottò Battistin. - Bada piuttosto al timone, le onde aumentano. - Lo vedo anch'io che aumentano. Che fa Mauro? - E che ne so! Sta sempre attaccato all’albero. Bell’aiuto ci dà quelli lì! -Lascialo in pace. Il Camoglino dov'é? Non lo vedo. Padron Bacì virò a dritta violentemente facendo gemere lo scafo che si impennò su un alto cavallone, evitando però di coricarsi a tribordo e di imbarcare acqua. - C'è acqua nella stiva! - prese ad urlare in quell'istante il Camoglino, mettendo fuori la testa dal boccaporto. - Per la miseria, e da dove é entrata? - Non lo so. - E il carico? - Per ora solo le casse situate più in basso, quelle dei liquori, sono bagnate; ma se l'acqua aumenta e raggiunge quelle più in alto, addio sigarette. - Mondo schifo, scendete tutti e due sotto coperta e trovatemi la falla! Datevi da fare; e tu, Mauro, svegliati! Non é questo il momento di fartela sotto, porco Giuda ! Ma che razza di marinaio sei? Il giovane mugolò qualcosa. La sua voce si perse nel vento, ma lui non si mosse. - Buon per te che ho le mani occupate, - lo minacciò Padron Bacì - Ma almeno prega, se sai pregare!....
......” prega, Bacì, prega che tutto vada bene e nessuno ci lasci la pelle, - diceva una voce dentro di lui mentre, allontanandosi dalla macchia degli oleandri, correva sotto le violente raffiche di pioggia. Appena salta il ponte, quelli si svegliano e allora sentirai che concerti! Ma dove s'è cacciato il ragazzo, accidenti a lui! Doveva aspettarmi qui. Forse è già andato avanti?” Padron Bacì continuò a correre ancora un poco e poi si fermò dietro ad un muretto a secco per riprendere fiato. "Tra poco salta!" pensò e si voltò dalla parte del ponte per guardare. In fondo quello spettacolo l'aveva organizzato lui e se lo voleva anche godere. Un bagliore enorme arrossò la valle, accompagnato da un potente boato la cui eco si ripercosse a lungo nella vallata e per le cime dei monti circostanti. Una fitta pioggia di sassi si abbatté tutto attorno all'uomo gettatosi a terra per ripararsi istintivamente. - Bacì, dove vi siete cacciati? La voce proveniente dalla soprastante scarpata lo fece sobbalzare. - Sei tu, Greco? - Sì, venite via, presto! - Il ragazzo é già con te? Una pausa in cui si udì solo lo scrosciare della pioggia e poi la voce allarmata di Greco riprese: - Ma come, non siete assieme? - No, l'ho mandato avanti: pensavo vi avesse già raggiunti . - Qui non è arrivato. -Accidenti a lui: torno indietro a cercarlo. - Vieni via, Bacì! Quello conosce la strada meglio di te. Avrà preso qualche scorciatoia. - Quello non ha preso un bel niente, - rispose avviandosi. - Torna indietro, Bacì, te l’ordino! - Non ci penso nemmeno ad abbandonarlo. Bacì ritornò sui suoi passi, scivolando sui sassi bagnati e imprecando in cuor suo contro se stesso per aver accettato un ragazzo in una impresa così rischiosa. - Mamma! Il lamento era venuto da dietro una macchia di canne cresciuta a ridosso del muro di una fascia. - Alfio, sei ferito? - Mamma! - mormorò il ragazzo con voce arrantolata. - Mamma! - ripeté. Bacì si fece strada tra le canne e inciampò nel corpo di Alfio steso a terra. - Che ti é successo? - Le pietre... mi hanno investito le pietre mentre correvo... sento male, qui al petto.... Nel buio Bacì toccò il corpo. Le vesti erano in più punti lacerate e vicino alla spalla destra, da un ampio squarcio, l'uomo avvertì con la mano lo scorrere di un fiotto caldo, appiccicoso. Tastò la ferita; le sue dita incontrarono la pelle lacerata da cui il sangue fluiva copiosamente. - Non é niente, vero Bacì? - chiese il ragazzo con un filo di voce. - No, non é niente. E' solo una ferita superficiale, - lo rincuorò, ma sapeva di mentire. - Te la senti di camminare? - Tenterò. ‑ Aspetta: prima cerco di fasciarti. Alla bell'e meglio Bacì tamponò la ferita con la sciarpa di lana tolta dal collo e poi aiutò il ragazzo ad alzarsi. - Su, fatti forza. Ti aiuto io e facciamo presto perché quelli stanno arrivando e tra poco qui farà molto caldo. Lungo la strada si vedevano in lontananza i fari di alcune auto attirate dall’esplosione. Dalla garitta la sentinella, rimasta Dio sa come illesa, s’era messa a sparare raffiche di mitra nel buio senza saper dove. Fatti pochi passi, il ragazzo si accasciò a terra gemendo -Dio, che male!... Bacì, non ce la faccio a camminare... Non lasciarmi...Mamma, aiutami!... Non lasciarmi qui solo, non lasciarmi... ‑ Calmati, non ti lascio! Interrompendo a metà una imprecazione, Bacì afferrò il corpo del ragazzo quasi fosse stato un sacco di patate, se lo caricò sulle spalle e si avviò verso la scarpata in direzione della strada asfaltata. Ruscelletti d'acqua avevano impregnato l'erba e l'uomo non riusciva a far presa con l'unica mano libera. Scivolò più volte. Il ragazzo non diceva nulla; dopo alcuni gemiti s'era chetato e Bacì non si era più preoccupato di chiedergli come stesse, né gli aveva più dato fastidio il sangue che, gocciolando dalla fasciatura andata fuori posto, gli imbrattava i calzoni. Pensava solo a portare quel corpo il più lontano possibile e a lottare contro il viscido, fangoso terreno che lo ostacolava nell'ascesa. Quando riuscì ad oltrepassare la strada e a gettarsi nel bosco di castagni, ritenne di essere fuori pericolo e si lasciò cadere a terra per riprendere fiato. Il ragazzo rimase silenzioso. - È svenuto: meglio per lui, - mormorò Bacì. L'acqua intanto continuava implacabile e sferzare ogni cosa. I lampi si andavano diradando, ma non tanto; e alla luce di essi l'uomo vide formarsi a terra una piccola pozzanghera fangosa e rossastra. "Questo si dissangua - pensò Bacì. Chissà quanto potrà durare." Girò attorno la testa senza vedere nulla in quel buio di pece e mormorò , rivolgendo una domanda a se stesso: - “Quanti litri di sangue abbiamo?” Con la mano andava intanto accarezzando la fronte del ragazzo e scostando i capelli bagnati. La sentiva fredda al tatto, sempre più fredda, ma non poteva farci nulla. - Bacì, Bacì, dove sei? E' con te il ragazzo? - La voce di Greco gli giunse ovattata in mezzo a tutto quel fruscìo della pioggia insistente. ‑ Presto, fate presto! Stanno arrivando! Quasi a conferma di quelle parole si sentì il rapido crepitìo di un mitragliatore. - Bacì, Cobra, per la miseria, muovetevi.....
...... Padron Bacì scosse il capo per allontanare il ricordo importuno e si voltò verso il boccaporto da cui Battistin era spuntato con metà del corpo. La paranza, investita da alte ondate e spinta di traverso dal vento, scarrocciava violentemente. - L'acqua sale! - gridò il marinaio tenendosi saldamente aggrappato all'orlo del boccaporto. - La falla non si trova. Deve essere sotto le casse. Bisognerebbe spostarle tutte, ma con la tarantella che stiamo ballando é impossibile. - Mondaccio Giuda boia! Vieni qui e prendi il timone. Voglio scendere a vedere. Spicciati! E fa attenzione! Si aggrappò ad una sartia penzolante dal boma e, incurante dell'acqua, si affrettò verso il boccaporto lasciato aperto da Battistin. Vi si introdusse e lo richiuse poi sopra la testa Alla luce di una torcia elettrica tenuta in mano dal Camoglino, vide in fondo alla stiva due buoni palmi di acqua nerastra su cui galleggiavano pezzi di legno, stracci, una bottiglia vuota e molti sugheri. Le casse poggiate sul fondo erano semisommerse e una di quelle poste in cima era caduta sfasciandosi e riversando nell'acqua le stecche di sigarette. - C’è qualche fessura nella chiglia, Padron Bacì, ma con tutta quest'acqua e questo ingombro non si riesce a vedere dove. Il guaio é che continua a crescere. Che si fa? Padron Bacì non rispose subito. Aggrappato alla scaletta guardava lo scempio della sua barca e ascoltava i gemiti dello scafo quando veniva investito dalle ondate che rimbombavano sordamente contro le fiancate. - Dobbiamo puntare subito verso terra! - sbottò d'un tratto. - E il carico? - In malora il carico! Adesso bisogna pensare a noi e alla barca. Risali, dobbiamo manovrare e cambiar rotta. Ho bisogno di te, di Battistin e di Mauro. Loro due alla pompa; tu mi darai una mano nelle manovre. Risalì la scaletta e aprì il boccaporto proprio nell'istante in cui una enorme ondata prendeva d'infilata l'imbarcazione da prua e rovesciava la sua massa d'acqua in coperta. Un fiotto enorme lo investì e lo accecò per un poco, soffocandolo quasi. - Battistin, attenzione! - urlò istericamente non appena si riprese e vide alla luce di un lampo un'altra ondata più alta della precedente correre velocemente incontro alla paranza. Il marinaio l'aveva vista pure lui in mezzo allo scrosciare della pioggia, ma non abituato a reggere il timone con un tempo simile, si impaurì e quando si accorse che l'imbarcazione si arrampicava su per l'onda gigantesca, invece di prevenire con una violenta deviazione laterale il tuffo della prua verso il basso, si lasciò sfuggire il controllo del timone. La paranza si coricò su un fianco mentre la vela, sotto la forza del vento passò da un bordo all'altro. Lo straglio di prora, sottoposto ad uno sforzo violento, insostenibile, si spezzò netto con un secco rumore di frustata all'altezza dell'arridatoio e l'albero, non più tenuto fermo dalla tensione del cavetto metallico, fu troncato a metà e cadde di schianto in coperta mentre la vela si afflosciava. - Taglia! Taglia! Tagliate tutto e gettatelo in mare - prese a urlare Padron Bacì. Anche lui, armato di un coltellaccio, s’era buttato a troncare le sartie che ancora trattenevano l’albero. Battistin, inebetito, era rimasto vicino al timone e non si muoveva. Il Camoglino, saltando a destra e a sinistra, scioglieva, strappava, tagliava tutto quello che poteva. Quando l'albero, vela compresa, venne scaraventato fuori bordo, la paranza si raddrizzò di colpo, quasi liberatasi da un peso enorme e continuò la sua folle corsa. - Avvio il motore? - chiese ansando il Camoglino. - Adesso potremo usarlo, no? - aggiunse con ira rivolto a Padron Bacì. Questi non gli diede retta. - Mauro, dov'é Mauro? Il Camoglino si allontanò senza rispondere, deciso a fare di testa sua. Padron Bacì si mosse e, brancolando a tentoni, urtò contro il corpo del giovane afflosciato ai piedi dell'albero smozzicato. Se ne stava rattrappito come un sacco di cenci, con un braccio attorno alla base dell'albero e l'altro abbandonato sulla coperta. Tutto attorno gli ribolliva la schiuma che il mare continuava a riversare senza posa. - Mauro, - lo chiamò Padron Bacì, - Mauro, ti senti male? Il giovane non rispose. Allora il vecchio, tratta di tasca la torcia elettrica, l'accese, gliela puntò sul viso e quello che vide lo fece gemere. Mauro teneva gli occhi chiusi e la bocca spalancata da cui usciva un sottile filo rossastro. La guancia destra era tutta imbrattata di sangue, mentre dall'attaccatura del braccio fin sotto il seno il giubbotto strappato era inzuppato dal sangue che usciva da un'ampia ferita. Il troncone dell'albero, quasi fosse stato tranciato diagonalmente da un gigantesco fendente, cadendo, doveva averlo colpito di striscio e le schegge appuntite del legno avevano lacerato la pelle, penetrando in profondità nella carne. - Oh no! - mugolò Padron Bacì, spegnendo di colpo la torcia per non vedere e appoggiandosi all'albero spezzato. - Oh no! - ripeté. Poi, ripreso coraggio, riaccese la torcia e la puntò sulla ferita. La vide enorme, aperta in mezzo al giubbotto stracciato i cui lembi inzuppati si mescolavano a brani di carne martoriata. - Battistin, presto! - chiamò. - Lascia il timone al Camoglino e portami la cassetta del pronto soccorso! Fa’ presto, porco mondo! - Che è successo? - Non fare domande e sbrigati! - Oh Madonna santissima! - farfugliò poco dopo Battistin nel vedere il sangue uscire copioso dalla ferita. - Passami l'alcool, presto ! - lo investì Padron Bacì. Aveva stracciato completamente il giubbotto e messo a nudo la ferita. Gli sembrò molto più grave di quanto non avesse temuto in un primo momento. Di lavarla non c'era bisogno perché le onde, continuando a rovesciarsi sull'imbarcazione, e la pioggia, cadendo incessante, provvedevano a pulirla. Padron Bacì vi versò sopra l’intero bottiglino d'alcool al cui contatto Mauro mugolò di dolore, aprendo improvvisamente gli occhi, - Mamma... - mormorò il giovane. - Mamma... - e poi reclinò il capo da una parte. - Vattene, - fece Padron Bacì rivolto a Battistin. - Va a dare una mano al Camoglino e cercate di avviare il motore al più presto se no questo se ne va. Digli di puntare subito verso terra. - Ma ne siamo ancora molto lontani. - E va, perdio! - lo aggredì il vecchio con la voce soffocata da un singhiozzo. - Non stare lì intorno senza far nulla. Rimasto solo, tenendo la torcia tra i denti per avere le mani libere, Padron Bacì si diede a tamponare la ferita alla bell'e meglio. Cercò di accostarne i lembi, la ricoprì con del cotone e poi la legò come meglio poté. Dopo si accosciò e, appoggiata la schiena alla base dell'albero, prese delicatamente il corpo del giovane e lo tenne tra le braccia per impedire che gli sbalzi della paranza lo sballottassero qua e là. Spenta la torcia, nell’impossibilità di fare altro, se ne stette al buio in ascolto della tempesta che rugliava e delle ondate che investivano lo scafo senza posa....
...... anche allora aveva tenuto così Alfio, il piccolo Cobra che non aveva saputo mordere bene, e anche allora aveva sentito il peso di quel corpo diventare sempre più greve quanto più il tempo passava e quanto più il sangue rifluiva. - Bacì, non t'accorgi che questo se ne va? - gli aveva detto Greco. - Vieni via, lascialo, lasciamolo; non possiamo far più nulla per lui. Vieni, i tedeschi si avvicinano. - Ma come possiamo lasciarlo lì? - Venendo, conosceva pure lui i rischi da correre e questo era uno dei tanti. - Non lo posso lasciare, non lo posso lasciare! - Vieni via, ti dico! - aveva urlato Greco e in un impeto di rabbia lo aveva afferrato per il bavero costringendolo a lasciare il ragazzo. Poi, a furia di spintoni, l'aveva allontanato mentre sulle loro teste cadevano alcuni ramoscelli troncati da una raffica di mitra sparata da un soldato nella loro direzione.......
....... a tratti Padron Bacì accendeva la torcia elettrica per scrutare qualche segno sul volto del marinaio. ma questo rimaneva immobile e diveniva sempre più esangue. Dalla ferita, nonostante la fasciatura, il sangue continuava a sgorgare, si mescolava ai piedi dell'albero con l'acqua salmastra e poi veniva spazzato via. L'uomo, col pensiero fisso al ragazzo del ponte e col peso di Mauro che gli gravava addosso, se ne stava immobile, incapace di concludere alcunché. Pareva che la vita rifluisse anche da lui, come un tempo era rifluita da Alfio. Sentiva calde lacrime colargli per le guance e mescolarsi a spruzzi di salmastro. Dentro di lui Padron Bacì lo sapeva. Mauro non sarebbe arrivato vivo a terra. L’aveva capito subito, quando aveva posato le mani sull'orrenda ferita aperta come un immenso fiore purpureo. Era uguale all'altra, a quella di Alfio, e come quella mortale. Padron Bacì non seppe mai quanto tempo rimase col giovane tra le braccia. Si accorse ad un tratto che a oriente il cielo si era leggermente schiarito e la paranza, silenziosa, non subiva più la violenza delle onde. Il Camoglino e Battistin non erano riusciti ad avviare il motore. - Padron Bacì, - lo avvertì il Camoglino cercando di scuoterlo dal suo torpore, - il vento sta calando. L'uomo lo guardò in volto, poi posò lo sguardo su Mauro e a bassa voce, quasi un sussurro, disse: - Sì, lo so. Il vento é calato.
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