Mezzo secolo fa, in una sala piena di libri e in mezzo a gruppi di giovani dai sei ai quindici anni, con i quali mi divertivo a far loro conoscere che cos’è una biblioteca e come funziona, ponendo loro giochi enigmistici legati ad autori e libri, conobbi Francesco. Allora non sapevo che sarebbe diventato il mio delfino. Dal giorno in cui l’incontrai Francesco cominciò a partecipare alla vita della DEA (così chiamavo con un acronimo la Biblioteca “E.de Amicis”), ignaro che un giorno sarebbe diventata la sua creatura come in quel momento era la mia. Non ho avuto la sorte di avere figli per cui, quando ne ebbi l’occasione, me ne creai uno o meglio una, DEA, cui diedi tutte le mie cure affinché crescesse bella, grande e pronta ad essere amica di tutti. E Francesco, allora giovane con tutto il futuro a sua disposizione, se ne innamorò. Capii subito che la mia DEA, se gliela avessi affidata, ne avrebbe avuto cura, l’avrebbe amata e si sarebbe dedicato interamente a lei. Per cui lo considerai il mio delfino e quando, per raggiunti limiti d’età dovetti abbandonarla, la mia DEA fu sua. Un modo fiabesco e un po’ romantico per descrivere il passaggio di consegne per affidare ad un altro tutto il lavoro di una vita. Per questo, al compimento dei miei ottanta anni, Francesco (che quando parla di me dice “il mio maestro”... ed io, con una punta di vanità non lo correggo) ha voluto ricordare al compimento dei miei ottanta anni, quel passato attraverso una intervista che pubblicò sulla Rivista “LG Argomenti”, quella stessa rivista che diressi per molti anni e che ora , come la DEA, continua la sua attività sotto la guida di Francesco.
*********
Un orco in biblioteca… Intervista a Marino Cassini di Francesco Langella
Incontro Cassini alla De Amicis per la presentazione del suo libro Edo. Sfida alla De Amicis. Il “ Maestro” mi appare in forma smagliante, con lo sguardo bonario e stupito sul mondo. Gli anni non sembrano passati, i suoi interessi e la curiosità sono intatti, anzi in crescita. Nuovi racconti saranno editi nei prossimi mesi. In mattinata era riuscito ad entusiasmare gli oltre quaranta studenti delle scuole medie, intrattenuti sapientemente dalla storia del suo ultimo racconto ambientato nella De Amicis delle origini, ai tempi gloriosi e virtuosi di Villa Imperiale. Un luogo magico , fatato e protetto. Ad accompagnare il suo racconto gli imperdibili rebus, le sciarade e altri rompicapo che l’enigmista raffinato sa proporre ai giovani con ispirata arguzia. Cassini è sempre Cassini. Il migliore bibliotecario per ragazzi del nostro Paese e uno dei più rappresentativi del panorama internazionale, unitamente a L’Abbate Widmann, Jella Lepman e Genèvieve Patte. Tra pochi mesi Marino Cassini compirà ottant’anni e noi che serbiamo affetto, stima e amicizia, abbiamo deciso di dedicargli parte del numero di LG che presentiamo alla Fiera del libro di Bologna, partendo da un’intervista che gentilmente ci ha concesso. Tra l’altro il compleanno di Cassini coincide con i primi quarant’anni della DEA, la sua creatura prediletta.
Ci potresti ricostruire sul filo della memoria i passaggi salienti e le persone che hanno portato all’istituzione della Biblioteca De Amicis.
Più che ricostruire i momenti e i passaggi che hanno portato alla costituzione della “De Amicis” – argomenti che ho spesso affrontati sulle pagine di “LG” – mi piace ricordare un aneddoto legato al mio ingresso nel mondo delle Biblioteche per ragazzi”. A volermi a capo della DEA fu una iniziativa (un poco maschilista!) di un moderno Diogene che, nella primavera del 1963 riunì attorno a sé un gruppo di persone che diede vita al Centro Studi di Letteratura Giovanile. Era formato dalla Elena Bonaretti, e. Ettore Cima,(entrambi nominati dal Comune), da Ugo Bovero (designato dall’International Board on Book for Young People) e da Bruno Ball (designato dal Centro Didattico Nazionale di Studi e Documentazione di Firenze). L’idea della Biblioteca per ragazzi era allora solo nei programmi del gruppo. Ma quando si trattò di realizzarla, alcuni anni dopo, e di scegliere il bibliotecario che doveva occuparsene, il moderno Diogene si recò dall’allora Segretario Generale del Comune (suo amico) per richiedere il personale da utilizzare nella nuova struttura e gli ordinò perentoriamente e in dialetto genovese: “Amigu, pe a diresiùn, mi véuggio un ommu!”( amico, per la direzione voglio un uomo), facendo leva sul fatto che nelle creazioni delle precedenti biblioteche di quartiere era sempre stata nominata una donna a dirigerle. Il Segretario promise di cercare “l’uomo” e, prelevandomi dalla Segreteria dell’Istituto di Magistero, il cui personale proveniva esclusivamente dall’Amministrazione Comunale, mi destinò alla biblioteca De Amicis. Quel moderno Diogene era il Prof. Giuseppe Piersantelli, Direttore delle Civiche Biblioteche di Genova. Ebbi inizialmente un lungo colloquio con lui e alla mia osservazione: “Professore, io scrivo libri per i giovani, ma di Biblioteche per ragazzi sono completamente digiuno”. Mi rispose con la sua schiettezza da buon genovese: “Neppure io quando anni fa mi offrirono la Direzione delle Civiche Biblioteche ne sapevo qualcosa. Mi sono arrangiato. Quindi, - aggiunse ridendo - se è digiuno, si arrangi anche lei e si rimpinzi”. Mi dovetti rimpinzare, seguendo i Corsi di Biblioteconomia che erano stati istituiti a Genova il 5 dicembre del 1968 a cura del Prof. Enzo Petrini, direttore del Centro Didattico Nazionale di Studi e Documentazione di Firenze.
Quali legami trovi tra la tua esperienza di bibliotecario e quella di direttore della rivista LG Argomenti
La Direzione della Rivista “Il Minuzzolo” (oggi “LG Argomenti”) mi fu, per mia fortuna, affidata parecchi anni dopo la nascita della “De Amicis”e compresi subito che le due mansioni (bibliotecario e responsabile della rivista) erano cose inscindibili, collegate tra loro da un filo comune: le nozioni base della letteratura per l’infanzia, l’esperienza e la conoscenza delle novità librarie che le case editrici pubblicavano. Fu una fortuna, ripeto, perché prima ho avuto il tempo di “farmi le ossa” affrontando tutti i problemi che una struttura nuova e allora poco nota nell’ambito delle biblioteche tradizionali, presentava. Non esistevano, infatti, in Italia biblioteche esclusivamente create ad uso e consumo di bimbi che iniziavano ad accostarsi alla lettura, tranne qualche sporadica esperienza precedente che ebbe una vita breve e non lasciò tracce. E inizialmente, senza parametri a cui rapportarmi in quella struttura allora, diciamo pure, “in fasce”, commisi parecchi errori nel cercare di adeguare norme e regole tratte e utilizzate nelle “biblioteche per adulti” per trasferirle ‘tout court’ in una biblioteca per giovani. Errori che ho potuto rimediare seguendo il detto “sbagliando s’impara”. Tali esperienze precedenti mi aiutarono non poco a dirigere la rivista. Chissà quali guai avrei potuto combinare se, oltre alla costruzione della una nuova struttura bibliotecaria, mi fosse stata contemporaneamente affidata la responsabilità di una rivista. Non ci voglio pensare !
Quanto è stato importante il tuo lavoro da bibliotecario per quello di affermato scrittore per ragazzi
Qui l’impatto è stato diverso perché avevo iniziato a scrivere per ragazzi molto tempo prima di occuparmi di una biblioteca creata a loro uso esclusivo, e sentire le loro reazioni ai miei lavori (e a quelli di altri autori da loro letti) mi permetteva di sondare e di capire, in particolar modo durante gli incontri quasi quotidiani con intere scolaresche che avevano letto qualche mio libro o novella, le loro esigenze, le loro aspirazioni, i loro interessi. Mi ha permesso di comprendere o meglio di intuire ciò che loro piaceva, di suggerire e accostarli alla letture dei classici e di scoprire assieme le opere nuove, i romanzi di scrittori nuovi, i generi letterari che stavano prendendo forma o i generi innovativi tra i quali ricordo il boom nell’editoria italiana del periodo dei “libri- game”, quel genere di libri in cui a costruire la trama o il percorso dell’avventura era il lettore stesso. Quale piacere maggiore può esserci se mentre leggi sei tu l’arbitro della situazione e utilizzi quanto lo scrittore ti mette a disposizione per seguire uno o più fili logici per giungere ad uno o più finali diversi! Un boom che si esaurì senza una ragione apparente. Forse l’ultimo libro- game stampato è quello che ho scritto di recente ,“All’alba canterò”, sebbene debbo ammettere che si tratta più di un libro-gioco che di un libro-game a molti finali. E tra gli autori nuovi , che allora presentavo ai ragazzi, ricordo con piacere alcuni autori: Bianca Pitzorno con i suoi temi e i suoi personaggi talvolta trasgressivi che attraevano i lettori in modo particolare; Gianni Padoan con le sue avventure che spaziavano in mondi esotici in cui aveva pascolato in precedenza Emilio Salgari, Luigi Motta, in mondi attuali con problemi attuali o affrontavano il nuovo genere che si andava affermando e cioè la fantascienza; Giovanna Righini Ricci non sempre gradita ai critici, che motivavano il loro dissenso definendola una scrittrice troppo legata alla scuola, una scrittrice “da tavolino”, tutte accuse a mio giudizio immotivate; Marcello Argilli capace di avvicinare i giovani, specie gli adolescenti ad argomenti reali nei quali la fantasia aveva poco peso di fronte alla drammaticità di certe situazioni reali. E in particolar modo ricordo Gianni Rodari, che ebbi il piacere di incontrare alla “De Amicis” , autore di libri indimenticabili di cui non posso fare a meno di ricordare le sue deliziose Favole al telefono.
Quali sono state le attività più significative che hai realizzato alla DEA?
Il problema principale che mi si presentò alle origini fu l’impatto con ragazzi la cui età andava dai cinque, sei anni sino all’adolescenza. Laureato in Lettere, prima di allora avevo avuto solo una esperienza (negativa) di insegnamento con i ragazzi delle scuole medie nell’Istituto Privato Leopardi di Via XX settembre, e avevo subito capito che mi mancava il carisma dell’insegnante, per cui fu giocoforza rinunciare alla cattedra. Non possedevo la fionda dei Ricordi di scuola di Mosca, per cui mi era precluso centrare un bersaglio sensazionale ! Quindi, trovandomi di nuovo a contatto con i ragazzi capii che dovevo trovare una nuova strategia. Consapevole che i giovani che entravano in biblioteca erano o motivati o volevano scoprirla solo per curiosità o per capire che cosa poteva offrire, cercai di aiutarli a conoscere i libri e ad imparare ad aggirarsi tra gli scaffali, come in un negozio self-service e decisi di utilizzare quanto la tecnologia di allora mi metteva a disposizione. Durante gli incontri con gruppi di giovani mi servivo di diascopi, episcopi, lavagne luminose, proiettori di filmini o di film a 16 mm., lavagne ottiche, tutti oggetti che servivano per acuire l’interesse dei lettori e accostarli anche alla parte iconografica dei libri, un passaggio che poi li conduceva, per curiosità, alla lettura degli episodi che avevano suggerito il disegno all’illustratore. Non ultimo mi venne in aiuto un hobby che coltivavo sin dall’infanzia e che continuo ad avvalermi ancora oggi: quello dell’enigmistica. Il gioco serviva a rendere piacevole gli incontri con i ragazzi. E il carisma (o la “fionda alla Mosca”) che non avevo trovato dietro ad una cattedra scolastica, lo ottenni con ”l’arma di Edipo” tra gli scaffali della biblioteca a stretto contatto con i libri.
Ci sono cose che non rifaresti, in una seconda vita professionale, da bibliotecario per ragazzi…
Sì. Agli inizi mi sentivo come un pioniere e come tale cercavo di battere tutte le strade per spingere i lettori e a trovare “l’oro alfabetico” (leggi: la lettura piacevole) e, in contatto con bibliotecari della Biblioteca francese di Clamart sur Seine e della Jugendbibliothek di Monaco di Baviera (con i quali ero in contatto), adottai varie iniziative (suggeritemi in particolar modo dalla bibliotecaria Geneviéve Patte di Clamart) per far affluire in biblioteca i giovani utenti , proponendo l’ora del racconto (tenuta da Lucetta Frisa la cui voce teatralmente impostata affascinava gli ascoltatori), i corsi di disegno, di teatro (di cui ricordo un mostra organizzata dal teatro della Tosse e da Lele Luzzati nella quale vennero esposti abiti e costumi utilizzati in vari spettacoli teatrali), di pittura, di inglese e francese (coordinati da Anne Marie Mortara Lepman e Benito Poggio), di musica, di bricolage, e, soprattutto, mostre di libri, di disegni. Ricordo in particolar modo la prima mostra organizzata dalla De Amicis in occasione della sua inaugurazione. Assieme al professor Piersantelli ci recammo a Torino per contattare una bisnipote di Emilio Salgari la quale ci mise a disposizione molti manoscritti dello scrittore. Si trattava di pagine con disegni esotici, quaderni da lui scritti contenenti appunti, forse quelli che ricavava nel Porto di Genova quando si trovava a Sampierdarena, dove allora abitava, per prendere contatto con i marinai e farsi raccontare episodi, usi e costumi, o descrivere animali e piante esotiche che avevano visto. Alcuni critici hanno scritto che Salgari non era fedele nei particolari. Ed è così; ma ciò era dovuto al fatto che le notizie che ricavava erano frutto di ricordi dei marinai che ovviamente e non di rado deformavano attraverso la fantasia. Purtroppo Salgari non aveva a disposizione un “internet di controllo”… Una curiosità. Oltre ai manoscritti la nipote ci mise a disposizione penne, calamai e altro materiale usato da Salgari. Tutti oggetti che accettammo di esporre ai ragazzi. Ricordo in particolare che ci offrì anche di esporre il rasoio con cui nel lontano 1911 aveva fatto harakiri nel Parco del Valentino. Ovviamente non lo accettammo… non era il caso in una mostra da offrirlo alla curiosità dei giovani. Purtroppo né il professor Piersantelli né il sottoscritto ci ricordammo durante la presentazione al pubblico della mostra di ringraziare la nipote che aveva messo a disposizione il materiale. Ci pensammo in seguito, quando ormai era troppo tardi. Una gaffe imperdonabile alla quale riparo tardivamente oggi dopo quarant’anni. E il mio grazie arriva proprio nel centenario della morte di Salgari. Un Autore, che aveva scritto esclusivamente per i giovani, moriva mentre la Biblioteca “De Amicis” nasceva, ospitando tutti i suoi libri. Tutte queste attività impegnarono me e i miei collaboratori. Purtroppo, in seguito, ne abbandonammo alcune, dopo aver saputo che la Biblioteca di Clamart sur Seine, dalla quale avevo ricavato informazioni relative a queste attività, le stava eliminando dai suoi programmi in quanto, mi scrisse Geneviéve Patte “esulavano dallo spirito di una biblioteca. Una biblioteca nasce per ospitare i libri; altre sono le associazioni che hanno il compito di occuparsi di attività “troppo” marginali al libro. Oggi, alla luce di esperienze altrui, mi chiedo se quella mossa non sia stata sbagliata.
Pensi che la DEA dopo il periodo verde di Villa Imperiale, quello grigio di Via Archimede e l’attuale periodo blu presso il Porto antico di Genova sia molto cambiata?
Cambiata e mutata sì. Ha seguito l’evolversi della società e i lunghi passi del mondo della tecnica, sempre pronto a sfornare novità che oltre a costringerti ad usare nuove strategie, attirano meglio l’attenzione. Ogni volta che vado in biblioteca avverto la nostalgia delle macchine per scrivere con cui facevamo le schede alfabetiche, a soggetto, per titoli. Oggi sono sostituite dai computer e dal collegamento immediato col mondo intero attraverso Internet. Ci sono anche posti per ascolto musicale di concerti, opere teatrali, opere classiche, per visionare DVD e film. Tutte cose che ai miei tempi facevano parte di un mondo fantascientifico o meglio di anticipazione, come lo ha definito Giulio Verne. Mi rallegro però di fronte ad attività che, guarda caso!, si riallacciano ad alcuni miei tentativi del passato, quelli che avevo abbandonato considerandoli poco produttivi e che, come arabe fenici, risorgono dalle ceneri per iniziare nuova vita, per percorrere strade nuove.
Quali consigli daresti ad un giovane bibliotecario che si appresta oggi a lavorare in una biblioteca per ragazzi.
Dedizione, pazienza, costanza, amore per il libro così com’era un tempo, perseveranza, senza dimenticare di considerarlo (di fronte all’incalzare delle novità tecnologiche) un subordinato. Guttenberg siede ancora sul suo seggio. A mio giudizio tra libro e automazione non ci deve essere contrasto: ci deve essere cooperazione. E se qualcuno mi chiede: “Fino a quando?”. Rispondo “Il più tardi possibile.”
Mi daresti una tua definizione aggiornata di biblioteca per ragazzi.
Ti do quella che Norman Cousins riadattò da una frase di Socrate: “La biblioteca è la sala parto per la nascita delle idee; un luogo dove la storia prende vita”. E se proprio lo desideri , potrei ricorrere ad una mia similitudine. “E’ un albero con le radici saldamente piantate nel passato e con i rami protesi verso il futuro, sempre pronti ad offrire fiori e frutti”. Se poi penso ad una parola che mi è cara: il vocabolo BIBLIOTECARIO, il cui anagramma è BEATO COI LIBRI, potrei anche definire la biblioteca per ragazzi come L’EDEN INIZIALE DEL LETTORE.
Non hai la sensazione che la biblioteca per ragazzi sia sempre un po’ sacrificata e a volte mortificata rispetto alle biblioteche per adulti, come accade anche nei settori giovanili delle squadre di calcio.
Sì la sensazione c’è in particolar modo se penso alle sezioni per i ragazzi presenti nelle biblioteche per adulti. Sono tra quelle più sacrificate, in quanto non essendo considerate come una sezione a se stante, nella voce “acquisti nuovi” si trovano in fondo agli elenchi delle novità da acquistare,cioè proprio quando la voce a bilancio è quasi azzerata.
Cosa pensi della nostra rivista, una rivista che hai fatto crescere e maturare.
Quando uscì il Minuzzolo (oggi LG Argomenti) le riviste specializzate in letteratura per l’infanzia erano pochissime. Ricordo la Rivista “Schedario” dalla quale attinsi molte notizie preziose e della quale avvertii la mancanza quando cessò le pubblicazioni, quasi mi fosse mancato un appoggio necessario. Oggi, sebbene possano contare su esigui bilanci, le riviste in questo settore sono aumentate di numero, anche perché non si sono limitate al solo settore della letteratura giovanile ma hanno allargato gli orizzonti occupandosi di problemi della scuola, di problemi della lettura, di problemi pedagogici…Di qui la loro importanza che viene incontro agli interessi non solo dei bibliotecari, ma a quelli degli insegnanti, dei pedagogisti, dei genitori (purtroppo pochi). “LG ARGOMENTI” seguì tale programma. Ricordo che durante le riunioni mensili il comitato di redazione che collaborava con me, (G. Bini, P.Boero, A, Fochesato, L.Frisa, R.Genovese, L.Gosio, A.M.Mortara Lepman, A. Nobile, F. Rotondo, C.I.Salviati, B.Solinas Donghi) hanno spesso definito la rivista come un assemblaggio eclettico, un pot-pourri di idee, un insieme estroso di argomenti vari…in quanto gli articoli erano legati a temi diversi di cui alcuni attinenti alla letteratura giovanile, altri affini, altri apparentemente lontani se non proprio avulsi, ma collegati da un sottile filo che dall’argomento trattato poteva condurre al libro e alla lettura. Forse per questo, quando si trattò di cambiare formato e nome alla rivista qualcuno pensò di battezzarla “LG Argomenti” e non “Argomenti di LG”, senza accorgersi di coniare una frase sibillina, che in enigmistica viene definita come “inversione di frase”, un gioco in cui basta invertire le parole per ottenere significati diversi. Ed esempio le frasi “Il re del pollaio” e “Il pollaio del re” hanno significati totalmente diversi. Quindi “LG argomenti” equivale a dire che si parla di letteratura giovanile e di argomenti vari; mentre “Argomenti di LG” avrebbe avuto come unico significato quello di “Argomenti di letteratura giovanile” . escludendone altri. (E’ questa una sottigliezza che mi suggerisce il mio hobby dell’enigmistica). E qualche articolo che si discosta dal tema principale è, con mio piacere, talvolta presente anche nelle pagine della rivista di oggi. E un altro piacere mi deriva dal fatto che quando incontro l’amico Francesco, oggi subentrato nella direzione, mi dice che di articoli da pubblicare ne ha sempre molti a disposizione. E dire che io, ai miei tempi, supplicavo gli amici e i collaboratori affinché scrivessero o mi procurassero materiale per far uscire i numeri! Si vede che l’eclettismo nell’assemblare articoli di vario genere ha una sua efficacia. Ma c’è anche il desiderio di molti giovani e non più giovani che si accostano con occhio e idee diverse alla letteratura per l’infanzia (quella che Pino Boero definì con suo grande rammarico “Letteratura di serie B” perché ignorata dai più), e che oggi è invece, è stata promossa nella serie superiore.
Che cosa rimane di tutto il tuo immane lavoro che hai sviluppato in tanti anni, alla vigilia del tuo compleanno.
Rimane il ricordo sempre vivido di Villa Imperiale dove nacque e si sviluppò la De Amicis; di Via Archimede dove la DEA ebbe la sua seconda sede; di tanti volti di donne e di uomini che mi hanno affiancato, senza i quali avrei potuto fare ben poco. E in particolar modo il ricordo di volti sorridenti di tanti, tanti bambini e giovani che frequentarono la De Amicis. E poi mi rimani tu, caro Francesco, (che ho sempre definito il mio delfino), che cominciasti ad affiancarmi proprio nella sede di Via Archimede, un delfino che ora si trova a nuotare nel suo ambiente ideale, vicino al mare, ora calmo e lameggiante di luce, ora imbronciato per qualche soffio di scirocco, ora “incazzato” (permettimi il vocabolo abusato dai giovani) tanto da spingere talvolta una persona a pensare alla rinuncia. Ricordo che una volta (mi sfugge il motivo oggi dimenticato) arrivai a scrivere una lettera di dimissioni dal mio incarico di direttore della De Amicis. Per fortuna la strappai. Mi rimane, quindi, la speranza che ciò che seminai a Villa Imperiale e che maturò in vent’anni di lavoro, tu possa tenerla viva e alimentarla per la gioia di tanti giovani.
Ci puoi parlare dei tuoi prossimi progetti.
Il 2010 è stato un anno per me poco felice, che ha avuto conseguenze spiacevoli anche nel campo della mia fantasia. Si è spezzato il filo che mi univa al fantastico e, data l’età e ancor più la mancanza di volontà, temo che il filo non si riallaccerà più. Per mia fortuna mi sono rimasti i ricordi concretizzati in lavori abbozzati o quasi conclusi e alcuni solo da rivedere, che ho sempre gelosamente “tenuti in caldo” in un cassetto. Prima o poi li tirerò fuori per risciacquarli nel mio immaginario Arno prima di proporli a qualche editore. Mi rimane il lavoro di ricercatore connesso ad un hobby inculcatomi fin dall’infanzia da mio padre: l’hobby della filatelia. In quest’ultimo decennio si è concretizzato non tanto nella raccolta di valori dentellati, quanto nella stesura di profili di autori, narratori, poeti, drammaturghi, scrittori per l’infanzia e personaggi della letteratura e dei fumetti legati al mondo della filatelia. In questi ultimi anni sto cercando di costruire una mini-antologia di profili letterari. La mia intenzione non è quella di riporla nel cassetto a fianco dei lavori letterari inediti, ma di metterla a disposizione di chi coltiva il mio stesso interesse per la filatelia. Oggi siamo pochi. Non conto sull’editoria in quanto è difficile trovare un editore che si faccia carico di pubblicarla (si tratta di qualche migliaio di pagine scritte e della riproduzione di migliaia di francobolli). Debbo però confessare che ho in corso un contratto con l’Editrice Olimpia, specializzata nel settore, la quale, forse, (coi tempi che corrono il ‘il forse’ è d’obbligo) pubblicherà la mia “Comicsfilatelia”, un lavoro che analizza autori e personaggi del mondo del fumetto. Ma non esiste solo l’editoria: c’è Internet che può ospitare un tale lavoro letterario, tant’è vero che basta comporre sulla tastiera di qualsiasi computer la parola FANTAFILATELIA per trovarsi già di fronte ad un mio lavoro filatelico: qualche centinaio di pagine con biobibliografie di soli scrittori per ragazzi accompagnati da migliaia di riproduzioni di illustrazioni. Una specie di particolare storia della letteratura mondiale per l’infanzia legata e raccontata alla luce delle illustrazioni di francobolli.
Ancora una domanda.... Come pensi che si possa inoculare il virus della lettura ai nativi digitali?
Inoculare un virus che non esiste, è impossibile. Uno il piacere per la lettura deve averlo nel suo DNA. Se un "nativo digitale" desidera farsi oggi una vera cultura e si trova di fronte solo ad un apparecchio su cui digitare, l'unico consiglio è munirlo di un paio si guanti privi delle dita. Potrà così sempre tenere in mano un libro e non pigiare tasti. Si tratta però di una lettura coatta e non so se la resa potrà essere positiva. La lettura deve essere libertà. La libertà, aggiungiamo noi, che la Biblioteca De Amicis coltiva coerentemente tra le giovani generazioni, per contrastare l’omologazione e la mutazione genetica che avanza tra la folla solitaria del mondo contemporaneo.
|