Da anni  conosco Maria Rosa (insegnante di lettere  negli Istituti di Stato e di Scrittura Creativa presso l’UNITRE) in particolar modo attraverso la sua passione per la letteratura, essendo autrice di diverse sillogi poetiche. E ancor più il mio apprezzamento va a due suoi recenti romanzi biografici entrambi legati a figure femminili che hanno avuto una parte importante nella vita di due noti scrittori. La prima, Annie Vivanti, che per anni visse al fianco di Giosuè Carducci, e la seconda, Nicoletta Conio, moglie di Goldoni.

Per questo nel mio “Salotto letterario” ho con piacere accolto il Suo “assaggio di una prosa, letta in pubblico a Genova l’8 marzo 2010 in occasione del Primo Centenario della Festa della Donna”.

 Al ricordo di un grave fatto che, per la  tragicità, ebbe una tale eco internazionale da sancire, sebbene dopo lunghe lotte, i Diritti politici e civili della donna, ha pure voluto aggiungere un ricordo che affonda le  radici nelle letture della sua infanzia, riportando alla memoria un autore entrato nei boschi dell’Elicona e ricordando di lui due libri oggi lasciati un poco in disparte.  

 

 

 

Lettera a Sigmund Freud

 

 

“Egregio Dottor Freud,

ogni 6 marzo cade l’anniversario della Giornata Internazionale della Donna, istituita nel 1910 a Copenhagen nel corso di un raduno di donne socialiste, perché annualmente fosse commemorata una grande tragedia.  Due anni prima, l’ 8 marzo 1908, l’opificio COTTON di Chicago era stato occupato dalle operaie tessili in sciopero. Era scoppiato un incendio  e nessuna delle 129 occupanti era stata salvata.

Nei giorni di quel raduno Lei, dottor Freud, si trovava nella sua casa di Vienna dove aveva fondato quella Società Psicoanalitica  responsabile del contributo negativo dato all’immagine del Femminismo. I suoi discepoli Jones e Fenichel, infatti, bollarono pesantemente tutte quelle donne che volevano uscire dai ranghi esclusivi (e discriminanti) della funzione muliebre e materna, inventando per loro il nuovo concetto di “invidia del pene”. Per questo motivo le prime femministe in generale e, in particolare le “suffragette” inglesi, furono stigmatizzate o, assai spesso, messe in ridicolo.

Solo in  epoca più recente altri psicanalisti, quali Jung e Fromm, sottolinearono come il pensiero psicoanalitico fosse stato sempre ammantato di un “velo androcentrico”, che aveva alterato l’immagine della donna desiderosa di vedere affermati i suoi  diritti politici e civili.

Ma il male, ormai, era stato fatto e qualcuno, nel terzo millennio, parla ancora di quell’ “invidia”, teorizzata da lei, dottor Freud, e dai suoi discepoli.

Mi dispiace, comunque, che nel 1938 Lei sia stato discriminato non in base al sesso ma alla “razza”, in quanto ebreo, e sia stato costretto ad esulare da Vienna in Inghilterra, dove nel 1918 le “suffragette” avevano ottenuto il diritto di voto.

Oggi molte donne esercitano la Sua professione e continuano a leggere i suoi libri, perché Lei fu e resta il fondatore della psicoanalisi.

Naturalmente senza rancore, Le invio distinti e rispettosi saluti.

                                                                                  Maria Rosa Acri Borello

 

(Letto in pubblico a Genova l’ 8 marzo 2010)

 

 

 

 

In ricordo di Vamba (Luigi Bertelli)

 

Il primo romanzo per ragazzi del fiorentino Luigi Bertelli(1858-1920) fu Ciondolino, una divertente storia sulla vita delle formiche e di altri insetti, scritta non solo per divertire ma anche, con intento didascalico.  Protagonista è un ragazzo che, cascato in mezzo ad uno sciame d’insetti, a poco a poco prende le loro abitudini quotidiane. Fonte principale cui attinse Bertelli  sono i Ricordi entomologici del francese Jean-Henri Fabre. Ma il nome di Bertelli sarebbe completamente dimenticato così come il suo pseudonimo letterario di Vamba (mutuato dal buffone dell’Ivanhoe di Walter Scott, forse il più noto romanzo storico dell’Ottocento) se non fosse per la perdurante popolarità di Gian Burrasca, il personaggio protagonista del suo più noto romanzo.

Bertelli nel primo decennio del secolo scorso aveva fondato il periodico per ragazzi “Il giornalino della Domenica”  che nel primo decennio del 1800 ebbe  amplissima diffusione per la sua divertente pedagogia e per l’umorismo tipicamente toscano. Il Giornalino di Gian Burrasca (“giornalino” inteso nel senso di “diario”), pubblicato a puntate su predetto periodico, uscì in volume nel 1920 (l’anno della  morte di Vamba) ed ebbe subito un grandissimo successo

Gian Burrasca  è il soprannome affibbiato da parenti ed amici ad un ragazzino della buona borghesia fiorentina. Il suo vero nome è Giannino Stoppani. Giannino una ne pensa e una ne fa (oggi verrebbe definito una “mina vagante”). Il “giornalino” delle sue birichinate rivela anche le sue contraddizioni: è furbo e, nello stesso tempo, ingenuo; vorrebbe “fare del bene”, ma finisce sempre col combinare dei guai; vuole essere sincero sino in fondo, ma spesso, con le sue verità “scomode” mette nei guai parenti e amici.

L’intento dell’autore è, però, velatamente satirico. Egli vuole colpire l’ipocrisia  di certa borghesia di fine Ottocento e del primo Novecento. Ma il libro, anche oggi, colpisce soprattutto per la vivacità, collodiana e toscana, della narrazione e per la scintillante comicità di molte sue pagine.

 

Da  Piccolo bestiario privato e altri animali di Maria Rosa Acrì Borello, Sanremo, Vitale Edizioni, 2007.

 

AD UN GATTOFILO

 

Se hai detto di conoscere i gatti,

non hai detto il vero:

ci sono gatti ... e gatti, per davvero!

C‘è il gatto di strada:

un micio ben pasciuto,

da tutti conosciuto e ... riverito.

Poi c’è il gatto di casa,

che mangia innanzitutto

bocconcini di carne o di ... prosciutto!

Infine il certosino dal pelo grigio,

nemico giurato dei topi  comuni

E amico di quelli ... da biblioteca!

 

Se hai detto di conoscere i gatti,

forse hai visto davvero

un soriano bigio e lionato,

tigrato di nero.

Hai mai visto un birmano

o un gatto cinese

con gli orecchi pendenti

o un ... abissino?

E, senza esitazione, hai detto

di conoscere i gatti...

Che presunzione!

 

 

IL GATTO SECONDO NERUDA

 

Gli animali della Preistoria

nacquero imperfetti:

soltanto il gatto apparve

completo e orgoglioso.

 

L’uomo volle essere

pesce o uccello;

ma l’animale perfetto

volle solo essere gatto.

 

Il gatto, secondo Neruda,

è straniero anche alla  sua casa.

Apolide senza patria,

è padrone del mondo.

 

 

LUMACA

 

Dopo il temporale estivo

io la cercavo nell’orto

sotto la foglia di una zucca

dove se ne stava rinchiusa,

dopo aver strisciato lentamente

dentro il suo guscio-prigione.

 

Ripetevo tre volte:

“Mumaca mumachina

tira fuori i tuoi cornini”.

Alla rima baciata

preferivo la consonanza

e l’alliterazione..

 

VERSI CANINI

 

Voler   latrare come un dobermann

e ringhiare come un mastino,

ma guaire come un piccolo shitsu

è un amaro destino.

 

 

UN CUCCIOLO D’UOMO

 

Per un rimbrotto ingiusto

come un botolo

non smetti di uggiolare.

Quando  anche tu

come un cucciolo di mastino

Comincerai a ringhiare?

 

 

LUCERTOLA

 

La vedevi arrampicarsi

sul muro scrostato

accanto al profumo del glicine

a primavera

ostinato a fiorire.

In fuga come te,

guizzante come una lucertola

allora.

 

 

 

CANARIO

 

Forse anche tu

vorresti sfuggire dalla tua gabbia

per ritornare

alle Isole Fortunate

tutto vestito a festa

di piume  verdi,

come i canarini selvatici

che al tempo dei Guanci

volavano tra le palme

lontano dagli uomini

in libertà

Amigo,

quando rivedremo insieme

Las Canarias?