Conobbi Fernando (per me Nando) quando frequentavo la prima media. Vivevo come ospite nella sua famiglia durante i mesi scolastici. Aveva parecchi anni più di me e, forse, più voglia di studiare di quanta non ne avessi avuto io a quel tempo. Frequentai la sua famiglia assiduamente, dalle medie alla maturità, tanto che i suoi genitori li chiamavo zii, sebbene non vi fosse alcuna parentela. Nando aveva una passione che non abbandonò mai: amava la poesia. Scriveva continuamente versi che poi riponeva nel cassetto. Fu lui ad accostarmi alla poesia, quella poesia che non si trovava sui libri di scuola. Per fare un esempio, mi fece scoprire un poeta, che non avrebbe sfigurato tra quelli che Verlaine raccolse nel suo libro Les poètes maudits. Si trattava di Olindo Guerrini, singolare figura di artista, maestro di verismo il quale esercitò una influenza non trascurabile tra i giovani attraverso le sue opere poetiche scritte sotto vari pseudonimi: Lorenzo Stecchetti, Argia Sbolenfi e altri; poesie talvolta di maniera, talvolta argute, sguaiate, satiriche, spesso irriverenti come quella scritta in dialetto veneto dal titolo Le ciacole di Bepi con versi messi in bocca a Pio X. O altre in cui metteva alla berlina gente della sua terra, personaggi del basso popolo come ad esempio la figura di una prostituta nel noto Inno all’odio, le cui descrizioni sono pari a certe visioni horror che non di rado oggi si vedono sul piccolo e grande schermo. Nel 2007 Nando mi mandò una raccolta di sue poesie con l’invito a scrivere una prefazione. La conclusi con queste parole “La poesia di Martini si presenta come poesia icastica, fermentante sarcasmo, ironia, satira, dissacrazione. E’ uno specchio grottesco, è la stratificazione di motivi operata da uno spirito mordace che non si trattiene dalla fustigazione dei costumi, che si indigna apertamente, esprimendosi a volte con frasi e termini priapei, senza alcun timore di usare parole e concetti poco ortodossi. Ma la satira, per esprimersi e per colpire, ha anche e soprattutto bisogno di essi perché capaci di lasciare il segno”. Nel 2008 usciva la raccolta dal curioso, lungo titolo: “ 2x1. I versi di Martini un po’ canzonatori e un po’ cretini. Le rime di Fernando un po’ scritte sul serio e un po’ scherzando”. Curiosa è anche la dedica che mi fece: “Caro Marino, prestandoti così sconsideratamente a firmare la prefazione di questi versi, ti sei rovinato con le tue stesse mani. Pertanto, adesso, a perdere la dignità e la faccia non ci sarò più da solo. Nando”. Nelle 147 pagine che compongono la silloge ce n’è per tutti... e Nando lo anticipa scrivendo:
“Ai politici eletti o candidati, A quelli da schierare o già schierati, Ai camuffati da persone rette Che prendono la vacca per le tette [E mungono... ma il conto non ci torna Perché a noialtri lasciano le corna]. Ed ai burattinai coi lor pupazzi Serbiamo questi versi e fischi e lazzi: Di Dante attiveremo la ricetta Per far del nostro culo una trombetta E poterci allenar con gli esercizi Nei luoghi ove si tengono i comizi”
... e tale “itinerario” è preceduto in copertina da altri versi:
Non mi voglio lasciar condizionare Da religion, politica, cultura, Voglio poter urlar quel che mi pare E non temer né biasmo, né censura...”.
Le nuove pagine, che di recente mi ha inviato, [da lui definite “un vaniloquio pseudo autobiografico”], si concludono con una amara visione che riecheggia quella di un suo sonetto presente nella pubblicazione sopraccitata:
TEMER LA MORTE È PEGGIO CHE MORIRE
Pensando a quella notte siderale Col suo carico lugubre di gelo Un tormento indicibile m’assale E mi si rizza fin l’ultimo pelo:
Provo un miscuglio atavico, ancestrale D’ansia, di pena e di crudeli angosce E un tremito interiore, irrazionale, Mi passa per le chiappe e per le cosce.
Ma ciò che più m’angustia e m’arrovella Si muta in ghigno lepido, sfrenato. Dal riso mi si torcon le budella
Se vedo il teschio con la falce a lato; La morte non m’avrà, perciò la irrido: Se la sento arrivar, prima m’uccido.
CON QUALCHE VERSO PRESTATOMI DA ALCUNI COLLEGHI POETI, HO REALIZZATO QUESTO PERFETTO VANILOQUIO PDEUDO AUTOBIOGRAFICO CHE, A SCANSO DI SCELLERATE REPRIMENDA, HO DEPURATO DELLE PARTI PIU’ SCABROSE
“Salute o umane genti affaticate” (Carducci: Il canto dell’amore, 45) in Nord Italia, in Centro, in Meridione, d’autunno, d’inverno, primavera, estate e in ogni cambiamento di stagione;
salute o genti umane interessate ai fatti miei, se ho tasche vuote o piene, se vanto poche uscite e tante entrate o se la testa mi funziona bene.
Se poi la mia signora a volte è assente perché va spesso fuori e non ritorna, è l’opinione vostra ricorrente ch’io son contento di portar le corna;
ma è una condotta che ritengo accorta tant’è che trovo alquanto vantaggioso che mentre lei altrove fa l’escorta rifiato, torno in forma e mi riposo.
Mal sopportando, dunque, i ficcanaso che osservano curiosi le mie mosse (e non mi stupirei se putacaso prendesse loro un colpo, ma di tosse)
poiché nessun mi rompa più i neuroni avanti che la bara mia si chiuda descriverò agli astemi ed ai beoni “questa mia vita dolorosa e nuda”. (Leopardi, Le ricordanze, 26)
Perciò son comprensivo e vi rivelo, senza timore d’essere smentito, che del Padrone che governa il cielo sono un esperimento mal riuscito.
Se decrittassi i miei continui errori non trovo nesso né casualità che mi derivi dai progenitori per il fattore dell’”ereditarietà”!
Ad esempio mio nonno, il buon Bernardo, che non sembrava troppo perspicace lo si credeva ménchero (un po’ tardo) ma invece era reattivo, era capace;
con la compagna, poi, era felice e una gran forza sconosciuta, ignota, lievitar gli faceva l’appendice come il pavone quando fa la ruota.
Ed è noto che, infatti, appena sposo, ghermendo il meglio a nonna, su una panca, prese uno slancio tanto caloroso, tanto membruto, da lussarle un’anca.
Mio padre di quel fatto essendo edotto, sotto il cavallo (1) vi allogava un freno (1) cavallo dei pantaloni. che regolando amabilmente il trotto rendeva anche a mia madre il viaggio ameno
Ed io l’esito son di quelle corse; inconsapevolmente generato nacqui balogio, privo di risorse, figlio del caso, non pianificato.
Crebbi sbandato con due mie sorelle che spinsi a Lesbo terra degli Dei; vinti da incanto lì cambiammo pelle frammisti a donne saffiche ed a gay.
Non vi dico la nostra sicumera dalla Tessaglia sino all’Ellesponto. nei luoghi d’Afrodite e di Citera... Tentato son di farvene il racconto...
Quivi i leviti, estatici e un po’ scemi, dedicavano a Dei di basso clero preci, scongiuri, viatici, anatemi con gesti ridondanti di mistero.
Archimandriti a corto di buon senso, sempre in contesa senza una ragione, offuscati dal fumo dell’incenso, umiliando la loro religione,
Peccavano coi gesti e coi pensieri, in polemica antica, trita e vieta, scambiandosi legnate ed improperi, sopra la tomba vuota del Profeta.
Purtroppo quelle antiche religioni saranno un dì sconfitte dalla scienza e i loro sacerdoti fannulloni costretti a lavorar per penitenza.
Dopo quell’esperienza sconcertante presi le mie sorelle, una per mano, e mi diressi un poco più a Levante giungendo nelle terre del Sultano.
Quel gran Sovrano con la sua Consorte, razzisti quanto noi, ma più ospitali, ci accolsero tra i fasti della Corte trattati come Papi e Cardinali.
Però per me e sorelle, l’Emirato significar potea funesta fine: il rischio mio fu d’essere evirato e il loro di finire concubine
perché osservando ignari ed ammirati del palazzo da fiaba ogni dettaglio scoprimmo il Gran Visir e il Re avvinghiati a consumar un’orgia nel serraglio.
Da quell’amplesso dissoluto, osceno, più consono a Nerone o Caracalla ci allontanammo in un battibaleno senz’essere notati, a gambe in spalla.
Fuggendo a lungo, sotto il cielo aperto, siamo arrivati, prima dell’estate, laddove tra le sabbie del deserto, scorron l’acque del Tigri e dell’Eufrate;
quella terra di guerre fino a ieri, sommersa da petrolio e loschi affari già culla degli Assiri e dei Sumeri che adesso corre al passo dei somari
tal nausea ci ha destato e turbamento pei tanto eventi atroci e tanti abusi che siam tornati in Patria come il vento amareggiati, increduli, delusi.
Fossi rimasto ancora in Medioriente dove comprare, è pratica diffusa, donne velate che non costan niente ma con il burka, a scatola ben chiusa,
data la mia scalogna proverbiale mai mi sarebbe capitata in sposa una vergine bruna, celestiale, vocata ad adornar Villa Certosa, (1) (Uno dei romitaggi del Cavaliere)
forse toccata mi sarebbe in sorte una donna deforme ed ignorante dal viso sghembo e dalle gambe storte nemmeno adatta a farmi da badante.
Sua Castità l’Imano del distretto altre n’avessi prese meno brutte son certo che m’avrebbe benedetto ...ma poi dovevo mantenerle tutte.
In maniera succinta e in forma breve racconto ancora un po’ della mia storia, ma sia ben chiaro che nessuno deve col tempo cancellarne la memoria.
E guai se qualche imbelle servitore, qualche sciocco censore o piedipiatti corrotto dal potere usurpatore si permettesse contestare i fatti.
Narro episodi, è vero, personali che vi lasciano forse indifferenti mentre impellono i drammi esistenziali abbinati a problemi contingenti.
Questioni incontenstabili, evidenti guastan le cose tra le istituzioni, aumentan le fazioni e le correnti un po’ pro Bossi e un po’ pro Berlusconi.
Qui mi consento un cenno, è doveroso al nostro beneamato Presidente per le amorose gesta ormai famoso in tutta Italia e in ogni continente;
sull’agenda politica del mese, data un’attività sempre crescente, Spinelli tiene i conti delle spese ed ogni busta paga è consistente.
Ci son ragazze giovani, di classe. che rivendicano e n’han buone ragioni, compensi doviziosi ed esentasse liberi da balzelli e commissioni:
tra queste, forse alcune clandestine, giunte da terre esotiche lontane, son castigate e probe ballerine esperte nel frullare le banane.
Nelle cadenze calendarizzate tra le novizie c’è competizione per affermarsi come fidanzate e finire nel letto del padrone:
queste le accuse ingiustamente mosse, bizzarre fantasie degl’invidiosi, trame orchestrate dalle toghe rosse su cene caste e limpidi simposi:
anche Ferrara, sceso in conferenza. cala le sue mutande sul complotto per render noto a chi di competenza che le ha pulite e non si caga sotto.
C’è chi rileva, intorno al Cavaliere, poco rassicuranti vecchie icone che lo sanno adulare e compiacere per avere più cariche e poltrone
E chi non vuol soccombere al Padrone, ne’ professargli vuole alcuna stima, lo esorta a ritirarsi dall’agone e ritornare il comico di prima.
Chi dice che Tenorio e Casanova, che d’amanti n’han fatte collezioni, furono solo principianti in prova di fronte a certi exploit di Berlusconi
che aduna, in preda all’estasi dei sensi, trenta donne per volta nell‘alcova godendo di piaceri così intensi “Che intender non li può chi non li prova”. (Alighieri, La Divina Commedia)
Son preso tra lo sdegno e lo sgomento se penso agli affaristi e agli imbroglioni che bazzicano il nostro Parlamento per generar iattura a Berlusconi.
Il nostro Cavaliere sempiterno, vittima ingiusta di persecuzioni, si sente irriso e preda dello scherno sollecitato a dar le dimissioni...
Mentre ogni giorno esplode un nuovo fatto di truffe, di raggiri e oscure trame mi sento un po’ distrutto e un po’ distratto coinvolto in un mercato di ciarpame...
Grazie alla mappatura del genoma di alcuni funzionari dello Stato avversi a lavorar, non solo a Roma, s’è avuto un sorprendente risultato:
tutti i soggetti, già testati a mente, dopo un’esatta analisi in provetta, son risultati inclini alla TANGENTE, infettati dal MAL DELLA MAZZETTA.
Il morbo è tra i contagi più diffusi e ha fasi virulente, incontrollate ma niuno più si cura degli abusi manco le genti ancora intemerate...
Con una anfibologica ordinanza ed una circolare riassuntiva chi ci amministra i conti e la finanza abbassa le pensioni e aumenta l’I.V.A.
E spiega che acconsente a consentire ai cani e ai vagabondi di mestiere d’usare, da quest’oggi e in avvenire, per i bisogni i parchi del quartiere.
Questi i raggiri, i diversivi sciocchi e le false manovre pseudo austere Di quei che il fumo gettano negli occhi e sono uniti solo dal potere.
Io perdo il sonno e più non digerisco, né le pietanze magre né le grasse e a causa dei problemi che ho col fisco tosse ho stizzosa e allergia alle tasse.
M’ha scritto l’Agenzia che sta alle Entrate, a cui feci ricorso e che l’ho perso, “lei può saldare i debiti anche a rate” ed è infatti col C..AF che glieli verso.
Siamo ammoniti ognora dai virtuosi che denunciare i redditi è un dovere ma troppi reticenti ed omertosi han scelto, astutamente.di tacere.
E gli evasori , sempre più celati, con dei complici occulti tra i banchieri, si giovan di canali collaudati per costituir riserve e fondi neri
Son tante le vicende e l’emozioni che raccontar vorrei, ve lo confesso, ma devo concentrare le attenzioni su quanto mi succede proprio adesso.
Dopo un test di routine in ospedale i medici, solerti, hanno scoperto che sono affetto da un crudele male e ne dovrò morir, ne sono certo. Come un leghista spento,irrazionale, pecco d’inopinata apostasia perché l’organo mio convenzionale segnali più non dà d’ipertrofia.
Che far per questo evento inaspettato? Gemere ed imprecare col destino? Rimpiangere i bei giorni del passato? Giocare col presente a rimpiattino?
Assalito da dubbi e da rimorsi “Sperar, temere, rimembrar, dolermi” (licenza, Alfieri /Sempre bramar,non) o per le frivolezze dei trascorsi,l “Della mal spesa vita ravvedermi?”. (licenza, Alfieri / Appagarsi mai)
Capisco, non essendo programmato, ho gl’indici carenti di supporti (sostegni) ed ora fabbisognano al mio stato molecole psicotrope più forti;
Frattanto tengo d’occhio in commistione “Il turpe aspetto delle guance enfiate” (Parini/Risveglio del giovin signore 24)- e il calo di vigore e di pressione delle parti nascoste, innominate.
Propiziatorio ci vorrebbe un rito che mi allungasse ancora un po’ la vita, ho l’opportunità senza un partito? Mi giocherò da solo la partita!
Signori miei , se penso che son nato per un evento non da me deciso, è giusto che mi senta incavolato anche se m’han promesso il Paradiso.
Il Paradiso? Senz’aver premura basta che mi prenoti e metta in lista c’è una congrega che me lo procura se morirò da probo feticista.
A ben pensarci ho qualche precedente e proprio immacolato non lo sono. Però che importa, pure il delinquente se si dice pentito avrà il perdono;
ma se dovessi perder conoscenza dovrei campar perché a morir c’è il veto, l’hanno notificato con sentenza, mi nutriran col tubo per decreto.
La spina non si stacca, è stato scritto che’ questa nuova legge non l’ammette. Chi ci si prova perpetra un delitto e se lo fa va incontro alle manette
Impormi il nutrimento artificiale quando il mio corpo è roso e si sconquassa è un vile arbitrio, assurdo ed immorale, un gioco ai dadi sulla mia carcassa.
Questi papisti più non li sopporto in carne mi ripugnano e in effigie, beneficati ingiustamente, a torto, dal concordato e dalle guarentigie:
si sono discolpati con gli ebrei, per l’odio antico, la malevolenza, poscia hanno chiesto scusa a Galilei ma restano nemici della scienza.
Maligna cricca guelfa in cui risiede “Colpa di lingue scellerate e ladre” (Boccaccio/Storia e poesie) la segua chi l’osanna e chi la crede e noi compatterem le nostre squadre...
Il mondo è preda della confusione ed attraversa un torbido momento, cala il lavoro, sale l’inflazione... ed io mi accingo a fare testamento.
Ma i soldi miei pei quali ho dedizione non li posso trasmettere agli eredi ché, dovendo pagar la successione potrebbero finir sui marciapiedi.
L’onta risparmio loro e l’indigenza, poi sui balzelli più infierir non voglio e pur se mi rimorde la coscienza, in pace vergo l’ultimo mio foglio.
“Addio monti sorgenti dalle acque” (Manzoni/ I promessi sposi) Addio acque sorgenti da quei monti, se morire sinora non mi piacque adesso mi dissocio e chiudo i conti.
Addio famigli ignobili arcinoti, Addio larve tra gente che lavora, Lavitola, Minetti, Scilipoti, D’Addario, Bisignani, Lele Mora.
Addio terra di geni e di campioni, di mafie, di pizzini, di papelli, di qualche onesto e masse d’imbroglioni, di zoccole, di Tanzi e Licio Gelli...
Orbene, cari amici, mi congedo da questa nostra lacrimarum valle. M’aspettan la graticola e lo spiedo? Mi tocco, scaramantico le (s)palle.
Amai l’opre dell’uomo, la natura, le terre ignote che non ho mai viste, l’ornitorinco al sale ed in frittura e tutto ciò che esiste e non esiste.
Ho un ultimo desire da morente: avido assaporare un caldo brodo di sangue dei tiranni d’occidente su coda di varano di Comodo.
Sono pentito, edulcorai le cose ed ho sciupato il tempo ed il sudore per discettar di genti perniciose prive di dignità, senza pudore.
Scusate, ho scritto un’opera insipiente, di cui non s’avvertiva alcun bisogno, ne son talmente afflitto e ANCHE D’ ASSENTE DI ME MEDESMO MECO MI VERGOGNO!
(dicembre 2011)
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