TAGIKISTAN

1993   (24/26 + BF 2)  Sha-Nama  (Poema)

Shāhnāmé o Shāhnāma  tradotto come Il Libro dei Re, è un vasta opera poetica scritta dal poeta persiano Ferdowsi attorno al 1000 d.C. circa ed è l'epica nazionale del mondo di lingua persiana. Il Shâhnameh racconta il passato mitico e storico del suo paese, l'Iran, dalla creazione del mondo, fino alla conquista islamica del VII secolo. Questo voluminoso lavoro, considerato un capolavoro letterario, riflette oltre alla storia del grande impero persiano, i suoi valori culturali, le sue antiche religioni (Zoroastrismo), le sue divinità, i miti,  le leggende e il suo profondo senso nazionale.

E’ il libro più importante  per i restanti 200.000 zoroastriani sparsi nel mondo.

Le copie illustrate dell'opera sono tra i più sontuosi esempi di miniatura persiana. Diverse copie rimangono oggi intatte, benché due delle più famose la Houghton Shahnameh e la Gran Mongol Shahnameh furono suddivise in fogli venduti separatamente nel XX secolo. Un unico foglio (ora al museo Aga Khan) è stato venduto per 1,7 milioni di dollari nel 2006. Il Bayasanghori Shâhnâmeh, una copia manoscritta (Palazzo Golestan, Iran), è stata inclusa dall'UNESCO nella lista della Memoria del mondo Secondo una tradizione popolare, Ferdowsi venne incaricato dal sultano Mahmud di Ghazna di scrivere un libro circa il suo valore e le sue conquiste. Il poeta, tuttavia, pur dedicando al sovrano il libro per cui ricevette i pattuiti trenta cammelli carichi di monete d'oro, decise di raccontare la storia dei re che, attraverso i secoli, avevano portato la terra di Persia a divenire un impero. La stesura del componimento richiese trent'anni, durante i quali il poeta incluse il verso: « ... Ho sofferto durante questi trenta anni, ma ho fatto rivevere gli iraniani (Ajam) con la lingua persiana; io non morirò e rimarrò ancora  vivo, poiché ho sparso i semi di questa lingua... »

Dopo la presentazione dello Shahnameh, il sultano Mahmud si infuriò per il fatto di non essere il soggetto del libro, arrivando a denunciare l'accordo a suo tempo stipulato con Ferdowsi, offrendogli trenta cammelli carichi d'argento; tale offerta venne rifiutata dal poeta. Povero ed affranto, il poeta ritornò a Tus, la città natale. Il sultano, accortosi dell'errore e del vero valore dello Shahnameh inviò al poeta i trenta cammelli carichi di monete d'oro, ma fu troppo tardi: quando gli animali arrivarono a Tus, la bara di Ferdowsi veniva in quel momento fatta uscire dalla porta della città, verso il luogo di tumulazione.

 

   

 

 2001  (167/8 + fog. 30) Miti: 2700 anniversario dell’ “Avesta”, il libro santo dello zoroastrismo.  Divinità: La dea Anahita.  Un sacerdote.  La dea Haoma. Il dio Farroh. Il dio Surush. La dea Din.

L'Avesta è il titolo complessivo dei testi sacri dell'antico Iran, appartenenti alla religione Zoroastriana. Ha un carattere non solo religioso, ma comprende anche elementi di cosmogonia, astronomia, astrologia, oltre a tradizioni e norme familiari. La prima traduzione in occidente dell'Avesta si deve all'orientalista francese Anquetil-Duperron, e risale al 1771.

Anāhitā, ( "la pura") è un attributo utilizzato per alcune divinità persiane. Anahita,  ed è il nome della dea del pianeta Venere, venerata dai Medi e dai Persiani prima che adottassero lo zoroastrismo. Il suo culto, quindi, era parallelo a quello babilonese di Ishtar. Successivamente si sovrappose largamente a quello della dea Aredvi Sura, dea indo-iranica dei fiumi e delle acque limpide. Essa corrisponde alla divinità Vedica Sarasvati  ("colei che possiede le acque"). Il termine sconosciuto "aredvi" dovrebbe significare per motivi etimologici "umida", "piovosa", mentre "sūrā" è un aggettivo che significa "forte", "potente".

Haoma è il termine che indica sia una pianta sacra da cui si estrae una bevanda rituale (parahaoma), sia la divinità che questa contiene.

L' Haoma è proprio delle religioni iraniche praticate delle popolazioni indoeuropee che, intorno al XV secolo a.C., si stabilirono negli altipiani dell'odierno Iran provenienti da dall'area di Balkh (oggi in Afghanistan settentrionale).Il rito dell' haoma fu successivamente inserito all'interno della religione zoroastriana fondata, presumibilmente tra il X e l'VIII secolo a.C., dal profeta e riformatore religioso Zarathuštra.

Jacques Duchesne-Guillemin evidenzia che, secondo queste credenze religiose, la divinità Haoma contenuta nella pianta verrebbe uccisa dalla spremitura della stessa atta a produrre la bevanda rituale. Per Duchesne-Guillemin, il sacrificio dell' haoma-soma fu un sacrificio di "comunione".

L' Haoma è quindi un dio contenuto in una pianta, a cui vengono sacrificate parti di una vittima cruenta di un precedente sacrificio  e che successivamente viene ucciso spremendo la pianta in cui esso è contenuto. La bevanda sacra frutto di questa spremitura viene a sua volta offerta ad altre divinità e assunta dai celebranti il rito per raggiungere l' immortalità, la vittoria nelle dispute sacre o per conseguire beni materiali. Franciscus Bernardus Jacobus Kuiper ritiene che tale sacrificio fosse celebrato in occasione del solstizio invernale seguendo un mito cosmogonico di rinnovamento che inaugurava l'anno nuovo.

Ahura Mazda è la divinità principale della religione zoroastriana o Mazdeismo, raffigurata da un disco alato. Il nome significa "Dio supremo": Ahura corrisponde al sanscrito Asura, nome di alcune divinità indù, e mazda corrisponde al greco mégistos "il più grande". Da lui dipendono tutti gli dei. Il nome della divinità varia leggermente nelle varie lingue:

Surush. E’ il nome della divinità zoroastriana dell’Obbedienza e dell’Osservanza.

 

 

2006  (361/9)  Favole:  Il paesano e l’orso. I tre fratelli. Bogatyr Iradj uccide un drago Il lupo d’oro.

 

 

 

 

 

THAILANDIA

1973  (670/3)  Personaggi di racconti fiabeschi:  Lilid Pralaw.  Khum Chang Khun Phaen.  Sang Thong.

 Il racconto di Khun Chang Khun Phaen è un  classico della letteratura tailandese. La trama è una storia d'amore, che si sviluppa su scenari di guerre e  termina in tragedia. Questa epica popolare è stato sviluppato prima in forma orale popolare con un mix frenetico di romanticismo, dramma e farsa condita di sesso, guerra, avventura ed eventi soprannaturale. La prima stesura scritta avvenne nel 1917-1918 ad opera del principe Damrong, che ricuperò un centinaio di brani dalle versioni precedenti.

Il racconto di Sang Thong è altrettanto conosciuto e apprezzato dal popolo Thai in varie regioni dove era conosciuto sotto varie versioni regionali sia orali sia  scritte.  La versione scritta più antica è Suwan Sangkha Chadok in Panyasa Chadok (Chadok - Jataka racconti nel Buddismo). Altre versioni scritte esistono anche in varie regioni della Thailandia, per esempio a Suwan Sangkha Kuman dalla regione nord-orientale e il Sang Thong Kham Kap dalla regione meridionale,

La trama nelle varie versioni è simile. L'eroe si nasconde dietro un fisico brutto e deforme,  innamorato di una eroina d'alto lignaggio e di fronte all'opposizione del padre, l'eroe deve dimostrare a tutti  che sotto il suo aspetto poco piacevole si cela un individuo che può essere accettato da tutti. Storie simili sono  numerose e popolari nel repertorio dei racconti popolari tailandesi. Oggi, la popolarità di Sang Thong persiste in altre forme: libri di testo per studenti, fumetti, libri di fiabe, cartoni animati, televisione racconto popolare drammi o romanzi. IE presentato nelle arti contemporanee, come la scultura moderna e il teatro.   La storia dei personaggi di Sang Thong si possono trovare anche come il nome di piante, amuleti, i titoli di show televisivi, ecc.  Sang Thong, sicuramente come storia preferita del popolo tailandese, è un retaggio culturale, intellettuale che ha resistito alla prova del tempo nel cuore del popolo.

 

Phra Aphai Manee. La storia, raccontata dal poeta  Sunthorn Phu  fa parte  del folklore thailandese, adattata in film e utilizzata nei fumetti. Narra le vicende di due principi fratelli, Sri Suvan e Aphai Manee, allontanati da corte dal padre, si mettono in viaggio. Tra i vari incontri si imbattono in  una bella donna che invaghitasi di Aphai Manee lo seduce e lo trascina via con sè. Giunti in riva al mare la donna si rivela per quello che è: un’orca del mare che ha la sia dimora in fondo all’Oceano. Aphai Manee la segue. Dopo un po’ di tempo però  il giovane si innamora di una bella serena e fugge con lei. L’orca, gelosa, lo insegue col proposito di ucciderlo. In sua difesa interviene il  fratello Sri Suvan con unha schiera di guerrieri.  In alcune località thailandesi, come l’isola di Ko Samet isola e Cha Am ci sono statue legate alla storia di  Aphai Manee Phra. [

 

  

1976 (795/8) Mitologia: Kinnari.  Suphan-Mat-Cha.  Garuda. Naga,

La dea Kinnari  nella letteratura Thai proviene dall’India, ma è stato modificata per adattarla al modo tailandese di pensare. Thai Kinnari è raffigurata come una giovane donna che indossa un costume da angelo ed ha la parte inferiore del corpo simile a un uccello, cosa che le consente di volare.  La più famosa Kinnari in Thailandia, conosciuta come Manora, è una eroina presente in una delle storie raccolte in Pannas Jataka un’opera scritta da un monaco buddista intorno al 1450-1470 dC. Si tratta di una raccolta di 50 storie sulle vita di Buddha. Il racconto specifica che la Kinnari  Manora era la moglie di Sudhana Jataka, , il bodhisattva che era anche l'eroe della storia..

Le  storie di Manora sono popolari in Cina, Giappone e Corea. La sua figura è legata ad una danza chiamata Manorah Buchayan, che è una delle più esoteriche tra le danze classiche della Thailandia.

Naga sono creature con busto umano e coda di serpente presenti nella mitologia indù. Considerate semi-divinità, i Naga discendevano da Kadru, moglie di Kashyapa e abitavano il Patala, un’area infernale disseminata di fastose dimore e abitata da bellissime donne.

Considerati da Krishna una razza maledetta tanto da volerli annientare, i Naga si presentano invece nella mitologia indiana e indonesiana come esseri benevoli e di bellissimo aspetto. Soprattutto le femmine hanno una bellezza smisurata e vengono chiamate Nagi o Nagin. Creature spesso associate all’acqua, i Naga sono i protettori delle sorgenti e dei fiumi; dispensano fertilità alle donne e mandano la pioggia nei periodi di siccità. Talvolta però questi esseri sono anche associati a grandi catastrofi naturali quali alluvioni e tempeste.

 

 

1977  (825/28) Scene da libri: Pha Bu Thong.  Krai Thong.  Nang Kaew Na Ma. Pra Rot Mali.

Krai Tong

Krai Tong è  presentato nella leggenda come un eroe, un   Ercole invincibile dotato di una forza e di una volontà straordinarie  che utilizza durante le battaglie.  Deve la sua notorietà ad un episodio in cui affrontò il coccodrillo più grande del mondo. L’animale, chiamato Chalawan, era un mostro che abitava una immensa caverna piena d’oro nella quale, quando vi penetrava , assumeva sembianze umane. Un giorno andò in una città e fu completamente affascinato alla vista di Tapaokaew,  figlia di un ricco signore, tanto da rapirla e tornare con lei alla sua caverna. Il padre, afflitto dalla scomparsa di sua figlia, diramò un annuncio per trovare un uomo tanto forte da riportargliela, promettendo una ricca dote e la mano della figlia. Per  Kraj Thong fu facile liberarla anche se la lotta fu lunga e finì con la morte del mostro.

 

 

1996  (1657/60)  Leggende:  Il re Rama a caccia di cervi.  Coppia in una caverna.  Coppia in una foresta. Personaggio seduto su un trono e una donna inginocchiata. 

Presso la religione induista, Rama (ca. 7000 AC) è il settimo Avatar di Visnu, manifestatosi nel regale principe per risollevare le sorti della morale degli uomini, ormai soggiogati da Ravana. Il suo nome completo è Ramachandra, e spesso viene preceduto dal titolo di rispetto induista, Shri. Egli rappresenta la personificazione dell'Assoluto Brahman e l'incarnazione del Dharma, l'Uomo Perfetto (Maryada Purushottama). È l'Avatar del Treta Yuga, l'età dell'argento, caratterizzata dalla comparsa del vizio e della malvagità. Rama è la più famosa e popolare manifestazione del Dio Supremo per una grande maggioranza dei 900 milioni di induisti in tutto il mondo, incluse le nazioni del Sud-est asiatico come Thailandia, Malaysia, Indonesia, Burma e Cambogia. È riconosciuto come l'immagine, lo spirito e la consapevolezza dell'Induismo, la religione organizzata più antica del mondo, e della civilizzazione umana dal punto di vista indiano. La vita e le imprese eroiche di Rama sono narrate nel Ramayana, un antico poema epico in sanscrito, che letteralmente significa "Il viaggio di Rama". Una importante opera devozionale è il Ramcharitmanas di Tulsidas, che si basa sui princìpi dei movimenti Bhakti, ossia la devozione e l'amore per Dio.

 

 2009 (2571)/8) Le avventure di Phra Abay  Manee .  (vedi sopra)

 

 

 

 

2009 (2627)  Dea Bodhisattawa  Gaun Yin.

Madre della misericordia, madre della compassione e della guarigione sono le  onorificenze che delineano le caratteristiche della dea Kuan Yin o Guanyin. E’  "Colei che ascolta i lamenti del mondo", che libera dalle sofferenze. I buddisti la venerano quindi come Bodhisattva della pietà, ma la sua figura appartiene anche al taoismo, dove è la Dea della misericordia. E' conosciuta anche come Quan Shi Yin, KuanYin, Quan'rsquo Am (Vietnam), Kannon (Giappone) e Kanin (Bali).
Narra la leggenda che Kwan Yin era la figlia di un uomo ricco e crudele che ambiva per lei a un matrimonio di interesse, volto ad aumentare il loro prestigio sociale. Nella speranza di raggiungere l'illuminazione spirituale, la dolce Kwan Yin ha disobbedito al padre, trovando rifugio in un tempio, dove fin dall'inizio si è fatta apprezzare per il suo atteggiamento gentile e caritatevole.
Nondimeno, tale è stata l'ira di suo padre a causa del gesto da lei compiuto, che l'uomo la fece uccidere. In virtù delle buone azioni compiute durante la sua breve vita, a Kwan Yin si sono dischiuse le porte del Paradiso dove l'avrebbe attesa un'estasi eterna. Ma mentre si accingeva a varcare i cancelli del Cielo, Kwan Yin ha udito un grido elevarsi dal di sotto. Era il grido di una persona che soffriva sulla terra, il grido dì qualcuno bisognoso del suo aiuto. In quel preciso istante, essa ha giurato di non abbandonare il mondo degli uomini fintanto che tutti, nessuno escluso, fossero stati ancora in preda a tormento e dolore. In seguito a questa promessa, Kwan Yin è stata trasformata in una Dea. Oggi la dea Kwan Yin è oggetto di grande culto, in quanto le viene attribuita la facoltà di guarire coloro che soffrono nel corpo e nello spirito, proteggendo altresì madri e figli ridotti alla disperazione, e addirittura i marinai sorpresi dalla burrasca
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2010  (2651/4)  Sang Thong Fiaba   (vedi sopra)

 

 

 

2010   (2657/)   Fu  Hsing. Lu Hsing. Shou Hsing.

Le statuette dei tre dei della felicità sono frequenti in molti ristoranti cinesi. Essi rappresentano tutte le qualità che la maggior parte dei cinesi bramano. Sono Fu Hsing, dio della fortuna; Lu Hsing, dio della ricchezza e prosperità familiare e Shou  Hsing dio  della longevità.  Shou Lao, che significa "stella del longevo" occupa il ruolo più importante. Viene raffigurato come un vecchio calvo e sorridente, di solito porta una pesca, simbolo di immortalità e, a volte una zucca, simbolo di prosperità. E’ assistito da un gruppo di animali - pipistrelli, cicogne e cervi, simboli di  felicità.

 

 

 

2011  (2767/70)  Fiaba. Khun Chang . Khun Phaen.  (vedi sopra)

 

2011 (2775/82) Gli otto immortali del Taoismo.

Nel XII secolo, durante la dinastia Jin, si assiste alla formazione, in Cina,  della pleiade degli inseparabili Otto Immortali che sono stati raggruppati e associati per misteriose ragioni, e situati al centro del pantheon taoista.  Le storie degli otto immortali del Taoismo sono il prodotto dell'antica arte dei cantastorie, a volte indovini, monaci o anziani che le narravano nei templi e durante le festività. Alcune di queste figure mitiche sembrano essere realmente esistite nell'epoca della dinastia T'ang (618-906 d.C.). Gli Otto immortali sono:

LU TUNG PIN. E' il più popolare degli otto, la cui statua si trova in moltissimi templi orientali e molte grotte sacre in Cina sono a lui dedicate. Egli esplicita il suo potere per mezzo di formule, anche sugli spiriti maligni. Il suo simbolo è una grande spada con la quale uccide i demoni, un altro simbolo è lo scaccia mosche che tradizionalmente indica chi è in grado di volare. La spada effettivamente è uno dei talismani cinesi più potenti, fino agli anni trenta prima che venissero cacciati dal governo comunista, i Maestri Celesti abitavano le grotte del monte Tien'mu e possedevano una magica spada che secondo la leggenda era appartenuta all'immortale. All'ingresso dei templi a lui dedicati c'è una brocca d''acqua che può curare piccoli malanni.

TI KUAI LI. Il secondo per popolarità, è collegato all'arte medica, il suo principale simbolo, una gruccia di ferro, è spesso appeso fuori dalle farmacie. E’ prediletto da esorcisti grazie alla sua zucca medicinale, altro suo simbolo. egli vive come un mendicante, vestito poveramente e vive di elemosine aiutando i poveri ed i bisognosi, per questo in molte leggende non viene riconosciuto e viene trattato male dalle persone alle quali chiede aiuto.

CHANG KUO LAN-Chile è rappresentato sul suo asino, stringe nella mano uno strumento musicale di bambù, è propizio agli sposi e viene invocato dalle coppie che vogliono avere figli.

Egli assicura la discendenza.

TS'AO KUO CHIU. Gli altri immortali godono di meno popolarità e raramente vengono rappresentati da soli, Ts'ao fu membro della corte imperiale e assassino, venne elevato all'immortalità per capriccio degli altri sette che volevano riempire l'ottava caverna sulla loro montagna. 

HAN HSIANG TZU. E' una figura molto amata: il suo simbolo è il meraviglioso flauto di giada ed è considerato il protettore dei musicisti. Grande poeta, artista e musicista, amante della natura, rappresenta l'uomo libero e sereno.

HAN CHUNG LI. Figura storica affascinante, durante la dinastia Han fece carriera a corte e diventò generale e governatore provinciale. Famoso per aver inventato la pillola dell'immortalità ed è collegato all'alchimia e alla longevità.

LANG TS'AI HO.E' il personaggio più eccentrico del gruppo, a volte rappresentato come uomo altre come donna. E' lunatico e squilibrato, amante dei fiori e della natura è spesso raffigurato con un cesto di fiori. In antichità figure come la sua venivano considerate toccate dagli dei.

HO HSIEN KU. E' l'unica donna fra gli otto immortali. Le venne concessa l'immortalità grazie alle sue pratiche ascetiche, rarissime furono infatti delle donne che praticarono l'ascetismo taoista. Regge fra le dita un fiore di loto simbolo di apertura e saggezza.

Tra le leggende cinesi legate agli otto immortali assai note sono le vicende che li ritraggono mentre attraversano l’Oceano per partecipare a un banchetto organizzato nel Palazzo Celeste dalla Regina Madre d'Occidente.

Un giorno decisero di recarsi ad ammirare le meraviglie del mare, ma la divinità Lu Yuan pretese che rinunciassero al loro abituale veicolo-cavalcatura, cioè una comoda nuvoletta. Dovettero camminare sul mare, ognuno con l'aiuto di un oggetto magico, il suo attributo personale. Per uno il bastone, per un altro la spada, per il terzo il ventaglio, ecc. Strada facendo entrarono in conflitto con un re-drago, cui inflissero una cocente sconfitta. Le loro peregrinazioni marittime poterono quindi proseguire attraverso mille altre avventure in cui utilizzarono tutte le loro possibilità tra cui quella di poter diventare visibili o invisibili a piacimento, resuscitare i morti, trasformare in oro tutto quel che toccavano per mezzo di una meravigliosa pietra magica...

Spesso sono anche rappresentati mentre avanzano in gruppo lungo i sentieri tortuosi della montagna della Longevità, o nel paradiso taoista, un paesaggio boscoso, disseminato di stagni e di torrenti ingombri di rocce. Raggiunto un alto grado di poteri magici, questi personaggi, generalmente solitari, dovevano incontrarsi una volta l’anno nelle montagne della catena Kunlun Shan, tra il Tibet e il Turkestan, luogo di residenza di Xi Wang Mu, la “Dama-Regina dell'Ovest”, importante divinità dell'Olimpo cinese. Questa fata taoista, detta “Madre d'oro”, presiedeva al loro incontro in mezzo a fiori di corallo e ad altri splendori, come pesche dell’immortalità, che maturano soltanto ogni 3.000 anni!

 

 

 

2012  (2939/42)  Giornata dell’infanzia.  Il racconto di Inao

I quattro personaggi della serie sono tratti dal Racconto di  Inao, un famoso poema epico della Thailandia che risale al periodo del  re Rama II.  Il tema del racconto è stato trattato in seguito in canzoni e poesie, opere teatrali e dipinti, dal popolare al classico. La loro storia è stata anche  raccontata in un poema molto lungo e molto ammirato, scritto da Re Rama II (regnò dal  1809 al 1824), sotto il titolo Inao. Esiste pure una canzone molto romantica, ben nota alla maggior parte dei thailandesi, con il titolo di 'Bussaba Sieng Thien'.

Inao è uno dei figli del re di Kurepan  ed è anche conosciuto come Raden Montri. Bussaba (pronunciato Butsaba) è la figlia del re di Daha. Quando nacque  il re di Kurepan inviò regali di fidanzamento per conto di suo figlio, affinché i due cugini potessero un giorno sposarsi.

Quando Inao raggiunse l’età di  15 anni, sua nonna , sovrana del Regno di Manya, morì. Inao partecipò ai funerale e conobbe, Jintara, figlia di un  re, della quale si invaghì tanto da decidere di non tornare piu a casa. Ma il padre gli ordinò di rientrare  per celebrare  il matrimonio con  Bussaba al fine di evitare ulteriori problemi. Inao, tuttavia, non era disposto ad ubbidire. Riuscì con uno  stratagemma ad   entrare nella camera da letto di Jintara e farla sua. Bussaba, venuta a conoscenza del tradimento di Inao, sentendosi disonorata, accettò di sposare il  re di Joraka, un uomo molto brutto.

 

 

2012 ( 294/5) Caishenye.

Caishenye  o il Dio della ricchezza  è il termine con cui si designasi un insieme di divinità cinesi al quale è attribuito il potere di migliorare la situazione finanziaria.  Dette divinità appartengono a due categorie: civili e militari, ad imitazione della burocrazia imperiale. Ci sono ricchi commercianti la cui esistenza storica è attestata, di  personaggi oscuri risalenti a tempio remoti e di eroi che hanno combattuto per la loro patria. Ognuno può scegliersi la divinità che più gli aggrada. Alla lontana ricordano i santi della religione cristiana il cui numero non è fisso ma aumenta nel tempo.

 

 

Anno 2013  Divinità cinese. Tai sui.

Tai Sui si riferisce a stelle direttamente opposto a Giove. Esse influenzano lo zodiaco cinese e sono anche una teoria religiosa  del Taoismo e del Feng Shui.

Nello zodiaco cinese, ci sono sessanta generali celesti che aiutano l' Imperatore di giada nel prendersi cura  del benessere del mondo mortale. Ognuno di loro rimane in carica per un anno. A causa della maggior parte di loro avendo una derivazione militare, normalmente sono conosciuti come i generali militari, o come la divinità del ciclo. Ciascuna delle loro caratteristiche e le armi che prediligono  significano il benessere di quell'anno. Ad esempio, se il Tai dell'anno è uno che tiene una penna, indica agitazione politica per quel particolare anno. D'altra parte, se la Tai dell'anno tiene una lancia o una spada indica la necessità di lavorare sodo ed superare le difficoltà di quell’anno. Nel Taoismo, se qualcuno è in conflitto con il Tai di quell’anno deve

passare attraverso una sessione di preghiera con un sacerdote taoista per chiedere benedizione  al fine di ottenere pace e buona fortuna per tutto l'anno. Esistono talismani che proteggono contro Tai Sui, venduti in molte aree.

 

 

 

TRASNITRIA

2010 Europa Libri per bambini. Racconti popolari

 

 

TRINIDAD

 

1982  (458/61)  Lo spirito dei demoni locali.  Pa Pa Bois la diavolessa.  Lugarhoo.  Phantom e Soucouyant,  Il bosco del sole.  Dwens e Mama dell’acqua.

Papa Bois (altrimenti noto come "Maître Bois", che significa padrone dei boschi o "Papà Bouchon", che significa uomo peloso), è un popolare personaggio immaginario presso le pololazioni di i St . Lucia e Trinidad e Tobago .  Spesso chiamato il "guardiano della foresta", è ritenuto il protettore dei boschi,  della flora e fauna. E’ sposato con la Diavolessa.

Ha l’aspetto di un  vecchio  africano, con gli zoccoli (o almeno la sua gamba sinistra termina in un grande zoccolo) e la barba di foglie, che, nonostante l’età possiede forti muscoli e può correre più veloce di un cervo. Il suo corpo è completamente ricoperto di pelo come quello di un asino e piccole corna spuntano dalla fronte. Egli è anche noto per scavar trappole  per catturare i cacciatori di frodo.  Egli è anche noto per avere il potere di tramutarsi generalmente  in un cervo per  attirare i cacciatori nelle profondità della foresta e punirli. La sua controparte femminile è  Mama DLO. Si dice che, se uno incontra Papa Bois, deve essere educato, astenersi dal fissare gli zoccoli e rivolgergli un educato saluto.  Papa Bois si trova anche nel folklore di Grenada.  Egli è di solito rappresentato come un enorme Manicou (Opossum). I cacciatori della foresta lo temono per la sua capacità di apparire e scomparire all’improvviso.

 

Un Lugarhoo (Lagahoo o Loup Garou) è una specie di lupo mannaro noto nel folklore di  Trinidad e Tobago. È una persona che si può tramutare in un mezzo animale dal torso in giù, e può anche alterare le sue dimensioni da piccolo a molto grande in un istante. Di notte è solito scuotere e trascinare catene e portare  in mano una frusta, un bastone o  canne secche.

Mama Glow" o "Mama DLO" o "Mama Dglo" il cui nome deriva da"maman de l 'eau" che significa "madre delle acque", è uno dei personaggi meno conosciuti nel folklore di Trinidad e Tobago. Si tratta di una donna di mezza età, metà serpente, con lunghi capelli che pettina continuamente. La parte superiore del tronco nudo è quella di una donna bellissima, la parte inferiore sono, invece, spire simili al serpente  anaconda che  vive sott’acqua. Si ritiene  che fosse l'amante di Papa Bois.  Ii cacciatori che si sono imbattuti in lei affermano di aver sentito  un rumore, una specie di fruscio  prodotto da sua coda mentre affiora sulla superficie di un laghetto di montagna o di una laguna. Gli uomini  che commettono crimini contro la foresta, come bruciare gli alberi o uccidere indiscriminatamente gli  animali  o deturpare le sponde dei  fiumi potrebbero trovarsi uniti per sempre a lei sia su questa terra che nell’aldilà. Se si dovesse incontrare Mama DLO il consiglio è quello di fuggire, ma , prima di farlo è necessario calzare  la scarpa sinistra a rovescio e camminare all’indietro fino a casa.

 

Douens (Dwens) sono le anime dei bambini morti prima di essere battezzati. Essi sono condannati a vagare sulla terra per sempre.  Sono visti giocare nei boschi e vicino a corsi d'acqua e la cosa strana è che loro non hanno il volti e i loro piedi sono rivolti all'indietro.  Essi possono avvicinare i bambini normali e li portano fuori strada nella foresta fino a quando non si smarriscono o possono lasciarli in prossimità di case abitate dove gemono e piangono.  Gli anziani parlano suggeriscono che per evitare che i Douens si avvicinino ai bambini  occorre farli sempre rientrare  a casa al tramonto. E mai chiamarli ad alta voce se i Douen  vi sentono, impareranno il loro nome e li chiameranno per attirarli.

 

I Phantom sono  fantasmi  maliziosi e creature malevoli. Vagano  di notte nei luoghi abitati e tentano di entrare nelle case.

Si dice che per mantenerli lontani  bisogna cospargere  sale o riso  tutt’attorno alla casa, perché il fantasma, prima di  poter entrare è costretto a contare tutti i chicchi, uno per uno. Così, quando ha terminato, il sole è ormai  sorto e i fantasmi devono rientrare nel mondo dello spirito.

 

Il Soucouyant (Sukuya), chiamato anche Old Hag, è un essere soprannaturale che ha fatto un patto con il diavolo per essere in grado di potersi tramutare in qualsiasi cosa e assumere  forme diverse. Di notte si libera della sua forma umana e si trasforma in una palla di fuoco o in qualsiasi tipo di animale e lancia incantesimi su persone per trasformarle esse pure  in animali. Deve, però, rientrare nella sua forma normale prima che sorgano  le prime luci dell'alba e che il gallo canti, altrimenti non sarà più in grado di tornare se stesso. Quando si sospetta, ad esempio, che il vicino possa essere un soucouyant, si può andare  di notte a casa sua per distruggere  la pelle che ha abbandonato, cospargerla di sale in modo che si restringa così al suo rientro non potrà più indossarla e morirà.

Gli anziani dicono: se volete scoprire chi è il Soucouyant del tuo villaggio metti 100 libbre di riso al crocevia del villaggio ; chi si soffermerò a raccoglierlo chicco dopo chicco  quello sarà un Soucouyant

  

 

 

2005  (897/901+BF 70)   Racconto di Anansi:  La partita di cricket.

               

 

TRISTAN DA CUNHA

1980  (BF 11  9 valori) Natale. Racconti e canzoni per bambini. Humpty Dumpty. Mary  had a little lamb. Sing a song of six pence. Il gatto e la civetta. Old king cole. Little Jack Corner.  Tom Tom the piper’s son. Hey diddle diddle. London bridge.

 

 

 

TUNISIA

 

1982  (978/83)   Fiabe e filastrocche.

 

1984  (1016/8)  Fiabe e filastrocche

1985  (1035/7) Fiabe, filastrocche. Il sole che si scalda. Giovane e sette ragazze. Zio Bisbane nel catrame 

 

 

TURCHIA

 

1991  (2691/93)   Kelogan: Il genio del pozzo.  Il pranzo dei notabili.  L’aratore all’opera

Kelogan (il bimbo calvo) dal 17° secolo è l’eroe di numerosi racconti popolari turchi. E’ un ragazzino calvo, simpatico, astuto (anche se a volte si finge tonto) e coraggioso.  Non teme nessuno sia che si tratti di un orco o di un mago cattivo, sia che si tratti di qualche ricco potente e arrogante. Probabilmente è finito nelle pagine delle leggende turche, trasferendosi da quelle delle Mille e una notte.

 

1992  (2719/21)  Scene da una fiaba dell’Anatolia.

Halikarnās Balinkçisi ("pescatore di Alicarnasso") è lo pseudonimo dello scrittore turco Cevat Sakir Kabaagaçli (İstanbul 1886 - Smirne 1973). A lui si devono alcune opere in cui sono raccolti leggende e miti della Turchia. Tra essi , i racconti Ege Kiyilarindan ("Dalle sponde dell'Egeo", 1939), Egeden Hikayeler ("Racconti dell'Egeo", 1972), le mitologie Anadolu Efsaneleri ("Leggende dell'Anatolia", 1954),  Anadolu Tanrilari ("Gli dei dell'Anatolia", 1955)

 

Turchia 1997 Europa: I sogni di Cigdems dream

 

 2010  (3513/4)Europa Libri per bambini. Malik Cobani (fiaba)Un contadino guarda un vecchio tronco d’albero pieno d’acqua. Dede Korkut (racconto)Un cavaliere e una donna con un bimbo in braccio.

Il libro di Dede Korkut (o di Dede Qorqut o di Dada Gorgud), l'epopea più famosa dei Turchi Oghuz,  è una raccolta di raccont in prosadelle epopee delle tribù turche stanziate nel secolo VIII in Asia centrale, soprattutto Azerbaigian e Turchia, centrato sulle lotte degli Oguz con i cristiani.

Non è noto il periodo in cui i racconti orali sono stati raccolti e trascritti; pare che la redazione sia avvenuta nel XV secolo. Il Libro di Dede Korkut è stato dichiarato dall'Unesco opera letteraria dell'anno 2000.

 

 

 

  

 

UKRAINA

(Per conoscere il mondo folkloristico fiabesco ucraino vedere Fiabe ucraine a cura di  Lorenzo Pompeo, Collana Lune Nuove, 73), 2008 Besa editrice.; Tetyana Gordiyenko , Le mie favole dell’Ucraina. 2011, Sinnos Editore.)

 

2000 (402/4) 

Fiabe:Il lupo travestito e il ragazzo pescatore. Un vecchio e una vecchia tengono un’oca.  Un gatto con una corda e un’ascia parla ad un gallo

 

2002  (465/7)  

Fiabe:Personaggi di tre fiabe: Una volpe, un gatto una gallina.

 

 

2003 (493/5)  

Fiabe:Una capra in abiti folkloristici.  Un bue impagliato.  La volpe e la cicogna  (vedi La Fontaine)

 

2004  (578/80)

Fiaba: Gatto e bambino al bagno.  Un pescatore. Personaggio con clava e dragone.

 

2010 (970/1+ BF 73)  Europa Libri per bambini. Testa di giumenta. Le scarpe dorate.

 

 

2012  Fiaba Zaliznonosa Bosorkania.

Si tratta della fiaba in cui il personaggio viene chiamato Zalinonosa (che significa  “naso d’acciaio”)  e del suo compagno.

 

 

 

UNGHERIA

 

1916/17  (159)

Mitologia:

Turul, essere alato.

Il Turul , uccello mitologico legato alle leggende sull'origine dei Magiari, è immaginato come un enorme falco.  Il Turul  apparve in sogno ad Emese, la madre del principe Álmo e, dopo averla fecondata, le annunciò  che il figlio che avrebbe partorito sarebbe stato il fondatore di una grande dinastia.

In seguito il  Turul apparve di nuovo in sogno ai capi delle 7 tribù ungheresi e li aiutò a mettere  in fuga le aquile che stavano  attaccando i cavalli delle tribù. Il significato attribuito ai sogni fu che era necessario migrare verso nuove terre. Una volta in movimento, il Turul indicò loro la strada, guidandoli verso la Pannonia che sarebbe divenuta la culla dell'Ungheria.

 

1959 (1327/34)  Una maestra racconta fiabe. La bella addormentata (Perrault). Mattia e l’oca (racconto ungherese). La cicala e la formica (La Fontaine). Machenka e l’orso (fiaba russa). Hansel e Gretel (F.lli Grimm). Il pifferaio di Hamelin (Grimm). Cappuccetto rosso. (Perrault)

Mattia è un ragazzo povero e ingenuo, che passa le sue giornate in compagnia della sua unica amica, un’oca pestifera. Un giorno un signorotto locale, durante una battuta di caccia, se la prende con l’oca, facendo arrabbiare Mattia. Ricorrendo a tutta la sua astuzia e ad un insolito talento per i travestimenti, Mattia saprà vendicarsi dei soprusi subiti.

Machenka. Due vecchietti vivevano in un’isba con la loro una nipote Machenka. Un giorno la nipote fu invitata dalle amiche ad una passeggiata nella foresta dove, purtroppo, si smarrì e non  trovò più la via del ritorno.  Girando per la Foresta vide una casetta, bussò e le aprì un orso che disse di poterla ospitare purché gli preparasse i pasti. La ragazza accettò.  Ogni giorno l’orso usciva e la lasciava sola, dicendole ogni volta che se l'avrebbe  mangiata se avesse tentato di fuggire. Ma Machenka voleva tornare dai nonni e  per sottrarsi a quella prigionia ebbe un’idea.  Preparò dei biscotti, li pose in una larga teglia di rame che mise in una gerla di vimini. Quando l’orso ritornò gli chiese se li poteva portare ai suoi nonni. L’animale rifiutò ma si disse disposto a portarli lui. Machenka accettò  ma disse all’orso: “Guardati bene: non dovrai mangiarne neppure uno perché sono tutti per i miei nonni. Quando sarai partito, io salirò sull’albero più alto  e dalla cima controllerò se mi hai ubbidito.  Prima che l’orso partisse la ragazza disse all’orso: “Non vorrei che si bagnassero: va fuori a vedere se sta per piovere”. E quello ubbidì. Approfittando della sua momentanea assenza, prese la larga teglia ricolma di  biscotti,  se la pose sul capo ed entrò nella cesta. Al suo ritorno l’orso si mise in spalla la gerla e si avviò verso il villaggio. La gerla era pesante e ogni tanto si fermava,  tentato di mangiare un biscotto ma ogni volta una vocina gli diceva: “Orso, guarda che ti vedo!!, Hai promesso di non toccarli!” E l’orso si rimetteva la gerla in spalla. Quando arrivò dai nonni  diede loro la gerla e quelli sotto il vassoio trovarono la loro nipote. Riuscirono a cacciar via l’orso e da quel giorno Machenka non andò più nella foresta.

 

1960 (1403/10)Fiabe: La barbabietola gigante (fiaba russa).  Biancaneve (F.lli Grimm). Il mugnaio suo figlio e l’asino (La Fontaine). Il gatto con gli stivali (Perrault). Il  corvo e la volpe (La Fontaine). Lo zufolo di legno d’acero. La volpe e la cicogna (Esopo).Momotaro. (fiaba giapponese).

La  Barbabietola gigante. Un contadino decise un mattino di cogliere una barbabietola che aveva coltivato nel suo orto, ma quando cominciò a tirare il cespo che fuoriusciva dal terreno si accorse che il bulbo era troppo grosso per poterlo estrarre   dalla terra  con le sue sole forze, perciò decise di chiamare in aiuto la moglie. Questa venne e cominciarono a tirare. Ma la barbabietola non veniva fuori. Chiamarono il figlio più grande, poi tutta la famiglia. Nulla da fare. Chiesero aiuto al cane e infine al gatto.  Non c’era verso di cavare  l’ortaggio dal terreno. Allora il gatto andò a chiamare il suo eterno nemico, il topo. Tirarono tutti assieme e la barbabietola uscì  finalmente fuori del terreno. Ne mangiarono tutti per parecchi giorni e cantarono e ballarono per il successo. La fiaba insegna che anche nelle imprese più difficili e apparentemente impossibili l’apporto del più debole può essere caratteristico.

Momotaro . In giapponese significa ‘nato da una pesca – è appunto un bambino nato da una pesca e allevato da due coniugi che abitavano in montagna. Il bimbo, pur essendo forte e intelligente, era sfaticato e un poco fannullone.  Trovava sempre una scusa per non far nulla e  scansare tutti i lavori. Un giorno sradicò un alto albero e lo portò a casa. Un ricco signore, venuto a conoscenza della sua prodezza,  gli chiese di liberare il paese da una banda di briganti che avevano trovato rifugio in un’isola inaccessibile. Momotaro accettò e partì portando con sé molte focacce di miglio assai appetitose. Durante il viaggio verso l’isola fece amicizia con un cane, una scimmia e un fagiano, con cui divise le focacce. Col loro aiuto Momotaro riuscì a sconfiggere i briganti e a ritornare a casa ricco del tesoro sottratto ai malviventi.

 

 

1972  (BF 95)  Leggenda. S.Martino e il povero (vedi Austria)

 

 

 

1978 (BF 138)  Mitologia:Ercole e Nesso. 

Nesso era  figlio di Issione e di Nefele, è una delle figure mitologiche del ciclo di Ercole o Eracle. Nesso viveva sulle rive del fiume Eveno e usava traghettare i viaggiatori sull'altra sponda  Eracle si trovò a passare il fiume assieme alla sua seconda moglie Deianira. Nesso si rifiutò di traghettare i due nello stesso momento, cosicché Eracle guadò il fiume da solo. Quando Nesso si trovò ad avere in groppa la sola Deianira, tentò di rapirla dandosi alla fuga, ma fu ucciso da una freccia di Eracle. Nell'agonia rivelò a Deianira che se avesse raccolto il suo sangue e ne avesse intriso una veste avrebbe potuto contare sull'amore eterno di Eracle; infatti ogni volta che Eracle avesse mostrato interesse verso un'altra donna sarebbe bastato che indossasse quella veste per ritornare devoto a Deianira; l'imprudente donna fece quanto dettole. Anni dopo, dopo la vittoriosa spedizione contro Ecalia, il vincitore Eracle che riportava con sé la bella Iole, figlia del defunto re di Ecalia, si fermò a qualche distanza da Trachis e inviò Lica, un suo compagno, a Deianira per prendere una veste bianca per sacrificare. Lica raccontò tutto a Deianira, e questa, temendo la bellezza di Iole, consegnò a Lica la camicia di Nesso. Appena Eracle la indossò fu colto da terribili dolori, in quanto il sangue del centauro era contaminato dal veleno della freccia che lo aveva ucciso, intinta anni prima nel sangue dell' Idra di Lerna. Eracle impazzito dal dolore uccise Lica e ordinò di costruirgli una pira funebre su cui si fece bruciare. Deianira, impazzita per il rimorso, si impiccò.

 

1979  (145) Fiabe:  La fata Ilona

 

 

 

 1991 (3314) Fiaba:  Pierino e il lupo

Un mattino Pierino uscì di casa e andò vicino ad un albero dove abitava un uccellino suo amico.  Poiché la porta di casa era rimasta aperta, un’anatra lo seguì e, camminando goffamente,  andò a tuffarsi  in un laghetto. L’uccellino dall’alto del ramo disse: “Ma che razza di uccello sei se non  sai neppure volare”. “E tu che  che uccello sei se non sai neppure nuotare”. Un gatto in agguato stava intanto cercando di trovare qualche preda e si guardava attorno col  timore che qualche lupo uscisse dal bosco per aggredirlo. Dalla casa il nonno  chiamò Pierino ordinandogli di rientrare perché il luogo era pericoloso. E, infatti, un lupo uscì dal bosco. Pierino riuscì a entrare in casa, mentre il gatto salì sull’albero. Solo l’anitra fece una brutta fine. Il lupo, dopo averla ingoiata, si era appostato ai piedi dell’albero. Aveva ancora fame e il gatto era un buon boccone.

Pierino, che non aveva paura dei lupi, decise di intervenire e da una finestra riuscì a passare su un ramo dell’albero e a raggiungere l’uccellino al quale disse:  “Cerca di volare sopra la testa del lupo, ma fai attenzione”. E mentre l’uccellino volava, Pierino fece un nodo scorsoio ad una corda e riuscì ad infilarlo nella coda del lupo che rimase così appeso ad un ramo. E più il lupo si agitava più il nodo si stringeva. Arrivarono alcuni cacciatori armati. “Non uccidetelo! – gridò Pierino. – Io e il mio uccellino lo abbiamo catturato e vogliamo portarlo allo zoo.”  Così si avviarono verso la città: Pierino e l’uccellino davanti e i cacciatori dietro col lupo attaccato ad una corda.

Favoletta semplice, resa celebre nel 1936 dalla musica classica del compositore  Sergej Prokofiev.

 

 

 

1997  (M. 4455/6) Fiaba:  Il Cervo d’oro.  

I fratelli Hunor e Magyar, figli del gigante Menro, durante una caccia assieme a cinquanta  cavalieri, videro un bellissimo cervo il cui muso brillava come fosse d’oro. Volendo catturarlo, lo inseguirono per giorni e giorni, ma non riuscirono mai a raggiungerlo. Dopo aver desistito dalla caccia, sulla via del ritorno scoprirono terre fertili e ricche di acqua e di pascoli abbondanti cicondati da foreste e praterie a perdita d’occhio. Decisero di occuparle stabilmente.  Vissero felici per cinque anni in quelle terre. Un giorno, durante una partita di caccia, rividero il cervo d’oro. Si ripetè la stessa scena. Nonostante lo inseguissero non riuscirono a raggiungerlo. Sulla via del ritorno furono attratti da risa argentine e giocose. Un centinaio di giovani fanciulle danzavano e cantavano vicino ad un fiume. Erano le figlie di Dula, il re degli Alani. “Ognuno si prenda una fanciulla” dissero Hunor e Magyar. Ritornando all’accampamento con le fanciulle non si accorsero di un cervo d’oro che li guardava dall’alto di un colle. Le giovani condivisero con i cavalieri la loro vita e da Hunor e Magyar derivarono due grandi popoli:gli Unni e i Magiari.

 

Anno 2015.   Matyi e le oche o Ludas Matyi, è un poema epico ungherese scritto nel 1804 da Mihály Fazekas (1766-1828) e pubblicato nel 1817. Si basa su una fiaba di origine sconosciuta. La maggior parte degli adattamenti cinematografici collocano la storia e l'inizio del 19 ° secolo, ma sulla base di osservazioni in poesia, così come sulla parola "tu Ludas" viene anche utilizzato per descrivere una persona sospettata di un reato già nel Tripartitum, percui la storia originale può essere situata almeno agli inizi del 16 ° secolo.
Matyi, un giovane contadino, sta cercando di vendere le sue oche  al mercato ma viene contestato dal signor  Dániel il quale sostiene che le oche gli appartengono e ordina al suo servo di punire Matyi con 50 frustate sulla schiena. Matyi fa un voto: avrà la sua vendett e si vendicherà per le frustate ricevute ripagando Döbröghy,  in futuro e in tre momenti diversi.

Tre anni dopo la punizione di Matyi, Döbröghy comincia la costruzione di un suo castello ma la  costruzione prosegue molto lentamente, causa della mancanza di carpentieri.  Matyi si traveste da architetto-insegnante e visita il sito di costruzione. Convince il  ricco signore e i suoi servi a recarsi nella vicina foresta per raccogliere il legname per completare  la struttura. Poi attira in un luogo solitario il signor Döbröghy, lo lega ad un albero con una corda, e lo frusta.per la prima volta.
 Dopo essere stato battuto, Dániel Döbröghy chiede l’intervento di un dottore perché le sue ferite non migliorano.e invia un servo a cercare un medico. Matyi, venuto a cononoscenza dell’incarico, si presenta al servo  travestito da  medico militare tedesco. Portato davanti al signore ordina che sia curato con erbe speciali e invia tutti i servi nei campi  a cercarli.  Rimasto solo con  Döbröghy , gli somministra la seconda frustata.  Poi  libera le oche  che erano state rinchiuse  in una stalla.

E’, intanto, venuto il periodo invernale durante il quale si tiene la fiera annuale di bestiame. Döbröghy sa che quello sarà il momento  in cui Matyi tenterà  di colpirlo con la sua predizione e avverte  tutti i servi di individuare le persone sospette. Non trovano nulla perché Matyi  non indossa alcun travestimento. Nel frattempo il giovane si è alleato con un cavaliere locale il quale al momento opportuno attira lontano  tutti i soldati e i servi , dicendo che il paese sta per essere attaccato da truppe nemiche.  Tutti si allontanano. Solo  Döbröghy rimane e Matyi può cosi somministrargli la terza punizione.

La storia  conteneva un consiglio ironico ai signori di Ungheria, quello di non penalizzare i contadini inutilmente.
Ludas Matyi fu il primo eroe popolare ungherese nella letteratura. La poesia ha rappresentato il rapporto tra la nobiltà e la gente semplice ed ha sottolineato i problemi del settore agricolo nel tardo 18 ° secolo.
Molto più tardi il governo comunista creò film tratti dalla storia , nei quali sottolineò la superiorità dei lavoratori e dei poveri.

  

URUGUAY

 

2001  (1959/62) La tetralogia di Wagner, L'anello del Nibelungo. L’oro del Reno. La Walkiria. Sigfrido. Il crepuscolo degli dei.

La tetralogia di Wagner, L'anello del Nibelungo (Der Ring des Nibelungen), è un ciclo di quattro drammi musicali di Richard Wagner, che costituiscono un continuum narrativo che si svolge nell'arco di un prologo e tre "giornate":


L'oro del Reno (prologo)
La prima scena si apre: le tre figlie del Reno (che hanno il compito di proteggere l'oro del Reno) stanno giocando nell'acqua. Il nano Alberich fuoriesce dalle viscere della terra e si ferma a guardarle; non si trattiene e proclama il suo amore per loro. Ma esse lo deridono; allora, infuriato, egli cerca di afferrarle. Nel frattempo l'oro del Reno si mostra; le tre rivelano il segreto potere del tesoro che custodiscono: chiunque sarà capace di forgiare con esso un anello, dominerà il mondo; per farlo però deve rinnegare l'amore. Ed Alberich maledicendo l'amore si impadronisce dell'oro e scompare.
Wotan riposa accanto alla moglie Fricka. Ella lo sveglia. Discutono, poiché Wotan si è fatto costruire dai giganti Fasolt e Fafner una dimora celeste promettendo loro in cambio la sorella di Fricka, Freia. Tuttavia Wotan, completato il lavoro, non vuole accondiscendere al pagamento. I giganti si presentano e, se non accontentati, intendono rapire Freia, in difesa della quale sono pronti a intervenire i fratelli Donner e Froh, fermati in tempo da Wotan prima che si sparga sangue. Il semidio Loge propone una soluzione: rubare l'oro al nano Alberich che, nel frattempo, è riuscito a forgiare l'anello. Ma, ora che ne conoscono il potere, tutti sentono il desiderio di impossessarsene. I giganti rapiscono Freia: la terranno fino a che non avranno l'oro.
Nel suo regno sotterraneo Alberich ha costretto in servitù i Nibelunghi e se ne serve per accumulare ricchezze. Perfino suo fratello Mime è picchiato e torturato, sebbene abbia realizzato per Alberich un elmo magico chiamato Tarnhelm, che dona a chi lo indossa il potere di mutarsi in qualunque cosa, o di diventare invisibili. Loge e Wotan con un inganno riescono tuttavia a fare prigioniero Alberich. Lo portano con loro in superficie.
Per essere liberato Alberich dovrà consegnare il suo tesoro, compreso l'anello. Una volta liberato egli maledice l'anello affinché conduca alla rovina chiunque ne sia il possessore. Wotan ignora la maledizione e indossa l'anello, intenzionato a tenerlo per sé. Ma i giganti non si accontentano del tesoro: esigono anche l'anello e l'elmo magico forgiato da Mime, fratello e servitore di Alberich. Wotan è costretto a cedere, anche se solo dopo che Erda, dea della terra e custode di conoscenze sul futuro, gli ha predetto un infausto destino se non getterà via l'anello. La maledizione comincia subito il suo effetto: Fafner, per avidità, uccide il fratello Fasolt e fugge col tesoro. Gli dei prendono possesso della loro dimora e l'oro non viene restituito alle figlie del Reno, che supplicano invano.

La Valchiria (prima giornata)
La prima scena mostra il fuggiasco Siegmund che trova rifugio in un'abitazione. Sieglinde lo accoglie mentre suo marito Hunding è assente. Egli le spiega come, affrontato da molti nemici, sia stato costretto alla fuga e spinto da una tempesta a cercare rifugio presso di lei. Ma sa che una maledizione grava su di lui e si prepara a ripartire; ella però gli chiede di restare: è infatti attesa a sua volta da un oscuro destino. Ciò altro non è che la conseguenza della loro origine divina: i due sono fratelli, figli di Wotan e di una donna con la quale egli si è unito (nella speranza di generare l'eroe senza paura in grado di riconquistare il tesoro dei Nibelunghi) e, come tali, legati a lui.
Mentre la scena si chiude, i due si guardano con crescente passione.
Ritorna Hunding; sorpreso e sospettoso nei confronti di Siegmund per la di lui somiglianza con Sieglinde, lo invita con decisione a rivelare il suo nome; Siegmund mente affermando di chiamarsi Wehwalt (figlio del lupo). Racconta poi la sua storia e, per ultimo, di come la sua lotta per una donna costretta a sposarsi contro i propri sentimenti avesse causato una strage. Hunding riconosce così Siegmund come un nemico della sua tribù e, trattenuto dai doveri d'ospitalità dall'attaccarlo immediatamente, lo sfida comunque a un duello che avrà luogo l'indomani mattina.
Sieglinde, che è favorevole a Siegmund, ha addormentato Hunding con delle droghe e, negli ultimi bagliori del fuoco che si spegne, mostra al fratello (che è giunto alla casa senz'armi) il luogo ove nel giorno del suo matrimonio uno straniero ha conficcato una spada che, da allora, nessuno è riuscito a estrarre. Ella è convinta che Siegmund sia in grado di farlo e di liberarla dall'uomo che non ama. Improvvisamente la luce della luna illumina la scena: i due riconoscono l'uno nell'altro il volto del padre. Ella comprende di trovarsi davanti al fratello da cui era stata separata quand'era bambina. Egli estrae dal tronco di frassino la spada e le dà nome Nothung. A quel punto i due confessano l'un l'altra il proprio amore.
Wotan istruisce la valchiria Brunilde, sua figlia, perché ella protegga Siegmund nel suo prossimo duello con Hunding. Ma Fricka, moglie di Wotan e divinità protettrice del matrimonio, domanda al contrario che Siegmund e Sieglinde siano puniti per aver commesso i crimini di adulterio e incesto (ella sa infatti che Wotan è il padre di entrambi). Wotan replica affermando la necessità di un eroe libero, non legato a lui, ma Fricka ribatte che Siegmund non è che un'inconsapevole pedina nelle mani di Wotan. Wotan è costretto a cedere e promette alla moglie la morte di Siegmund.
Fricka si allontana, e Wotan, disperato, rimane solo con Brunilde. Ad ella spiega che, angustiato dalla sinistra profezia di Erda sulla sorte degli dei (al termine de L'oro del Reno), aveva sedotto la dea per venire a sapere qualcosa di più: da ella aveva avuto Brunilde. Aveva cresciuto Brunilde ed altre otto figlie come valchirie, donne guerriere che accolgono le anime degli eroi caduti per formare un esercito contro Alberich. Ma l'armata del Valhalla sarà sicuramente sconfitta se Alberich riuscirà a rientrare in possesso dell'anello, che ora è custodito dal gigante Fafner. Usando il Tarnhelm, il gigante si è tramutato in un drago e si è nascosto in una foresta, dove monta la guardia al tesoro dei Nibelunghi, cedutogli proprio da Wotan. Poiché è legato a lui da questo patto, non può essere Wotan a prendergli l'anello, quindi ha bisogno di un eroe libero. Tuttavia, come gli ha fatto notare Fricka, tutto ciò che riesce a fare è creare servi. Sconsolato, Wotan ordina a Brunilde di ubbidire al volere di Fricka e di procurare la morte del suo amato figlio Siegmund per mano di Hunding.
Siegmund e Sieglinde, intanto, fuggiti insieme, si inoltrano fra i passi montani. Sieglinde, esausta, sviene. Sopraggiunge Brunilde, che si rivolge a Siegmund annunciandogli la sua morte imminente e il suo prossimo ingresso nel Valhalla. Ma Siegmund rifiuta di seguirla quando viene a sapere che Sieglinde non potrà venire con lui. Colpita dalla forza del suo coraggio e del suo amore, Brunilde decide di contravvenire agli ordini del padre e di aiutarlo.
Arriva Hunding, che attacca Siegmund. Favorito da Brunilde, questi sembra prevalere sul rivale, ma arriva Wotan e spezza Nothung, la spada di Siegmund, con la sua lancia. Disarmato, Siegmund viene ucciso da Hunding. Brunilde prende Sieglinde e raccoglie i frammenti di Nothung, e fugge sul suo cavallo portando in salvo la donna. Wotan si ferma a guardare il corpo senza vita del figlio. Con un gesto sprezzante uccide Hunding, e parte all'inseguimento della sua figlia ribelle.
Le valchirie, ciascuna accompagnata dall'anima di un guerriero caduto, si riuniscono sulla sommità di una montagna. Quando vedono arrivare Brunilde con una donna viva rimangono sconvolte. La sorella implora il loro aiuto, ma le altre valchirie non osano andare contro il volere di Wotan. Brunilde, allora, decide di trattenere Wotan per dare tempo a Sieglinde di fuggire; annuncia inoltre che Sieglinde è incinta di Siegmund, e che il nome del bambino sarà Sigfrido (Siegfried).
Sopraggiunge Wotan, furibondo, e pronuncia la sua condanna contro Brunilde: ella verrà privata della sua condizione di valchiria e diventerà mortale; immersa in un sonno magico sulla cima di una montagna, sarà preda di ogni uomo. Le altre valchirie fuggono terrorizzate. Brunilde implora pietà, spiega che sono stati il coraggio e l'eroismo di Siegmund a spingerla a parteggiare per lui e a proteggerlo, sapendo che quello, in fondo, era anche il desiderio dello stesso Wotan. Wotan, alla fine, acconsente almeno a questa richiesta: di circondarla, mentre giace profondamente addormentata, di un cerchio di fuoco magico, per scoraggiare dall'avvicinarla chiunque, a parte il più coraggioso degli eroi (che entrambi già sanno sarà lo stesso Sigfrido, non ancora nato, come annunciato dal leitmotiv che si ode in questo punto). Wotan porta Brunilde in cima ad un monte e la fa addormentare; ordina a Loge, semidio del fuoco, di circondarla di fiamme, quindi si allontana in preda al dolore, pronunciando queste ultime parole: Wer meines Speeres Spitze fürchtet, durchschreite das Feuer nie! ("Chi della mia lancia teme la punta, mai non traversi il fuoco!").

Sigfrido (seconda giornata)
Sono passati alcuni anni dagli eventi de La Valchiria. Mime, il fratello di Alberich, sta forgiando una spada nella sua caverna nella foresta: il nano ha in mente di impossessarsi dell'anello, servendosi di Sigfrido, che in questi anni ha cresciuto perché uccidesse Fafner per lui. Sigfrido però finora ha rotto qualsiasi spada che egli gli ha fabbricato. Sigfrido torna dai suoi vagabondaggi nella foresta e chiede a Mime di parlargli delle sue origini. Mime è costretto a narrargli di come, anni prima, avesse trovato nella foresta sua madre, Sieglinde, morta dandolo alla luce. Mostra a Sigfrido i frammenti di Nothung, che conservava da allora, e il giovane gli ordina di riforgiare la spada.
Sigfrido si allontana, lasciando Mime sconsolato: non è in grado infatti di riparare la spada. Un vecchio Viandante (Wotan travestito) giunge all'improvviso alla sua porta. Il Viandante scommette con Mime la sua testa che saprà rispondere a tre indovinelli che il nano vorrà sottoporgli, e Mime acconsente: chiede all'ospite di nominargli le tre razze che vivono sotto terra, sulla superficie e nei cieli. Si tratta dei Nibelunghi, dei giganti e degli dei, risponde correttamente il Viandante. Ora tocca a quest'ultimo proporre tre quesiti, e Mime dovrà rispondere pena la vita. Il Viandante gli chiede di dirgli il nome della razza più cara a Wotan, ma da lui trattata più duramente, il nome della spada che può distruggere Fafner, e il nome della persona che può forgiarla. Mime sa rispondere ai primi due quesiti, i Valsidi e Nothung, ma non conosce la risposta al terzo. Ciò nonostante, il Viandante lo risparmia, rivelandogli che solo "colui che non conosce la paura" potrà riforgiare Nothung, e sarà anche colui che ucciderà Mime. Quindi se ne va.
Ritorna Sigfrido, e subito si irrita al vedere che Mime non ha fatto alcun progresso. Mime comprende che l'unica cosa che in quegli anni non ha insegnato a Sigfrido è la paura, e il giovane è ansioso di apprenderla: Mime promette di insegnargliela conducendolo dal drago Fafner. Poiché il nano non è stato in grado di riforgiare Nothung, Sigfrido decide di provarci da solo: riunisce i frammenti di metallo, li fonde insieme e fabbrica così una nuova spada. Mime si ricorda delle parole del Viandante e capisce che ora sarà ucciso da Sigfrido: non visto, prepara allora una bevanda avvelenata da offrire al giovane subito dopo che egli avrà ucciso Fafner.
Il Viandante giunge all'ingresso della caverna di Fafner: lì si trova anche Alberich, deciso a riprendersi l'anello. I due antichi nemici si riconoscono subito. Alberich annuncia a Wotan i suoi piani di dominio del mondo non appena avrà rimesso le mani sull'anello. Wotan, invece, replica che egli non ha alcuna intenzione di tentare di impossessarsene: con grande sorpresa dell'altro, sveglia Fafner e informa il drago che sta per giungere un eroe per combatterlo. Fafner si fa beffe di quella minaccia, rifiuta di riconsegnare l'anello ad Alberich, e torna a dormire. Wotan e Alberich partono.
All'alba, giungono Sigfrido e Mime. Mime si nasconde mentre Sigfrido va per affrontare il drago. In attesa che questo si mostri, il giovane vede un uccello della foresta posato su un albero: cerca di imitare il suo verso con una canna, ma senza successo. Suona quindi una nota con il suo corno, che attira Fafner fuori dalla caverna. Dopo un breve scambio di frasi, i due combattono, e Sigfrido trafigge al cuore il drago con Nothung.
Prima di morire, Fafner si fa dire da Sigfrido il suo nome, e lo avverte di guardarsi dal tradimento. Quando Sigfrido estrae la lama dal corpo del drago, le sue mani sono ricoperte del sangue di Fafner, ed egli istintivamente le porta alla bocca, assaggiandolo. Dopo averlo bevuto, riesce a comprendere il canto dell'uccello della foresta. Facendo come questi gli suggerisce, prende dall'antro del drago l'anello e il Tarnhelm, l'elmo magico che consente di mutare forma e divenire invisibili. Ricompare Mime, e Sigfrido si lamenta con lui perché ancora non ha imparato cosa sia la paura. Ansioso di mettere mano sull'anello, Mime offre al giovane il veleno, ma tra i poteri del sangue del drago che ha bevuto vi è anche quello di leggere il pensiero, perciò ora Sigfrido intuisce le malvagie intenzioni del nano, e lo uccide.
L'uccello della foresta canta di una donna addormentata su una roccia circondata dal fuoco. Sigfrido, pensando di poter forse apprendere il significato della paura da costei, si dirige verso la sommità della montagna.
Il Viandante compare lungo il sentiero che conduce alla roccia di Brunilde ed evoca Erda, la dea della terra. Ella, confusa, dice a Wotan di non poterlo aiutare, ma questi l'informa di non temere più la fine degli dei, anzi, la desidera: la sua eredità passerà a Sigfrido il Valside, e la loro figlia, Brunilde, compirà l'impresa che redimerà il mondo. Erda sprofonda di nuovo nelle viscere della terra.
Giunge Sigfrido, e il Viandante lo interroga. Il giovane, che non ha riconosciuto suo nonno, risponde con insolenza e fa per proseguire verso la cima. Il Viandate gli blocca il passo, e allora Sigfrido gli spezza la lancia con un colpo della sua spada. Con calma, Wotan ne raccoglie i pezzi e scompare.
Sigfrido giunge infine di fronte al cerchio di fuoco e lo attraversa. Vede la figura in armatura che giace addormentata, e dapprima pensa che sia un uomo. Ma, dopo che ha rimosso l'armatura, si accorge che si tratta di una donna. Quella vista per lui sconosciuta lo colpisce, non sa cosa fare, e per la prima volta nella sua vita sperimenta la paura. Bacia Brunilde, svegliandola dal suo sonno. Dapprima esitante, Brunilde è poi vinta dall'amore di Sigfrido, e rinuncia al mondo degli dei. Insieme, i due cantano "l'amore lucente e la morte ridente" (leuchtende Liebe, lachender Tod!)

Il crepuscolo degli dei (terza giornata)
Le tre Norne, figlie di Erda, si riuniscono sulla roccia di Brunilde, tessendo il filo del Destino. Cantano del passato, del presente e del futuro, di quando Wotan darà fuoco al Valhalla per dare il segnale dell'inizio della fine degli dei. All'improvviso, il filo si spezza. Piangendo la perdita della loro saggezza, le Norne scompaiono.
All'alba, Sigfrido e Brunilde escono dalla loro caverna. Sigfrido parte per nuove avventure, e nel salutarlo Brunilde lo prega di ricordarsi del loro amore. Come pegno di fedeltà, egli le lascia l'anello che ha preso a Fafner. Portando con sé lo scudo di Brunilde e montando il cavallo di lei Grane, Sigfrido si allontana.
L'atrio dei Ghibicunghi, un popolo che vive lungo il Reno. Gunther, signore dei Ghibicunghi, siede sul trono. Hagen, il suo fratellastro, gli consiglia di trovare al più presto una moglie per sé e un marito per sua sorella Gutrune, e gli suggerisce rispettivamente i nomi di Brunilde e Sigfrido. Hagen ha preparato e consegnato a Gutrune una pozione che farà dimenticare a Sigfrido Brunilde e lo farà innamorare di Gutrune; sotto l'effetto della pozione, Sigfrido sottometterà Brunilde e la consegnerà a Gunther.
Giunge Sigfrido, e Gunther gli offre la propria ospitalità. Gutrune gli presenta la pozione e l'eroe, ignaro dell'inganno, brinda a Brunilde e al loro amore, e la beve. Perde così il ricordo dell'amata, e si innamora di Gutrune. Sotto l'effetto della pozione magica, si offre di conquistare una sposa per Gunther, che gli dice di Brunilde. I due giurano un patto di fratellanza di sangue, e partono per la roccia.
Nel frattempo, Brunilde viene visitata da sua sorella, la valchiria Waltraute, che le racconta come Wotan sia tornato un giorno dai suoi vagabondaggi per il mondo con la lancia spezzata. In essa erano intagliati tutti i patti e i contratti che Wotan aveva stipulato, la sua fonte di potere. Egli aveva ordinato che i rami di Yggdrasill, l'Albero del Mondo, venissero accatastati attorno al Valhalla, aveva mandato i suoi corvi per il mondo perché spiassero e riferissero a lui tutte le notizie, ed ora aspettava la fine nel Valhalla. Waltraute prega Brunilde di restituire l'anello alle Figlie del Reno, poiché la sua maledizione sta colpendo anche il loro padre Wotan. Ma Brunilde rifiuta di separarsi dal pegno d'amore che Sigfrido le ha lasciato, e Waltraute si allontana disperata.
Arriva Sigfrido, che ha assunto l'aspetto di Gunther grazie al magico Tarnhelm, e pretende Brunilde come sua sposa. Nonostante la donna opponga una violenta e fiera resistenza, Sigfrido la sconfigge, strappandole l'anello dal dito e infilandoselo sul suo.
Hagen, sulle rive del Reno, è visitato in sogno da suo padre, Alberich: incalzato da questi, gli giura che riuscirà a impossessarsi dell'anello. All'alba fa ritorno Sigfrido, che ha assunto di nuovo il suo aspetto e cambiato posto con Gunther. Hagen riunisce il popolo dei Ghibicunghi per accogliere il re Gunther e la sua sposa.
Giunge Gunther conducendo con sé Brunilde, che rimane sconvolta al vedere Sigfrido: notando l'anello al dito di lui, capisce di essere stata tradita. Di fronte ai vassalli di Gunther, accusa Sigfrido, che però giura sulla lancia di Hagen di essere innocente. Si allontana quindi con Gutrune e gli altri cavalieri, lasciando soli Brunilde, Gunther e Hagen. Pieno di rabbia e vergogna, pur sapendo perfettamente i fatti, Gunther è d'accordo con il fratellastro che Sigfrido debba morire perché lui riacquisti il suo onore. Brunilde, desiderosa di vendicarsi del tradimento di Sigfrido, si unisce alla congiura e rivela ad Hagen l'unico punto debole dell'eroe: sebbene ella lo avesse reso invulnerabile tramite la sua magia, aveva tralasciato la sua schiena, sapendo che non sarebbe mai fuggito di fronte a una minaccia. Hagen e Gunther decidono di attirare Sigfrido in una battuta di caccia e ucciderlo.
Nei boschi sulle rive del fiume, le Figlie del Reno piangono la perdita dell'oro. Sigfrido, allontanandosi dai compagni di caccia, si avvicina alla riva. Le ninfe lo implorano di restituire loro l'anello sfuggendo così alla sua maledizione, ma Sigfrido le ignora. Esse si allontanano nuotando, predicendo che Sigfrido morirà ma che la sua erede, una donna, sarà più gentile con loro.
Sigfrido si riunisce agli altri cacciatori, fra cui Gunther e Hagen. In un momento di riposo, racconta loro le sue avventure giovanili. Hagen gli dà una pozione che gli fa recuperare la memoria, e Sigfrido racconta di quando aveva trovato Brunilde e l'aveva risvegliata con un bacio. Improvvisamente, due corvi escono da un cespuglio e, mentre Sigfrido li guarda volare via, Hagen lo trafigge alla schiena con la sua lancia. Gli altri assistono alla scena con orrore, e Hagen si allontana con calma nella foresta. Sigfrido muore, abbandonandosi negli ultimi istanti al ricordo di Brunilde. Il suo corpo viene trasportato in una solenne processione funebre.
Nell'atrio del palazzo dei Ghibicunghi, Gutrune attende il ritorno del marito. Giunge Hagen precedendo il corteo funebre. Gutrune si dispera quando viene portato il cadavere di Sigfrido. Gunther accusa Hagen della morte di Sigfrido, che lo ammette e va per strappare l'anello dal dito del cadavere. Quando Gunther, desideroso a sua volta di prenderlo, fa per impedirglielo, Hagen lo uccide. Ma, quando si china sul corpo per afferrare l'anello, la mano dell'eroe morto si alza minacciosa, ed egli arretra terrorizzato.
Entra Brunilde, ed ordina che una grande pira funebre venga accesa accanto al fiume, rimandando i corvi da Wotan con le tanto attese notizie. Prende l'anello e dichiara alle Figlie del Reno di venire a riprenderlo dalle sue ceneri, una volta che il fuoco lo avrà purificato della maledizione. Viene accesa la pira, Brunilde monta sul suo cavallo Grane e cavalca in mezzo alle fiamme.
Il fuoco si estende mentre il Reno straripa dai suoi argini. L'anello finisce nell'acqua: Hagen si tuffa per prenderlo e annega. Le Figlie del Reno si allontanano a nuoto, portando l'anello trionfanti. Mentre le fiamme crescono di intensità, si intravede nel cielo il Valhalla popolato dagli dei, anch'esso preda di un incendio che lo distrugge. (Riassunti delle opere tratti da Internet-Wikipedia)

 

Anno 2003 (2067). Yemaja. Nella mitologia yoruba, e nei culti correlati afroamericani come il Candomblé e il Vodun, Yemaja è la madre di tutti gli Orisha. A seconda della tradizione, viene indicata anche come Imanja, Jemanja, Yemalla, Yemana, Yemanja, Yemaya, Yemayah, Yemoja, Ymoja e in altre varianti. È la regina del mare; si invoca per protezione (in particolar modo dalle donne incinte), purificazione e aiuto in generale, chiedendone la manifestazione nel suo aspetto più materno; un altro aspetto di Yemaja, quello distruttore, è simboleggiato dal mare in tempesta.

La tradizione narra che Yemaja sia nata dalla spuma del mare (come Venere); la sua figura si può far corrispondere a quella generale della "Grande Madre", propria di numerose tradizioni.

Ha insegnato l'amore a tutti gli Orisha, è sposata con Babalú Ayé. Tra le caratteristiche che la contraddistinguono vi sono la passione per la caccia, l'astuzia, l'indomabilità, la collera, la severità, l'allegria. Le sono associati i colori bianco e il blu; nei sincretismi viene identificata con la Vergine della Regola. I suoi fedeli, prima di pronunciare il suo nome, devono toccare con i polpastrelli la polvere della terra.

Tra i suoi attributi vi sono la luna e il sole, l'ancora, il salvagente, le scialuppe. Veste abitualmente con una lunga veste azzurra con serpentine simboleggianti il mare e la spuma e regge un ventaglio adornato con conchiglie.

Dea madre e patrona delle donne, specialmente di quelle in gravidanza, è patrona anche del fiume Ogun, le cui acque si dice che riescano a curare l'infertilità. I suoi genitori sono Oduduwa e Obatala. Suo figlio Orungan la violentò una volta e ci riprovò una seconda; per impedire questa violenza, Yemaja partorì quindici Orisha, inclusi Ogun, Olokun, Shopona e Shango.

Tra gli Umbandisti, Yemaja è la dea dell'Oceano e dea patrona dei sopravvissuti ai naufragi.

 

2012  America del UPAEP - Miti e Leggende  El negrito del pastoreo. La flor de ceibo

El Negrito del pastoreo. E’ la leggenda rielaborata dallo scrittore-poeta Serafin García ( vincitore di un premio alla Fiera internazionale del libro di Bologna. Esistono altre versioni nel sud del Brasile, nelle quali la trama è molto diversa.

Questa versione racconta la storia di un bambino schiavo africano che aveva trovato miracolosamente una pecora allontanatasi dal gregge in una notte di tempesta. Oggi, il piccolo pastore africano è ancora invocato dai contadini della regione, quando si perde qualcosa. Basta loro accendere una candela per invocare il suo aiuto.

Nel valore, ricavato da un dipinto di Silvia Segundo con la tecnica dell'acrilico su legno, la scena è quella di un bambino africano, con ali e aureola di un angelo, mentre abbraccia una pecora. Ai suoi piedi un serpente, alcuni uccelli, e un armadillo. Sullo sfondo una casa e un campo.

La Flor de Ceibo. Nell’America latina esistono diverse versioni della leggenda. Ecco quella Argentina. Sulle rive del fiume Paranà viveva una piccola indiana piuttosto brutta chiamata Anahi. Nei pomeriggi estivi dilettava tutta la tribù con le sue canzoni ispirate agli dei e all’amore verso la terra di cui erano padroni. Con l’arrivo dell’uomo bianco le terre furono saccheggiate e le tribù espropriate selvaggiamente dei loro idoli e della loro libertà.

Anahì fu presa in cattività insieme ad altri indigeni. Pianse per molti giorni e molte notti finchè un giorno la sentinella che la sorvegliava si addormentò e lei tentò la fuga. L’uomo però si risvegliò mentre lei stava per fuggire. Anahí per riuscire nel suo obiettivo, trafisse con un pugnale il petto della guardia e scappò rapidamente nella selva. Le grida del carceriere moribondo destarono gli altri spagnoli che si diedero alla caccia di Anahí che fu catturata e punita con la morte. Fu legata ad un albero e il fuoco fu appiccato. Il fuoco sembrava non volesse toccare la piccola indiana che soffriva in silenzio. Quando il fuoco cominciò a salire, Anahí diventò un albero.

Il giorno dopo, all’alba i soldati videro che sull’albero bruciato il giorno prima erano spuntate foglie verdi lucide e  fiori rossi vellutati, simbolo di coraggio e forza dinanzi alla sofferenza.

USA

1966  (810) 

Leggenda: 

Johnny Semedimela John Chapman, pioniere statunitense, meglio conosciuto col nome di Johnny Appleseed (italianizzato in Gianni Semedimela), fu un ambientalista ed  un ecologista. Durante le numerose esplorazioni delle  zone selvagge del  Middle West (Ohio, Indiana, Illinois), era solito seminare ovunque semi di mele che venivano usate per la produzione del sidro. Sembra ne abbia piantato a decine di migliaia.  Di lui si raccontano avventure diverse: che vivesse in modo selvaggio, fosse amico degli indiani, si nutrisse solamente con i prodotti della natura. Di carattere eccentrico, si dice che portasse come copricapo una pentola a mo’ di elmo, divenne un personaggio leggendario, tanto da essere ricordato in canzoni, ballate, opere letterarie, film e fumetti.

 

 

1967 (833)  Davy Crockett

Naque in Tennessee da una famiglia di coloni molto poveri. La sua infanzia e adolescenza non furono perciò delle più felici, dovendo egli aiutare il padre nel lavoro. La sua grande passione era la caccia e diventò famoso come cacciatore di orsi. Viene spesso raffigurato con pantaloni di cuoio e giacche di pelle di daino o camoscio, intorno alla vita porta un grosso cinturone con un pugnale e in testa un berretto di pelle di procione. Non si separava mai dal suo fucile.

Nel settembre del 1813 partì per raggiungere il generale Andrew Jackson, impegnato nella guerra contro una tribù di indiani Creek, pronti ad attaccare un villaggio di coloni. Davy si battè con coraggio e astuzia, riuscendo a sopperire ai piani fallimentari di Jackson e infine sconfiggere i pellerossa. La sua impresa gli permise di essere eletto prima giudice di pace, poi colonnello. Fece parte del Congresso americano e, sconfitto alla terza legislatura abbandonò la politica.

Lasciato il Congresso, decise di partire per Alamo con una compagnia di sedici soldati, pronti a combattere per l'indipendenza del Texas dal Messico. La battaglia di Alamo fu memorabile e Davy Crockett lottò come una furia insieme a patrioti uniti per la causa. La sera del 5 marzo 1836 cinquemila messicani comandati dal generale Sant'Anna accerchiarono il forte e riuscirono ad aprire una breccia. Gli assediati vennero tutti trucidati e Crockett andò incontro alla morte da eroe.


1968  (800) 

Leggenda:

Daniel Boone  Fu un esploratore leggendario, famoso per le  sue esplorazioni nel Kentucky, dove, nonostante la resistenza indiana, fondò l'insediamento di Boonesborough, vicino ai monti Appalachi. Combatté col grado di ufficiale durante la Guerra di indipendenza americana.  Negli anni Sessanta sulla sua figura fu prodotta una serie televisiva . Il ruolo del pioniere fu affidato all’attore  Fess Parkert , che già in precedenza aveva interpretato un altro personaggio leggendario: David Crockett.

 

 

1974 (1038) La leggenda di Sleepy Hollow.

La leggenda di Sleepy Hollow, anche conosciuta come La leggenda della valle addormentata, è un racconto dello scrittore americano Washington Irving contenuta in The Sketch Book of Geoffrey Crayon, Gent. scritta a Birmingham in Inghilterra e pubblicata per la prima volta nel 1819.

La storia si svolge all'incirca nel 1787 nella colonia olandese di Tarrytown  presso una valle isolata chiamata Sleepy Hollow o Valle addormentata.

Racconta la storia di Ichabod Crane, uno strano maestro di scuola del Connecticut, deriso da Abraham "Brom Bones" Van Brunt, suo rivale in amore per la mano di Kathrina Van Tassel, di 18 anni, figlia di Baltus Van Tassel, un colono di origine olandese.

Nella storia si inserisce la leggenda del "cavaliere senza testa", il fantasma di un cavaliere dell'Assia che perse la testa per via di un colpo di cannone durante "una qualche battaglia senza nome" nella Guerra d'indipendenza statunitense e che cavalca durante la notte nella bramosa ricerca di una testa nei pressi della chiesa olandese e del cimitero della Valle addormentata.

Crane, invitato alla festa di Kathrina, ascolta dei racconti horror, fra cui quello sopracitato, e, al ritorno, perduta la sella, si ritrova inseguito dal cavaliere decapitato, che lo colpisce al capo con la sua testa. Ma al mattino, i soccorritori trovano solo il berretto di Crane e una zucca (presumibilmente la "testa"). Crane sparisce "misteriosamente" da quel momento. Un suo conoscente, anni dopo, riferirà di averlo incontrato a New York, ricco e famoso per dei successi politico-professionali. Il finale lascia trapelare un coinvolgimento di Brom Bones nell'affare del cavaliere decapitato e della fuga-sparizione di Crane, che però potrebbe essersi allontanato semplicemente per non dover rendere conto al suo padrone della sella perduta.

 

1996 (2525/8) Eroi  Leggendari:   Pecos  Bill Paul Bunyan. John Henry.

Paul Bunyan. Leggendario taglialegna gigantesco le cui straordinarie imprese, compiute sempre in compagnia di Babe, un enorme bue azzurro, hanno formato una vera e propria saga burlesca, popolarissima negli Stati Uniti. Su una primitiva, genuina tradizione orale, proveniente dalle zone boscose del Michigan o forse dell' Oregon, si è innestato, a partire dai primi anni del XX secolo, tutto un filone di racconti, di taglio giornalistico, basati sulle smisurate imprese dello straordinario eroe. Emulo di Gargantua, Paul Bunyan incide sulla geografìa americana i segni del proprio passaggio: scava inavvertitamente il Grand Canyon nel trascinarsi dietro il proprio rampone da taglialegna oppure crea il Mississippi da una falla apertasi nell'abbeveratoio di Babe. L'enorme produzione giornalistica e libraria su Paul Bunyan è prevalentemente di pura invenzione ed ha il solo scopo di divertire i bambini. Ma è interessante per seguire il processo di nascita di una leggenda contemporanea. In mancanza di una antica mitologia di super eroi (come Thor, Ercole, Gargantua), che fosse propria degli abitanti bianchi degli U.S.A., questi se ne sono foggiati una su misura, amplificando l'immaginazione popolare attraverso i mass-media e creando perfino delle pseudo-ritualità, come il Paul Bunyan's Day.

John Henry. Si tratta di una leggenda folkloristica americana, ma sono in molti a pensare che si basi su un fatto realmente accaduto. Narra la vicenda di John Henry un manovale presso una compagnia ferroviaria che, trovandosi di fronte alla possibilità di rimanere senza lavoro (e con lui centinaia di persone) a causa di una delle prime macchine industriali a vapore, sfidò la macchina con un martello per mano e ne uscì vincitore. Purtroppo il suo cuore non resse allo sforzo e morì  tra le braccia di sua moglie Polly Ann

Pecos Bill. Fu un personaggio leggendario dei fumetti, creato nel 1949 da Guido Martina e da un team di validi disegnatori che lo tennero in vita fino al 1965, ‘costruendo’ su di lui una serie che occupa 165 albi.  Pecos Bill è un cowboy allevato dai coyotes del deserto, che raddrizza ogni torto usando solo la forza fisica e mai le armi, tranne il suo fedele lazo.  Il successo fu grandissimo, anche perché si credette inizialmente che a disegnare le tavole fossero degli illustratori americani, a causa delle accurate, documentate e precise ambientazioni.

 

 

UZBEKISTAN

 

 Storie, miti popolari e leggende, costituiscono il patrimonio culturale di ogni nazione e quello  dell'Uzbekistan si presenta ricco di miti e di eroi. Per secoli, la gente continuò a tramandarsi storie di grandi gesta, di eroi leggendari, di magnifici palazzi abitati da belle donne. Molte le storie, i canti, le poesie, le epopee in cui veniva esaltato il coraggio e il valore degli eroi nazionali:  Shirak, Tomiris, Jaloliddin  Manguberdi erano personaggi storici, le cui prodezze  divennero presto  leggende. La vita di queste grandi persone come Tamerlano sono  coperte anche con molti miti, che affascinano da sempre. Ogni monumento storico in Uzbekistan  è legato ad uno di essi. Essi rappresentano la concezione del mondo degli antenati uzbeki. Spesso i miti e le leggende sono l'unica fonte che ci può raccontare la storia passata perché aprono luci sui misteri che circondano le generazioni passate. Le antiche città di Samarcanda, Bukhara, Khiva sono avvolte da misteri e superstizioni, che alla fine sono stati incarnati in miti e leggende. Le storie sull’Antica Samarcanda e il segreto della tomba di Tamerlano, affascinano tutt’ora  la gente. Sia  le religioni dell'Asia centrale, sia gli insegnamenti pre-islamici e islamici, hanno avuto una grande influenza su miti e leggende di Uzbekistan. Il mito di Mashad di Kussama a Shakhi Zinda , la leggenda di Chashma Ayub  a Bukhara, la leggenda della Khoja Danier a Samarcanda sono solo alcuni esempi di miti religiosi e di leggende sui santi.

(Vedere: Luna d’oro. Fiabe e leggende dell’Uzbekistan, Editrice Marcos y Marcos, 1986, Collana Le foglie n. 1.)

 

1995 Scene tratte da fiabe: Lo sciocco. Il grande melone. La cicogna sul nido. Mille trecce. Storia  di un pappagallo.

1998 (108/116)  Leggenda:  Alpamysh 

La leggenda di Alpamysh, racconta la storia della vita di un eroe e gli eventi prima della sua nascita con una ricca descrizione di  storie intriganti. La sua trama base, tuttavia, può  essere suddivisa in varie fasi. In primo luogo, la vita  dei genitori di  Alpamish della tribù Kongrat i quali ,  compiono un pellegrinaggio per propiziarne la nascita. Divenuto adulto , Alpamysh, scopre i disagi causati  dai nemici, in particolar modo da Kalmyk khan, nei confronti della sua gente, si ribella ma cade prigioniero.   Trascorre sette anni in una prigione sotterranea di Kalmyk khan, aiutato da  Kaykubat, un pastore che ha scoperto casualmente la sua posizione. La figlia del Kalmyk khan visita Alpamysh nella sua cella, si innamora di lui e lo aiuta a sottrarsi alla prigionia. Liberato, Alpamysh affronta Taycha-Khan, lo uccide, e mette il pastore Kaykubat sul trono.

Ritornato dalla sua gente scopre che durante i sette anni di assenza, il capo della tribù Kongrat era diventato il suo fratello più giovane, Ultantaz.  Il nuovo sovrano stava però tiranneggiando  e perseguitando il suo popolo, disonorando così il vecchio padre di Alpamysh. Inoltre cerca di costringere con la forza  una giovane, Barchin,  a sposarlo. Alpamysh, celato sotto mentite spoglie, in compagnia di un suo vecchio servo, il pastore Kultay, passa inosservato e, proprio quando i due stanno per sposarsi, si prsenta alla celebrazione del matrimonio di Ultantaz, libera la giovane Barchin e uccide il fratello. TLa storia termina con il ritorno dall'esilio di Baysari, il padre  di Barchin,  e la riunificazione sotto la guida di Alpamysh della tribù Kongrat precedentemente divisa.

 

 

1999 (124/30+BF 15)  Fiaba Badal Korachi  (I 3 fratelli)



 

 

 

 

 

VENEZUELA

 

 

1997  (10 valori + BF) Favole: Tio Tigre y Tio Conejo

 

1998 (2073 +BF) Favole. Cucarachita Martinez e Raton Perez

 Per continuare i racconti della serie per bambini iniziata nel 1977 con le storie di Tio Tigre e Tio Conejo le Poste venezuelane hanno selezionato lo scarafaggio Cucarachita Martinez e il topo Perez,  due personaggi di grande prestigio nel mondo della fiaba venezuelana, i quali, come i precedenti, sono giunti dal passato, tramandati oralmente e oggi ampiamente utilizzati da scrittori diversi per intrattenere bambini e adulti.

Entrambe le storie fanno parte del libro scritto da  Antonio Arraiz nel 1945, pubblicato a cura  del Ministero della Cultura e dell'Educazione Nazionale del Venezuela. Dieci scene per ognuna delle due storie (più due foglietti) riporta sul retro del valore la didascalia dell’immagine, componendo così una storia completa e ogni francobollo un elemento separato di esso.

 

VIETNAM

 

1987  (780/7)  La leggenda di Son Tinh Thuy Tinh. Domanda di matrimonio. La fanciulla. Il giovane a cavallo. L'inondazione. Gli elefanti. I portatori di tappeti. I boscaioli. Vittoria e festa della mietitura. Pulitura del riso. Barche con frutta e rano. Scena con barche. Uccelli e sole.

Sơn Tinh e  Thuy Tinh - il Dio della Montagna e il Dio dell'Acqua  - sono uno dei più famosi miti vietnamiti. Il mito spiega la frequenza delle maree e delle inondazioni devastanti in zone tropicali  e monsoniche. Son Tihn   è anche uno dei quattro Immortali.

Il mito racconta che  il 18 ° re della dinastia Hong Bang aveva una bellissima figlia di nome Mia Nuong . Quando diventò una donna, il re cercò di organizzare il suo matrimonio. Voleva trovare per lei un giovane che non solo fosse bello, ma anche intelligente e così indisse un concorso per trovare il pretendente. Molti principi, scrittori famosi, grandi artisti, ricchi uomini d'affari, persone di talento si presentarono a corte.  Tra loro c'erano due uomini straordinari:. Son Tinh, il Dio della Montagna, e Thuy Tinh, il Dio dell’acqua. Ad bentrambi il re chiese  di palesare i loro poteri. Son Tinh fece un gesto con le mani creando dal nulla alberi, foreste e montagne. Thuy Tinh mostrò come con un gesto della sua mano poteva scatenare le onde del mare e la forza dei venti. Poichè i poteri si equivalevano il re disse che colui che, all’indomani avesse portato per primo i regali di nozze avrebbe sposato la principessa. Nei  regali di nozze dovevano essere inclusi nove zanne di elefante, nove speroni di gallo e nove  criniere di cavallo. Per primo arrivò, Son Tinh che portò via con sé Mia Nuong e con lei si avviò verso il suo palazzo sulla montagna Tan Vien, dove viveva.  Thuy Tinh arrivato pochi minuti dopo, resosi conto di aver perduto, si infuriò e inseguì il rivale con i suoi servi. Col suo potere chiamò in aiuto i venti, la pioggia e il mare. Son Tinh per sfuggire alla marea che saliva, usò la sua magia per salire sulla montagna più alta. In quella lotta  le alluvioni e lo tsunami distrussero tutte le terre e le case.  Son Tinh creò dighe per proteggere le persone e le loro proprietà.  La battaglia tra i due Dei durò più giorni e alla fine  Thuy Tinh ordinò alle acque di ritirarsi. Tuttavia, non  abbandonò mai l’idea di vendicarsi. Così ogni anno, le persone devono subire inondazioni in conseguenza dell’amarezza eterna di Thuy Tinh e del suo desiderio di vendetta.

 

1989   (977/81) La leggenda di Giong. Giong tra le braccia della madre. Giong descrive a un montanaro i disastri della guerra. Partenza Cavallo. Toglie un bambù dal gioco. Ritorno trionfale col bambù.

Molto tempo fa, sotto il regno del re Hung VI, c'era una vecchia coppia sposata che  viveva in un piccolo villaggio.  Non avevano figli ma ne desideravano uno. Un giorno la moglie  andò nel  campo di riso a lavorare e  vide una enorme impronta per terra. Era così grande che  ritenne fosse stata  lasciata dal piede di un dio. Tornata a casa lo disse al marito e dopo un po’ di tempo si accorse di essere incinta. Dopo nove mesi il bambino  non venne alla luce e dovettero attendere altri tre mesi perché nascesse. Lo allevarono amorevolmente, ma il bimbo non parlava, non rideva e non piangeva. Quando il bambino aveva tre anni, c'è fu una invasione da parte di un popolo nemico che distrusse  villaggi  e uccise molte persone. Il Re, preoccupato, si recò in ogni villaggio per raccogliere soldati e trovare uomini valenti  per espellere l’invasore.  Giunto nel piccolo villaggio il bimbo disse alla madre di invitare il re in casa sua. La donna, stupita per udire la sua voce per la prima volta, ubbidì.  Di fronte al re il bambino disse: “Dammi  un cavallo di ferro, un bastone di ferro e di una corazza di ferro e caccerò via l’invasore”. Il re lo accontentò.  Da quel momento il bimbo cominciò a mangiare continuamente tanto che i genitori, poveri, dovettero chiedere aiuto a tutti  i vicini di casa. La statura del bimbo cominciò a svilupparsi rapidamente e ad  aumentare smisuratamente e così pure la sua forza. Diventato una specie di gigante, prese le armi  che il re gli aveva donato e, inforcato il cavallo, salutò i genitori e gli amici e si avviò contro il nemico. Ne sterminò un mucchio prima che la spada si spezzasse. Ma non per questo tralasciò di battersi usando grosse canne di bambù. Il nemico di fronte a quella furia umana, dovette fuggire. Solo allora ritornò dai suo genitori, li abbracciò, salutò e disse addio a tutta la sua gente e si involò verso il cielo sul dorso del cavallo e nessuno lo vide più. Il paese era di nuovo in pace.  La gente era felice.  Per gratitudine al  paese dove era nato fu dato il suo nome e venne deciso che, annualmente, si tenesse una  grande festa nel quarto mese lunare per celebrare Thanh Giong

 

1990(1134/9) La leggenda di Tach Sanh. Il ritorno dalla foresta. Il mercante di elisir. Uccide un serpente. Uccide l'uccello che rubò le marionette. In prigione suona il liuto. Una coppia fortunata.

Dopo la morte dei genitori Thach Sanh  ereditò una misera casupola e il martello lasciatogli dal padre. Non possedeva altro tranne una notevole abilità nell’arte del kunfu di cui conosceva tutte le sfumature. Viveva da solo nella foresta e avvertiva una profonda solitudine.  Un giorno passò nei pressi della capanna un ricco commerciante che, avendo visto Thach Sanh trasportare un enorme fascio di legna , pensò bene di utilizzare l’enorme forza del giovane per i suoi affari e lo invitò a seguirlo. Lo avrebbe preso sotto la sua protezione come un  figlio assieme a quello che  già aveva.

Thach Sanh fu contento di accettare quella proposta perché così non sarebbe vissuto più da solo. Nel villaggio dove andò ad abitare c’era un orco cui la gente del villaggio doveva annualmente offrire in dono un giovane. Purtroppo, un anno toccò al figlio del suo padrone, Ly Thong, a dover essere portato al tempio per essere sacrificato all’orco. Il mercante e sua moglie gli chiesero di accompagnare il fratello adottivo al tempio e di tenergli compagnia per tutta la notte.

A metà notte, quando Thach Sanh stava sonnecchiando vicino al tempio apparve l’orco che tentò di catturarlo con i suoi artigli affilati.  Usando le sue conoscenze nell’arte del kunfu e il martello del padre, riuscì ad uccidere il mostro. Gli tagliò la testa, la treccia d’oro che aveva sulla testa e si mise a tracolla la faretra dell’orco che conteneva  una freccia d’oro e con quei trofei si avviò verso il tempio per rassicurare il fratellastro e sua madre che lo aveva accompagnato.  Li chiamò per dir loro  che il mostro era morto, ma i due sentendo la voce di Thach Sanh pensarono  che fosse solo l'anima della vittima che tornava per a vendicarsi. Thach Sanh, entrato nel tempio li rincuorò e raccontò quello che era successo. Allora i due gli svelarono che quello che aveva ucciso era parente del re e gli era molto caro, per cui doveva fuggire e ritornare alla sua casetta nei boschi se non voleva essere punito dal re.  Il giovane ubbidì e lasciò loro la testa dell’orco e la treccia d’oro e partì con la faretra e l’arco. In verità madre e figlio avevano detto il falso perché sapevano che il re avrebbe premiato colui che avesse liberato il paese dal mostro. Cos’ quando  Ly Thong gli portò la testa dell’orco come prova della sua morte   il re lo premiò nominandolo duca per aver liberato il suo popolo da un simile mostro.

Il re a quel tempo aveva una figlia graziosa e nubile. Molti  principi limitrofi avevano chiesto invano la sua mano.  Un giorno mentre passeggiava nel  giardino reale, la principessa fu rapita da un enorme aquila che la portò nel suo nido situato in un profondo burrone. Qualche giorno dopo Thach Sanh vide l'aquila che con una preda tra gli artigli ritornava al suo nido dove teneva prigioniera la principessa. La seguì, le scagliò una freccia e l’uccise.  In quel momento Ly Thong, che  aveva avuto dal re l'incarico di trovare la principessa, non sapendo cosa fare, accompagnato da un drappello di soldati, era venuto a cercare aiuto da Thach Sanh.  Thach Sanh fu ancora una volta onesto e raccontò a Ly Thong quello che aveva fatto e gli disse di  conoscere il posto dove si trovava il nido dell’aquila. Il fratellastro gli chiese di fargli da guida. Per raggiungere il nido occorreva calarsi dall’alto in un profondo dirupo e si dovevano usare delle corde. Ly Thong e Thach Sanh entrarono. Legarono la principessa  con una corda e all’altra si legò Ly Thong. I soldati li tirarono su. A questo punto  Ly Thong non calò più la corda e abbandonò il fratellastro al suo destino. Tornato dal re questi gli propose la mano della figlia, ma questa non ne volle sapere e cominciò a deperire.

Intanto Thach Sanh, aiutato dall’Imperatore di Giada, che abitava  al centro del cielo, era riuscito a fuggire dalla caverna ed era ritornato alla sua povera casa nella foresta.

Ed ecco che lo spirito dell’aquila cominciò a vagare senza pace per la foresta dove incontrò lo spirito dell’orco ucciso da Thach Sanh. I due, che odiavano Thach Sanh, si misero d’accordo ed escogitarono la loro vendetta.

“Se riusciamo a rubare i gioielli dalla stanza del tesoro del re e li nascondiamo nella capanna di Thach Sanh, e poi andiamo a denunciarlo come autore del furto di certo le guardie del re lo imprigioneranno e il re lo condannerà a morte”. E così infatti fecero.

Rubarono alcuni dei più bei gioielli del re e li nascosero della capanna di Thach Sanh e poi chiamarono le guardie.

Le guardie vennero e trovarono i gioielli. Arrestarono Thach Sanh e lo condussero incatenato a palazzo gettandolo nella più oscura cella del castello.

L’unico spiraglio di libertà per il prigioniero era ormai diventato il suo canto. Un canto triste e desolato perché sapeva che presto, pur innocente, sarebbe stato condannato a morte. La sua voce malinconica si innalzava la sera in canti mesti e pieni di nostalgia. Fu allora che dalla sua stanza, la principessa Quynh Nga, anch’essa pervasa da tristezza, lo sentì e riconobbe la voce del suo salvatore. Subito corse dal re suo padre. “E’ la voce del mio salvatore, padre mio, è quella di Thach Sanh, ne sono sicura, è lui che mi ha salvato, ed è a lui solo che io andrò sposa”.
Il re incredulo fece chiamare il giovane e quando vide la figlia gettarsi tra le sue braccia, ne fu commosso. Si fece raccontare tutta la storia, della povertà, dell’orco, dell’aquila e della malignità di Ly Thong, che subito fece chiamare e gettare in prigione, e acconsentì infine alle nozze dei due giovani. Il re diede poi a Thach Sanh il compito di giudicare Ly Thong e condannarlo secondo il suo intendimento; ma Thach Sanh si limitò a scacciarlo dalla reggia intimandogli di andarsene nella foresta. Ly Thong partì ma sulla strada fu sorpreso da una violenta tempesta e fu ucciso da un fulmine. Il suo spirito si reincarnò in uno scarafaggio. 

La favola si conclude comunque con un lieto fine: il matrimonio di Thach Sanh con la principessa .

 

1993  (1365/70)  Racconti popolari   La leggenda di Tam e Cam

Si tratta della fiaba Cenerentola in versione orientale.

La storia è divisa in due parti. La prima parte riguarda la vita di Tam prima di sposare il re. La seconda parte è quello che è successo dopo il matrimonio. Questa parte è assai truculenta in quanto contiene un omicidio e un episodio di cannibalismo.
Un vedovo, padre di una ragazza di nome Tam, passò in seconde nozze. Dalla nuova unione nacque una bimba, cui fu dato il nome di Cam, e il padre riversò su di lei tutto l’affetto che prima era riservato a Tam. La moglie che già odiava la figliastra perché era assai più bella di Cam, ne approfittò subito per costringere Tam ad occuparsi di tutti i lavori più pesanti.
Un giorno, la matrigna mandò Tam e Cam a pescare, promettendo di premiare con un nuovo yem (scialle) colei che avrebbe catturato la maggior parte di pesci. Cam sapeva che sua madre non l'avrebbe mai punita e si limitò a divertirsi a nuotare, mentre Tam pescava. Poi, prima di tornare a casa con uno stratagemma Cam rubò il pesce pescato dalla sorellastra e fu premiata.
Dopo aver scoperto che era stata ingannata, Tam chiese l’aiuto alla Dea della misericordia che la confortò. Le disse di prendere l’unico pesce che era rimasto nel suo cestino, una carpa, di metterla nel pozzo e di recitare una speciale poesia. Ogni giorno doveva portare del cibo al pesce e recitare la poesia. La matrigna insospettita la seguì, vide che dava da mangiare un pesce e la udi mormorare dei versi. Quando Tam se ne andò, si recò al pozzo, ripetè i versi che aveva udito e la carpa affiorò. La donna la prese, l’uccise e la cucinò per condire il riso.
Quando Tam scoprì quello che era successo, scoppiò in singhiozzi. La Dea della Misericordia apparve di nuovo a Tam e la consolò. Le disse di salvare la lisca della carpa e di dividerla in quattro parti e di seppellirli in quattro vasi separati sotto ogni angolo del suo letto.
Poco tempo dopo, il re ha proclamò il ballo di corte cui erano invitate tutte le fanciulle. Solo la matrigna e la sorella poterono parteciparvi perché quel giorno Tam doveva svolgere un pesante lavoro. Mentre vi si dedicava la Dea della Misericordia apparve di nuovo. Dai vasi trasse abiti, un paio di pantofole, una carrozza e un cavallo. Tam potè così partecipare alla festa senza che la madre e la sorellastra la riconoscessero in quei sontuosi abiti. Di ritorno perse una pantofola attraversando un torrente. Galleggiando la pantofola giunse sino al giardino del re. Questi, incuriosito, disse che avrebbe sposato la ragazza il cui piede fosse della misura della pantofola e Tam, vestita come la fanciulla che aveva partecipato al ballo e , soprattutto, calzando l’altra pantofola, sposò il re.

(Sin qui la favola ripercorre quella della Cenerentola di Perrault. La parte che segue è legata solo alla versione fiaba orientale).

Diventata regina Tam dinostrò il suo dovere filiale e andò a far visita alla sua famiglia per onorare il padre e la matrigna. In quell’occasione la matrigna le chiese di salire su un albero di Areca per raccogliere foglie di Betel. Tam obbedì e mentre saliva, la matrigna prese una scure e tagliò l'albero in modo che Tam cadde e morì. Per tradizione, Cam doveva prendere il suo posto a palazzo e divfentò la nuova moglie del re. Di Tam non rimase njulla tranne che la sua anima si reincarnò in un usignuolo che seguì la sorella a palazzo.
Il re rimase era triste e inconsolabile per aver perso la moglie e non si curava di Cam. Un giorno, una cameriera vide appesa al sole la tunica del re e udì il canto di un l'usignolo che le ricordava di stare attenta nel pulire l'abito di suo marito. Il canto dell’uccello affascinò tutti coloro che ascoltavano e attirò anche l'attenzione del re. Il re chiamò l'usignolo e gli disse di posarsi sulle ampie maniche della veste se davvero era lo spirito della sua defunta moglie. L'usignolo fece esattamente come il re aveva chiesto. Fu messo in una gabbia d'oro, dove il re trascorse la maggior parte dei suoi giorni ascoltando le canzoni che cantava solo per lui. Cam, di fronte a quella situazione, diventò sempre più furibonda e chiese a sua madre cosa doveva fare. Sua madre le disse di prendere l'uccello di ucciderlo e di darlo in pasto al gatto. Cam fece quellon che le era stato detto: uccise l’usignolo, lo spiumò e gettò le piume vicino al cancello del palazzo.
Dalle piume rosa nacque un bellissimo albero di cedro bianco. La sua ombra era così rilassante che il re ordinò un'amaca da porre sotto l’albero dove poteva sognare la sua defunta moglie Tam. Cam, gelosa, chiese di nuovo alla madre che cosa avrebbe dovuto fare e quella le ordinò di abbattere l’albero per farne un telaio. Ma quando si sedette per la prima volta davanti ad esso per tessere udì una voce che l’accusava di averle rubato il marito.
Seguendo il consiglio di sua madre, Cam bruciò il telaio e seppellì le sue ceneri molto al di fuori del palazzo. Da quelle ceneri nacque un albero di cachi rosa che produsse un solo magnifico frutto. Una povera vecchia, che lavorava come venditrice di acqua, un giorno vide il frutto cadere. Mentre si apprestava a raccoglierlo e sentì una voce che le diceva di prendere pure il frutto ma non doveva mai togliergli la buccia per mangiarlo. La vecchietta ubbidì e lo portò con sé a casa per poterlo solo ammirare tanto era bello. Il giorno dopo, l'anziana donna, quando tornò a casa dalle sue commissioni, scoprì che lavori domestici erano stati fatti da qualche sconosciuto e un pasto caldo era pronto sul tavolo in attesa di lei. La situazione si ripetè per un mese. La vecchietta , curiosa, decise di scoprire chi fosse il suo benefattore. Fece finta di andarsene, ma rimase indietro a spiare. Vide Tam emergere dal frutto e cominciare a fare le faccende di casa. Allora corse subito a prendere il frutto e lo sbucciò così Tam rimase sempre con lei.
Un giorno, il re, smarritosi durante la caccia, si fermò davanti alla capanna della vecchia, chiese asilo. La vecchia gli offrì del betel, e quando il re vide come il betel era stato preparato, si ricordò che quello era il modo con cui la sua defunta moglie lo aveva sempre preparato. Di fronte a quelle foglie di betel che sembravano proprio ali di una fenice, chiese chi lo avesse preparato.. La vecchia rispose che era sua figlia. Il re ordinò di poterla vedere e si trovò di fronte a Tam. Felicissimo portò con sè Tam nel palazzo come prima moglie.
Più tardi, quando Tam, tornata a palazzo, aveva ripreso il suo posto di regina, la sorellastra , che voleva riconquistare il re, le chiese quale fosse il segreto della sua bellezza. Tam le rispose che bastava fare un bagno in acqua calda. Cam, pensando che quanto più l’acqua fosse più calda, tanto più sarebbe diventata bella e desiderando essere bellissima si immerse in acqua bollente ...e morì.
Il suo corpo fu poi tagliato a pezzi per essere conservato, messo in una grossa anfora e inviato alla matrigna. Costei, pensando che si trattasse di cibo, lo aprì e cominciò, un npezzettino per giorno, a mangiarne il contenuto. Un giorno, un corvo volò sul tetto della casa della matrigna gridando:
"Deve essere proprio delizioso quel cibo se una madre mangia la carne della propria figlia! Ne è rimasto qualche pezzettino anche per me ?".
La matrigna si incuriosì e corse a rimestare nella grossa anfora finché, raggiunto il fondo del vaso, vide la testa di sua figlia Cam. Di fronte a quella vista morì.

 

 

1995 (1564/67)  La favola di Betel e Areca.

La droga chiamata betel è costituita da tre ingredienti essenziali: la foglia di betel (Piper betel), la “noce” di areca (Areca catechu), che in realtà è l’endosperma del seme di questa palma, e il calcare. L’insieme congiunto dei tre elementi produce l’effetto di questa droga, che ha un’area di diffusione che si estende dal Madagascar all’India, all’Indocina, sino alla Nuova Guinea e diverse isole del Pacifico. Ogni regione ha un sua particolare leggenda sull’origine della droga. In Vietnam se ne raccontano due.

C’erano una volta due fratelli che si assomigliavano come due gocce d’acqua. Erano bellissimi e provavano l’un per l’altro un affetto così tenero, che erano soprannominati la coppia  tartarughe-granchio, poiché di queste non si trova mai l’una senza l’altro.

Uno di loro si sposò. Durante la sua luna di miele, riportando tutto il suo amore sulla sua nuova compagna, trascurò colui a cui era unito da legame di sangue. Costui, indispettito, decise di andare a consolarsi in un luogo che non fosse mai stato calpestato da piede d’uomo. A questo scopo, uscì una mattina prima dell’alba e camminò sempre dritto. Dopo alcuni giorni di cammino, spossato dalla fatica e dalla fame, cadde sulla strada, dove non tardò a soccombere. Il suo cadavere fu trasformato in un grosso blocco di calcare.

Quando il fratello sposato  decise un giorno di vedere suo fratello, non lo trovò più. Si mise allora a cercarlo dappertutto, fra i parenti e anche nel villaggio, ma senza trovarlo.  Una mattina, uscito  di casa si avviò per cercarlo una ennesima volta. Il caso volle che intraprendesse il medesimo cammino del suo sfortunato fratello. Dopo molte ore di marcia senza tregua né riposo, privo di forze, morendo di fame e di sete, si trascinò penosamente sino a un masso di calcare che aveva visto all’orizzonte. Ma là la sua debolezza aumentò e riuscì solo a distendersi sul masso, dove morì. Il suo cadavere fu trasformato in un bell’albero con le foglie ad ombrello, che riparava con la sua ombra la roccia calcarea. L’albero  era quello dell’areca. Sua moglie nel frattempo, non avendolo visto tornare a casa, andò alla sua ricerca e giunse, dopo un lungo viaggio in vista del masso di calcare e dell’albero di areca. Anche lei morì di fatica dopo aver abbracciato l’albero.

Dal suo cadavere nacque una pianta rampicante che avvolse interamente l’albero. Era la pianta del betel. Questa riunione dei due fratelli e della moglie avvenne in un periodo di estrema siccità in cui tutti gli alberi e le piante morirono, salvo gli alberi dell’areca e del betel. Essi conservarono la loro lussureggiante vegetazione, che contrastava stranamente con la desolazione che regnava tutt’attorno. La sconcertante particolarità attrasse l’attenzione della gente del paese, che vi si recò in pellegrinaggio. Anche il re, alla notizia di questo fenomeno, volle averne conferma. Si recò sul luogo e constatato che tutto attorno la vegetazione era morta mentre solo i due alberi sul calcare erano rigogliosi,  fece raccogliere molte foglie di betel, una noce di areca e un pezzo di calcare e ordinò di frantumare il tutto in un mortaio. Ottenne una polvere di un bel color rosso.  Convinto dei sentimenti così teneri che tenevano unite quelle tre cose, ordinò di piantare davanti a ogni casa degli alberi di areca e di betel, prima come alberi ornamentali, per via del loro fogliame ad ombrello e sempre verdi, e in seguito, per onorare la memoria dei fratelli così UNITAR ordinò alle coppie di  giovani che si sposavano di masticarne le foglie, i frutti con un poco di calce con lo scopo d’intrattenere fra di loro il medesimo affetto. Da qui l’abitudine di masticare il betel. (Lê-vàn-Phàt, 1908, rip. in Holbé, 1908: 675-6).

Altra versione vietnamita.

Due fratelli gemelli, Tan e Lang, si innamorarono della medesima bella ragazza. Poiché erano devoti l’uno con l’altro, uno di loro concesse che l’altro la sposasse. Poi, un giorno, la donna accidentalmente toccò la mano di suo cognato e ciò fece arrabbiare il marito. Il cognato fu così angosciato per l’accaduto che corse via. Quando raggiunse la riva di un ruscello morì di dolore e gli dei trasformarono il suo corpo in una pietra calcare bianca, simboleggiante la sua devozione. Il marito, turbato dall’assenza del fratello gemello, si mise alla sua ricerca. Quando raggiunse il ruscello vide quale sorte era toccata al fratello. Si addolorò così tanto che morì nel medesimo luogo e si trasformò nella palma dell’areca. Infine, la moglie si mise alla ricerca dei due fratelli. Quando raggiunse la riva del ruscello, incontrò il medesimo destino e si trasformò in una liana di betel che crebbe accanto alla roccia avvolgendosi attorno alla palma. Invece di seccarsi, la palma e la liana rimanevano verdi. Udito ciò, il re del luogo ordinò di essere accompagnato in quel luogo. Egli mise entrambe [le piante] in bocca e fu sopraffatto da una sensazione di benessere. Da allora il betel è stato masticato in Vietnam (Rooney, 1993: 15).

 

1998(1791/2)  La leggenda della spada restituita.

Hanoi è circondata di laghi e ognuno di questi ha una sua storia. Il lago più bello è il lago Thuy rinominato Hoan Kiem (Il Lago della Spada Restituita). E'un incantevole specchio d’acqua che è oggi una delle attrazioni principali di Hanoi.

Le Thai To (Le Loi) era un antico re guerriero Vietnamita vissuto nel 1400. Abile combattente, si narra avesse una spada molto speciale, che gli era stata donata dal Dio Tartaruga Dorata (Kim Qui). Con questa, Le Loi combatté molte battaglie vittoriose contro la Dinastia dei Ming ed ottenne infine l’indipendenza del Vietnam dall’Impero Cinese. Vinta la guerra, Le Thai To si recava spesso sul lago Luc Thuy (Lago Verde situato a Sud di Hanoi) per esercitarsi con la sua spada e praticare esercizi marziali. Un giorno una tartaruga gigantesca emerse dall'acqua e lo implorò di restituire la spada al Re Dragone legittimo proprietario. Il saggio Le Thai To non dovendo più difendersi dai cinesi, decise di accettare. La spada iniziò a fluttuare nell'aria e a dirigersi verso la tartaruga. Con la spada in bocca la tartaruga si rituffò nel lago ringraziando. Da allora il lago è stato chiamato Ho Hoan Kiem ("lago della spada restituita") e in cambio seguirono innumerevoli anni di benessere e fertilità delle terre.

 

 

2000  (1888/93)  Leggenda: ‘Lac Long Quan-Au Co’

 Lac Long Quan (anche chiamato Hung Vuong Hien)  secondo il mito della creazione del popolo vietnamita, è stato il padre del popolo vietnamita, e il loro primo vero re. Quan era il figlio e unico successore di Kinh Dương Vuong (il Re di Kinh Dương ), che regnava su Xich Quy .  Si suppone che sia diventato re nel 2839 aC.

La moglie di Quan, Âu Co , diede alla luce una sacca contenente 100 uova da cui nacquero 100 bambini, questa è l'origine della storia dei 100 cognomi vietnamiti . Un giorno Lac Long Quan disse a  Âu Co: "Sono disceso dal draghi, e tu da fate Siamo incompatibili come lo è l'acqua col  fuoco Così non si può continuare in armonia". Ciò detto, marito e moglie si separarono.  L'uomo andò a sud verso il mare, con 50 dei loro figli, mentre la moglie si diresse verso la regione montuosa del nord con l'altra metà del clan. Il figlio maggiore, che seguì la madre, in seguito si  installò nel Vietnam diventando il primo monarca. 

 

2003  (2100/5)    Fiaba: Le avventure dei grilli

 

 

 

WALLIS & FUTUNA

1999  (213)   Favola. La sirena allungata.

 

2003  (BF 12)  Leggenda del cocco e dell’anguilla. (vedi Samoa)

 

2004  (614)  Mitologia.  Le dea Havea Ikule’o 

 

 

2005   (1 BF)   Racconti e leggende locali. Disegni con tartarughe , balene, uccelli, serpenti, granchi e fiori. Disegni con polipi, pesci delfini,farfalle e conchiglie. Disegni con personaggi chde suonano trombe, note musicali, onde.  Ai bordi dei francobolli sono segnate  12 titoli di fiabe e racconti di vario tipo.

 

 

2006  Il dio Tagaloa (vedi Samoa)

 

2007  (683/4) Racconti e leggende di Lomipeau.   Isola Togatapu e piroga a vela antica Lomipeau. Isola di Uvea e piroga a vela di Lumipeau.

 

 

YEMEN  (Monarchia)

 

1967 (420/26 + BF)  Salomone e la regina di Saba.

Gli arabi la conoscevano come la regina Bilquis, gli etiopi la chiamavano Macheda, per gli ebrei e i cristiani è la regina di Saba. La regina venuta a conoscenza della fama di Salomone,  si recò a Gerusalemme per conoscerne la saggezza. Arrivò con un gran seguito e con cammelli carichi di spezie. La storia della regina di Saba probabilmente ha origini giudee, ma esiste anche una versione persiana, la troviamo anche nel Corano difatti gli arabi affermano che credesse nella grandezza di Allah. In nessuna parte del Mondo la leggenda della regina di Saba è più viva che in Etiopia. Per questo popolo rappresenta il mito fondamentale della loro civiltà. La storia tramanda che Saba, regina di Axum, aveva sentito decantare la saggezza del re Salomone e volle fargli visita per mettere alla prova la sua sapienza proverbiale.

Dalla visita a Gerusalemme, avvenuta tra il 1000 ed il 950 a.C. vi è menzione nel Talmud ebraico, nella Bibbia - Antico Testamento, nel Corano ed ovviamente nel Kebra Nagast, Gloria dei re che è il libro fondamentale per la storia dell'impero degli altopiani, elaborato in Etiopia nel XIV secolo.

La storia dice che la regina di Saba recatasi dal potente re Salomone per sottoporgli alcuni enigmi per sondare le capacità tanto decantate del sovrano, ne rimase affascinata. Dall'unione del re Salomone con la regina, fu concepito Menelik, il cui significato intrinseco è "Figlio dell'uomo saggio" che portava nel sangue le tracce di una ascendenza divina e che sarebbe stato il capostipite di una stirpe salomonica; da qui nasce il fatto che gli Etiopi siano una un popolo eletto. Menelik, cresciuto e divenuto re, fece proprio il simbolo del leone di Giuda che innalzò a simbolo del proprio regno. Divenuto adulto, volle far visita al presunto padre Salomone e quando fece ritorno ad Axum, trafugò o gli fu affidata, l'Arca dell'Alleanza.

Essa non arrivò con Menelik ad Axum, ma impiegò qualche secolo dopo un lento peregrinare in terra d'Egitto. Questo avvenimento è ricordato con i lenti ed esasperanti riti che la Chiesa Copta etiopica celebra in onore dell'Arca in occasione di Ghenna e Timkat che sono il Natale e l'Epifania del rito copto. Le feste di celebrazione di queste due ricorrenze fanno rivivere lo splendore di quelle che furono le corti di Gerusalemme e di Axum. 

La regina visse a circa 120 Km da Sana'a, capitale dello Yemen. Ad est di Sana’a, a Marib che era la capitale dell’antica Saba. Marib era situata nel punto in cui si incrociavano le carovane che trasportavano incenso in direzione del mar Rosso e l’intera regione  con il passare degli anni, a causa dei fortunati e fiorenti commerci, prese il nome di Arabia Felix. Poche le tracce nella città per svelare il mistero che circonda la regina di Saba, se veramente è esistita si pensa che possa essere vissuta a Marib, al centro del deserto, circondata dallo splendore di grandi templi e palazzi.  

 

 

 

 

 

ZAMBIA

 

Le fiabe di Kalulu il coniglio sono pubblicate su Internet: Kalulu the hare and others Zambian Folk Tales,  Retold by Parvathi Raman, illustrate dall’autore, Editore Arthur H. Stockwell Ltd. Elmsourt Ilfracombe, Devon, 1979

 

1979 (193/6)  Fiabe: Storie  di Kalulu

 

 

1991 (526/9) Favole  L’uccello e il serpente (vedi Esopo)  Kalulu e il leopardo.  Il leone e il topo  (vedi Esopo).   Kalulu e l’ippopotamo

 

1998  (779/80+BF 46)

Favole. Uomo con cane. Indigeno che versa liquido nelle fauci di un drago.

  

 

2001  (6v.-1066+BF 79)

LEG Origini del mondo nelle leggende africane.

 

 

ZIMBABWE

2001  (466/71) 

Favole. La lepre e la scimmia. L’ippopotamo.  Il leone e il topo (vedi Esopo), Gli uccelli che svegliano il sole.  Il camaleonte che arriva troppo tardi.  La tartaruga saggia

               

   

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