1982 (69/72) La leggenda di Harra Paetur e Elinborg Partenza di Paetur. Attesa del ritorno. Elinborg raggiunge Paetur. Ritorno alle Faeroer.
Esiste una ballata dal nome “Young Beichan"
raccolta da Francis James Child alla fine del XIX secolo, ed è conosciuta come
La ballata Child. La ballata ha avuto diverse varianti con nomi diversi.
1984 (6v.100/5 in striscia) Fiabe Faeroesi La bella dei veli.(2v.) La ragazza e il principe timido. La spada di vetro. La piccola Elin. Il ragazzo e il bue. ( Per il contenuto delle fiabe si rimanda all’opera dello scrittore Bru Hedin che tra il 1959 e il 1974 pubblicò sei volumi di fiabe faroesi Ævintýr I - VI (con illustrazioni di Lützen Elinborg). 1985 (124) Racconti popolari ispirati alla ballata La skrimsla: Il contadino nel bosco. Incontro col gigante. Il gigante perde la scommessa. I desideri del contadino.
1994 (254/5) I viaggi di San Brandano. La navigazione di San Brandano (Navigatio sancti Brendani) è un'opera anonima in prosa latina, tramandata da numerosi manoscritti a partire dal X secolo. Per l'insieme di elementi eterogenei che contiene, è considerata un classico della letteratura medievale di viaggio e agiografica. L’autore fu probabilmente un ecclesiastico, di origini irlandesi, che si basò sul patrimonio leggendario della sua terra, inserendovi spunti di derivazione cristiana. Brandano, abate benedettino irlandese, fu un santo vissuto nel VI secolo: si procurò fama di navigatore fondando monasteri sulle isole tra l’Irlanda e la Scozia. La leggenda lo trasfigurò, immaginandolo alla testa di un gruppo di monaci, alla ricerca del Paradiso Terrestre e dei santi (Terra repromissionis) situato su un’isola meravigliosa, facendo vari incontri con creature fantastiche. L’opera, tradotta nel corso dei secoli in varie lingue, è considerata tra le fonti di ispirazione della Divina Commedia di Dante tanto da far pensare ad alcuni studiosi che la demonologia di Dante possa essere stata tratta anche, non del tutto, ma in parte, da questa vecchia leggenda. Infatti, in essa si parla di angeli caduti, che il protagonista trova sotto le spoglie di uccelli candidissimi, appollaiati sopra albero nel paradiso, poiché spiriti decaduti sì, ma non malvagi, né superbi, colpe per le quali, ad esempio, proprio nella Divina Commedia, Dante li pone come neutrali. Ne circolarono nel Medioevo numerose versioni e in molti dialetti. La più antica è in versi, in dialetto francese anglonormanno, del monaco Benedeit (ca. 1120). Quattro furono le versioni in italiano e lingua veneta, risalenti presumibilmente a una fonte comune del XIII secolo o del XIV secolo.
1994 (4v. 260) Racconti popolari ispirati alla ballata Brusajokil. La nave di Asbjorn. Asbiorn nella grotta. Ormar contro il gatto. Ormar e il gigante
1995 (2v. 272) Favole: Vidar Vali og Baldur. Baldur era il figlio di Odino cui era stato predetto quando e come sarebbe morto: sarebbe stato ucciso dal dio cieco Hodr, con un ramo. Al fine di evitare che una cosa del genere accadesse, Frigg, sua madre, viaggiò per tutta la terra per ottenere un impegno da ogni singolo essere vivente che nessuno avrebbe mai fatto male a Baldur. Cosa assai facile da ottenere perché Baldur era un ragazzo dolce e amato da tutti. Ma Loki era geloso di Baldur e cercò di trovare qualcosa o qualcuno che non avesse dato la sua parola. Lo trovò nel vischio, una pianta così piccola e innocua che era stata trascurata da Frigg. Così un giorno tutti gli dèi pensarono di divertirsi e di giocare con Baldur, lanciando sassi contro di lui e cercando di colpirlo con le lance. Era un gioco che ritenevano innocuo perché sapevano che Baldur era invincibile. Loki si presentò con un ramo e lo porse a Hodr, dicendogli di andare avanti e unirsi al divertimento. Com'era prevedibile, il ramo aveva vischio su di esso, Baldur fu colpito a morte con un coltello e morì.
Liv og Livtrasir. Ragnarok è considerato, nella mitologia norrena, la battaglia finale tra le potenze della luce e dell'ordine e quelle delle tenebre e del caos, in seguito alla quale l'intero mondo verrà distrutto e quindi rigenerato. Il Ragnarok verrà preceduto dal Fimbulvetr, un inverno terribile della durata di tre anni, in seguito al quale avverrà lo sfascio dei legami sociali e familiari, in un vortice di sangue e violenza di là da ogni legge e regola. Spariranno quindi Sól (il Sole) e Máni (la Luna): i due lupi (Skol e Hati) che, nel corso del tempo, perennemente inseguivano i due astri finalmente li raggiungeranno, divorandoli, privando il mondo della luce naturale. Anche le stelle si spegneranno. Di seguito, dalle ceneri, il mondo risorgerà. I figli di Odino, Víðarr e Váli, e i figli di Thor, Móði e Magni, erediteranno i poteri dei padri. Baldr, il dio della speranza e Hðr suo fratello, torneranno da Hel, il regno della morte. Troveranno, nell'erba dei nuovi prati, le pedine degli scacchi con cui giocavano gli dèi scomparsi. La stirpe umana verrà rigenerata da una nuova coppia originaria, Líf e Lívtrasir, sopravvissuti nascondendosi nel bosco di Hoddmímir o nel frassino Yggdrasill a seconda dei culti.
1997 (311/2) Europa. Storie e leggende: Le tentazioni di S.Antonio. L'uomo del mare. Nell’agiografia di S.Antonio importante è la leggenda che si trova nella celebre Legenda Aurea di Jacopo da Varagine. Oltre alla vita del Santo l’agiografo ricorda le visioni che il Santo ebbe nella sua vita travagliata e tormentata. Si racconta che ebbe una visione in cui un eremita come lui riempiva la giornata dividendo il tempo tra preghiera e l'intreccio di una corda. Da questo dedusse che oltre alla preghiera, ci si doveva dedicare a un'attività concreta da cui derivò il motto Ora et labora, della regola benedettina. Così ispirato condusse da solo una vita ritirata, dove i frutti del suo lavoro gli servivano per procurarsi il cibo e per fare carità. In questi primi anni fu molto tormentato da tentazioni fortissime e i dubbi lo assalivano sulla validità della sua vita solitaria. Consultando altri eremiti venne esortato a perseverare. Lo consigliarono di staccarsi ancora più radicalmente dal mondo. Allora, coperto da un rude panno, si chiuse in una tomba scavata nella rocca nei pressi del villaggio di Coma. In questo luogo sarebbe stato tentato, aggredito e percosso dal demonio; senza sensi venne raccolto da persone che si recavano alla tomba per portagli del cibo e fu trasportato nella chiesa del villaggio, dove si rimise.
1998 (326/9) La ballata di Brunilde. La principessa respinge i pretendenti. Sigfrido a cavallo forza la barriera di fiamme e, conquistato il cuore di Brunilde, la sposa. Gudrun si fa sposare da Sigfrido. Gudrun in lutto per la morte di Sigfrido. Nella leggenda eroica germanica è una valchiria che, per condanna di Odino, dorme cinta d'elmo e corazza (il nome significa appunto eroina con la corazza) su un'alta rupe avvolta dalle fiamme, e che solo un eroe senza paura può destare e liberare dall'incantesimo. La leggenda formò il nucleo delle vicende della vita di Sigfrido, l'eroe predestinato, che sveglia la vergine dal sonno e al quale essa promette eterno amore, e in conseguenza lo sfondo da cui sorge e si svolge tutta la saga nibelungica. Secondo la forma di questa nelle canzoni eddiche, il re Gunnar, accompagnato da Sigurd, venne da Brunilde per chiedere la sua mano; ma, poiché il cavallo del re aveva paura di passare attraverso le fiamme, Sigurd assunse le sembianze di lui, raggiunse la fanciulla, le dormì accanto mettendo tra sé e lei la sua nuda spada, e poi la consegnò, ignara dell'inganno, a Gunnar che gli diede in sposa la sorella Gudrun. Ma Brunilde, venuta a conoscere l'inganno e rosa dalla gelosia di Gudrun, giurò di vendicarsi, e riuscì, infatti, ad ottenere la morte di Sigurd per mano di Guttorm. Dopo di che, disperata, si diede essa medesima la morte.
2001 (392/7) Leggende nordiche. La morte di Hogne L’albero dell’anno. La canzone dell’arpa. Gram. La canzone di Nornegaest. La magia di Gudrun . Hogne. Snorri Sturluson, noto raccoglitore di leggende e saghe nordiche legate al ciclo dei Nibelungi, scrisse che Hogne fu il re dell'Östergötland e che ebbe un figlio di nome Hildur ed una figlia di nome Hilda, la quale finì in sposa a Granmar, il re del Södermanland. Quando Ingjald , un re cattivo tiranno e crudele, uccise molti dei re minori di Svezia, Högne e Granmar riuscirono a difendere i propri territori. Secondo Snorri, Högne ed il figlio Hildur compirono numerose razzie nelle province svedesi uccidendo molti uomini di Ingjald, ed Högne riuscì a governare il suo popolo fino alla propria morte. L’albero dell’anno. L’indovinello sull’albero dell’anno è un buon esempio del senso che gli antichi faeroesi diedero al simbolo. L’anno è paragonato ad un albero con i mesi rappresentati in tredici rami. Le settimane sono simboleggiate dai nidi di uccelli, quattro per ramo, mentre i giorni della settimana hanno per simbolo sei uccelli per ogni nido mentre il settimo ha le piume d’oro. La ballata di Nornagest. È una delle più antiche ballate. Purtroppo di essa rimane solo un frammento. Nornagest, ormai vecchio, racconta le gesta eroiche di Sigurd al servizio di un re sconosciuto. Tra le altre avventure il vecchio Nornagest narra una strana storia che ha per protagonista Grane, il cavallo di Sigurd. Grane cadde in una palude e si trovò immerso nel fango. Da esso fu trascinato fuori a fatica. Nornagest, che allora era un giovane fanciullo, condusse fuori dal fango il cavallo e lo lavò. Da quel giorno egli fu considerato uno dei guerrieri di Sigurd. In Grane gli antichi hanno voluto simboleggiare la costellazione di Pegaso in quanto la sua forma richiama nella fantasia il profilo di un cavallo. La ballata dell’arpa. È la variante di una canzone norvegese, esistente anche in una versione inglese. Un giovane si reca in una casa dove abitano due sorelle e chiede in sposa la più giovane, gentile e bella, trascurando la maggiore di carattere invidioso e maligno. Questa si vendica per non essere stata scelta; attira la sorella in riva al mare e la butta tra le onde dove la poverina annega. Il vento riporta a riva il suo corpo che viene scoperto da due viandanti i quali con le braccia della morta fabbricano un’arpa e con i capelli biondi le tre corde. Poi si recano nelle casa dove la sorella cattiva festeggia le sue nozze col giovane che aveva amato la sorella e, suonando, le corde dell’arpa cominciano a vibrare, ma invece di suoni si odono parole. La prima corda dice: “La sposa è mia sorella”. La seconda dice: “La sposa mi ha uccisa.” E la terza: “Lo sposo era il mio diletto.”. Invano la sposa cerca di far tacere l’arpa. Quella continua a parlare, finché la donna cade a terra col cuore spezzato e muore. La ballata probabilmente trae origine da una credenza antica in cui la luna è il corpo del sole. Nella sua fase calante la luna a falce o spicchio dà l’idea di un’arpa. La sorella maggiore è probabilmente un simbolo del lato oscuro della notte. La ballata di Gram e Grane. Come vengono ricordati gli eroi delle Saghe, in ugual misura vengono ricordati i loro cavalli e le loro armi. Così a fianco di Sigurd, l’uccisore del drago Fafnir, il custode del tesoro dei Nibelunghi, troveremo il suo cavallo Grane e la spada regalatagli dal fabbro Regin. Quando Sigurd decise di procurarsi un cavallo, si recò sulla riva di un fiume dove stava pascolando una mandria di puledri e lanciò una pietra nell’acqua. Al rumore tutti i cavalli fuggirono, tranne Grane, che diventò il suo prescelto. La spada gli venne offerta dal fabbro e Sigurd la trovò posata per terra in mezzo ad un corso d’acqua. Grane rappresenta nella mitologia la costellazione di Pegaso, mentre Gram rappresenta la costellazione del Cigno per la sua forma allungata, simile ad una spada. Il fiume su cui la spada era posata fa pensare alla Via Lattea che divide in due parti uguali la costellazione del Cigno. Kalevala La trama si presta poco a un riassunto, scrive Giacomo Prampolini, che pur tenta di tracciarlo. “Eroe principale è il poeta-mago Väinämöinen, l’inventore della <kantele>, (l’arpa finnica), luminosa figura di un boreale Orfeo. Nasce nel mare, da Ilmatar (la figlia dell’aria), la dea creatrice del mondo; promuove l’agricoltura, acquista ogni sapere, compone canti soavi e possenti; corteggia invano la bella fanciulla lappone Aino, che non vuole saperne di lui e che, dopo essersi trasformata in salmone, gli sfugge per sempre. Ilmatar consiglia al figlio desolato di cercarsi una sposa in Pohjola (il paese del nord. La Lapponia?) la cui regina Louhi gli promette infatti la propria bellissima figlia a patto che egli le procuri il magico mulino Sampo. Väinämöinen allora si associa il fratello Ilmarinen, fabbro solerte e geniale; entrambi hanno come rivale il baldo, gaio e spregiudicato Lemminkäinen. che incarna il tipo dell’avventuriero, e il triplice corteggiamento si svolge, attraverso mirabolanti vicende nei canti VII-XIX. Ilmarinen fabbrica il Sampo, ma la fanciulla si rifiuta di sposarlo; Lemminkäinen, recatosi a Pohjola, soccombe alle insidie di Louhi, è gettato nel fiume della morte, fatto a pezzi, ma poi risuscitato dalla madre; Vänämöinen, pentito di aver rinunciato alla figlia di Louhi in favore del fratello, scende nel regno della morte in cerca di tre <magiche> parole, necessarie per finire la costruzione di una barca. La figlia di Louhi, cui è lasciata la scelta fra i due fratelli, preferisce da ultimo Ilmarinen.I dieci canti successivi s’indugiano a narrare le feste dello sposalizio a Pohjola, nonché due sfortunate spedizioni di Lemminkäinen, furibondo perché non lo hanno invitato alle nozze. Ma Ilmarinen non gode a lungo la compagnia della sposa, che perisce divorata dagli orsi e dai lupi per opera di Kullervo, il crudele gigante che inconsciamente si macchia di incesto con la sorella e poi si uccide nella foresta (canti XXXI-XXXVI). Ilmarinen, ormai avvezzo alla vita coniugale, si fabbrica una nuova moglie in oro e in argento, ma non riesce ad infonderle vita; allora rapisce un’altra figlia di Louhi, la quale però si rivela così uggiosa che egli la trasforma in gabbiano. Negli ultimi canti (XXXIX-XLIX) Väinämöinen, Ilmarinen e Lemminkäinen compiono di buon accordo una spedizione contro Pohjola per rubare il Sampo; ucciso un enorme luccio, il poeta fabbrica con le sue lische una <kantele>, il cui malioso suono attira tutti gli esseri animali; con esso addormenta la gente di Pohjola e agevola il furto del Sampo. Ma al risveglio Louhi scatena contro i tre ladri fuggiaschi una furiosa tempesta durante la quale la <kantele> cade nel fiume; poi li insegue con una nave da guerra, li raggiunge, impegna battaglia: il conteso Sampo cade in un lago e si frantuma. Vänämöinen ne ricupera quanto basta per assicurare la prosperità del Kalevala, cioè della Finlandia; poi si fabbrica una nuova arpa in legno di betulla. Invano Louhi infierisce, mandando pestilenze e flagelli, rubando il sole e la luna; i due fratelli sventano le insidie, rintuzzano le offese. Nel canto finale la vergine Marjotta (la Maria cristiana?), avendo inghiottito una bacca di mirtillo, partorisce un fanciullo che è proclamato re della Carelia: Vänämöinen, irritato, parte con la sua barca di rame, lascia però al popolo finlandese l’arpa e i melodiosi canti che confortano contro il passare del tempo”. La morte di Hagen La ballata racconta come Gudrun vendica la morte di Sigurd facendo uccidere i suoi fratelli rei del delitto. Solo Hogni sopravvive. Gudrun chiama in suo aiuto il terribile Tidrik Tattneson. Durante il duello tra i due, Tidrik si trasforma in un drago volante e vomita il suo veleno su Hogni. Quando Hogni si sente vicino alla morte, chiede al re Artala di provvedere a fargli trascorrere la notte con la figlia di uno dei suoi eroi, assicurandolo di non avere sul corpo nessuna ferita. La ballata non dice come morì. Il maleficio di Gudrun Quando Hogni e i suoi fratelli si avviarono verso il fatale scontro con la loro sorella Gudrun, la nave su cui navigavano fece naufragio in quanto la perversa Gudrun aveva scatenato contro di loro un maleficio e fatto intervenire in suo aiuto un gigantesco e mostruoso cavallo marino e un feroce stormo di aquile. Il tempo e la tempesta divennero così furiosi intorno alla nave che affondava che i fratelli si salvarono soltanto usando i bastoni delle rune che la madre aveva loro consegnato prima della partenza per difendersi dalla magia di Gudrun. Anche questa avventura contribuì ad alimentare il rapporto che esiste tra le cose terrestri e quelle del firmamento in cui si trova la costellazione di Pegaso e la costellazione dell’Aquila, entrambe poste ai lati della Via Lattea. Cavalli e aquile ricordano pure in modo sorprendente l’analogia esistente tra i fiumi norvegesi e le sorgenti della Finland.
2000 (432/41) Leggende. Voluspa. Profezie. Heid. Origine della terra Ask ed Embla. L’albero dell’universo e le Norne. Uccisione di Gullveig. Odino e Walkirie Morte di Balder Ragnarok. Il declino degli dei Il ritorno di Balder. Voluspa. Il poema Edda si apre con due grandi monologhi di contenuto, mitologico e gnomico: la Voluspa o Profezia della veggente e lo Hàmavàl o Discorso dell’eccelso. La Voluspa, oggi considerata opera di un poeta islandese, offre una completa visione del Pantheon pagano, quasi presentendone la fine, e risulta una specie di ‘summa mitologica’ scandinava che fornì ampio materiale a Snorri Sturluson (1223), il cantore della mitologia nordica. L’ignoto autore comincia col trasformare un essere umano, la Volupsa o Profetessa, in un essere soprannaturale, una gigantessa che ha vissuto la storia del mondo sin dalle sue origini e ne ha imparato la caducità. Nel suo monologo iniziale dice di aver raccolto l’invito del dio Odino per narrare ‘gli antichi racconti degli uomini’. Dice che, all’inizio dei tempi, il sole, le stelle, la luna non sapevano dove fossero le sedi loro assegnate. Allora tutti gli dei si riunirono, tennero consiglio: diedero i nomi alla notte, all’alba, a mezzogiorno, al crepuscolo; suddivisero il tempo in anni. I figli di Odino crearono per gli uomini la terra e per gli dei lo Iòavöllr o ‘campo dell’attività incessante’. Trascorse un primo periodo che corrispose all’età dell’oro in cui vennero edificati templi, costruite fucine, inventati gli strumenti. Sennonché dai paesi dei giganti giunsero tre vergini gigantesche e fatate. Giunsero pure tre dei che crearono i nani e poi l’uomo, tratto da un tronco di frassino, la donna fatta con una pianta, l’embla, non meglio identificata. Askr l’uomo e Embla la donna, giacquero inanimati sulla spiaggia finché Odino diede loro il respiro. Insieme agli esseri umani sono pure nominate le Norne, arbitre della vita. Scoppiò la prima guerra fra gli Æsir e i Vanir a causa della maga Gullveig, tre volte bruciata e tre volte risorta. Odino gettò la sua lancia tra i contendenti ma ciò non impedì che le mura attorno al suo palazzo venissero sfondate. Gli dei ordinarono ad un gigante di ricostruirle, offrendogli quale ricompensa Freya, ma la promessa non fu mantenuta e il dio Thor uccise il gigante. Le profezie della veggente continuano. Il dio Odino, per ottenere da Mimir, dio delle acque, il permesso di bere un sorso alla fonte della saggezza, si deve privare di un occhio; profetizza che il dio Baldr dovrà morire e che Loki, il suo cattivo consigliere subirà un meritato castigo. Seguono altre profezie relative a punizioni inflitte a spergiuri, omicidi, adulteri e poi inizia la descrizione del Ragnarok o Crepuscolo degli dei o fine del mondo. Al gallo che canta nel Valhalla risponde quello dell’inferno. Si ode l’ululato di Garm, il cane infernale incatenato, e dei e uomini si apprestano ad affrontare il cataclisma. Da ogni parte arrivano i nemici. Dal sud arriva Surtr, il gigante di fuoco e abbatte Freyr. Odino affronta Fenrir, il lupo dell’inferno e viene ucciso. Thor uccide il serpente di mare e viene a sua volta ucciso. Ma il quadro di desolazione non dura a lungo. La veggente vede emergere dal mare una terra verde, dove le messi nascono senza essere seminate e ogni male si tramuta in bene. I popoli, finalmente in pace conoscono una nuova età. Il crollo del mondo preannuncia la fine dei grandi e dei potenti.
2004 (481/2) Mitologia nordica. Thor. Figlio di Odino, re degli dèi, e di Jörð, dea della terra, era il più forte degli Æsir e dunque la sua dimora era ad Ásgarðr, nel Trudheimr, un castello nelle terre di Bilskirnir. Mentre Odino era considerato re degli dei, Thor era il dio degli uomini, infatti era molto amato dagli scandinavi, probabilmente più di Odino, tanto che i Vichinghi si definivano Popolo di Thor. Sua moglie si chiamava Sif, ma poco si conosce di lei a parte che avesse i capelli d'oro, fabbricati per lei dai nani dopo che Loki le aveva tagliato i suoi. Con Járnsaxa ebbe come figlio Magni mentre con Sif ebbe Þrúðr e Móði; aveva anche un figliastro Ullr che era in realtà solo figlio di Sif Ran, dea del mare. Catturava con le sue reti gli annegati e li tirava nelle profondità del mare, alla sua corte, dove essi banchettavano e si divertivano con le sue 9 figlie, le onde del mare.
2006 (556/7) Mitologia nordica. Le norne, divinità del destino. Sjodreygil, il fantasma marino e le otarie. Le norne nella mitologia norrena sono tre dísir chiamate Urð, Verðandi e Skuld. Le norne vivono tra le radici di Yggdrasill, l'albero del mondo al centro del cosmo (benché alcune fonti asseriscano che esse dimorino sotto l'arco formato da Bifröst, il ponte arcobaleno), dove tessono l'arazzo del destino. La vita di ogni persona è una corda nel loro telaio e la lunghezza della corda è la lunghezza della vita dell'individuo. Poiché tutto è preordinato nel complesso universo norreno, anche le divinità hanno i loro fili nel telaio, benché le norne non permettano loro di vederli. Questa sottomissione degli dèi a un potere esterno implica che un giorno anche loro avranno una fine e tale fine, il Ragnarök, è descritta ampiamente dalla letteratura nordica.
2006 (558/67) La ballata del battello Ormurin Langi (Il lungo serpente). Costruzione del battello. Varo. Il re 0laf riceve l’arciere Einar. Partenza della flotta. Arrivo nel Sund. Ulf le Rouquin a prua del battello. Le navi pronte alla battaglia. La battaglia. Eric Jarl all’abbordaggio della nave. Eric prende il comando del battello. La ballata Ormurin Langi prende spunto dal resoconto descritto nella Heimskringla della famosa Battaglia di Svolder dell'anno 1000, dove i re svedesi e danesi, assieme al norvegese Eiríkr Hákonarson (Il Conte Erik), attaccarono il re norvegese Olaf Trygvason mentre egli stava ritornando in Norvegia assieme alla sua flotta, a bordo della sua nave, il Lungo Serpente. Attaccarono in turni, e re Olaf respinse l'attacco dei due re nemici, ma venne sconfitto dal suo connazionale Eiríkr Hákonarson. L'esito della battaglia è noto; quando Olaf si rese conto che la battaglia era ormai persa, si gettò in mare assieme agli uomini della sua flotta che erano sopravvissuti. Non è conosciuto, invece, il luogo dove si scatenò la battaglia, così come si hanno dubbi sul fatto che sia mai esistita un'isola chiamata Svolder. Nella canzone, l'autore descrive Olaf mentre naviga dal Mar Baltico in direzione dell'Oresund, fra la Danimarca e la Svezia. Qui, infatti, immagina che sia collocata l'isola di Svolder, e qui ambienta la battaglia, che si scatena negli stretti che separano l'isola dalla terraferma. Diverse scene descritte nella canzone appaiono su dieci francobolli emessi dalle Postverk Føroya e disegnati dall'artista Vigdis Sigmundsdóttir. Raffigurano la costruzione della nave, o un pranzo in cui re Olaf siede su un trono mentre sta dando udienza a Einarr Þambarskelfir. Un altro mostra la flotta in procinto di imbarcarsi, o ancora il Lungo Serpente e le altre navi avanzare lungo lo stretto, scrutate dai loro avversari, fermi lungo la riva. Sulla prua del Lungo Serpente si vede Ulf il Rosso, l'uomo di vedetta della nave di re Olaf, mentre Einarr e il re sono posizionati sul cassero. Vi sono uomini che durante la battaglia cadono in mare, e la battaglia stessa finisce con la cattura del Lungo Serpente da parte di Eiríkr Hákonarson, e la conseguente conquista del vascello. Il luogo in cui è stata composta la canzone è sconosciuto.
2007 (585/94) La leggenda delle donne foca. Le Selkies sono creature leggendarie presenti nel folklore irlandese, islandese, e scozzese le quali possono trasformarsi da foche a donne nelle notti di luna piena. La leggenda ha origine nelle Isole Orcadi e "selkie" significa semplicemente foca nella lingua di quelle isole. Ci sono varie leggende sulle Selkie, alcune narrano che gli umani non si accorgono di vivere con una selkie e si risvegliano la mattina scoprendo che la loro partner è sparita, altre leggende narrano che rubando il manto di una selkie si può trattenerla dal tornare in mare. Una leggenda narra che molto tempo fa, un pescatore di nome Roderic, mentre stava pescando, udì delle voci provenienti dalla spiaggia. Andò a dare un'occhiata e vide delle persone che ballavano. Erano selkies. Tornando a casa vide una bellissima pelle di foca e la portò con sé. Sentì bussare, era una di quelle selkie. Roderic le chiese di sposarla e lei accettò. Ebbero anche dei bambini e un giorno la selkie trovò la sua pelle di foca. Ritornò in mare, la sua vera casa.
2006 (BF 23) Luoghi leggendari. Alvhggur (collina degli elfi) nei pressi di Haldarsvik. Klovningasteinur (La roccia spaccata) di Leirvik.
Annika dí Dímun uccide suo marito e prende per amante uno dei suoi ragazzi di fattoria. È condannata poi a morte per il suo crimine, ma si fa difendere sull’isola di Dímun da tre dei suoi uomini. La situazione perdura tre anni, poi è tradita da uno di essi. Sarà catturata ed annegata nel porto di Tórshavn! Non si conosce bene l'identità di Annika dí Dímun. Secondo la leggenda, era la figlia del sindaco del distretto e la nipote del pastore di Sandur. Ciò è molto probabile. Questa famiglia aveva delle origini notevoli ma la reputazione era alquanto dubbia. Si diceva la pose come posta durante una partita a carte e la perse. A quell'epoca Annika era già fidanzata, ma con la forza la costrinsero ad andare a vivere con Dímun. Il che spiega perché lo avesse ucciso. Una notizia documentata è che una certa Anna Isaksdatterfur fu condannata a morte ed annegata nel porto di Tórshavn nel 1664. Il suo crimine era l'incesto: aveva avuto dei figli da due fratelli. La leggenda pone la simpatia dal lato di Annika e non dal lato di suo padre, anche se la donna è un'assassina. Suo padre la perse non solo al gioco, ma l'umiliava pure. Che la simpatia della leggenda le sia riservata si riflette anche nelle buone cure che dedica a suo figlio. Si dice che ai gendarmi che vennero ad arrestarla gridò che non bisognava dimenticare di dargli della buona crema tutte le mattine. È da notare che la donna della leggenda è sola contro gli uomini: suo padre, il sindaco del distretto, suo marito, il fattore Dímun, il suo amante che non la difende più, poi il capo della polizia che viene a cercarla. Secondo un'altra leggenda, si parla anche di suo fratello a cui si accorderà la grazia di una sentenza di morte se riusciva a far catturare sua sorella. Non fu facile annegare Annika. La sua folta capigliatura la manteneva sulla superficie dell'acqua. Bisognava tagliare anche le sue trecce per farla perire. Si dice che fosse di rara bellezza, una madre affettuosa. Nonostante i primi tempi riuscisse a nascondersi su un’isola, alla fine fu tradita da uno degli uomini che aveva amato. (da Internet).
2012 (747/50) Mostri. Vecchie credenze popolari fanno spesso riferimento ai fenomeni che si trovano al confine tra conosciuto e sconosciuto. Tra questi si trovano gli spiriti dei bambini morti cui fanno capo credenze nordiche che hanno dato vita a mostri particolari. Il Troll della spiaggia. In tempi antichi la gente credeva nella presenza dei trolls, esseri che vissero lontano dagli uomini in luoghi impervi e inaccessibili, in montagna o in profondità all'interno delle montagne. Il regno dei trolls era buio e spaventoso, e apparteneva al mondo pagano. Era pericoloso e minaccioso. Una leggenda parla di un troll che una sera al crepuscolo decise di rapire un bambino. Un vecchio lo rincorse e salvò il bambino quando si trovava sull'orlo della rupe. Il troll si gettò in mare e da allora è stato chiamato Troll spiaggia. Nello stesso luogo si racconta che sulla spiaggia, sempre al crepuscolo dal mare spuntava un troll.Era veramente spaventoso. Aveva tutto il suo corpo coperto di alghe, ciottoli e pietre . Quando si muoveva, sembrava volesse tirarsi dietro delle macine. Il terreno sotto di lui si scioglieva e turbinava tutt’attorno a lui. Era così grande che dominava anche gli edifici più alti. Alla fine un uomo nel villaggio riuscì a cacciarlo via e da allora nessuno lo vide più. Grýla. Si incontra in diverse culture ed è legato alle feste di carnevale e della Quaresima. Nelle isole Faeroer a carnevale i bambini indossano divertenti costumi e maschere fantasiose e poi visitano le case di parenti e amici per ricevere caramelle o denaro. In questo assomiglia alla festa di Hallowen. Si dice che il Grýla ha un sacco in cui mette i ragazzi che violano la legge del digiuno stretto tra il Carnevale e Pasqua. Il Mahr. Mahr è un mostro che arriva di notte e si siede vicino alla gente che dorme per disturbare il sonno con sogni angosciosi e incubi paurosi o per provocare disturbi alla respirazione. Prende spesso la forma di una bella donna o di una ragazza carina, ma lui è un mostro terribile. Vorrebbe cacciare le dita nella bocca del dormiente per contargli i denti. Se ci riesce il malcapitato muore di sonno. Contro il Mahr esistevano rimedi. Si potevano recitare poesie i di scongiuro oppure tenere un coltello vicino al letto o calzare a letto apposite scarpe che impedivano al Mahr di entrare nel letto. Oppure si recitavano alcuni versi o rime spesso ritualmente coniate, che avrebbero dovuto tener lontano il mah. In alcuni luoghi si credeva che certe persone fossero potuti essere trasformate in Mahr per poter infliggere danni ai loro nemici. Il Mahr si presenta in certe culture come un essere femminile. In questo vi è una fusione con la credenza superstiziosa delle streghe che volano sulle loro scope per radunarsi e per celebrare orge selvagge con il diavolo. Lo spirito del bambino morto. Nella credenza popolare, c'è l'idea diffusa che certe persone dopo la morte si trasformeranno in un animale. Nelle Isole Faro e in molti altri luoghi vi è la convinzione che i bambini nati morti diventino spiriti e si presentano ai viventi sotto qualsiasi forma di fantasmi. Si tratta per lo più di fantasmi piccoli, ossessionati dal fatto di non aver avuto un nome e un battesimo. Nella località di faroese di Skala vi è una pietra chiamata Loddasa. Qui si potevano spesso incontrare i fantasmi dei bambini morti. Si narra che un padre nel vedere vicino alla pietra il fantasma di suo figlio abbia esclamato: "Loddas" Da allora, quel fantasma scomparve per sempre. Si è ritenuto che il bambino abbia capito che quelle due parole erano il suo nome e che così poteva riposare in pace. (Il significato della parola Loddas è comunque sconosciuto). Si racconta pure che in un villaggio viveva una cameriera che segretamente aveva dato alla luce un bambino. Lo avvolse in una calza- scaldamuscoli e lo seppellì. Quando la ragazza più tardi sposò, il bambino apparve alle nozze come un fantasma avvolto in una scaldamuscoli e prese a rotolarsi tra le gambe degli ospiti e a cantare una canzone sulla sua triste sorte. (Eyðun Andreassen).
2012 (751/6) Raccolta di canti e ballate antiche “Regin il fabbro”: Donna che cura un guerriero e altri soldati. Cavaliere, albero e sole. Fabbro e spada. Cavaliere e mago. Cavaliere che combatte contro un serpente. Volto di donna e uccello. (Vedi : I Carmi di Sigurd a cura di Gianluca Falanga, Edizione 2004, Collana Biblioteca Medievale Testi. Carrocci editore. I canti feroesi costituiscono un'ennesima testimonianza della straordinaria ricchezza di forme e motivi della tradizione nibelungica. Pregevole esempio di poesia orale popolare che affonda le radici nelle più antiche tradizioni letterarie nordiche e germaniche, la ballata tardomedievale ci giunge da un'area remota e isolata della cultura europea - l'arcipelago delle Færøer -e va ad inserirsi in quel già vasto panorama di testimoni di uno dei cicli leggendari più fortunati del Medioevo europeo.
Anno 2014. La leggenda della ricca Signora di Husavik è molto nota nelle Isole Faroer. Racconta la storia ben una giovane serva di Skuvoy, che scoprì dove il capo vichingo, Sigmundur Brestisson, aveva sepolto il suo corno d'oro. Il corno era d'oro immacolato, degno di essere posseduto solo da un re. La ragazza viveva in miseria, vestita di stracci e trascorreva le notti sotto una macina nella casa in cui era serva. Dopo aver venduto il suo tesoro al re, fu in grado di acquistare tutta la terra nel villaggio di Husavik, e ancor più altri terreni sull'isola. Secondo la leggenda divenne ben presto la donna più ricca che fosse mai vissuta nelle Isole Faroer. La storia suona come un sogno ad occhi aperti per la povera gente, ma in realtà una, o forse due signore molto ricche risiedevano in Húsavík nel 14h secolo. Si desume da alcuni documenti datati 1403, contenenti atti di inventario immobili e lasciti. Le identità di queste donne non sono del tutto chiare, ma erano molto probabilmente madre e figlia. Hanno lasciato un'eredità molto consistente, tra cui una grande proprietà terriera nelle Isole Faroer, un numero impressionante di edifici - rustici e immobili residenziali - ad Husavik, un sacco di attrezzature e altri effetti personali, oltre a possedimenti a Bergen, nelle zone limitrofe, e nelle isole Shetland. La madre era probabilmente di origine norvegese, figlia di un ricco mercante di Bergen. Come e perché queste persone si stabilirono nelle isole Faroer rimane un mistero. Le vicende e gli stili della loro vita passò di bocca in bocca in Husavik e altrove, e gradualmente divenne una leggenda accattivante su un unico personaggio che porta il titolo onorifico di Signora di Husavik, suggerendo che non si trattava di persona comune. Non è sorprendente che questi grandi patrimoni, abbiano suscitato l'interesse della gente, soprattutto perché i loro possessori erano donne. Ne è sorprendente che la leggenda contenga elementi di superstizione popolare, fattore essenziale nel folklore. La scoperta della povera serva del tesoro non a caso è stata collegata ad un sogno. Da tempo è stato detto che alcuni possono prevedere gli eventi futuri nei loro sogni, un dono dato a solo alcuni. La leggenda dice che la Signora di Husavik possedeva poteri magici. . I campi interni seminativi di Husavik sono piatti, erbosi e si prestano facilmente alla coltivazione. Al di fuori dei confini dei campi interno il paesaggio comprende pendii ripidi con terreno irregolare, friabili e sassosi. Molte ipotesi sono state fatte per spiegare come sia stato possibile mantenere i campi interni privi di pietre e argilla e i pendii circostanti non coltivabili. E così la leggenda introduce l’elemento del soprannaturale, attribuendo la buona condizione del terreno ai poteri magici della Signora. Questa era l'unica spiegazione accettabile e valida. Il folklore locale ha tentato di spiegare in che modo furono costruiti per ordine della signora dei giganteschi edifici in pietra. La Signora , si dice, si avvalse della sua abilità magica e dell’aiuto di un nykur che possedeva una straordinaria forza. Era un essere mitico, che aveva la forma di un cavallo, viveva nei laghi ed era considerato un essere pericoloso per i bambini che amavano andare a cavallo.Il nykur, infatti, li lasciava salire in groppa e poi li portava ad annegare nei laghi. Una volta, quando il nykur stava trasportando un enorme masso di un peso spropositato, si strappò la lunga coda. Da allora il suo aiuto alla Signora venne meno e il nykur scomparve nelle acque del Lítlavatn, un lago vicino. Le storie relative alla grande e prospera Signora di Husavik sono tra le più antiche leggende storiche nelle Isole Faroer e contengono un granello di verità storica che ci permette di determinare con certezza le date effettive degli eventi e delle persone coinvolte.
Anno 2012 (3689) Folklore e leggende:Maria Makiling. Maria Makiling, a volte ortografato Mariang Makiling, nella mitologia è una lambana (fata, ninfa) associata al Monte Makiling, più conosciuta come diwata nella mitologia filippina. E’ lo spirito guardiano della montagna, responsabile della protezione dei cittadini che dipendono dalle risorse della montagna. Oltre ad essere una guardiana, alcune leggende la identificano anche come protettrice dei pescatori della Laguna de Bay . Si dice che il monte Makiling sia simile al profilo di una donna: le varie cime sembrano il volto di Maria e dei suoi due seni, mentre i suoi capelli. che ricadono verso il basso, seguono un lungo e dolce pendio, lontano dal suo corpo. Maria Makiling è anche strettamente associata alla nebbia bianca che spesso circonda la montagna. In alcune storie la sua pelle e i capelli sono bianchi, in altre e il suo abbigliamento radiante induce le persone che l’hanno vista a pensare ad nube bianca, fluttuante in mezzo agli alberi. A differenza di Maria Sinukuan e Maria Cacao (divinità protettrici di altre montagne filippine) che vivono in grotte naturali, Makiling vive in un’umile capanna solitaria, un rifugio che può essere trovato solo se Maria lo permette. In altre storie, abita tra la gente, nel villaggio dove visse prima di fuggire verso le montagne a seguito di alcune offese subite. Le storie di Maria Makiling facevano parte della tradizione orale prima di essere raccolte e documentate. Alcune di queste, però, non sono storie di per sé, ma superstizioni. Sono superstizioni quelle che affermano che gli uomini che scompaiono nelle foreste della montagna siano stati da lei rapiti per amore; che nelle foreste si possono cogliere e mangiare i frutti ma non portarli a casa; che Maria può trasformare lo zenzero in oro.. In molte altre storie, Makiling è caratterizzata come un'amante disprezzata. Su di lei scrittori come José Rizal e Michele Lanuzza hanno scritto racconti legati alle vicende dell’occupazione spagnola.
2012 (3711) HABAGAT Dio del vento. Habagat rappresenta nella mitologia filippina il vento di sud-ovest e viene contrapposto ad Amihan il fresco vento del nord caratterizzato da temperature moderate, poca o nessuna pioggia e un vento prevalente da est. Al fine di ottenere la mano della bella Amihan (vento di nord-est), si impegnò in una gara di forza e velocità con gli dei che governavano altri venti e riuscì a sconfiggerli, compreso il suo acerrimo rivale Buhawi (Tifone). Habagat potè così portare la sua amata Amihan a Himpapawiran, un vasto dominio nel cielo governato esclusivamente da lui. Si ritiene che questo Regno sia d’oro e argento. Si dice anche che attraverso potenti raffiche di vento, può trasportare nel suo regno coloro che lo temono. Amihan secondo il folklore Tagalog, è stata la prima creatura ad abitare l'universo, insieme agli dèi Bathala e Sinaya Aman. Nella leggenda Amihan è descritta come un uccello che salva i primi esseri umani, Malakas e Malanda.
2013 ( 6 gen.) Bernardo Carpio Figura leggendaria nella mitologia filippina che si dice essere la causa dei terremoti. Ci sono numerose versioni di questa leggenda. Alcune raccontano che Carpio Bernardo era un gigante, come impronte enormi di passi presumibilmente lasciati nelle boondoks di Montalban, oggi Rodriguez Rizal. Altri dicono che Bernardo aveva le dimensioni di un uomo comune. Tuttavia, tutte le versioni sono d'accordo sul particolare della forza muscolare, simile a quella dell’Ercole dell'antica tradizione greca. La leggenda riferisce che Bernardo Carpio, un essere di grande forza, fu intrappolato tra due grandi rocce nelle montagne di Montalban. Alcune versioni dicono che tutt’ora stia impedendo ai grandi massi da sbattere l’uno contro l'altro, e altre versioni dicono che è rimasto in trappola, ancora cercando di liberarsi. Quando si verifica un terremoto, gli anziani credono che sia causato da Carpio Bernardo che cerca di estendere le sue spalle gigantesche.
Anno 2015 (apr.) Creature mitiche. Il Servizio postale
filippino Corporation (PHLPost) ha pubblicato un foglietto di francobolli "Philippine
creature mitiche" in edizione speciale limitata, in occasione
dell’esposizione filatelica internazionale tenutasi a Taiwan "Taipei 2015 –
30° esposizione asiatica”. Il foglietto comprende: Nunosa Punso (goblin del tumulo), Nuno-sa o punso ("il vecchio del tumulo") è una piccola creatura nella mitologia filippina. Si crede che viva in un formicaio o termitaio, da cui il nome di 'Antenato o Nonno che vive nel formicaio'. Il Nuno è descritto come un piccolo uomo vecchio con una lunga barba, e si differenzia da un duwende o nano del folklore filippino. Il duwende è un folletto giocoso che si mostra ai bambini, mentre il Nuno è un goblin facile all'ira e a vendicarsi di coloro che danneggiano il suo tumulo. Se un invasore distrugge la casa del Nuno con calci, il piede del trasgressore diventerà gonfio. Il Nuno vive in luoghi con grandi rocce,grotte, alberi, argini, o in un cortile. Il Nuno ha la capacità di maledire i trasgressori. Una maledizione può includere: gonfiore o dolore e piaghe in qualsiasi parte del corpo; fa urinare, vomitare liquido nero, procurare forti dolori di stomaco, gonfiare e genitali. Sirena. E’ una creatura acquatica immaginaria, con l'aspetto di donna nella parte superiore del corpo e di pesce in quella inferiore, che appare nel folclore di molte culture del mondo, tra cui Medio Oriente, Europa, Africa e Asia. Ci sono molte tipologie di sirene, ma la maggior parte sono descritte come ragazze di straordinaria bellezza, con una lunga coda di pesce al posto delle gambe e dotate di un voce melodiosa. Nell'iconografia spesso sono rappresentate con strumenti musicali o sedute sugli scogli. Le sirene a volte sono associate ad eventi pericolosi come tempeste e annegamenti, mentre in altre tradizioni popolari (o talvolta all'interno della stessa tradizione), sono creature molto gentili e dolci, che offrono doni o si innamorano di esseri umani. Si Malakas at si Malanda. Una leggenda filippina narra la creazione del mondo a partire dal cielo, dalla terra e dal mare. L’uomo nacque da un grosso bacello che galleggiava sulle onde. Quando toccò terra e si apri in due parti : in una di esse c’era un uomo e nell’altra una donna. Diwata (Fata) Maria Sinukuan. Maria Sinukuan è la diwata (fata) o dea del Monte Arayat in Pampanga, Filippine. La leggenda di base è simile a quella di molte altre dee di montagne. Maria Makiling Sinukuan è collegata alla generosità e alla profusione degli animali delle foreste dell’Arayat. Conoscendo le esigenze di molte persone povere dei villaggi vicini alla foresta, Maria aveva l'abitudine di lasciare frutta e animali davanti alle porte della gente del posto. Accadde che un gruppo di giovani avidi cercarono la casa dove Sinukuan abitava e le chiesero più di quanto non avessero bisogno.Sinukuan non si oppose anzi permise loro di scegliere un grande carico di frutta, avvertendoli, però,di non toccarne altra durante il ritorno senza il suo permesso. Ma questi non ubbidirono e riempirono anche i loro zaini. Ben presto, però, si accorsero che gli zaini che avevano sulle spalle diventavano sempre più pesanti e che tutta la frutta e la carne che trasportavano si era trasformata in rocce. Abbandonarono tutto il carico e cercarono di uscire dalla foresta. Ma, all’improvviso, apparve davanti a loro Sinukuan che per punizione di aver disubbidito al suo consiglio, li trasformò in porci. Purtroppo anche molte altre persone del villaggio diventarono sempre più avide e rubarono la frutta e uccisero gli animali della foresta per cibarsi della loro carne. La dea Sinukuan cessò di portar loro il cibo e fece scomparire tutti gli alberi e animali. Poi non si fece più vedere da nessuno.
1935 (183) Cinquantenario della pubblicazione del Kalevala. Cantori di rune. La Dea Louhi e la nave. L’eroe Kullervo. Louhi vecchia maga, signora di Pohjola, madre di splendide fanciulle. Trasformata in rapace, contese il Sampo alle genti di Kalevala. Kullervo. L'eroe tragico del Kalevala. Dopo lo stupro della sorella e la guerra che distrusse la sua famiglia, si uccise gettandosi sulla propria spada.
1990(1080/5 in libri.) Fiabe. Cent. nascita del pittore R.Koivu. Ali Baba e i 40 ladroni. (dalle 1000 e una notte); Il grande violinista. Il gigante, la strega e la figlia del sole. L'uccello, il cavallo e la principessa (F.lli Grimm). Fratello Agnello. La regina delle nevi (H.C.Andersen).
1997 (1344/5) Fiabe: Il mergo d’oro
1997 (1366/8) Il mito di Aino (quadro del pittore finlandese Gallen-Kallela) Il pittore Gallen-Kallela col suo stile inconfondibile divenne l’illustratore ufficiale del mito. Il suo capolavoro è esposto in una delle prime sale dell’Ateneum ed è un trittico di grande suggestione che raffigura l’incontro tra lo sciamano Vainamoinen - un incrocio tra il Saruman tolkeniano e Babbo Natale - e la giovane Aino. Il trittico è incastonato in una cornice dorata, come nelle icone russe e bizantine; nella tavola a sinistra è dipinto l’incontro che avviene in un bosco fitto, buio, popolato da gigantesche betulle. Aino è incantevole nel suo abito immacolato, coi capelli raccolti a crocchia, Vainamoinen è dietro a lei, quasi un orso che le piomba alle spalle. Nella tavola a destra Aino è nuda, seduta sul greto di un fiume, in procinto di immergersi nelle sue acque cristalline in cui perderà la vita. Nella tavola centrale, la più grande, Vainamoinen si protende da una barca nel tentativo di strappare alle acque lo spirito di Aino, colei che avrebbe dovuto diventare la sua sposa. Gallen-Kallela risolve abilmente il passaggio di Aino da fanciulla a spirito; nella tavola centrale Aino non appare più coi capelli raccolti, ma con la chioma sciolta, i capelli lunghissimi, sparsi nel vento, mentre il suo corpo e soprattutto il suo viso sono investiti da una luce violenta che sbiadisce i lineamenti. Gli occhi sono sbarrati, bianchi, privi di vita; il pennello di Gallen-Kallela è un rito vodoo, Aino uno zombie, ogni cosa in lei è sfocata, mentre invece nelle braccia di Vainamoinen risalta l’abbronzatura, nelle cuciture della sua tunica distinguiamo un vivace blu cobalto, e nelle macchie di legno scrostato sul fianco della sua barca uno squillante color Ruggine.
2004 (1671/2) Luonnotar. Dal Caos emerse la bella dea finlandese della natura, Luonnotar. Un giorno scese dal cielo, incominciò a vagare sul mare, si adagiò sulle onde e si addormentò. Un'aquila enorme (un’anatra, secondo un’altra versione dello stesso mito) apparve nel cielo, discese e raggiunse Luonnotar e fece il suo nido su un ginocchio della dea. Vi depose sei uova d'oro e uno di ferro. La dea si mosse di colpo, le uova rotolarono e si ruppero. Nell'infinito universo accadde allora una cosa meravigliosa. Il guscio delle uova d'oro si ingrandì, si distese, formò la volta del cielo e la superficie ricurva della Terra; i rossi tuorli formarono gli astri: il sole, la luna, le stelle. I piccoli frammenti neri dell'uovo di ferro si convertirono in nubi che corsero rapide sui mari. Luonnotar toccò con le sue agili dita la terra molle e formò le insenature e le baie, calcò con i suoi piedi d'argento il suo d'argilla e formò i monti e le valli. Si adagiò al sole ad asciugare i capelli intrisi di acqua e con le braccia distese formò le vaste pianure. Ma là dove la dea aveva posato il suo capo, i capelli grondanti formarono laghi e fiumi e cascate d'argento.
2006 (1762 +BF 40) Fiabe nordiche. Fate e gnomi.
2008 (1872/2) Mitologia nordica. Roccia sacra a forma di viso presso Ristiina. Testa di bernstein (bernstein in tedesco significa ambra)
1967 (550) Lady Chang verso la luna. La storia racconta che la Terra un tempo aveva dieci soli , ognuno dei quali girava attorno alla Terra per illuminarla.. Ma un giorno tutti e dieci si unirono per bruciare la Terra. Un forte arciere. Hou Yi, riuscì ad abbatterne nove e a conservare la Terra intatta. Un giorno l’arciere riuscì a rubare l’elisir di lunga vita ad un dio. La bella Chang, sua moglie, ne bevve con l’intento di salvare il popolo caduto sotto il giogo tirannico del marito. Dopo aver bevuto l’elisir volò verso la Luna. Hou Yi, che l’amava, rinunciò ad abbattere anche la Luna, l’ultimo sole rimasto.
1967 (579) Il pescatore e l’intagliatore
1971 (773/80) . Yu Shun imperatore. Tsai Hun e le more. L’amor filiale. Kiang Keh e la madre. Tsu lu e il riso. Meng Chung. Il lavoro di Tun Sung. La bontà di Tsu Chien. Yu Shun (2294 – 2194 a.C.) regnò 30 anni affiancando l'imperatore Yao poi ricevette il mantello regale a 53 anni e morì all'età di 100 anni dopo aver ceduto il trono a Yu che sarà il primo imperatore e fondatore della dinastia Xia. Durante il regno di Shun la capitale fu Puban. Nella mitologia cinese l'imperatore Shun rappresenta gli albori di un sentimento nazionale unitario cinese avendo egli contribuito a diffondere alcuni principi legali e religiosi, ma soprattutto alcuni standard di riferimento nella misura del peso e del tempo e certe tecniche agricole (come quella della coltivazione del the). La leggenda racconta che la madre di Shun morì quando egli era ancora piccolo. Il padre Gu Sou, che era cieco, si risposò presto e la nuova moglie gli diede un figlio ed una figlia. La matrigna, il fratellastro e la sorellastra trattarono Shun in modo terribile, costringendolo ai lavori più umili e faticosi e dandogli solo il cibo e le vesti peggiori. Il padre, essendo cieco e vecchio, ignorava come Shun fosse trattato ed anzi spesso lo sgridava anche per piccole mancanze. Nonostante ciò Shun non si lamentò mai e sempre trattò il padre, la matrigna ed i fratellastri con rispetto e gentilezza. Quando raggiunse l'età adulta la matrigna lo scacciò di casa e quindi Shun fu costretto a vivere da solo e ad arrangiarsi. Nonostante ciò, grazie alla sua natura compassionevole e la sua capacità di essere autorevole, ovunque andasse, la gente lo seguiva ed egli fu in grado di organizzare le persone affinché fossero più gentili fra loro e lavorassero al meglio possibile. Quando Shun arrivò in un villaggio che produceva ceramiche, dopo meno di un anno, le ceramiche divennero più belle, più belle di quanto non fossero mai state. Quando Shun giunse in un villaggio di pescatori questi stavano litigando fra loro per i territori di pesca e molte persone venivano feriti o uccisi nei combattimenti. Shun insegnò loro come condividere e distribuire le risorse della pesca e presto il villaggio prosperò e tutte le ostilità cessarono. Quando l'imperatore Yao divenne anziano decise di affidargli il governo di un distretto e gli diede in moglie le sue due figlie con una piccola dote (una casa nuova ed un poco di denaro). Sebbene disponesse di un ufficio e di denaro, Shun continuò a vivere morigeratamente e continuò a lavorare nei campi quotidianamente. Sebbene la matrigna e i fratellastri tramassero contro di lui, riuscì sempre ad evitare i pericoli . Non si vendicò mai. Alla morte dell’imperatore, suo suocero, prese il suo posto Cercò anche di convincere le sue mogli (figlie dell'imperatore), Ehuang (splendore di fata) e Nüying (fanciulla fiorita), che erano abituate a vivere nel comodo e nel lusso a vivere morigeratamente ed a lavorare fra la gente. Intanto la matrigna ed i fratellastri di Shun erano divenuto invidiosi e tramavano per assassinarlo. Una volta il fratellastro Xiang diede fuoco ad un fienile e convinse Shun a salire sul tetto per spegnere l'incendio, ma Xiang allontanò la scala intrappolando Shun sul tetto in fiamme. Ma Shun abilmente costruì una sorta di paracadute con la sua giacca ed i suoi vestiti e saltò giù dal tetto illeso. Un'altra volta Xiang e sua madre tramarono per ubriacarlo e poi gettarlo in un essiccatoio e seppellirlo con pietre e sporcizia. La sorellastra che non approvava il comportamento di sua madre e suo fratello, avvertì Shun che si preparò. Finse di essere ubriaco e quando fu lanciato nell'essiccatoio riuscì a fuggire grazie ad un tunnel che aveva scavato in precedenza. Così Shun sopravvisse a molti attentati ma non si vendicò mai sulla matrigna e fratellastro, perdonandoli ogni volta. Shun fu un saggio amministratore. Nell'ultimo anno di regno decise di intraprendere un viaggio attraverso il paese. Si recò presso il picco di Shunyuan per insegnare alla popolazione di un villaggio come meglio coltivare il the, per fondare una scuola ma, nel tentativo di liberare il villaggio da un pericoloso serpente, fu da questo morsicato e ammalò e morì nei pressi del fiume Xiang. Nel luogo dove si ritenne fosse morto, nei pressi del picco Shunyuan fu costruito un mausoleo: il "mausoleo Ling".
1974 (953-60) Racconti popolari.
1975 (1023-26) Fiabe diverse
1978 (1183-86) Fiabe popolari: Tsu Ti. Pan ch'ao. Tien Tan. Liang Hung-yu.
1980 (1292/5) Fiabe Popolari: Pestaggio nel mortaio di Li Po. Ritorno degli oggetti perduti di Confucio. Forza d'animo di Tien Hsiang. L'offerta del carbone dell’imperatore Tai.
1981 (1346/9) Racconti di fate. Il vaccaio e la tessitrice. Il vaccaio e il bufalo. Il vaccaio e la filatrice. Separati dal fiume. Riuniti e circondati da rondini. Le stelle nel cielo non sono solo la base di letture astrologiche, ma anche per molte fiabe. Ad esempio, il triangolo estivo è un trio del pastore, un giovane contadino (Altair), il tessitore, una fata (Vega) e Taibai fata (Deneb). Il pastore e la tessitrice, sposati, furono separati con decreto celeste e costretti a vivere in piedi uno su ciascun lato del fiume d'argento (la Via Lattea). Ogni anno, il settimo giorno del settimo mese del calendario cinese, gli uccelli formano un ponte che attraversa la Via Lattea. Il pastore lo attraversa con il loro figlio (le due stelle su ogni lato della Altair) per un incontro annuale con la fata madre. Fata Taibai era stata la chaperone due amanti immortali. Esistono altre versioni di questa storia.
1981 (1431/4) Racconti popolari. Da I 6 esempi di pietà filiale di Wu Yen-huan: Restaurazione di Shao Kang. Aiti di Hsun uan. Rifiuto di Ku Yen-wu. L'amicizia di Ting Ch'ung-liang. Tradizionalmente per i cinesi prendersi cura degli anziani era considerato un obbligo morale. Questo è ciò che si definisce “pietà filiale” (xiaoshun) . I cinesi ritenevano che solo chi era rispettoso verso i propri genitori poteva essere una persona onesta e di parola. Esistono numerose storie, tramandate dalla tradizione orale, da cui si capisce quanto la pietà filiale fosse importante presso questo popolo. Due esempi sono: “Assaggiare la medicina per la madre” e “Rubare arance per portarle alla madre”.
1981 (1400/3) La riunione di Ku Cheng, dalla fiaba I 3 fratelli di sangue della dinastia Han Il regno di Shu (o Shu Han) è stato uno dei Tre Regni e sorse verso il 220 d.C. nella parte occidentale della Cina, con capitale la città di Chengdu. Fra i Tre Regni era il meno potente militarmente e anche il più recente: si era formato in seguito alla battaglia di Chi Bi. Nel Regno di Shu si unirono i lealisti, che volevano restaurare la gloria del tempo degli Han. Grande nemico di Shu era Wei, usurpatore della corona della Cina. Durante la rivolta dei Turbanti Gialli condotta da Zhang Jiao, che imperversava nel paese con effetti devastanti, egli stipulò un patto con i leggendari guerrieri Guan Yu e Zhang Fei: i tre diventarono fratelli di sangue e giurarono di riportare in Cina ordine e pace. Si unirono così agli sforzi di altri nobili e militari, tra cui Cao Cao, Sun Jian, Yuan Shao per contrastare la rivolta in atto. Tuttavia, non appena ottenuta la vittoria su Zhang Jiao, il sempre maggiore prestigio e forza militare dei singoli signorotti portò gli stessi ad ingaggiare una lotta intestina per il predominio, con una progressiva diminuzione del potere della dinastia Han. Ne susseguì un lungo periodo di guerra civile, che vide la lenta caduta della famiglia reale e la formazione di tre nuovi regni: Wei, Wu e, appunto, Shu.
1983 (1460/3) Fiaba popolare. La donna serpente bianca L'incontro. Il furto dell'albero della vita. Il confronto. La prigione.
1986 (1642/6) Fiabe popolari. L'amore di Liang Shanpo e Chu Yingtai: A scuola. Nella stanza di studio. Ottimi Amici. Separati da un destino crudele. Trasformati in farfalla.
1993 (2039/42) 1993 (2039/42) Miti: La creazione del mondo: Pan Gu crea l’universo. Crea gli animali. Nu Wa crea gli esseri umani. Pa Wa ripara il cielo con pietre incandescenti. ella mitologia cinese Pangu è stato il primo essere vivente ed il creatore di ogni cosa. Secondo la leggenda, all’inizio cielo e terra non erano separati. L’universo era come un grande uovo caotico e buio all’interno, senza che si potesse distinguere fra sopra e sotto e nord, sud, est ed ovest. Ed ecco che nell’uovo nacque un grande eroe, ossia Pan Gu, che separò cielo e terra. Pan Gu si formò nell’ uovo per 18 mila anni e alla fine si svegliò. Aperti gli occhi, vide solo oscurità e sentì un gran caldo, al punto da non poter respirare. Volle alzarsi, ma non ci riuscì, perché il guscio dell’ uovo gli pressava il corpo. Neanche, stendendo braccia e gambe, riuscì a liberarsi. Furioso, impugnò un’ascia che aveva con sè dalla nascita e la alzò, ed ecco che il grande uovo si spaccò improvvisamente con un gran fragore: le materie leggere al suo interno salirono formando il cielo e quelle pesanti discesero a formare la terra Pan Gu fu molto felice di aver separato cielo e terra, ma per timore che si riunissero di nuovo, si mise a tenere alto il cielo col capo, premendo la terra coi piedi, dando prova dei suoi poteri magici. Crebbe allora di 3 metri al giorno, e così pure il cielo, mentre la terra si ispessiva. Così trascorsero 18 mila anni. Pan Gu nel frattempo era diventato un gigante fra cielo e terra, alto 45 mila km. Così dopo decine di millenni, finalmente cielo e terra si stabilizzarono, senza più riunirsi e Pan Gu poté finalmente riposarsi. Tuttavia, sfinito a morte, non ebbe più l’energia di sostenersi, ed il suo corpo gigantesco crollò a terra. Al momento della morte, nel suo corpo avvennero enormi cambiamenti: il suo occhio sinistro diventò il sole rosso e l’occhio destro la luna d’ argento, il suo ultimo respiro originò nuvole e vento, l’ultima parola il tuono, i capelli e la barba le stelle brillanti, la testa, le mani e i piedi le quattro direzioni e gli alti monti, il sangue i fiumi e i laghi ed i vasi sanguigni le strade, mentre i muscoli si trasformarono in terra fertile, i peli in fiori e alberi, le ossa e i denti in oro, argento, bronzo, ferro, giada e pietre preziose ed il sudore in pioggia e rugiada, il suo sudore si trasformò in rugiada e i parassiti sul suo corpo formarono le diverse razze degli esseri umani. In altre versioni della creazione, Pangu è aiutato in questo compito da parte dei quattro animali più importanti, vale a dire la Tartaruga, il Qilin (essere fantastico chiamato anche Chimera Cinese), la Fenice e il Drago. Trascorsi i 18 mila anni Pangu fu sepolto. Il suo respiro diventò il vento, la sua voce il tuono, l'occhio sinistro il Sole e l'occhio destro la luna, il suo corpo diventò le montagne e gli estremi del mondo, il suo sangue formò i fiumi, i suoi muscoli le terre fertili, i suoi peli facciali le stelle, la sua pelliccia i cespugli e le foreste, le sue ossa i minerali pregiati, il suo osso sacro zucchine e diamanti, il suo sudore la pioggia e le pulci sul suo pelo trasportate dal vento divennero i pesci e gli animali in tutto il paese.
Nu Wa. Nüwa è una divinità femminile della creazione, secondo la mitologia cinese. Altre tradizioni successive la nominano come un mito della creazione attribuito a Pangu o Yu Huang. Sorella di Fuxi, primo degli eroi civilizzatori cinesi, oltreché sposa, fu inventrice dell' istituzione del matrimonio. Nüwa usò il fango del letto del fiume giallo per creare e dar forma agli esseri umani plasmandoli con l'argilla. I primi uomini modellati da Nüwa, erano stati preparati con la terra gialla, e proprio per questo motivo divennero nobili, mentre per gli altri, che assumeranno una condizione sociale servile, la dea utilizzò solamente il fango. Questi erano molto intelligenti in quanto erano creati individualmente. In seguito Nüwa si annoiò di creare individualmente ogni essere umano, così mise una corda nel letto del fiume e le gocce di fango, crearono altri uomini non intelligenti come i primi Il suo aspetto è a metà strada tra l'essere umano, di cui appare la testa e l'animale; solitamente il corpo ha le sembianze di serpente o di pesce. Secondo la tradizione inventò la musica e la tecnica per suonare il flauto.
1994 (2133/6) Miti: Sueireny scopre il fuoco. Fushijy e i segni dello zodiaco. Shennungiy fabbrica gli attrezzi agricoli. Tsangjier inventa l’alfabeto.
1998 (2004/7) Favole cinesi: La rana e la tartaruga. La volpe e la tigre, Il serpente. L’uccello e la conchiglia. 2001 (2603/6) Fiabe cinesi: Un uomo con tre ghiande in una mano e quattro nell’altra attorniato da scimmie. Guerriero con scudo e lancia. Uomo vicino ad un albero in attesa di un coniglio da catturare. Un vecchio, i figli e i nipoti che scavano nella terra per spostare un masso.
2003 e 2004 (2767/70 e 2820/3) Gli otto immortali attraversano il mare. Nel XII secolo, durante la dinastia Jin, si assiste alla formazione, in Cina, a partire da elementi disparati, della pleiade degli inseparabili Otto Immortali che sono stati raggruppati e associati per misteriose ragioni, e situati al centro del pantheon taoista, senza dubbio per rispondere e fare da contrappunto, in una certa misura, al famoso gruppo dei diciotto luohan (o arhat) del buddhismo. Tre di questi immortali sarebbero personaggi storici, mentre gli altri sono puramente leggendari e nati dall'immaginazione popolare; tra loro citiamo una donna e un personaggio androgino, piuttosto equivoco. Si possono associare o contrapporre in veri e propri binomi: l'aristocratico - il proletario; il ricco - il povero; il giovane - il vecchio; l’uomo - la donna... in loro si vede la rappresentazione di una diversa condizione: l'alto funzionario, il soldato, il vecchio, il ricco... Quest'ottetto dai poteri straordinari, in Cina ha sempre suscitato una passione continua, soprattutto tra gli strati popolari. Indubbiamente è stata la particolare conoscenza dei segreti della natura, che ha consentito loro di diventare immortali.
1900 (107) Dike. Dea della giustizia nella mitologia greca era una divinità, personificazione della Giustizia. Figlia di Zeus e di Temi, era annoverata tra le Ore. A lei si attribuiva la protezione dei tribunali, in quanto era inflessibile punitrice dei delitti. Più tardi venne identificata con la vergine Astrea.
1939/41 (431) Iris o Iride è una dea dell'Olimpo, messaggera degli dei e personificazione dell'arcobaleno. A differenza di Ermes, la "veloce" Iris non appartiene al culto ellenico, ma solo al mito. Svolge il suo compito di messaggera grazie a grandi ali d'oro con le quali corre rapida a portare gli ordini di Zeus. È citata nell'Iliade, in cui si legge: Zeus padre dall'Ida... incitò... Iris dall'ali d'oro a portare in fretta un messaggio. Iris non è un'Oceanina: per padre ha un figlio del dio marino Ponto (il mare), per madre ha un'oceanina, per sorelle ha le terribili arpie, anch'esse alate. È vestita di "iridiscenti" gocce di rugiada ed è proprio per la sua luminosità di colore variabile che la membrana dell'occhio si chiama "iride". Il compito specifico della dea Iride era quello di annunciare agli uomini messaggi funesti, dal momento che era Hermes il dio che portava messaggi propizi da parte degli dèi
1946(PA 16) Il Sagittario E’ rappresentato dalla mitica figura del centauro, metà uomo e metà cavallo, la cui stirpe, secondo la mitologia, prende vita da Issione, antico re di Tessaglia. Costui, per sposare la bella Dia, deve pagare un tributo a Deioneo, suo padre. Quando però il suocero si presenta per chiedere il dovuto, il crudele Issione lo uccide, precipitandolo in un pozzo di fuoco. Dopo aver commesso questo infame gesto, Issione viene punito dagli dei, che gli fanno perdere il senno. Ma il potente Giove si impietosisce e lo fa salire sul Monte Olimpo, perdonandogli la terribile colpa. L'infame re di Tessaglia, per nulla grato, attenta alla divina Era, moglie del dio. Il giusto e saggio Giove gli tende allora un tranello e infonde a una nuvola le belle sembianze di Era. Issione cade nella trappola e si unisce carnalmente alla nuvola. Da questo connubio nasce un essere metà uomo e metà cavallo, un centauro. Issione rappresenta la parte più infima dell'animo umano, dove trovano posto solo gli istinti più avvilenti. Ma la simbologia del Sagittario si completa con la figura di Chirone, il saggio e sapientissimo centauro, maestro degli dei. Questi due miti antitetici ben rappresentano l'ambivalente natura sagittariana, che vuole l'uomo proteso alla conquista dell'alta sfera spirituale, attraverso la vittoria sulla propria istintività irrazionale.
1964 (1425) Unicorno. Il liocorno è tipicamente raffigurato come un cavallo bianco dotato di attributi magici, con un unico lungo corno avvolto a torciglione sulla fronte. Molte descrizioni attribuiscono all'unicorno anche una barbetta caprina, una coda da leone e degli zoccoli. Una primissima rappresentazione può riconoscersi in un animale rappresentato nelle Grotte di Lascaux (Francia, Paleolitico superiore), dotato di un corno lunghissimo sulla testa e pelame sotto il muso e disegnato insieme ad altri animali. Simbolo di saggezza, nell'immaginario cristiano poteva essere ammansito solo da una vergine, simbolo della purezza. Si credeva che se il corno fosse stato rimosso, l'animale sarebbe morto. Nella tradizione medievale, il corno a spirale è detto alicorno, e gli veniva attribuita la capacità di neutralizzare i veleni. Questa virtù venne desunta dai resoconti di Ctesia sull'unicorno in India, dove sarebbe stato usato dai governanti del luogo per fabbricare coppe in grado di rendere innocui i veleni. La pratica dell'uso antivenefico dei corni di unicorno (in realtà probabilmente rari denti di narvalo, corna di orice o falsi costruiti unendo e intagliando ossa di animali diversi) ebbe una certa diffusione nell'Europa Medioevale. Nell'inventario del tesoro papale di Papa Bonifacio VIII del 1295, veniva riportata menzione, per la prima volta nella documentazione papale (anche se l'uso era già diffuso da tempo presso le corti dei sovrani europei), di quattro corne di unicorni, lunghe e contorte (...) [utilizzati per] fare l'assaggio di tutto ciò che era presentato al papa. Con l'affermarsi della moderna scienza naturalistica, l'unicorno cominciò a uscire dai Bestiari per entrare nei prime opere di sistematica naturalistica (che conterranno comunque, almeno fino alla metà del XIX secolo, accanto ad animali reali, anche animali fantastici, parzialmente o del tutto mitizzati); tuttavia, nel corso del secolo, l'impossibilità di trovare un esemplare indirizzerà la scienza naturalistica ad escludere definitivamente l'unicorno dalla lista degli animali esistenti.
1976 (1910/1) Sibilla cimmeria. La Sibilla è una figura esistita storicamente, ma presente nella mitologia greca e in quella romana. Le sibille erano vergini dotate di virtù profetiche ispirate da un dio (solitamente Apollo), ed erano in grado di fornire responsi e fare predizioni, per lo più in forma oscura o ambivalente. Uno dei più famosi responsi di una sibilla latina è la frase «Ibis redibis non morieris in bello»che scritto senza punteggiatura significa tutto e il contrario di tutto. Tra le più conosciute vi erano la Sibilla Eritrea, la Sibilla Cumana e la Sibilla Delfica, rappresentanti di altrettanti gruppi: ioniche, italiche ed orientali. Il perdurare della loro presenza dà risposte, nel mondo classico, al perdurare di domande alle quali i riti e i culti "diurni" in onore degli dei del Pantheon patriarcale sia romano che greco, non sapevano dare risposte. Nei suoi scritti Platone ne cita solo una, anche se in seguito le sibille divennero una trentina. Lo scrittore reatino Marco Terenzio Varrone (116-27 a.C.) ne enumera dieci in ordine di antichità: Persica, Libica, Delfica, Cimmeria, Eritrea, Samia, Cumana, Ellespontica, Frigia, Tiburtina. Una delle sibille non citate da Varrone in quanto sorta in epoca medievale è la Sibilla Appenninica detta anche "Oracolo di Norcia" che viene legata alla Grotta della Sibilla situata sul Monte Sibilla, nella catena dei Monti Sibillini nei comuni di Arquata del Tronto e Montemonaco.
Santa Barbara. E’ venerata come santa e martire dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa. Benché non vi siano dati certi sulla sua vita, la sua figura è divenuta leggendaria grazie alla Legenda Aurea e il suo culto molto popolare per il fatto di essere considerata protettrice contro i fulmini. Nacque nel 273 d.C. in Asia Minore, in quella che è l'attuale İzmit, porto della Turchia, a quei tempi Nicomedia, per poi trasferirsi a Scandriglia, in provincia di Rieti. La leggenda vuole che suo padre Dioscoro, di religione pagana, l'avesse rinchiusa in una torre per proteggerla dai suoi pretendenti. Inoltre, per evitare che utilizzasse le terme pubbliche, egli gliene fece costruire di private. Barbara, vedendo che nel progetto vi erano solamente due finestre, ordinò ai costruttori di aggiungerne una terza, con l'intenzione di richiamare il concetto di Trinità. Quando il padre vide la modifica alla costruzione intuì che la figlia poteva esser diventata cristiana. La madre di Barbara aveva già abbracciato segretamente la religione cristiana, finendo col rivelare il suo segreto alla figlia. Questa, dopo aver sentito alcune delle preghiere, percepì Gesù all'interno del suo cuore e diventò così cristiana; coinvolse nella sua nuova passione anche la sua amica Giuliana, convincendola a convertirsi e a pregare insieme a lei. Il padre decise allora di denunciare sua figlia al magistrato romano che, in quei tempi di persecuzione, la condannò alla decapitazione prescrivendo che la sentenza venisse eseguita proprio dal genitore dopo due giorni di feroci torture. Queste iniziarono con una flagellazione con verghe, che secondo la leggenda si tramutarono in piume di pavone e per questo motivo spesso nella sua iconografia la santa è raffigurata tenendo in mano delle lunghe piume, quindi venne torturata col fuoco ed ebbe le mammelle tagliate e quindi decapitata. Era il 4 dicembre dell'anno 306. Secondo la leggenda, Dioscoro procedette all'esecuzione, ma subito dopo venne ucciso da un fulmine, interpretato come punizione divina per il suo gesto. Con lei soffrì lo stesso martirio anche Giuliana.
1979 (2053) Diana al bagno. Diana è una dea italica, latina e romana, signora delle selve, protettrice degli animali selvatici, custode delle fonti e dei torrenti, protettrice delle donne, cui assicurava parti non dolorosi, e dispensatrice della sovranità. Nella mitologia greca questa dea romana assomigliava alla dea Artemide (dea della caccia, della verginità, del tiro con l'arco, dei boschi e della Luna). Secondo la leggenda, Diana - giovane vergine abile nella caccia, irascibile quanto vendicativa - era amante della solitudine e nemica dei banchetti; era solita aggirarsi in luoghi isolati. In nome di Amore aveva fatto voto di castità e per questo motivo si mostrava affabile, se non addirittura protettiva, solo verso chi - come Ippolito e le ninfe che promettevano di mantenere la verginità - si affidava a lei. Si racconta che un giorno Diana, dopo essere stata a caccia, decise di riposarsi facendo un bagno in un fiume. Fu spiata da Atteone e quando la dea si accorse di ciò, si adirò al punto da trasformare il povero Atteone in un cervo che fece sbranare dai suoi cani. In realtà, l’apparente ispirazione mitologica (molto labile anche perché in questo soggetto in genere compare anche Atteone nell’atto di trasformarsi in cervo) serviva solo a nobilitare un’immagine che altrimenti sarebbe rimasta indifesa per quello che era: un’immagine decisamente licenziosa.
1983 (2272) Eros e Psiche. La favola inizia nel più classico dei modi: c'erano una volta, in una città, un re e una regina, che avevano tre figlie. L'ultima, Psiche, è bellissima, tanto da suscitare la gelosia di Venere, la quale prega il dio Amore di ispirare alla fanciulla una passione disonorevole per l'uomo più vile della terra. Tuttavia, lo stesso Amore si invaghisce della ragazza, e la trasporta nel suo palazzo, dov'ella è servita ed onorata come una regina da ancelle invisibili e dove, ogni notte, il dio le procura indimenticabili visite. Ma Psiche deve stare attenta a non vedere il viso del misterioso amante, a rischio di rompere l'incantesimo. Per consolare la sua solitudine, la fanciulla ottiene di far venire nel castello le sue due sorelle; ma queste, invidiose, le suggeriscono che il suo amante è in realtà un serpente mostruoso: allora, Psiche non resiste alla curiosità, e, armata di pugnale, si avvicina al suo amante per ucciderlo. Ma a lei il dio Amore, che dorme, si rivela nel suo fulgore, coi capelli profumati di ambrosia e le ali rugiadose di luce e il candido collo e le guance di porpora. Dalla faretra del dio, Psiche trae una saetta, dalla quale resta punta, innamorandosi, così, perdutamente, dell'Amore stesso. Dalla lucerna di Psiche una stilla d'olio cade sul corpo di Amore, e lo sveglia. L'amante, allora, fugge da Psiche, che ha violato il patto. L'incantesimo, dunque, è rotto, e Psiche, disperata, si mette alla ricerca dell'amato. Deve affrontare l'ira di Venere, che sfoga la sua gelosia imponendole di superare quattro difficilissime prove, l'ultima delle quali comporta la discesa nel regno dei morti e il farsi dare da Persefone un vasetto. Psiche avrebbe dovuto consegnarlo a Venere senza aprirlo, ma la curiosità la perde ancora una volta. La fanciulla viene allora avvolta in un sonno mortale, ma interviene Amore a salvarla; non solo: il dio otterrà per lei da Giove l'immortalità e la farà sua sposa. Dalla loro unione nascerà una figlia, chiamata Voluttà.
1984 (2339) La Pizia. Nel mondo greco la Pizia, o Pitia era la sacerdotessa che pronunciava gli oracoli in nome di Apollo nel santuario di Delfi, situato presso l'omphalos, l'«ombelico del mondo». Un altro nome con cui era indicata la Pizia era quello di Pitonessa termine che si trova nella Bibbia (I Samuele, 28, 7 28) riferito alla «maga che Saul andò a consultare e che prediceva il futuro invasata da un demone chiamato Python». La posizione venne ricoperta da donne scelte nella città di Delfi, senza limiti di età, per circa 2000 anni, dal 1400 a.C. fino al 392 quando la pratica venne proibita dall’imperatore romano Teodosio I che, dopo aver reso il Cristianesimo religione di stato nel 380, aveva soppresso i culti pagani attraverso i decreti teodosiani. L'oracolo di Delfi è una delle istituzioni religiose del mondo classico meglio documentate, nonché probabilmente la più nota di questo tipo. Secondo Plutarco (Moralia 414b), nel periodo di maggior popolarità del santuario di Delfi, c'erano almeno tre donne che svolgevano contemporaneamente il ruolo di Pizia. Tra gli scrittori che lo menzionano possiamo ricordare, in ordine alfabetico: Aristotele, Diodoro Siculo, Erodoto, Euripide, Giustino, Lucano, Ovidio, Pausania, Pindaro, Platone, Plutarco, Senofonte, Sofocle, Strabone e Tito Livio
FUJEIRA
1967 (Michel 186/91 + PA 192/7) Fiabe orientali dalle Mille e una notte. Alf laila wa-laila (Mille e una notte) è la più grande raccolta di novelle e fiabe scritte in arabo e fatta conoscere in occidente nel XVIII secolo ad opera di A. Galland che la tradusse in francese. Fu redatta probabilmente al Cairo intorno al 1400, ma esistono redazioni precedenti risalenti al pahlavico dal titolo Mille notti del IX secolo. L’opera, come altre di origine orientale, si inserisce entro un quadro-cornice che comprende racconti, novelle, fiabe ora a se stanti ora intrecciate l’una nell’altra, talvolta senza alcun nesso con quella in cui sono comprese. L’intento delle Mille e una notte è puramente narrativo, di divertimento e senza alcun carattere sentenzioso e moraleggiante come quello che caratterizza il Panciatantra (v.) La cornice è formata dalla vicenda del re Shahrivàr il quale scopre l’infedeltà della moglie. Anche suo fratello era passato attraverso una esperienza analoga per cui, ammaestrato da lui sull’astuzia e la perfidia femminile, fa strangolare la moglie e decide di passare ogni notte con una fanciulla diversa, scelta tra le giovani figlie dei suoi sudditi, e di farla uccidere il mattino seguente. Ad interrompere il triste sistema è la principessa Shaharazad che si offre spontaneamente al re, chiedendo solo che sua sorella Dinarzad possa passare la notte nella camera nuziale. Aiutata dalla sorella, la giovane donna inizia a raccontare al re un racconto fiabesco e a incatenare il suo interesse alla trama. Solo che la principessa ha l’astuzia di non concludere il racconto entro la notte, per cui il re, curioso di conoscere la conclusione, procrastina da un giorno all’altro la morte di Shaharazad. Costei ogni notte conclude la storia ma ne inizia subito un’altra che, ovviamente. non conclude e così via. I racconti si susseguono per mille e una notte. Durante questo periodo tra il re e la narratrice sboccia l’amore, nascono due figli e alla fine il re rinuncia alla sua vendetta sulle donne. La trovata di Shaharazad permette di inserire nella letteratura araba uno dei maggiori patrimoni narrativi orientali, comprendente racconti arabi, persiani, indiani. A questi nel Medioevo si aggiunse uno strato che ritrae la società degli Abassidi di Bagdad al tempo di Harun el Rascid (sec. VII-IX) e un terzo strato comprendente storie egiziane legate alla vita delle classi popolari dei Mammalucchi (sec. XIV e XV) I racconti si presentano sotto diversi aspetti in cui prevale sempre il fantastico, il magico, il soprannaturale. Gli intrecci sono talvolta complicati, svolti senza intenti artistici, con qualche indulgenza al piccante e all’erotico, come nel caso della storia di Alì Zaybaq e di Dalila. Ci si imbatte in geni, giganti, spiriti, folletti, come nel racconto ‘Il pescatore e il genio’. Nella presenza di oggetti magici, la lampada di Aladino, tappeti volanti. In straordinarie avventure di viaggi in luoghi immaginari, i sette viaggi di Sindibad il marinaio. Le avventure hanno sapore picaresco e si svolgono tra mercanti, marioli, imbroglioni in cui sono trasmesse tracce della tradizione copta e del folklore dell’antico Egitto. Le Mille e una notte assumono grande importanza per gli studi comparativi del folklore e per la conoscenza degli usi e dei costumi arabi medievali. Oltre alla già citata traduzione di Galland, peraltro alquanto libera, sono da ricordare le traduzioni inglesi complete di E.W.Lane (1838-40) e di F. Burton; quella tedesca di E.Littmann (1921-28) e quella italiana di F.Gabrieli (1949).
FIABE Aladino e la lampada. Alla morte del padre Aladino piomba nella miseria. Un giorno arriva un estraneo che dice di essere il fratello del defunto padre e viene così accettato in famiglia. Costui è un imbroglione e negromante in cerca di un tesoro che potrà essere trovato solo da un orfano. Il giovane portato nel luogo sotterraneo dove il tesoro è custodito, vi penetra calato dall’alto di una botola. Il presunto zio gli chiede di recuperare anche una lampada e mentre lo tira su gli chiede di porgergliela, ma Aladino temendo di essere imbrogliato, rifiuta per cui la botola viene chiusa e lui rimane prigioniero. Strofinando per caso la lampada, fuoriesce un genio che esaudisce il suo desiderio di tornare a casa, dove il giovane vive agiatamente con le perle prese in mezzo al tesoro. Ma, finite le perle, la madre pensa di vendere la lampada e mentre la strofina per pulirla esce di nuovo il genio. Aladino che nel frattempo aveva conosciuto e si era innamorato della figlia del sultano, offre a questi un immenso tesoro e la ottiene in sposa. Ritorna però il falso zio che con un inganno si impossessa della lampada e ottiene dal genio di trasferire il palazzo dove vive Aladino e la moglie in mezzo al deserto. La fiaba si conclude con la rivincita del giovane che riesce a recuperare la lampada e ad uccidere il falso zio. Alibaba e i quaranta ladroni È la storia di due fratelli, uno mercante ricco e l’altro un povero boscaiolo. Ali Baba il boscaiolo scopre per caso il luogo dove una banda di ladroni ha nascosto un tesoro. Scopre pure il modo (una frase magica) per aprire il pesante macigno che chiude la caverna dove è custodito il bottino. Penetratovi, porta via tre sacchi pieni di monete d’oro. Con uno stratagemma il fratello riesce a conoscere l’ubicazione della caverna, vi penetra ma non riesce più ad uscirne per aver dimenticato la frase magica. Viene scoperto e fatto a pezzi. Ali Baba, scoperto il cadavere mutilato del fratello, dà al corpo una degna sepoltura, ma senza volerlo mette i briganti sulle sue tracce. Uno di loro, un falso mercante, segna col gesso la porta di casa di Ali Baba per indicare ai compagni dove devono colpire. Ma la schiava Morgiana, accortasi del segnale, riporta lo stesso segno sulla porta di tutte le case. I briganti ritentano inviando il mercante dal giovane per chiedere ospitalità per una notte per lui e per le sue numerose otri piene d’olio. Ma ancora la schiava scopre per caso che nelle otri non v’è olio ma vi sono nascosti i briganti. Usando olio bollente, li uccide tutti. Per il suo gesto viene liberata dalla schiavitù e sposa Aladino Haroun al Rashid Nella realtà fu il quinto califfo della dinastia abasside di Bagdad. Divenne popolare per le sue guerre contro i Bizantini e per i suoi numerosi pellegrinaggi. Ebbe relazioni diplomatiche con Carlo Magno al quale avrebbe inviato doni. Morì mentre andava a domare una rivolta in Transoxiana. Entrò come personaggio noto per la sua grande magnificenza in numerose novelle delle Mille e una notte. In realtà fu un sovrano egoista e crudele. Tra le varie storie presenti nell’opere spiccano quelle di Harun al Rashid con Mohammed ibn Alì e il gioielliere; con Alì il persiano cui segue il racconto del sacco e del curdo; con Giàfar, una schiava e l’Imam Abu Yussuf; con Zobeida; con una ragazza araba; con un giovane dell’Oman Hasan l’astuto Hasan con i fratelli Aladino e Madijin era il più giovane dei figli del Califfo di Bagdad. Il califfo era gravemente ammalato e per guarire occorreva l’elisir della vita, lontano mille miglia su un’isola inaccessibile. Il più anziano dei fratelli partì. Durante il viaggio si imbatté in un enorme e feroce cane che gli chiese del cibo, ma il giovane tentò di ucciderlo. Dopo aver ripreso la strada finì in una città dove dimenticò la sua missione. Passarono mesi. Il secondo figlio dello sceriffo si mise sulle sue tracce con l’intento di ritrovarlo e di trovare anche l’elisir magico. Anche lui incontro l’enorme cane che gli chiese del cibo. Rifiutò e tentò di ucciderlo e gli capitò quanto era accaduto a suo fratello. Allora Hasan partì. Incontro il cane, gli diede del cibo e il cane lo trasportò sul suo dorso all’isola dell’elisir. Gli insegnò pure come impadronirsi della boccetta con l’elisir, custodita da un essere mostruoso. Dopo varie peripezie, sempre aiutato dal cane, riuscì a ritornare con l’elisir e a ritrovare sulla via del ritorno i due fratelli. Il califfo guarito, lasciò ad Hasan il regno e gli procurò in moglie una bellissima principessa. Il pescatore e il genio Un pescatore trova e libera un genio rimasto per centinaia di anni chiuso in una bottiglia e il genio per ricompensa, lo trasporta in un luogo lontano, vicino a un lago in cui nuotano dei pesci multicolore. Il genio gli dice di pescarne quattro al giorno e di portarli al sultano che glieli pagherà a peso d’oro. Così avviene. Mentre una schiava mette i pesci sulla graticola, appare una giovane bellissima che dice ai pesci di non svelare il segreto e scompare. Quando la serva si volta i pesci sono carbonizzati. Così avviene per diverse volte finché il sultano non si mette a sorvegliare in cucina. Vedendo i pesci abbrustoliti, si fa condurre al lago dal pescatore. Deciso a scoprire il mistero dei pesci multicolore, il sultano decide di fare il giro del lago da solo. Scopre così una città vuota e un palazzo deserto, tranne la presenza di un principe seduto di fronte ad una statua nera. Il principe racconta di aver subito un incantesimo e di essere rimasto col corpo metà uomo e metà pietra, mentre tutto il suo popolo era stato trasformato in pesci che nuotavano nel lago antistante il palazzo. Con un inganno il sultano riesce a scoprire la strega malefica che aveva gettato il maleficio sul principe e sulla sua città. La uccide e con la sua morte l’incantesimo cessa e tutta la città ritorna all’antico splendore. Sinbad o Sindibad il marinaio Un giovane cresciuto a Bagdad, dilapidato il patrimonio paterno, col poco rimasto divenne mercante e, girando il mondo, diventò ricco. Durante ogni viaggio - ne compì sette - visse molteplici avventure in isole misteriose, in isole apparenti come quella formata dal dorso emergente di una balena immane su cui il vento aveva portato terra, sabbia e semi i quali erano germogliati dandole l’aspetto di un’isola. Durante un viaggio venne rapito dall’uccello ruk, un enorme rapace, capace di portare elefanti quale cibo per i suoi piccoli. In altri viaggi affrontò animali strani come il karkadam, una specie di gigantesco rinoceronte; scimmie giganti, cavalli marini, i serpenti che vivono in una valle disseminata di diamanti. Tutte avventure in cui il marinaio riuscì a sopravvivere grazie alla sua astuzia e a ritornare alla sua Bagdad, sano e salvo e per di più onusto di gloria e di bottino, che immediatamente scialacquava per poi riprendere il mare. Il tappeto volante. È un elemento magico che ricorre sovente nelle fiabe di Shaharazad. Lo troviamo. ad esempio, nella fiaba che ha fornito la trama al film Il ladro di Bagdad.. Vi si narrano le vicende fantastiche del giovane sultano Ahmed e del ladro di Bagdad Abu i quali, grazie all’aiuto di un genio trovato in una bottiglia, sconfiggono il perfido visir Jaffar che vuole uccidere il principe e poi sposare la bella figlia di un sultano. La favola contiene tutti gli ingredienti tipici dell’immaginario fantastico orientale: bottiglie che tengono geni prigionieri, cavalli con le ali, tappeti volanti, avventure, lotte, inganni. (vedi anche: ), GRENADINES 1997 (2156), GUYANA 1993 (3141/67+BF 148/51), IRAQ 1968 ((25 P.A.), JERSEY 1995 (720), MALI 1971 (119/21), MONACO 2004 (2465), NEVIS 1996 (954), SAINT VINCENT & GRANADINES 1993 (886/94+BF 114 e 116), SIRIA 1980 (559/603), . (per le illustrazioni delle singole fiabe vedere il sito: www.associazioneletteraturagiovanile.it
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