AFRICA DEL SUD

 

2001 (1128/32)

Il toro e la pioggia.  Da tanto tempo non pioveva e la terra  riarsa non dava frutti. Il dio della pioggia che dall’alto guardava la terra arida, vide entrare in una capanna una bella fanciulla e se ne innamorò. Prese la forma di un toro ed entrò nella capanna. Savuri sapeva che non si può disubbidire al dio della e salì sul dorso del toro. Il toro cominciò a galoppare e dovunque passava la pioggia cadeva e la terra assetata la beveva.  La gente onorò Savuri perché per il bene comune non aveva saputo dire di no al toro che si era innamorato di lei. La leggenda ricoreda il mito greco di Europa e Giove.

Il tesoro di Grosvenor.  Molti sono stati in passato i naufragi  capitati a navi partite da Città del Capo o che tentavano di raggiungerla. Esse quando si ritrovavano tra le impetuose correnti del Capo di Buona Speranza (la zona di mare di fronte alla capitale sudafricana), spesso contro la forza delle onde non avevano scampo. Tra i numerosi relitti del fondale di questo spazio di mare, vi fu anche la Grosvenor, la quale salpata da Ceylon il 13 giugno 1782 con un ricco carico, non raggiunse mai la sua meta. Si arenò e poi affondò in un profondo canalone fuori della baia rocciosa che si chiama Lwambazi. Centocinquanta Although only 14 of the 150 people on board drowned, just six sailors reached safety at a frontier farm near Port Elizabeth.  persone perirono nel naufragio; solo sei marinai raggiunsero la salvezza in una fattoria di frontiera vicino a Port Elizabeth. Altre notizie parlarono di molti altri naufraghi che riuscirono a salvarsi e ciò spinse il governo coloniale ad inviare una spedizione per trovare i sopravvissuti. They only found 12. Ne trovarono 12. Dopo molti anni, tuttavia, le voci persistenti sugli scomparsi indussero a pensare che altri sopravvissuti avessero trovato asilo presso tribù locali. Una spedizione nel 1790 scoprì una colonia di circa 400 persone  di origine non africana che si era insediata nei pressi di  un affluente del fiume L'ultima valutazione di quanto trasportava la nave era stimata in 5 milioni di sterline. Nel tesoro era compreso anche il trono in oro col pavone degli imperatori Moghul. Con il passare del tempo molti sono stati i tentativi di recuperare il tesoro della Grosvenor ma sono sempre stati  infruttuosi. 

I sette uccelli magici. 

Il buco nella parete.  Nei dintorni di Coffee Bay esiste in riva al mare una conformazione rocciosa con un buco in mezzo non scavato dall’uomo. Racconta una leggenda che una fanciulla, Nongqawuse, aveva visto un messaggero provenire dal regno degli antenati e lo raccontò a suo zio, un prete che sapeva come interpretare le visioni.  Costui le disse che si trattava delle incarnazioni di guerrieri morti venuti per cacciare gli inglesi e che altri sarebbero presto venuti dal mare passando attraverso il buco.

Precisò, però, che ciò sarebbe successo solo se il popolo avesse sacrificato tutto il bestiame che possedeva. Il popolo ubbidì, ma ciò portò tutti alla fame e gli inglesi ebbero  vita facile nel conquistare tutti coloro che sopravvissero alla carestia.Un’altra  leggenda riporta una storia assai più romantica. Narra dell’amore contrastato tra una fanciulla e un  essere che era emerso  dal mare attraversando il buco. La fanciulla disubbidì al padre che voleva impedirle  di avvicinarsi al buco e una sera non ritorno più alla capanna.

Van Hunks e il diavolo.   Il capitano Van Hunks, accanito fumatore, fu sfidato da uno strano individuo a chi riuscisse a fumare di più.  La gara iniziò e in breve il fumo avvolse persino le più alte montagne.  Solo quando tra le dense nubi il capitano intravide una coda biforcuta, capì che il suo misterioso avversario  era il diavolo.  Morale: non si sa mai che cosa possa accadere quando si accettano scommesse con degli sconosciuti. 

Il buco nella parete

Il toro della pioggia

l tesoro del Grosvenor

I sette uccelli magici

Van  Hunks e il diavolo

 

 

AJMAN

 

1967        (Mic. 165/71 + P.A, 172/5 + fog.)  Fiabe dalle “Mille e una notte”: La ragazza guerriera. Il cavallo nero. Il libro magico. Ali Nur e il suo amico  Shakan e Dual Makham. L’enorme Schktz. Il commerciante e il genio in bottiglia. Alì Ibn Bakkar e la fata Shams an-Nahàr.  (Per i racconti si rimanda all’opera: Mille e una notte))

  

La ragazza guerriera

 

Il cavallo nero

Il libro magico

Il libro magico

Alì Nur e l’amico

Shakan e Dual Mckhan

L’enorme Schatz

Il commerciante e il genio in bottiglia

 La ragazza guerriera  

Il cavallo nero

Alì Ibn Bakkar e la fata Shams an-Nahar

Alì Ibn Bakkar e la fata Shams an-Nahar

 

 

ÅLAND

 

 1997 (128)   Il diavolo al ballo.  Quando nel Settecento la Svezia  fu costretta a cedere la Finlandia e Åland alla Russia, un contingente di soldati e ufficiali russi di stanza ad Åland, per familiarizzare con la popolazione, davano spesso feste da ballo. Ad una di esse partecipò un ufficiale vestito di nero che invitò a ballare la bella moglie di un pastore. Ballarono a lungo, anche quando qualcuno tagliò le corde dei violini. Il cavaliere (il diavolo) non permetteva alla sua ballerina di fermarsi, tanto da farle sanguinare i piedi. Intervenne un prete esperto in esorcismi. Il diavolo fu cacciato e la donna fu liberata dall’incantesimo malefico.

 

2004 (BF 4) Le gigantesse Fenia e Menia.

Fróði, un re danese, visitò la Svezia per incontrare  il re Fjölnir. Da lui comprò due schiave gigantesse chiamate Fenja e Menja, che erano grandi e forti. In Danimarca c'erano due enormi pietre da macina, così pesanti che nessun uomo era abbastanza forte da usarle. Si diceva che l'uomo che fosse riuscito a  manovrarle avrebbe potuto produrre con esse qualunque cosa desiderasse. Il mulino in cui si trovavano  era chiamato Grótti ed era stato dato a Fróði da Hengikjopt.

Fróði mise Fenja e Menja al mulino e chiese loro di macinare oro, pace e felicità per se stesso; poi non lasciò loro né riposo né sonno tranne il tempo di intonare una canzone. Allora Fenja e Menja per vendetta cominciarono a cantare una canzone chiamata la "canzone di Grótti" (altro non è che lo stesso poema Gróttasöngr) e prima di aver finito avevano prodotto un'armata guidata da un Re del Mare di nome Mysing. Egli attaccò Fróði di notte e lo uccise, e se ne andò con un ricco bottino.

Mysing comprò Grótti con Fenja e Menja e chiese loro di produrre sale mentre la nave continuava il suo cammino verso terra. A mezzanotte chiesero a Mysing se il sale prodotto era abbastanza. Ma egli ne chiese ancora. Macinarono ancora  e ne produssero tanto che la nave affondò. Un gigantesco vortice (un maelstrom) si formò quando il mare cominciò a muoversi trascinato dal peso della macina; da allora il mare cominciò a diventare salato.

 

2005 (252) La notte di Walpurga. La notte di Walpurga, conosciuta in tedesco come Walpurgisnacht, è una festa di celebrazione della primavera, tipica delle regioni centrali e settentrionali d'Europa.

Celebrata tra il 30 aprile ed il 1º maggio tramite canti, balli e falò, assume diversi significati a seconda delle differenti tradizioni e culture dei Paesi presso i quali è celebrata. La vigilia del primo giorno di maggio è stato sempre tradizionalmente celebrato con danze e canti.

Secondo vecchie tradizioni germaniche le streghe, nella notte tra il 30 aprile e il 1º maggio, uscivano dai loro rifugi per danzare in onore della luna sul monte Bocker. Questa tradizione si sovrappose alla festa di santa Valpurga, fino a divenire la "notte di Valpurga".

I satanisti laveyani considerano la notte di Valpurga sacra.  Il satanista Anton LaVey , infatti, la inserì fra le tre feste "sacre"  che sono il proprio compleanno, halloween e appunto il Walpurgisnacht

 

 2006 (264)   Il letesdgubbar.  I "Letesgubbar" erano esseri mitici, che vivevano nell'arcipelago Kökar e che ha avvertivano la gente di tempeste in arrivo o altri eventi, battendo pareti e  facendo tintinnare  oggetti. Per far rumore usavano reti da pesca (dette leten), cui erano attaccati dei galleggianti e dei campanelli. I Letesgubbar vivevano intorno ai villaggi dei pescatori ed erano vestiti con scarpe di pelle di foca, pantaloni e maglia di pelle e berretto a maglia. Erano dei vecchi e prendevano il nome del luogo dove abitavano.

 

2008  (BF 291)  Luoghi leggendari. La principessa inglese Signhilg arriva a cavallo  nel crepaccio della Regina di Norvegia.

La leggenda narra che Signhild, una principessa britannica, era stata promessa in sposa ad un principe norvegese. Accompagnata dal suo padrino di comunione, dai suoi servitori e dal suo amato cavallo salì su una nave, ma prima che questa raggiungesse le coste norvegesi, le fu comunicato che il principe era improvvisamente morto. La principessa decise allora  di visitare i popoli del nord per diffondere il cristianesimo. La nave di Signhild riprese il viaggio ma, incappato in un violento fortunale il veliero naufragò in prossimità dell’isola di Aland. Tutto l’equipaggio e tutti i suoi servi perirono. Solo la principessa col suom cavallo riuscì a raggiungere la costa a Isaksö in Geta. Di lì guidò il suo affezionato cavallo sino ad un luogo che poi fu considerato sacro. Tale luogo esiste ancora ed è noto come 'Drottningkleven', Gola della Regina.

 

2016   Streghe.  Le storie di streghe e di caccia alle streghe hanno sempre suscitato grande interesse e curiosità.

Durante il primo periodo moderno della storia europea, che si estende all'incirca 1450-1750, circa 100.000 persone,  la maggior parte dei quali donne, sono state processate per il reato di stregoneria e  circa la metà di queste sono state giustiziate, nella maggior parte dei casi bruciate sul rogo.
Åland ha l'onore discutibile di aver iniziato nel Regno Svedese, 350 anni fa, la grande caccia alle streghe. Tra il 1666 e il 1670 sette donne sono state giustiziate in Åland, condannate per stregoneria.
Il 5 aprile 1666, il procedimento fu avviato contro Karin Persdotter di Emkarby. Conosciuta come "la cagna saggia", fu accusata di praticare la stregoneria, di essere in rapporto col demonio. Fu decapitata e bruciata sul rogo.

Forza trainante nelle caccia alle streghe furono un  giudice distrettuale Nils Psilander e Bryniel Kjellinius, il parroco di Sund. Nel carcere di Kastelholm Karin torturavano le donne accusate di stregoneria per ottenere  la "confessione piena e veritiera" in modo da poter poi somministrare   Santa Comunione prima della morte. Nel carcere processarono tredici donne.
Molte altre donne di Åland,subirono persecuzioni e tortura senza essere bruciaate sul rogo, ma subirono la   prova del “calvario dell’acqua”  o la gogna  o le braccia serrate in manette strette.

Oltre ad  Åland  , si hanno notizie di  persecuzioni alle streghe in Svezia (1668) e in Finlandia (1669). L'ultimo processo alle streghe in Åland ha avuto luogo nel 1691.

 

Il diavolo al ballo

Fenja e Menja

La notte di Walpurga

Il lettesgubar 

La gola della regina

Streghe

 

 

 

ALBANIA

 

1980  (1859/62) Fiabe: Mirela.  Il sudicione.  Il circo degli orsi.  La goccia d’oro.

 

1989 (2183/86) Leggenda. Konstandini e   Doruntina. (Ballata)    Una donna, madre di tredici figli, di cui una sola femmina, non voleva acconsentire alle nozze della figlia con un cavaliere che abitava in un paese lontano, per non separarsi da lei. Solo il figlio più giovane Konstandini la convinse, promettendole che in caso di bisogno sarebbe andato a riprenderla.  E il matrimonio fu celebrato.  Poco tempo dopo una epidemia colpì tutti i maschi e Kostandini morì. Una notte il giovane uscì dalla tomba e inforcò un cavallo per raggiungerer la sorella che, ignara della sua mortei, si trova insieme ad amiche ad una festa. La convinse a tornare dalla madre e i due cavalcarono per tutto il giorno. Giunti in prossimità della casa,  Kostandini lasciò sola la sorella davanti alla porta della madre e si recò in chiesa.  Doruntina bussò alla porta ma la madre non aprì, dicendo  “Tu sei la morte e vuoi anche me. Non può essere stato tuo fratello a condurti perché tuo fratello è morto”.  E solo allora Doruntina apprese della morte di tutti i suoi fratelli.

 

 

1990  (2236/39)  Gjergj Elez Alia.  Guerriero leggendario. Dopo essere stato ferito per nove volte, visse in casa con sua sorella, l’unica che, di tanti parenti e amici, era rimasta al suo fianco.  Per nove anni la sorella si prese cura di lui.  Un giorno giunse dal mare un nemico, Balozi i Zi, che  con i suoi soldati mise a ferro e fuoco i villaggi lungo la costa. Un mattino  Gjergj si svegliò all’improvviso perché aveva sentito alcune gocce che, cadute dall’alto,  gli avevano bagnato il viso. Pensò che ci fosse un guasto al tetto della sua casa, ma la sorella gli disse che erano le lacrime che lei versava dopo aver saputo che Balozi sarebbe venuto per rapirla.

Gjergi le ordinò di far subito sellare il suo cavallo e di portargli l’armatura per essere pronto a combattere il nemico. La lotta ebbe presto luogo e  Balozi rimase ucciso.  Tornato a casa,  Gjergj abbracciò con gioia la sorella, ma per la gioia provata il cuore di entrambi cessò di battere. Furono sepolti nella stessa tomba e il luogo della sepoltura non fu mai dimenticato.

 

1991 (2260/3)  Le mura di Rozafat. Lo scultore Skender Kraje scolpì anni fa un bassorilievo in gesso, esposto nel Museo del castello di Scutari, il quale racconta la leggenda che vide protagonisti tre fratelli impegnati nella costruzione delle mura della fortezza di Rozafat. Su quel luogo gravava una maledizione. Durante la notte il lavoro eseguito nella giornata crollava. I tre fratelli appresero da un vecchio saggio che le mura, per essere forti e solide, necessitavano del sacrificio di una delle loro mogli. La scelta della moglie doveva avvenire casualmente. Colei che l’indomani sarebbe giunta con il pranzo sarebbe stata immolata per il bene della comunità. Il giuramento di assoluto silenzio venne infranto da due dei tre fratelli che raccontarono tutto alle rispettive mogli.  Fu così che toccò alla moglie del più giovane dei tre fratelli,  madre di un bambino, portare l’indomani il pranzo.  Le fu raccontato quanto il vecchio saggio aveva detto e il giuramento che era stato fatto fra di loro. La giovane accettò di farsi murare viva all’interno delle mura, ma pose come unica condizione che una gamba, un braccio, un occhio ed una mammella rimanessero scoperti per poter vedere, cullare, accarezzare e allattare il proprio figlio. Questa  è la versione originale, alla quale furono aggiunte varianti. Il nome del castello deriverebbe dalla composizione di due nomi : Roza, la giovane sposa,  e Fa.

 

1997  La lotta del contadino contro l’idra.. Il contadino e il drago, una parte della fiaba  “I tre cani”, in cui si narra dell’uccisione di un drago (un’idra)  da parte di un contadino che voleva  sposare la figlia del re.

 

1998 (2406/9)  Leggenda di Ohrid. Un uomo davanti ad una tavola imbandita. Tre donne dai lunghi capelli. Due donne presso una fontana.  Personaggio vicino ad una cascata.

Si narra che quando il  guerriero Samuel, di ritorno da una lotta molto dura, stanco ed esausto, salì sulla collina (dove oggi è la parte vecchia di Ocrida) per raggiungere il luogo in cui nasceva la sorgente Biljana  abbia esclamato: "Oh, liberarsi, oh, fuori".  Da queste parole è nato  il nome di Ohrid.

La gente ha spesso cantato canzoni per esaltare l'acqua limpida delle sorgenti Biljana, ma solo una leggenda, raccontata fino ad oggi, è collegata con il lago Ohrid e con le barche  a remi che navigano su di esso. In un castello che sorgeva vicino al lago viveva  la fata Ezerka, il cui nonno si chiamava  Karaorman. La fata  Ezerka regnava sul lago ed era continuamente disturbata dal lavoro dei pescatori tanto che spesso costringeva le barche a tornare a riva. Ezerka era molto invidiosa e un giorno, per distrarsi, rapì una ragazza, la  bella Biljana, nipote di nonno Chun. La portò al castello perché giocasse con lei. La bella Biljana pianse per tutta la notte e le sue lacrime abbondanti  diedero vita ad una fonte, che da lei prese il nome di Biljana. Nonno Chun possedeva una grande barca a remi e partì per liberare la nipote e vi riuscì, nonostante la fata  Ezerka  tentasse di rovesciare la barca.  Da allora le grandi barche che  navigano sul lago  e la  cui forma è unica al mondo, presero il nome  di “barche Chun”.

Un’altra leggenda è legata ad una canzone di Ohrid: "Biljana e le vesti candide".

Biljana era la  ragazza più bella di Ohrid. Era così bella che tutti si fermavano per ammirare la sua bellezza.  Un giorno, Biljana andò alle sorgenti per lavare i panni e le lenzuola. Dopo averli risciacquati nelle limpide acque sorgive, erano diventati candidi. Biljanae  li stese sulla sabbia bianca ad asciugare. Una carovana con venti viticoltori passò in quei pressi  e il capo-carovana vedendo la ragazza, stupito dalla sua bellezza divina, si fermò di fronte a quei panni bianchi. Biljana si rivolse a lui e ai suoi accompagnatori dicendo: "Guida lentamente  la carovana, in modo da non calpestare la mia tela". E intonò una bellissima canzone che passò alla storia.

 

ALDERNEY

 

Anno 2013 (484/90) Rudolph la renna dal naso rosso. Rudolph the Red-Nosed Reindeer) è un personaggio immaginario creato da Robert L. May, apparso per la prima volta nel 1939 in un libretto pubblicato dalla Montgomery Ward. Rudolph è una renna che utilizza il suo naso rosso e luminoso per illuminare e rendere visibile il sentiero, spesso offuscato dalle tempeste di neve, alle renne trainanti la slitta di Babbo Natale durante la consegna dei regali. È conosciuta anche come "la nona renna di Babbo Natale". In molti paesi, Rudolph è diventato uno dei personaggi più popolari del Natale; è apparso in un programma televisivo natalizio americano ed è il protagonista del film d'animazione Rudolph, il cucciolo dal naso rosso. È apparso inoltre in numerosi fumetti e film natalizi. Nel 1949, 10 anni dopo la creazione del personaggio, il compositore americano Johnny Marks scrisse Rudolph the Red-Nosed Reindeer, diventata col passare degli anni una delle canzoni natalizie più famose.

La storia narra le vicende di Rudolph, una giovane renna del Polo Nord che, diversamente dagli altri animali della sua specie, possedeva un insolito naso rosso e luminoso; a causa di questa sua strana caratteristica, il piccolo Rudolph era deriso ed escluso dalle altre renne. Una sera di una Vigilia di Natale, Babbo Natale era preoccupato a causa di una nebbia fittissima che impediva la vista delle sue renne; quando notò il naso luminoso di Rudolph, chiese alla piccola renna se fosse stata disposta ad illuminare il sentiero per rendere possibile la consegna dei regali. Rudolph accettò l'incarico e, da quella notte, venne premiato entrando a far parte della squadra principale delle renne di Babbo Natale.

 

ANDORRA FRANCESE

  

  1997 (487)  Leggenda: La dama bianca d’Auvinya. Il torrente d’Auvinya, nella regione di  Andorra, termina con una cascata vicino a Santa Giulia di Lorìa e ad essa è legata una leggenda. Si racconta che la figlia del Signore della contrada era solita vestire sempre di bianco e ad opporsi alle incursioni dei soldati del vescovo di  Urgell che minacciavano la libertà e i diritti dei suoi sudditi. Il vescovo che a quel tempo reggeva le sorti della regione, veniva spesso con gente armata per imporre tributi. Un giorno la castellana gli disse che se non rispettava la loro libertà sarebbe stato castigato. Una notte, mentre il vescovo tornava da Andorra col suo seguito, vide sopra la cascata una dama bianca che sembrava volergli impedire di proseguire, anzi lo invitò con cenni ad entrare nel bosco. Solo il vescovo vi entrò perché i suoi soldati erano rimasti intimoriti dalla visione. Quando il vescovo ritornò non spiegò nulla di quanto gli era accaduto. Disse solo che non sarebbe mai tornato ad Andorra.. E da quel giorno solo i suoi  messaggeri  entrarono nella regione e solo a loro appariva la Dama Bianca.  Passarono gli anni e ad un tratto la visione sopra la cascata scomparve.  Allora il vescovo si risolse ad andare ad Andorra, ma non tornò mai più indietro. Non fu più visto e neppure la Dama Bianca. Ma nella regione apparve un lupo mostruoso che cominciò ad uccidere uomini e animali. Il sindaco di Andorra  decise di dargli la caccia. Una notte sognò di essere assalito da un lupo gigantesco e da quel momento cadde vittima di una strana e improvvisa malattia che lo condusse in fin di vita. In punto di morte apparve la Dama Bianca. Ad essa i presenti chiesero di salvare il Sindaco, ma la donna rispose che poteva salvare solo la loro libertà. Il lupo era il loro oppressore come il vescovo e con la morte del sindaco sarebbe scomparso. E così fu.

1997  (493/95)  Leggende: La leggenda di Meritxell  La leggenda si basa sulla scoperta della statua delle Vergine di Meritxell. Un giorno d’inverno, un uomo notò nel luogo chiamato Meritxell, tra Encamp e Cavillo, una rosa canina fiorita in mezzo alla neve che si era sciolta tutto all’intorno e vide pure la statua della Vergine accanto alla rosa. Il viandante prese la statua e la portò al curato di  Cavillo, affinché la collocasse nella cappella.  Ma l’indomani  quando gli abitanti di Meritxell si recarono alla chiesa del Cavillo per ascoltar messa, la statua era scomparsa e fu ritrovata di nuovo presso il roseto fiorito.  Decisero di riportarla  nella chiesa del Cavillo ma il giorno dopo furono sorpresi di non trovarla più.  Alcuni fedeli dissero di averla rivista nell’identico posto in cui era stata trovata. Allora i contadini decisero di lasciar la Vergine nel luogo dove era stata vista la prima volta e attorno vi costruirono una cappella e un oratorio. Sfortunatamente nel 1972 un incendio distrusse la cappella e la statua.

2001  (543/4)  Leggende: Il lago di Engolaster.  Si racconta che dove ora si trova il lago, un tempo c’era una casa. Un giorno, mentre la padrona faceva il pane, si presentò un mendicante per chiederne un pezzo. La donna, dopo aver infornato il pane, disse all’uomo di raccogliere le briciole di farina impastata rimaste sulla tavola e di confezionarsene uno che avrebbe messo nel forno con gli altri. Costui eseguì dicendo “Dio ve ne renderà grazia”. Le raccolse, le impastò e la donna mise il piccolo pane nel forno. Vedendo che il pane cresceva ed era uguale agli altri già fatti, non volle consegnarlo al povero come aveva promesso.  Gli disse di  farsene un altro Ma ogni volta che infornava la pasta questa cresceva come i pani normali e la donna si rifiutò sempre di darne uno al mendicante. Ad un certo punto il vecchio scomparve e sopra la casa si abbatté una valanga d’acqua. La casa fu inghiottita dalla terra. Al suo posto si formò un lago.

La fondazione di Andorra.

Leggenda vuole che Andorra, centro dell’omonimo Principato situato tra Spagna e Francia, sia stata fondata da Carlo Magno quale segno di riconoscimento per il contributo dato dai suoi abitanti contro i Saraceni. Il piccolo Stato fu a lungo conteso fra la Francia e la Spagna. L’atto di consacrazione della Cattedrale di S.Maria de Urgell decretò l’appartenenza del territorio al vescovato spagnolo fin dall’anno 839. Oggi Andorra è un Coprincipato parlamentare in cui i capi sono il vescovo d’Urgell e il Presidente francese.  

 2002 (559/64)   Leggende di Andorra. Tipi  del 1997 e 2001 euro.

 

2003 (589/90) Leggenda: Il suonatore di cornamusa d’Ordino.  Il paese di Ordino godeva della fama di avere molti musicanti, abili suonatori, uno in particolare eccelleva per i suoi virtuosismi con la cornamusa.  Per la sagra del paese gli abitanti di Canillo lo avevano  invitato per rallegrare la festa.  Il musico doveva suonare la vigilia della festa, la notte e durante  i vespri pomeridiani.  L’ora di dar inizio alle feste era arrivata ma il musico non si era presentato e ciò inquietava gli abitanti di Canillo. Ma il povero suonatore di cornamusa non aveva alcuna colpa per il suo ritardo.

Si era messo in cammino per arrivare all’ora stabilita. Essendosi fermato vicino ad una fonte per bere, aveva udito dei latrati di lupo ed era fuggito per mettersi in salvo. Inseguito dal branco si era rifugiato su un albero  e lì con la sua cornamusa suonò melodie tristi, così tristi che i lupi fuggirono. Sceso dall’albero, riprese la strada suonando sempre musiche tristi per tener lontane le belve. Quanto gli abitanti di Canillo  lo videro e udirono la mesta musica, pensarono che fosse ubriaco. Dopo le spiegazioni, la festa incominciò e si risolse in un successo.

Il pino di Marginedda

 

2004 (595)   Leggende: Il castello di Saint Vincent  Per intercessione del vescovo di Urgell, i signorotti della regione erano stati pacificati e tutti avevano sottoscritto un patto.  Tra le molte questioni trattate c’era quella della torre costruita a Santa Coloma il cui conte e i suoi soldati potevano disporne finché avessero osservato i patti firmati. Ma non fu così e gli andorrani, per quanto facessero, non riuscirono a farli rispettare.

Poiché con la forza non riuscirono ad ottenere nulla, usarono l’astuzia.  In una notte senza luna tutti gli abitanti della valle, uomini, donne e bambini, si riunirono ai piedi del castello, suonando corni da caccia e  facendo un gran baccano. Poi ciascuno cominciò a radunare il suo gregge ad attaccare delle grosse fascine alla coda degli animali, a dar loro fuoco e a marciare verso il castello.  Gli assediati, vedendo quell’esercito seguito da un mare di fiamme, disperarono di poter resistere e si arresero incondizionatamente.  Conquistato il castello, gli andorrani celebrarono la vittoria.

2005 (606)  Leggenda: Il porto del topo. La leggenda risale al periodo in cui i pastori vivevano sul Picco di Soucarranne e Caraoussans, vicino alla zona dell’attuale Port del Rat. Una pastorella, la bella Soucarra,  andò a trovare un orco che, innamoratosi di lei, la chiese in moglie. Per dimostrarle le sue doti magiche l’orco si trasformò in topo. Ma era una preda troppo ambita per il gatto della pastorella … che se lo mangiò.

2006 (626) Leggenda: La caverna dell’orso. L’orsa e i piccoli all’ingresso della caverna.

2007  (636) Leggenda: Il testamento del lupo.

2008 (652) Leggenda: Il tesoro della Fonte del Manego.

2009 (669)  Leggenda: I diavoli di Aixirivall

2013  (734)  La leggenda dei soldati. Statue di pietra che raffigurano dei soldati.

2014 (748). La leggenda di Canolich. La parola Canòlich, deriva dal romanico "canonhic" e significa "ferma qui." Secondo la tradizione, un pastore stava pascolando il suo gregge a Canolich Meadows nel 1223, quando improvvisamente un uccello dal  piumaggio molto appariscente si posò  sulla parte superiore di una pietra dove il pastore soleva riposare. Il pastore riuscì a catturarlo senza problemi e lo portò a casa sua. Il giorno successivo l'uccello  scoprì che  l’uccello era sparito. Lo ritrovò a Canòlich,  in cima al masso come il giorno prima.

La storia si ripeté  tre volte, ma l'ultima volta il pastore scoprì che nella roccia c’era una nicchia con l’immagine della Vergine Maria. Gli abitanti di Santa Julia de Loria, colpiti dal fatto, decisero di innalzare un tempio in onore della Vergine sulla roccia dove si trovava ‘immagine.

2015   Legenda de la primera neu.

 

ANDORRA SPAGNOLA

 

 1997 (243 Leggenda: L’Orsa e i contrabbandieri   Si racconta che un gruppo di contrabbandieri con le gerle piene di merce da contrabbandare dovevano attraversare la foresta e guadare un fiume. Le recenti piogge avevano però fatto ingrossare il fiume e il passaggio era impossibile. Ad un tratto uscì dalla foresta un’orsa seguita dai suoi cuccioli. L’animale, trovatosi di fronte al fiume in piena,  non si perse d’animo. Sradicò un enorme albero e lo gettò da sponda a sponda,  creando un passaggio per sé e per in suoi piccoli. Ovviamente anche i contrabbandieri ne approfittarono. 

 

Anno 2012  (385)  UPAEP  Miti e leggende. Una strega in volo sul dorso di un caprone alato.

 

 

ANTIGUA & BARBUDA

 

Anno 2013 (4381/34 + BF 710),  TAILANDIA Anno 1976 (798). Personaggi mitologici: Rakshasa, Indra, Vayu, Garuda.

I Rakshasa o in alternativa rakshas, per le religioni Induista e Buddhista erano esseri umanoidi mitologici, spiriti malvagi e cannibali.. Le femmine Rakshasa erano chiamate Rakshasi, mentre nella forma umana sono chiamate Manushya-Rakshasi..

Secondo il Ramayana furono creati dai piedi di Brahma. Molti Rakshasa, nella precedente reincarnazione, erano esseri umani particolarmente crudeli. Sono noti per la loro abitudine nel rovinare cerimonie sacre, dissacrare tombe, molestare sacerdoti, possedere esseri umani: le loro unghie sono velenose, si nutrono di carne umana e di tutto ciò che è marcio. Hanno l'abilità di cambiare aspetto, fare magie, e spesso assumono la forma di esseri umani, di cani, e di grandi uccelli. Sempre nel Ramayana, quando Hanuman visita il loro villaggio nell'isola di Lanka, osserva che i demoni si presentano sotto ogni aspetto immaginabile. Una delle loro tipiche raffigurazioni li descrive come esseri spaventosi, giallastri, con denti granitici, capelli arruffati, cinque piedi e grandi venttri.

Re di Rakshasa era il grande demone dalle dieci teste, Ravana, nemico di Rama. Suo fratello minore Vibhishana era considerato uno dei pochi Rakshasa buoni; fu infatti esiliato dal re suo fratello, che ne deprecava il comportamento. Vibhishana si alleò successivamente con Rama e re di Lanka. Tra gli altri Rakshasa famosi citiamo il dio guardiano Nairitya, associato al Sud-Ovest. Il termine ha, stranamente, un'etimologia in comune con rakṣa, che significa "protettore".

Indra.  Il nome Indra vuol dire "Signore": è la divinità vedica che detiene il potere temporale ed è una divinità guerriera. Indra è amante delle donne, è nobilmente iracondo ed è solito ubriacarsi prima delle battaglie. Dopo le sue bevute spesso diventa violento e distrugge qualsiasi cosa; nonostante ciò è considerato una divinità saggia e detentrice di connotati positivi: valore, forza e coraggio.

Essendo l'induismo una religione enoteista, nel pantheon vedico, a differenza di quello greco, ciascun Deva è celebrato come il più grande negli inni a lui dedicati. A decretare il primato di Indra sulle altre divinità sono soprattutto i numerosissimi inni a lui dedicati che si trovano nel Rig Veda, quasi un quarto (circa 250) e in altri 50 è citato.

Indra è il dio guerriero, protettore degli Arii, che guida nelle loro conquiste. La sua figura è gigantesca, ha barba e capelli biondi avvolti in un turbante, e marcia in battaglia su un carro trainato da due cavalli sauri brandendo in mano la vajra, arma che simboleggia la folgore, oppure la rete d'Indra, simbolo del mago e dell'illusionista.  Indra è un grande bevitore di soma, bevanda tipica del sacrificio vedico, che beve in grandi quantità prima dei combattimenti.

 

Vayu è una divinità induista, personificazione del vento  del Nord-Ovest.

Il Mahābhārata lo dice padre di Bhima e simboleggia la vita, il respiro sia cosmico sia individuale[1]; il Rāmāyaṇa lo vuole padre spirituale di Hanuman.

Iconograficamente è rappresentato come un uomo bianco a cavallo di una gazzella (simbolo di leggerezza), con uno stendardo e due bandiere del Nepal in mano..

Tra le sue imprese vi è quella di fondatore dell'isola di Ceylon, quest'ultima formata dalla punta del monte Meru sdradicata da Vayu e gettata in mare.

In base alla teologia di Madhava, Vayu è il figlio prediletto da Visnu, al quale conduce le anime dei trapassati.

È anche identificato con il Prāṇa, il soffio vitale.

 

Garuda. Mitico uccello divino, cavalcatura di Vishnu, l'unico tra gli esseri mitici di primario rilievo nella mitologia indiana ad essere dotato di ali, che invece sono tra i più comuni attributi divini presso le altre civiltà. Garuda si presenta come un ibrido fra uomo ed uccello; ma, mentre la compresenza di questi due elementi risulta costante, il loro peso relativo varia molto nel tempo. In linea generale si può affermare che si passa da una umanizzazione minima negli esemplari artistici più antichi (uccello a becco di pappagallo, con le sole orecchie umane, Sanchi Stupa, I sec. d.C.), fino ad una quasi totale scomparsa dei caratteri ornitomorfi, che si riducono, in epoca medievale, alle sole ali. L'aspetto più frequentemente testimoniato nelle raffigurazioni, ce lo mostra col corpo umano e le ali e la testa di uccello; i caratteri ornitomorfi rimandano più al pappagallo che all'aquila, come si ritiene comunemente. Anche nei casi in cui il viso tende ad umanizzarsi, il naso assume una tipica conformazione a becco d'uccello, che lo rende molto simile ai giapponesi Tengu. Un elemento sporadico sono le braccia, che a volte si affiancano alle ali, a volte sono invece da queste sostituite.

Si narra che Garuda fosse figlio del saggio Kasyapa e di Vinata. Essi ebbero due figli: Garuda e Aruna, il cocchiere del sole. La sorella di VinataKadru, era invece madre dei Naga, che, pur essendogli cugini, sono i più acerrimi nemici di Garuda. L'inimicizia ha ragioni congenite, e legate proprio alle due sorelle: si narra che Kadru deponesse 1000 uova, e la sorella solo due; le prime si schiusero dopo 500 anni, dando vita ai mille Naga. Vinata, rosa dalla gelosia per la ricca prole della sorella in confronto alla sua così misera, gelosia cui si aggiungeva lo smacco di non avere neanche potuto ancora vedere i propri figli, rompe il primo uovo, per affrettarne la venuta al mondo. Nasce così Aruna, che però viene al mondo deforme, e che maledice la madre per la sua impazienza, e la condanna a restare schiava della propria sorella per altri 500 anni, finché non si schiuderà il secondo uovo, da cui nascerà colui che la libererà e dai cui gusci spezzati nasceranno gli otto elefanti cosmofori. Infatti, a tempo debito nasce Garuda che, per liberare la madre, è costretto a pagare a Kadru, come riscatto, l'Amrita, bevanda dell'immortalità, che essa vuoi dare ai suoi figli Naga. Garuda riesce nell'impresa di rapire la bevanda agli dei, superando varie prove; troviamo qui delle straordinarie assonanze con altri miti occidentali: per esempio con quello assiro dell'uccello Zu, rapitore delle tavole del destino; o quello di Etana, portato in cielo da un'aquila per portar via la "bevanda di vita"; oppure col greco Ganimede, anche lui portato in volo da un'aquila tra gli dei, dei quali diviene il dispensatore dell'ambrosia, bevanda dell'immortalità, legata anche etimologicamente all'Amrita. Garuda riesce dunque a trafugare la bevanda magica (impresa che gli varrà il titolo di amritaharana, ladro di amrita), e la porta a Kadru, liberando così la propria madre Vinata. Ma non appena questa è libera, Garuda riesce con un trucco a distrarre Kadru, permettendo ad Indra di riprendersi l'amrita, che viene dunque negata ai Naga: di qui la profonda inimicizia tra questi esseri. 

Bisogna tuttavia far notare che il conflitto mitico tra l'uccello e il serpente è presente praticamente in tutte le tradizioni del mondo, ed ha la sua origine nelle opposte valenze simboliche dei due animali: aereo, solare e legato al mondo superiore uno, immagine della stessa leggerezza e della libertà; terreno o acquatico l'altro, legato alle profondità, agli elementi pesanti, alle difficoltà di movimento. Garuda e i Naga formano una inscindibile coppia di opposti, indispensabile complemento delle concezioni cosmogoniche. Ciò si intravede esaminando il rapporto che entrambi hanno con Vishnu. Garuda è il veicolo per eccellenza del dio e di alcune sue incarnazioni, come Rama. Ma il rapporto è assai più stretto di quello tra cavalcatura e cavaliere se consideriamo che da un lato esistono indizi per ipotizzare una valenza ornitomorfa nel dio, il cui stesso nome potrebbe significare "uccello"; dall'altro che in ben due incarnazioni il dio prende l'aspetto di Garuda (sono la nona, Vinhangama, e la diciottesima, Amritaharana, cui abbiamo fatto cenno poco sopra). D'altro canto sappiamo anche quanto sia stretto il rapporto tra Vishnu ed il Naga cosmogonicoAnanta, il cui compito è ugualmente di sorreggere il dio. I ruoli dei due esseri vengono quasi a coincidere: quando Vishnu dorme, èAnanta il suo giaciglio; quando è desto è invece Garuda il suo veicolo. Questa forma di riconciliazione tra i due opposti è percepibile anche in alcune sculture in cui Garuda appare adornato dal tipico "cappuccio" Naga, che fuoriesce dalla sua vita. 

Va fatto notare che mentre finora abbiamo considerato Garuda un essere personale ed unico, secondo alcuni testi esisterebbero diverse migliala di Garuda, di cui il nostro è semplicemente il capo. Il Saddharma-Pundarika parla addirittura di migliala di miriadi di miliardi di Garuda. Tuttavia, questa è solo una concezione leggendaria di interesse secondario, che non influisce sulle considerazioni generali fatte sopra. Devo infine far notare come questa figura altamente suggestiva e ricca abbia trovato un fertile terreno di espansione in tutto l'Oriente. La troviamo quindi in Cambogia, in tutta l'Indocina, in Cina, in Giappone ed in Tibet (Da Internet).

 

ANTILLE OLANDESI

 

1967  (374/7)  Fiabe: La principessa col naso lungo.  La tartaruga e la scimmia. Il ragno e la tigre. Il re in pallone. 

 

 

 

ARGENTINA

 

1947 (490)  La caduta di Icaro.  Nell'isola di Creta il re Minosse aveva chiesto a Dedalo di costruire il labirinto per il Minotauro. Avendolo costruito, e quindi conoscendone la struttura, a Dedalo e suo figlio fu preclusa ogni via di fuga da Creta da parte di Minosse, poiché temeva che ne fossero svelati i segreti e vennero rinchiusi nel labirinto.

Per scappare, Dedalo costruì delle ali con delle penne e le attaccò ai loro corpi con la cera. Malgrado gli avvertimenti del padre di non volare troppo alto, Icaro si fece prendere dall'ebbrezza del volo e si avvicinò troppo al sole; il calore fuse la cera, facendolo cadere nel mare dove morì. Il padre arrivò sano e salvo in Sicilia dove costruì un tempio dedicato ad Apollo, in memoria del figlio. Il corpo di Icaro non poté essere recuperato, con conseguente impossibilità per la sua anima di accedere nel regno di Ade.

 

2004  (2482/5)   Leggende:El Pehuen.  Una leggenda della tribù Mapuche narra che il  Il dio  Nguenechén donò alla “gente della terra” i grandi boschi di araucarie (pehuén), alberi sacri con cui gli aborigeni conversavano, a cui offrivano doni e confessavano le loro cattive azioni. I frutti non venivano utilizzati perché si credeva fossero velenosi, ma soprattutto perché erano considerati proprietà esclusiva del dio. Quando arrivò una grave siccità e con essa una grande scarsezza di alimenti, la gente dovette cibarsi di radici, erbe, foglie... Si era alla fame, vecchi e bambini morivano come mosche. Un giorno, un giovane allo stremo delle forze incontrò un anziano dalla gran barba bianca.

 “Hai fame.

“Tanta! Tutta la tribù muore di fame”

“Mangia i pinoli dell’araucaria!”

 “I frutti dell’albero sacro? Non si può. E poi sono velenosi!”

 “Mangiali e falli mangiare, sono un dono di Nguenechén”. E sparì.

Il giovane raccolse allora una gran quantità di pigne usando il suo poncho come un sacco e le portò al cacique, raccontandogli quanto gli era successo. “Mangeremo il frutto dell’albero sacro, poiché è un dono di Nguenechén”, sentenziò il Jefe.

Da allora i mapuche si nutrirono dei pinoli, che si rivelarono più sostanziosi della carne. Il pericolo della morte per fame era debellato. Non solo. Con i pinoli impararono a fare il chahuí, una forte bevanda fermentata. Inoltre da allora, ogni mattina, appena usciti dalla ruca (casa) si riuniscono a pregare rivolti al sole, con in mano un pinolo o un rametto di araucaria:

“A te dobbiamo la nostra vita, ti ringraziamo, o nostro Padre, che non faccia morire gli alberi di araucaria, che si propaghino come si propagano i nostri discendenti, la cui vita ti appartiene tanto quanto ti appartengono gli alberi sacri”. 

Un’altra leggenda dice che il Pehuen era un minuscolo Troll (genietto dispettoso malefico) che si divertiva a giocare scherzi agli uomini

La Yacumama.  La Yacumama è la madre delle lagune. Quando muore o le abbandona queste vengono invase dalla vegetazione arborea e scompaiono. Nei monti che circondano le paludi vivono i diavoletti chiamati Syhapshico o Chullachaqui, i quali possono trasformarsi in uomini sotto forma di nani.    

La Pachamama. La Pachamama è la madre della Terra, sposa di Pachamac il dio del cielo. Rimasta vedova con un figlio e una figlia errò tra i monti e si imbatté  in un uomo, Wakon, che tentò di sedurla. Respinto, uccise la donna e se ne cibò.  I figli vendicarono la madre e Pachamac, dall’alto dei cieli, approvò la loro vendetta e trasformò i figli nel Sole e nella Luna. La Pachamama o  Mama Pacha era la Madre Terra dei chincha del Perù. Era addetta alla sorveglianza delle colture e dei raccolti. Qualcuno la descrive come un grosso drago che causa i terremoti. Il dio supremo Pachacamac nacque da lei. Viene anche considerata come sua sposa

La defunta Correa. Lungo alcune strade della pampa sono stati innalzati altarini dedicati alla Defunta Correa.  Una leggenda racconta  la  tragica morte di una donna. Vedendo che il marito non ritornava a casa, si mise alla sua ricerca. Con sé portò la bimba di pochi mesi. Essendosi dimenticata di portarsi dietro dell’acqua, camminando per giorni sotto il sole cocente,morì disidratata. Non così la bimba che, invece, sopravvisse attaccata al suo seno.

 

2014 (3044).  Il fiore del Ceibo. La leggenda del CEIBO, fiore nazionale argentino,  “racconta la leggenda, tramandata oralmente, che in una tribù guaranì, bellicosa e guerriera, che abitava lungo il fiume Paraná vi era una ragazza dall' aspetto rude e bruttino , ma era audace e coraggiosa, di animo nobile e possedeva una voce meravigliosa; il suo nome era Anahí. Lei cantava con molta dolcezza le canzoni inspirate ai suoi dei ed all'amore per la terra di cui erano padroni, e tutta la tribù rimaneva assorta ascoltandola. 

Ma arrivarono i conquistatori spagnoli, gli agguerriti uomini bianchi, che rasero al suolo il loro accampamento, strappando loro la terra, gli idoli e la loro libertà. Anahí lottò insieme ai guerrieri del suo popolo, per difendere la sua famiglia e tutta la comunità. E lo fece con incredibile bravura e coraggio, rivelandosi una grande guerriera e svegliando ammirazione sia nei difensori sia negli attaccanti. Ma per quanto lottassero le armi degli invasori ebbero la meglio, e fra i sopravissuti anche Anahí fu pressa prigioniera e portata via legata per paura della sua ribelle forza di lottare.
Dopo diverse giorni di dolore, sofferenza e pianti, finalmente una notte, la sentinella, incantato dal suo dolce canto si addormentò e Anahí non si fece sfuggire l'occasione di scappare; solo che un'altro soldato spagnolo la vide fuggire e diede l'allarme. Inseguita, fu ben presto raggiunta e nuovamente catturata e condannata a morire sul rogo.

Una notte di luna piena, Anahí fu legata ad un palo e sotto di lei la catasta di legna comincio a prendere fuoco; non un grido, non un pianto, non un lamento: il sacrificio della sua morte era l'eredità che lasciava al suo popolo e doveva servire d'esempio per continuare nella lotta per la loro libertà. 
C'è chi racconta che all'alba, quando il fumo ormai era svanito, dalle ceneri si levarono delle fiammelle rosse che si sollevavano quasi danzando; al posto del palo si ergeva una rigogliosa pianta dalla foglie verdi lucenti e le fiammelle diedero il posto a grappoli di fiori rossi...il sangue di Anahì che sgocciolava. Il Ceibo rappresenta l'anima indomabile di una stirpe che non vuole morire" ed Anahí una delle tante donne coraggiose che hanno lottato per la libertà.”

(Pubblicato da La Granja de Adriana)

 

2014 (3045). Il vento di Zonda.  Noto in Argentina come Zonda, è simile al föhn o foehn nelle Alpi europee. Questo vento soffia molto spesso dalle cime e crinali delle Ande cilene, trascinando detriti e polveri sul versante orientale della cordigliera delle Ande. Lo Zonda è un vento secco che nasce  inizialmente al Polo Sud, , le acque dell'Oceano Pacifico lo rendono moderatamenta umido, ma perde la sua umidità nell'ascesa con espansione, raffreddamento e condensazione del vapore in acqua piovana che precipita sotto forma di neve per lo più sulle montagne del Cile (con crinali alti più di 4000 metri, e picchi oltre i 6000, ed in seguito subisce una compressione e riscaldamento nella discesa dai crinali, fino alla Patagonia e le Pampas. Il vento zonda può superarare i 120 km/h.

Antiche leggende degli Aymara raccontano che Huayra Tata, dio del vento, comanda le brezze, i venti e le bufere di neve che invadono le montagne, le scogliere e le colline del altipiani andini. Si narra che Huayra Tata risiede nel profondo delle alte vette e le valli, le lascia loro solo per dimostrare il suo potere a sua moglie, Pachamama, dea della madre terra. Con il suo potere Huayra Tata è stato in grado di sollevare le acque dal lago Titicaca e la pioggia giù sulla fertile Pachamama. Quando Huayra Tata dorme, le acque ed i fiumi rimangono tranquilli.

 

  

ARMENIA

 

1994  (205/8) Mitologia: Shivini.  E' la madre di tutti ed è la protettrice del focolare domestico, degli innamorati e dei bisognosi, a lei ci si rivolge per avere un figlio e per guarire da una malattia.
Chi è devoto a Shivini cerca soprattutto armonia e serenità.

Tayshabha, dio degli elementi. 

Khaldi, Dio supremo. 

 

1997  Leggende:  Haik o Arà il Bello.  Nella mitologia armena è figlio di Aram, 1769-1743 a.C., capostipite della nazione armena (chiamata hay, haikazean, oppure Haik, nome maschile molto diffuso). La tradizione popolare narra che la regina assira Shamiram (Semiramide) s’innamorò del re Arà (Haik) il quale la respinse. Per vendetta Shamiram proclamò guerra all’Armenia catturare il re Arà. Durante la battaglia il re fu ferito a morte. Trasportato nel palazzo reale da Shamiram, Arà morì. La regina, disperata, si vestìsun di sé il ricordo dell’uomo amato.  . Per gli armeni Arà (Haik)  è considerato il Dio della bellezza, della fertilità e della forza.  

E' anche il nome armeno della costellazione di Orione. il leggendario  fondatore della nazione armena. Figlio di Torgoma,visse a lungo presso la corte babilonese. Dopo l’ascesa al trono dell’arrogante Titanid Bel, Hayk emigrò e partì verso la regione dell’Ararat dove fondò il villaggio che da lui prese il nome, Haikashen. Titanid inviò uno dei suoi figli affinché lo convincesse a ritornare a corte, ma ottenne un netto rifiuto.  Il re allora decise di costringerlo con la forza e partì con un esercito.  Hayk, avvertito, radunò i suoi guerrieri sulle rive del lago di Van.

La canzone di Vahag  Il drago assassino Vahag era una divinità armena. In un primo tempo formava una triade con  Aramazd ed Anahit. Quando le idee di Zoroastro cercarono di mutare il pantheon armeno il culto di Vahag rimase.   Vahag combatté e vinse alcuni draghi ottenendo così il titolo di cacciatore di draghi.  È stato invocato come dio del coraggio e identificato con il greco  Herakles. Era inoltre un dio-sole,  rivale di Baal-shamin e Mihr.

2000    (334/5)  Fiabe: L’oca decapitata.  Il re e il venditore ambulante   

 

 

ASCENSION

 

2011 (1042/5)  Mamma l’oca e un fanciullo che vola su un cigno (Perrault). Jack e l’arpa d’oro mentre scende  da un fagiolo magico (Fiaba inglese).

Il padre di Jack essendo molto ricco, donava parte del suo denaro alle persone povere. Un gigante egoista, venuto a sapere che c´era quest´uomo, si trasferì da quelle parti. Il padre di Jack ospitò il gigante in casa sua, ma il gigante ne approfittò e con una scusa lo uccise. Jack voleva vendicare la morte del padre. Jack attraverso la pianta di fagioli salì più volte al cielo entrando nella casa del gigante e rubandogli ogni volta qualcosa: la gallina, l´arpa e le monete. Il gigante era cattivo, crudele, non portava rispetto per la moglie ed era cannibale. Jack scendendo dalla pianta vide il gigante che lo inseguiva. Quando fu a terra prese la sua accetta e recise la pianta, cosi il gigante cadde a terra morto.

Aladino e Jasmine su un  tappeto volante (dalle Mille e una notte) . Cenerentola (Perrault).

 

AUSTRALIA

1994   (1375/8) Leggende australiane. Il misterioso ed affascinante mondo della tradizione orale aborigena è oggetto di studi e ricerche da parte di molti scrittori e studiosi australiani. Tuttavia molte delle loro storie e leggende rimarranno probabilmente per sempre gelosamente custodite dai discendenti delle varie tribù, riluttanti a raccontare i loro segreti all'uomo bianco che per secoli li ha emarginati, sfruttati e cacciati dalle loro terre. Come spiega A.W.Reed nel suo libro Aboriginal myths, legends and fables, le tipologie di storie tramandatesi nel corso dei millenni che conosciamo possono riassumersi in Miti, Leggende e Favole (queste ultime sono semplicemente le storie raccontate nelle caverne, senza nessuna particolare nozione sulla storia tramandata dalle singole tribù).    I Miti sono storie che trattano l'origine del mondo e della natura, e si dividono in:

- Miti della creazione (come è nato il mondo);   Miti degli antenati (come sono stati creati i nostri antenati);  Miti del Gran Padre (chi è e come ha operato il creatore di tutte le cose)

I miti del Gran Padre, sicuramente influenzati dagli insegnamenti dei primi missionari giunti in Australia intorno alla prima metà del 1800, narrano di una figura superiore, il Padre, che viene affiancato dal Figlio per realizzare sulla terra i desideri divini. Ogni tribù ha attribuito un nome specifico al Padre ed al Figlio: Baiame e Daramulun (tribù ya-itma-thang degli altopiani e regioni del sud-est); Nooralie e Gnawdenoorte (tribù della regione del fiume Murray); Mungan Ngo.ur e Tundun (tribù Kurnai del Queensland); Bunjil e Bimbeal (tribù Kulin e Wotjobaluk); Ern-mehial e Wirtin-wirtin-jaawan (tribù Mara del Western desert).

Le Leggende narrano le gesta degli antenati, ritenuti un incrocio fra animali e uomini, e degli effetti delle loro azioni sulla "madreterra".Le tipologie di antenati comprendono: - i rettili (protagonista fra tutti il Rainbow Snake ritenuto simbolo della pioggia e della fertilità); gli abitanti degli alberi (i Koala e gli Opossum);  i coccodrilli;  i corvi; altri animali (canguri, wallabies…)

Il Bunyip  Mugghiante mostro acquatico delle leggende aborigene, che si crede portatore di malattie. Vive nelle buche d'acqua, nelle paludi, nei laghi e nei fiumi dell'entroterra australiano. È una creatura pressappoco delle dimensioni di un vitello e ha bisogno di acque tranquille per poter vivere. A meno che non si interferisca con le sue fonti di cibo, il bunyip è solito lasciare in pace gli esseri umani. Tuttavia, in caso di necessità, ha la forza di trascinare una persona in acqua e farla annegare. Il nome deriva da una parola aborigena che significa "diavolo" o "spirito". La scienza tende a considerarlo alla stregua di animali poco conosciuti, come le foche, i cui versi sono scambiati per le grida di tarabusi.

1997(1604/7) Leggende: Dumbt the Owl.

Si racconta che in tempi molto remoti,  ai margini  di una radura circondata da alti alberi,  viveva una tribù di aborigeni.  Un gruppo di ragazzi girovagavano per il bosco in cerca di nidi .Uno di essi, salito su un albero, trovò un piccolo gufo rannicchiato nel cavo di un albero.  Il suo nome era Dumbt. Per divertirsi lo lanciarono verso l’alto, impedendogli di ritornare a terra. “Vogliamo vedere quanto in alto potrai arrivare” dissero.  Il povero gufo, con le sue piccole forze,  volò in alto, sempre più in alto e si perse tra le nubi.  Di lui non si seppe più nulla.  Quando lo Spirito-Lucertola vide ciò che i bambini avevano fatto a Dumbt, radunò tutte le nubi e scatenò il caos. Ci furono  grandi tempeste e l’acqua scesa dal cielo causò numerose inondazioni. La gente  cercò di fuggire, ma nessuno potè salvarsi, tranne  un uomo e una donna che, afferrata la coda di un canguro  gigante, furono trasportati con lunghi e prodigiosi salti in una terra nuova.  Da loro ebbe inizio una nuova tribù.

The two Wikky Willies. Negli Stati Uniti sud-occidentali i vortici di sabbia scatenati dalla vento in terreni sabbiosi sono definiti, “diavoli di polvere”, "diavolo ballerini", "diavoli sporchi". In Australia si usa il termine "willy-willy" o "whirly-vorticoso".

Nei miti aborigeni, i willy sono presenti sotto forme spirituali.  Si tratta spesso di spiriti abbastanza spaventosi. In campo educativo i genitori li usano per mettere in guardia i  figli che, se si comportano male, potranno vederli  emergere all’improvviso per castigarli.  C'è una storia in cui i willy sono collegati ai brolga, spiriti cattivi che  discendono  dal cielo per catturare  i giovani  e rapirli assumendo la forma di un willy. 

How Brolga. Il Brolga (Grus rubicunda) è una gru color grigio chiaro, alta circa 1,8 metri di altezza, ha un lungo becco dritto, con le gambe lunghe di colore scuro e un'apertura alare di circa 2 metri.  Il suo aspetto cambia con l'età. Fino a 10 mesi hanno un colore grigio e la testa completamente piumata. Dagli 11 ai 22 mesi a poco a poco la loro testa perde acquista  un color rosso-arancio.

Il brolga è citato nella mitologia australiana. Una leggenda racconta che un giorno l’Uomo-Brolga iniziò a discutere con la Donna-Emù a proposito della quantità di luce da riversare sulla terra. Per l’Uomo-Brolga la quantità era sufficiente mentre per la Donna-Emù era scarsa. La sua posizione era comprensibile. La Donna-Emù era originaria delle Stelle e,  quindi, abituata ad una luminosità ben più intensa.  Il litigio continuò e trascese in una disputa violenta. D’un tratto la donna-Emù prese un uovo dell’Uomo-Brolga e lo scagliò verso nel cielo, in direzione del Sud.  L’uovo di Brolga, rompendosi,  creò la Donna-Sole  e l’arcobaleno.  In verità l’Arcobaleno era un poco strano, perché rimaneva legato all’acqua sacra che cadendo dal Padre-Cielo fertilizzava la Madre-Terra. Si chiamava Pulway, cioè Padre del Padre  in quanto  era contemporaneamente fallo divino e grembo divino.

La Donna-Sole stabilì la propria dimora ad est e preparò una torcia di corteccia d’albero  da portare accesa  attraverso il Cielo. Ma prima di esporsi, essendo una Grande Dea, si decorò con finissima polvere di ocra rosea, spandendosi nel cielo e colorando tutte  le nuvole  presenti nello spazio. Nacque così l’alba del mondo. Un kookaburra intona il suo canjto e la luce appare per illuminare la Terra. [N.d.A. Il kookaburra è un uccello che abita anche nelle zone abitate. La loro assenza di timore verso gli esseri umani e i loro richiami penetranti hanno reso questi uccelli molto popolari in Australia, dove sono considerati alla stregua di un simbolo nazionale].

Became a Tuggan-Tuggan 

LA GREVILLEA GINEPRINA (Leggenda Australiana). (da Internet: Racconto di Susan Petrilli)

Tuggan-Tuggan era un cacciatore della tribù della Baia di Moreton. Un giorno, mentre cercava cibo, armato di boomerang, incontrò per caso una grevillea, [arbusto sempreverde originario dell’Australia] esile e molto bella. Tuggan-Tuggan s'innamorò della bellissima grevillea. Sentiva che era infelice, e le chiese che cosa le accadesse. La grevillea scosse le sue foglie verdi argentate nel vento e raccontò al cacciatore quanto desiderasse avere un mantello per coprire le sue foglie tremolanti e tenerle calde. Tuggan-Tuggan promise di aiutarla. Ogni giorno, invece di cacciare cibo, cercava un mantello per coprire la bellissima grevillea. Gli anziani della tribù si adirarono con Tuggan-Tuggan quando videro che tornava ogni giorno dalla caccia a mani vuote. Alla fine gli dissero che se non avesse portato cibo alla tribù, sarebbe stato punito. Ma Tuggan-Tuggan non ci fece caso, e continuò a cercare un mantello per la sua triste, incantevole grevillea. E un giorno gli anziani decisero che era arrivato il momento di punirlo. Quando Tuggan-Tuggan ritornò al campo, gli presero il boomerang e lo lanciarono alto in aria. Dissero a Tuggan-Tuggan che, siccome il  suo boomerang per la caccia non gli serviva, non doveva mai più a tornare al campo. E lo cacciarono. Tuggan-Tuggan guardava il suo boomerang mentre volava via, lontano  dal suo campo visivo, e decise allora che avrebbe seguito la sua traccia per ritrovarlo. Infatti, egli amava il suo boomerang quanto amava quella grevillea alta e infreddolita. Egli viaggiò per tutta la terra cercando ovunque il suo boomerang perduto, e mentre camminava cercava anche un mantello per la grevillea che rabbrividiva dal freddo. I suoi viaggi lo portarono lontano. Ma non poteva cacciare nemmeno per se stesso senza il suo boomerang, e senza carne si ammalò, si affaticò e perse tutte le sue forze. Barcollando riprese la lunga strada del ritorno, e quando finalmente raggiunse di nuovo la sua bellissima grevillea, egli sapeva che stava morendo.Allora Biami lo Spirito Buono che conosceva l'amore di Tuggan-Tuggan per l'albero,  impietosito, lo trovò e lo  restituì a Tuggan-Tuggan.. Ormai moribondo, Tuggan-Tuggan disse alla grevillea: «Questa è l'ultima volta che io potrò usare il mio boomerang. Dato che non ho potuto trovare un mantello per te, lancerò il mio boomerang fra i più alti dei tuoi rami. Ti riscalderà e ti renderà felice». E quando egli lanciò il boomerang, questi girò intorno alla grevillea e toccò tutte le verdi foglie tremolanti, quindi irruppe in mille pezzi dorati che ricoprirono tutti i rami. Così il boomerang si trasformò in un mantello dorato per la grevillea, che da quel tempo è rimasta calda e felice. E Tuggan-Tuggan morì realizzando il suo desiderio. (da Internet: a cura di Susan Petrilli).

(NdC) Il boomerang  (termine inglese di origine australiana) oltre a servire come arma che ha la  caratteristica di tornare al punto di lancio quando non colpisce il bersaglio, è presso molte comunità  utilizzato come strumento musicale. Infatti, battendo insieme due boomerang si ottiene un accompagnamento ritmato nelle cerimonie rituali, creando una connessione tra danza e canto. Nella mitologia degli Aborigeni australiani il boomerang fu modellato originariamente da un albero tra cielo e terra; simbolizza l'arcobaleno e quindi il serpente arcobaleno; la curva è il collegamento tra gli opposti, tra

2000    (2059/64) Leggende  australiane: La foresta tropicale magica.  Gli esseri fantastici che la popolano

2011        (3491/6 + BF 149) Creature presenti in antiche leggende, fiabe e racconti orali di paesi europei ed extraeuropei. . Una fata.. Un Troll.  Una sirena. Un grifone. Un liocorno.

 

AUSTRIA

 

1926 (368/73)  1981  (1495) 

Leggenda:

I Nibelunghi.   

Sul principio del secolo tredicesimo venne composto nella regione danubiana un poema narrativo di 2300 strofe circa dal titolo Die Nibelunge Not, poi mutato in Die Nibelunge Lied. Il poema tratta del tradimento di cui è vittima l’eroe Sigfrido e della vendetta di sua moglie Crimilde. L’autore del poema è ignoto. Si tratta di una leggenda fiorita tra il popolo e tramandata oralmente, arricchendosi col passar degli anni di sempre nuovi episodi. Il poema può essere diviso in due nuclei: il primo racconta le vicende di Sigfrido che aiuta Gunter a conquistare la forte Brunilde, ottenendo in cambio la mano della sorella Crimilde e di come viene ucciso dalla offesa Brunilde. La vicenda si svolge a Worms sulle rive del Reno. 

Il secondo nucleo si svolge a Etzelburg, nella reggia di Attila, sulle rive del Danubio, e narra  della vendetta della spietata Crimilde, divenuta moglie del capo degli Unni, contro i propri fratelli e contro Hagen uccisore di Sigfrido.

All’epica germanica si ricollegano altri poemi e saghe come il poema scandinavo dell’Edda, la Wolsungasaga  anch’essa scandinava. Ed è anche attraverso questi poemi che si può ricostruire la forma antica della leggenda.

Sigfrido (che nelle fonti nordiche viene chiamato Sigurd) giunge presso i Gibichunghi e diviene loro fratello d’armi. In un’avventura segue Gunter che ha deciso di conquistare Brunilde, la vergine che vive in un castello splendente, circondato per incantesimo da una barriera di fuoco. Brunilde apparterrà solo a chi riuscirà a superare indenne la barriera. Gunter tenta ma non vi riesce.   Allora Sigfrido, assunto l’aspetto di Gunter, passa oltre la barriera di fiamme, conquistando così la mano di Brunilde. Ma fedele alla parola data, giace per tre notti con la donna ma sul letto, tra lei e la donna, pone la sua spada perché non   vuole tradire Gunter. Sigfrido si limita a togliere a Brunilde un anello, che poi ha l’imprudenza di farne dono a Crimilde (Gudrun nelle saghe nordiche) divenuta sua sposa. Mentre un giorno le due regine si bagnano nel fiume, scoppia una contesa e Brunilde viene a conoscenza dell’inganno e che a conquistarla era stato Sigfrido e non Gunter. I Burgundi e il feroce Hagen, loro maestro d’armi, decidono di sopprimere Sigfrido che viene ucciso durante una caccia, colpito nell’unico punto vulnerabile del suo corpo. Il corpo viene riportato nel suo letto a fianco della moglie dormente. Quando questa si sveglia si trova immersa nel sangue dello sposo. Solo più tardi Brunilde, dopo aver proclamata l’innocenza di Sigfrido  rimasto sempre fedele alla moglie, si toglie la vita.

 Nel poema Edda si trova anche un’altra storia su Sigfrido e l’oro maledetto conquistato dall’eroe. Narra che i tre dei Odino, Loki e Hönir giungono ad una cascata dove nuota una lontra. Loki la uccide con una sassata e le toglie la pelle. La sera pernottano presso un  contadino, gli mostrano la pelle e questo riconosce in essa la pelle di suo figlio trasformato in lontra per incantesimo. Chiama i suoi figli Fafnir e Regin e fa prigionieri i tre stranieri, i quali promettono di riscattarsi ricoprendo la pelle con oro. Loki viene inviato alla ricerca e trova l’oro, rubandolo al nano Andvari, unitamente ad un anello magico che il nano vorrebbe tenere per sé. Mentre Loki si allontana il nano scaglia una maledizione sull’oro. Ritornato nella capanna dove si trovano prigionieri i suoi amici, il contadino fa notare che non tutta la pelle della lontra è coperta dal biondo metallo. Un pelo è rimasto fuori per cui chiede anche l’anello. Fafnir e Regin, i due fratelli, vedendo tutto quell’oro se ne impadroniscono, uccidendo il padre. Poi  Fafnir, tramutatosi in drago, ruba a sua volta il tesoro al fratello e si reca nella selva Gnithaide per nasconderlo. Regin allora ricorre a Sigfrido per vendicarsi e Sigfrido uccide il drago, Regin gli toglie il cuore per cibarsene e lo arrostisce. Incautamente Sigfrido  tocca con un dito il grasso gocciolante e per il bruciore se lo mette in bocca. All’improvviso si accorge di riuscire a comprendere il linguaggio degli uccelli i quali gli comunicano che Regin ha intenzione di ucciderlo. Sigfrido lo precede, lo uccide e si porta via il tesoro cavalcando il suo cavallo Grani.

Dopo la conquista del tesoro si reca dalla Walkiria Brunilde cui giura fede eterna. Ma giunto alla corte del Reno dove regnano Gunter , Hagen e Gernot, gli viene dato da Crimilde il beveraggio magico della dimenticanza, e così manca alla fede giurata a Brunilde.

Questa leggenda, oltre alla fantasia, può avere un riscontro storico. È, infatti, da tener presente che nel 437 i Burgundi subirono una sconfitta da parte degli Unni. Nel 453 il capo degli Unni fu ucciso nel letto accanto alla propria consorte germanica Hidiko. Situazione sfruttata da qualche poeta e inserita nella leggenda.

Un altro aspetto della leggenda lo si trova ancora nell’Edda dove ricompaiono gli eroi precedenti in nuove avventure.

I Gibichunghi, dopo la morte di Sigfrido, hanno dato in sposa Crimilde ad Attli (Attila) re degli Unni. Il tesoro di Sigfrido è rimasto nelle mani dei Nibelungi. Hagen e il fratellastro Gunner, figlio della stessa madre e di una creatura semidivina, l’hanno celato in un posto sicuro in fondo al Reno. Attila invita i due cognati a corte con l’intenzione di farsi svelare il nascondiglio. Hagen vorrebbe respingere l’invito ma, per non essere tacciato di codardia, parte con Gunner e altri due fratelli, Nel viaggio la sorella cerca di  metterli in guardia, ma il monito arriva tardi e quando al banchetto in loro onore Attila chiede dove si trova il tesoro, non rispondono e vengono assaliti dai guerrieri Unni. I due fratelli nel difendersi rimangono uccisi. Hagen fa strage attorno a sé ma viene legato. Gunter, messo in ceppi, dice che non rivelerà nulla finché il fratello sarà in vita per cui Attila fa strappare il cuore a Hagen che muore ridendogli in faccia. Nel vedere il cuore del fratello Gunter esulta perché ora sa che il tesoro non verrà mai trovato. Attila lo fa gettare in una fossa di serpenti velenosi che l’eroe tiene a bada col suono di una lira fornitagli dalla sorella. Ma alla fine viene morso. Dopo la morte dei fratelli  gli Unni banchettano e Crimilde offre allo sposo una vivanda da lei confezionata. Dopo che Attila ha mangiato, gli svela di avergli servito il cuore dei suoi figlioletti da lei stessa trucidati Tutti piangono. Solo la madre non ha lacrime. In seguito, dopo che Attila si è addormentato, Crimilde lo trafigge con la spada, appicca il fuoco alla grande sala e muore essa stessa insieme a tutti gli unni presenti.

(Emissioni di altri Stati: Boemia e Moravia; Isola Faeroer (1998); Germania (1933); Uruguay (2001)

1947 (681) Ninfa Egeria. E’ una delle ninfe Camene. Secondo la leggenda, fu amante, consigliere (sulle leggi religiose) e in seguito moglie del re Numa Pompilio. Quando il re morì, Egeria si sciolse in lacrime, dando vita a una fonte (...donec pietate dolentis / mota soror Phoebi gelidum de corpore fontem / fecit... Ovidio, Metam. XV 549-551), che divenne il suo luogo sacro, e che la tradizione identifica con la sorgente esistente presso la Porta Capena, vicino Roma. A Egeria venivano offerti sacrifici da parte delle donne incinte per il buon esito del parto.

Alla sua figura è stato dedicato l'asteroide 13 Egeria.

 

1961 (937)  Mercurio  o Ermete.  E’ il nome del dio dell'eloquenza, del commercio e dei ladri, della mitologia greca e romana. Essendo il messaggero degli dèi viene spesso raffigurato con le ali ai piedi.

Nella mitologia romana Mercurio rappresenta non solo per la sua velocità i ladri ma è anche il dio degli scambi, del profitto del mercato e del commercio, il suo nome latino probabilmente deriva dal termine merx o mercator, che significa mercante.

Nella mitologia greca Mercurio, figlio di Zeus e della ninfa Maia, era il messaggero degli dèi, dio protettore dei viaggi e dei viaggiatori, della comunicazione, dell'inganno, dei ladri, dei truffatori, dei bugiardi, delle sostanze, della divinazione. Tra gli altri ruoli, Hermes era anche il portatore dei sogni e il conduttore delle anime dei morti negli inferi.

 

1984 (1607)  Dioniso-Bacco. Inizialmente fu un Dio arcaico della vegetazione, in particolare legato alla linfa vitale che scorre nei vegetali, la linfa che si ritrae nel mondo ctonio durante i mesi invernali e che poi torna a scorrere vivida in quelli estivi, ed infatti gli erano cari tutti quei frutti ricchi di succo dolce, come l'uva, il melograno o il fico. Successivamente venne identificato in special modo come Dio del vino, dell'estasi e della liberazione dei sensi, quindi venne a rappresentare l'essenza del creato nel suo perenne e selvaggio fluire, lo spirito divino di una realtà smisurata, l'elemento primigenio del cosmo, l'irruzione spirituale della zoé greca, ossia l'esistenza intesa in senso assoluto, il frenetico flusso di vita che tutto pervade. Questo dio rappresenta in particolare lo stato di natura dell'uomo, la sua parte animale, selvaggia, istintiva, che resta presente anche nell'uomo più civilizzato, come una parte originaria insopprimibile, che può emergere ed esplodere in maniera violenta se viene repressa anziché compresa ed incanalata correttamente.

 

1991 (MI 1090) Il trionfo di Ariadne (Arianna) Il mito di Arianna e Teseo è raccontato in varie versioni. In una si narra che Arianna si innamorò di Teseo quando egli giunse a Creta per uccidere il Minotauro nel labirinto. Arianna diede a Teseo un gomitolo di lana (l'eponimo e proverbiale filo d'Arianna) per poter segnare la strada percorsa nel labirinto e quindi uscirne agevolmente. Arianna fuggì con lui e gli altri ateniesi verso Atene, ma Teseo la fece addormentare per poi abbandonarla sull'isola di Nasso. In ogni modo, durante le loro passioni segrete, Arianna concepì dall'eroe alcuni figli, Demofoonte e Stafilo.

In un'altra versione, Arianna al risveglio vide la nave di Teseo allontanarsi ma il dolore dell'abbandono fu di breve durata poiché giunse Dioniso su un carro tirato da pantere che, conosciutala, volle sposarla. Secondo un'altra variante ancora fu il dio stesso a ordinare a Teseo di abbandonare Arianna per averla in sposa. Dagli amori di Dioniso e Arianna nacquero Toante, Stafilo, Enopione e Pepareto.

Per le nozze, Dioniso fece dono ad Arianna di un diadema d'oro creato da Efesto che, lanciato in cielo, andò a formare la costellazione della Corona Boreale.

Le varie versioni sono accomunate da un comportamento meschino da parte di Teseo che appare inspiegabile; quindi sembrerebbe che una parte del mito originario sia andata perduta. Esiste un'ulteriore versione della tradizione secondo la quale Dioniso ordinò ad Artemide di uccidere Arianna sull'isola di Nasso. Infine c'è un'ulteriore tragica versione, dove si dice che Arianna, sopraffatta dal dolore della perdita del suo amato Teseo,  si sia uccisa gettandosi in mare.

1997 (2041)  Leggenda: La castellana crudele di Forchenstein.  La leggenda è legata al castello di Burg Forchtenstein, situato a 20 chilometri da  Eisenstadt. Il famoso castello fu costruito nel XIX secolo e ampliato in seguito dalla famiglia Esterhazy che lo acquistò.

 

1997 (2055)  Leggenda: Il drago di Klagenfurt.  Narra una leggenda che la città sorse in mezzo ad una brughiera in cui viveva un drago che impediva ad ogni uomo di attraversarla.  Un gruppo di contadini, che avevano scelto proprio quella località per dissodarla e coltivarla, dovettero per prima cosa affrontare e uccidere il drago. Solo in seguito, attorno ai campi coltivati, sorse un gruppo di case che, col passare del tempo e con l’insediamento di altri lavoratori,  divenne una città.

1997 (2060) Leggenda: La ninfa del Danubio    Leggenda austriaca, fu portata sulle scene da Ferdinand Kauer, raccontata daE.T.A. Hoffmann e ricordata da Goethe nelle Affinità elettive.  Si narra che Hulda, ondina un tempo sedotta da Albrecht von Walsel e da lui dimenticata, decide di ostacolare le nozze che il fedifrago intende celebrare con Bertha.  Hulda chiede ad Albrecht di passare con lei tre giorni all’anno e  convince Bertha ad adottare la piccola Lilli nata dai suoi amori con Albrecht. Non contenta, crea continui imprevisti, ma alla fine scompare in una grotta portando con sé l’amato.

 

1998 (2069/70)  Fiabe: Il caro Augustin, suonatore di cornamusa. "Oh du Lieber Augustin" è una canzone viennese,  composta da Marx Augustin nel 1679. In quel tempo Vienna era stata colpita dalla peste bubbonica. Augustin era un cantautore e suonatore di cornamusa. I viennesi amavano Augustin per il suo umorismo in quei tempi amari tanto da chiamarlo "Lieber Augustin".  Una volta che era ubriaco e sulla strada di  ritorno a casa cadde in un canale di scolo e si addormentò:. Scambiato per un morto appestato, venne gettato con la sua cornamusa in una fossa  piena di cadaveri, scavata poco fuori le mura della città. Il giorno dopo, quando Augustin si svegliò, fu in grado di uscire dalla fossa profonda. Era sconvolto ma poco dopo iniziò a suonare la sua cornamusa, perché voleva morire come aveva sempre vissuto.  La gente lo sentì e fu salvato da quel luogo di orrore. Per fortuna, pur avendo dormito a contatto di cadaveri infetti, non morì e Agostino diventò un simbolo di speranza per i viennesi.

La ballata Oh du Lieber Augustin ("Oh, caro Agostino"), che è ancora oggi popolare in Austria .

 

Il Pifferaio di Hamelin.  Leggenda austriaca.  Un misterioso pifferaio avrebbe nel 1284 liberato la città di Hamelin (in altra versione Korneuburg) invasa dai topi dietro la ricompensa di mille ghilder.  Non avendo ricevuto la somma pattuita, il pifferaio, suonando il suo piffero magico attirò tutti i bambini della città nella grotta di una vicina montagna dalla quale più nessuno uscì vivo. Una variante dice che si salvò solo un bimbo zoppo che non aveva potuto tenere il passo con i compagni e restò fuori quando l’apertura della grotta si chiuse. Alcuni sostengono che la leggenda sia collegata alla Crociata dei Bambini che nel 1212 partì verso la Terrasanta e dalla quale nessuno fece più ritorno.   La leggenda venne ripresa dal poeta inglese Robert Browning che la raccontò in versi sotto il titolo Il pifferaio variopinto di Hamelin. 

 

1998 (2102)  Leggenda: La donna nera di Hardegg. Il castello di Hardegg fu costruito vicino ad una foresta dove sorgeva un enorme ammasso roccioso, chiamato Rocce della Regina. Nel castello viveva un giovane conte violento e autoritario. Ogni giorno faceva baldoria con i suoi amici fino a tarda notte.  Invaghitosi di una bella ragazza, che faceva la cameriera in una locanda, cominciò a circuirla con vaghe lusinghe per costringerla a partecipare ai suoi festini. Trovò subito resistenza da parte della giovane per cui la fece rapire. Tuttavia, la cameriera resistette a tutte le sue false dichiarazioni d'amore, respinse le sue proposte e non cedette alle sue lusinghe. Folle di rabbia il conte Kein Versprechen ordinò ai suoi scagnozzi di rinchiuderla nella parete di rocce di fronte al castello e di lasciarla  morire di fame.

Il suo orgoglio ferito lo spingeva a percorrere giornalmente a cavallo  un sentiero che sovrastava le Rocce della Regina per dimostrare la sua supremazia. Un giorno accadde che il cavallo si imbizzarrisse e lo disarcionasse. Il giovane conte cadde in un baratro e morì insieme al cavallo.  Si dice che a punire il giovane sia stato il diavolo perché il corpo del conte e quello dell’animale non furono mai ritrovati. La giovane cameriera morì di fame.Si racconta che durante le notti di luna piena un cavaliere sul suo cavallo, si aggiri tra le Rocce della Regina e che un fantasma bianco vaghi nei giorni di luna fra le tombe  del cimitero.

Esiste una aggiunta alla leggenda,  legata ad un commerciante ebreo che per recarsi al mercato passò nei pressi delle Rocce della regina e ripercorrendo  il sentiero dove il conte era scomparso. Nel buio della notte l’ebreo vide un velo bianco, lo afferrò  e lo sollevò. Sotto vi era il volto nero di una donna. Pazzo di paura fuggì, ma cadde anche lui nello stesso baratro in cui era scomparso il conte.  Il suo corpo non fu più ritrovato. La gente da allora chiamò  quel luogo  anche col nome dell’ebreo.

 

1999 (2119),  2008 (2581) Leggenda: Santa Notburga   Leggenda austriaca.  Santa tirolese. Notburga era una serva alle dipendenze di un signorotto tirolese.  Tra le sue mansioni vi era quella di cuoca e il cibo che avanzava lo distribuiva ai poveri.  Ma la padrona le ordinò di darlo ai porci. Notburga disubbidì. Un giorno venne sorpresa dal padrone mentre portava il cibo a una povera famiglia. Le chiese che cosa avesse nel paniere e lei rispose “Trucioli”. Il padrone controllò e trovò effettivamente trucioli.  La padrona morì, ma ogni notte ritornava nel porcile sotto forma di porco. Il padrone la fece evocare e la moglie disse che quello era il suo castigo per aver tolto il cibo ai derelitti.  Il padrone permise a Notburga di pensare ai poveri. Prima della sua morte la santa chiese di essere messa su un carro tirato da due buoi e di lasciarli liberi. Dove si fossero fermati lì avrebbe dovuto essere sepolta. Si fermarono in cima ad un colle dove oggi sorge una chiesa a lei dedicata.

 

1999 (2129)   Leggenda: La scoperta dell’ Erzberg. Alla montagna, dove ora sorgono alberghi e dove si praticano cure termali, è legata la leggenda del Genio delle acque. A quanto si racconta le acque termali dei bagni di Bad Bleiberg sgorgano da un lago sotterraneo avvolto nel mistero, e proprio attraverso il loro viaggio segreto attraverso gli strati rocciosi, in particolare dolomiti, scisto e calcare, le acque si arricchiscono di oligoelementi che vanno a costituire l’essenza della loro forza benefica.

 

2000 (2132)  2005  (2343) Leggenda: Il basilisco di Vienna.  Al n. 7 di Schonlaterngasse (Vienna) si trova una torre gotica del XIII sec. la cui fontana ospitò un tempo un basilisco, un mostro maleodorante i cui contorni sono ancora visibili nello stemma che venne inserito sulla facciata della torre. Una mattina del 1212 una giovane aiutante panettiere, recatasi ad un pozzo per attingere acqua avvertì salire dal fondo un odore nauseabondo. Corsa dal padrone questi, seguito dal personale, si recò al pozzo e guardò in fondo. Ne ebbe il fiato mozzato e svenne.  Un aiutante panettiere volle farsi calare nel pozzo ma dovette subito riemergere per l’orrendo puzzo. Riuscì solo a dire di aver visto una bestia orribile con la testa di gallo, una cresta sormontata da una corona d’oro, con le zampe di rana. Un basilisco. Un esperto disse che l’unico modo per liberarsene era quello di mettere davanti all’animale uno specchio,  fatto non di vetro, ma di metallo tirato a lucido. Il panettiere ne possedeva uno, ma non se la sentiva di calarlo dentro il pozzo.  Ci pensò il giovane che, resistendo al puzzo, attaccò lo specchio ad un bastone e lo fece calare dentro il pozzo. Non dovette attendere a lungo perché si udì un rumore spaventoso. Il basilisco, inorridito del proprio aspetto, emise un terribile grido e cadde morto, pietrificato. Il pozzo fu ricoperto, ma il basilisco non fu dimenticato perché il panettiere lo mise nell’insegna del suo negozio.  

 

2000  (2156)  Leggenda: Il supplizio della pagnotta. Il fatto raffigurato sul francobollo accadde sulla strada che da Oberndorf porta al villaggio di  Oberpfaffenhofen, su una collina alla periferia di Raabs Thaya Distretto Waidhofen . In quella località i si trovano dei monumenti industriali che mostrano rappresentazioni della "Passio Christi" (Calvario), o "Arma Christi" (strumenti di tortura), cioè oggetti che riportano alla memoria tragici  incidenti. Tra questi vi è il ricordo  di  un tragico evento avvenuto  probabilmente nel 1301 ed è  il cippo Raabser "pane- -tortura" . In tempi di grande povertà un giovane  operaio,  tormentato dalla fame,  aveva rubato una grossa pagnotta di pane ad una famiglia di ricchi agricoltori  di Oberndorf. Il giovane, sorpreso dagli agricoltori, fuggì e venne inseguito.  Per correre più veloce, il ragazzo gettò via  il pane. Un agricoltore però lo raccolse e con rabbia lo scagliò contro il giovane  in fuga. Lo colpi nella testa e l’impatto fu così forte che il fuggitivo cadde a terra colpito a morte. Il tribunale condannò gli agricoltori e li costrinse ad erigere un cippo per ricordare l’evento.

Un'altra tradizione vuole che il cippo fosse stato eretto per commemorare l'uccisione di un operaio da parte di un panettiere, nel cui negozio un giovane, spinto dalla fame, aveva rubato un pezzo di pane. I In lingua volgare, questo cippo è chiamato   anche "tortura G'spitzte" o "tortura nera".

 

2000 (2140) Leggenda: La cavalcata delle streghe.  Si potrebbe associare il francobollo alla figura di Holda, una divinità germanica la cui figura presenta molteplici analogie con quella della Dèa Frigg.

Molte sono le leggende su Holda e tutte legate a diversi aspetti della sua personalità . Viene descritta come misericordiosa, amante dei bambini, protettrice della famiglia, dei lavori femminili, dei lavori agricoli. E’ descritta come una donna anziana con denti lunghi e capelli aggrovigliati che viaggia in un carro (o porta un aratro), facendo visita agli spiriti dei nascituri. Il lato scuro di Holda è evidente nel suo ruolo durante la 'Cavalcata delle Streghe' dove, in qualità di Regina, reclamava le anime dei bambini pagani per i vecchi Dèi.

2014. Halloween Le poste austriache hanno voluto creare un francobollo sulla tradizione tipicamente americana  di Halloween.

Nel 19° secolo, gli emigrati irlandesi diedero vita alla tradizione di Halloween, che divenne presto molto popolare. Recentemente, questa tradizione si è diffusa anche in Europa.

Halloween si festeggia con giochi collettivi di " trick-or-treat ", guardando film horror, visitando case infestate da fantasmi  o costruendo lanterne con grosse zucche .

Alcune persone lasciano il pane, l'acqua, e una lampada accesa sul tavolo quando vanno a letto. Il motivo per cui lo fanno è perché si credeva così di dare il benvenuto alle anime dei morti, proprio nella notte in cui l’atmosfera era pregna di forti energie cosmiche.

In Austria i cattolici celebrano Halloween nel periodo tra il 30 ottobre e l'8 novembre come la Settimana Seleenwoche o Alls morti.

Il giorno di Tutti i Santi cattolici frequentano le funzioni religiose in onore dei santi, dei martiri e di coloro che sono morti per la fede cattolica. Le persone possono anche visitare le tombe dei loro familiari per abbellirle con ghirlande e piccole lanterne. A volte una messa è detta alla tomba che tomba cosparsa di acqua santa.

Il 2 novembre o giorno dei morti, i cattolici partecipare ad una speciale messa di  Requiem, per ricordare i loro defunti.

Il francobollo speciale "Halloween" è un puzzle inquietante, creato da Dominik Grostlinger . I quattro francobolli autoadesivi messi insieme  determinano il quadro generale.

 

 

AZERBAIGIAN

 

1998 (369 Bahram Gur uccide il drago. Bahram Gur, mitico re cacciatore persiano, inseguitore di onagri (gur, come il nome del re), inizia le sue avventure inseguendo un onagro che lo conduce fino a una grotta in cui si trova un tesoro. Lì ritornerà anni dopo, sempre inseguendo un onagro. E’ la grotta che introduce al regno dei morti.  Baxram è un eroe identificato con un animale/guida e che nasce da una madre/tomba, inizia la sua vicenda con un drago e una caverna, e la finisce da solo, senza più draghi da sconfiggere, in una caverna.

La sua vicenda è narrata dal poeta è Nizami Ganjavi (1141 – 1209), (citato da Carlo Donà in Per le vie dell’altro mondo, Rubettino 2003). Il poeta Ganjavi narra; ”Guidato da un onagro, giunse così a una caverna lontana, nella quale l’uomo non aveva mai messo piede, e, mentre il cacciatore giungeva alla preda, vide un drago addormentato sulla porta della caverna. Era come una montagna di pece avvoltolata, pronta ad assalire e uccidere. Re Bahram uccise il drago e, sempre guidato dall’onagro, entrò con impeto nelle strettoie della caverna e quando ebbe proceduto per lungo tratto  tra mille fatiche, trovò un tesoro. Alla fine del suo regno, mentre  cercava la tomba della solitudine, un luogo cioè dove essere seppellito col suo tesoro,  incontra di nuovo un onagro e lo assume come guida. L’onagro lo conduce fino a una caverna dove si apriva  una profonda voragine una specie di pozzo,  cui nessuno poteva avere accesso. L’onagro vi si  cacciò dentro, e dietro di lui il re e il suo  destriero penetrarono nell’antro profondo e in quella  caverna Baharam lasciò il suo tesoro. Quando i cortigiani arrivarono e lo cercarono, scavando ovunque,  non trovarono altro se non sorgenti d’acqua. O tu che hai narrato la storia di Bahram Gur, cerchi forse la tomba di Bahram? Lascia andare! No, Bahram Gur non è più tra noi, e anche la sua tomba è sparita!”.

 

1999 (BF 46)  La leggenda di Kitabi-Dada  Gorgud. Si tratta di un lungo racconto mitico che fa  parte del patrimonio culturale di Stati turchi, tra cui la Turchia , l'Azerbaigian , il Turkmenistan , il Kazakistan e in misura minore Kirghizistan.

In esso sono raccontate scene epiche della vita dei popoli, la morale, l'umanesimo, il patriottismo, le qualità eroiche, la dignità e l'amore per i genitori e la famiglia..

 

AZZORRE

 

1997 (134)  2010 ( BF 43) Leggenda:  L’Isola delle sette città.  Si racconta che sette vescovi, sfuggiti ai Mori che avevano invaso il Portogallo, si imbarcarono con i loro fedeli da Porto e, navigando verso occidente, approdarono in un’isola sconosciuta. Sbarcati, bruciarono le navi  perché a nessuno venisse l’idea di ritornare.  Uno dei sette, esperto in arti magiche, gettò sull’isola un incantesimo:  nessuno avrebbe potuto sbarcare se prima i Cristiani non avessero sconfitto i Mori e liberato il Portogallo. Ogni vescovo costruì con la sua gente una città. Per tal motivo l’isola venne chiamata delle Sette Città. Oggi ha il nome di S.Miguel.

 

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