ABERSON HELEN

(USA)

 

Nata il 16 giugno 1907 a Siracusa, New York. Morta il 3 aprile 1999 a New York.
È  nota per aver creato  il personaggio dell’elefantino volante Dumbo, per la cui storia, (come lei stessa scrisse ) utilizzò alcuni ricordi autobiografici legati a lei e a sua madre.

Studiò all’Università di Siracusa e per trent’anni fu ospite di un programma radiofonico di una emittente di Siracusa.  In seguito lavorò in un suo ufficio a Manhattan per produrre opere legate al mondo degli animali e alle loro caratteristiche.  

Morì all’età di novantuno anni, colpita dal morbo di Parkinson.

 

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BELGIO Anno 2006, BENIN  Anno 2003,  CINA  Anno 2005, Dominica  Anno  1987, GRENADA GRENADINES Anno 1988,  LESOTHO Anno 1985,  SIERRA LEONE  Anno 1987, 1991, 1993,  SAINT VINCENT  Anno 1991,  TANZANIA  Anno 1990, 1991,  USA  Anno 2007.

 

 

ACHEBE  CHINUA

(Niger)

 

Nato a Ogidi, (presso Onitsha) il 16 novembre del 1930.

Studiò medicina e letteratura all’università di Ibadan e poi lavorò alla radio nigeriana dove fece carriera.

Trascorse lunghi periodi all’estero presso l’università del  Massachutsetts.

Poeta creativo dallo stile modellato sulla lingua ibo è autore di una trilogia di romanzi epico-storici sulla storia del popolo ibo prima e dopo la colonizzazione europea. La trilogia  Dove batte la pioggia comprende  Il crollo o Le locuste bianche  (1958), Ormai a disagio o La goduria dura poco  (1960), La freccia di Dio (1964). È pure autore di un romanzo satirico dal titolo Uomo del popolo (1978) e scrittore di racconti raccolti in Ragazze in guerra (1972), di saggi Al mattino del giorno della creazione (1975),  di poesie Attento fratello (1971,1972).

I suoi temi sono la trasformazione del popolo africano dalla forma tribale ad una forma nuova in cui la politica e la società sono alla base di profondi mutamenti.

Achebe si occupò anche di letteratura per ragazzi. Per essi scrisse Dead Men’s Path (1972),  Marriage is a Private Affair, The Flute (1975), The Drum (1978), pubblicato in Italia dalla Mondadori col titolo di Il flauto e il tamburo.

 

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NIGERIA Anno 2006  (774), GUINEA BISSAU Anno 2009 (2928)

 

 

AFANASJEV ALEKSANDR NIKOLAEVIC 

(Russia)

 

Nasce a Voronez l’11 luglio1826 e ivi muore nel 1871.

Di estrazione borghese, era figlio di un modesto impiegato statale, trascorre un’infanzia scialba e poco felice. Il padre, autodidatta, consapevole che l’istruzione era la sola via per innalzarsi al di sopra del normale, lo affida a maestri e a popi talvolta rozzi e poco adatti a curare l’evoluzione mentale degli allievi loro affidati. I rapporti tra discente e docente si dovettero imprimere profondamente nei ricordi di Afanasjev e lasciarono tracce che emergeranno nei suoi futuri scritti attraverso elementi satirici che hanno per bersaglio la scuola, la chiesa, l’insegnamento, la burocrazia dei piccoli centri delle cittadine di provincia.

Terminati gli studi primari, si reca a Mosca per studiar legge, ma dai codici e dalle pandette passa presto ad interessarsi anche di argomenti storici, folkloristici e linguistici.

L’ambiente culturale russo, intorno agli anni 1840, ferve di nuove idee, di accese dispute tra illuministi e romantici, fra occidentalisti e slavofili e furono proprio le idee degli esponenti delle varie dottrine a fornire al giovane Afanasjev modelli e indirizzi. In particolar modo è Fedor Ivanovic Buslaev (1818-1897), autore di una Grammatica storica della lingua russa, pubblicata nel 1863, a spingere il suo interesse verso la lingua russa e in particolar modo verso il patrimonio popolare e il folklore slavo.

Nel 1849 ottiene un incarico in sintonia con la sua passione per le antiche carte. Diviene, infatti, funzionario dell’Archivio del Ministero degli Esteri.  E' l’inizio fecondo di una attività che gli permette di scrivere articoli di storia, di letteratura, opere bibliografiche e  di concentrarsi sul genere che gli conferirà la fama: la raccolta e la pubblicazione del patrimonio favolistico russo, tanto che per la sua raccolta di fiabe viene definito il ‘Grimm russo’.

Afanasjev trova una fonte importante nel lavoro iniziato in precedenza da Vladimir Ivanovic  (1801-1872), un linguista e folklorista d’origine danese, ed ancor più attinge dalla viva voce dei contadini russi.

In quel tempo la Russia, tranne il lavoro di Sacharov in cui era presentata una serie di racconti popolari, non possedeva in quel settore quasi nulla. E', pertanto, accolta con entusiasmo l’opera di Afanasjev composta tra il 1855 e il 1864, racchiusa in otto volumi. Tutto un mondo fantastico, nuovo fino ad allora, frammentato in mille rivoli, trova nel cantore delle ‘skàzki’ (fiabe e racconti) e delle leggende slave la via per confluire nel vasto fiume delle Fiabe popolari russe (1866-1864) in 8 volumi in cui sono riunite circa 600 tra fiabe e novelle e nella raccolta Leggende popolari russe del 1859, vietata dalla censura zarista fino al 1914.

Studioso dei fratelli Grimm, ne segue le orme, cercando di penetrare gli aspetti primitivi, religiosi e mitologici delle fiabe da lui raccolte. A partire dal  1866 pubblica tre volumi dal titolo Concezioni poetiche degli slavi  riguardo alla natura. L’opera ebbe critiche. Si disse che le sue concezioni riconducessero molte tradizioni e canti popolari slavi al culto del sole, trattando in modo artificioso la mitologia solare degli antichi slavi.

Linguista qual è cerca di penetrare, di interpretare e di valutare parole, frasi, inflessioni dei racconti, seguendo una concezione che gli deriva dal romanticismo tedesco e in particolar modo dalla varietà di motivi, dalla fantasia creativa, dall’umorismo, dalla malinconia che precedenti e oscuri scrittori di skàzka’avevano sparso a piene mani nelle loro opere. 

Afanasjev attinge spunti dalla tradizione, dal mito, da reminiscenze letterarie crea figure  e personaggi tipici come  Vassilissa Prekràsnaia, che ricorda la Cenerentola di Perrault Vassilissa Premùdraia, sposa del re del mare; l’uccello di fuoco, una fulgente Fenice; il ridicolo “Ivànusko-duracok'’ che per certi aspetti ricorda il nostro Bertoldo.

Afanasjev non vive solo nel mondo della fantasia. Nel 1862, durante il periodo delle persecuzioni politiche, è obbligato a lasciare il lavoro al Ministero per le sue idee  non in sintonia col regime e l’ultimo periodo della vita lo dedica a curare i suoi racconti e a scrivere altre opere.

Viaggia per l’Europa, in particolar modo in Germania, in Svizzera e in Italia. Nei suoi scritti  si avverte la simpatia con cui segue l’evolversi degli avvenimenti italiani nel periodo che vede la preparazione dell’unità d’Italia.

Tra le sue opere vanno ancora ricordate: Il domovoj (1850), Lo stregone e la strega (1851)

Muore a Voronez nel 1871.

     

LE FIABE

 

Nonostante la vastissima raccolta di fiabe presenti nell’opera di Afanasjev, pochissime sono state oggetto di valori postali sia in Russia che altrove e, contrariamente a Puskin, l’Autore non ricevette “omaggi filatelici” negli anniversari della nascita e della morte. Ciò non toglie che da qualche fiaba da lui raccolta, siano stati tratti valori postali, ad esempio L’uccello di fuoco, fiaba molto nota nella favolistica russa e dalla quale  Igor Stravinskij trasse un balletto, in un atto e due quadri, su richiesta di Diaghilev. Il balletto venne presentato per la prima volta all’Opera di Parigi nel 1910 dalla compagnia dei Balletti russi.

L’uccello di fuoco.  Nel giardino del mostro Kaschchei capita il principe Ivan mentre insegue un magico uccello dalle piume di fuoco. Il giovane riesce a catturarlo ma, dietro le preghiere dell’uccello e la promessa di aiuto, lo libera, ottenendo in cambio una piuma di fuoco. Scomparso l’uccello, dal castello adiacente al giardino escono tredici fanciulle che cominciano a ridere e a scherzare col giovane. Gli raccontano di essere prigioniere del mostro il quale pietrifica chiunque tenterà di liberarle. Il principe non desiste e affronta il mostro e i suoi sgherri. Una lotta impari, ma quando sta per soccombere, chiede aiuto all’uccello di fuoco. Questi lo libera dagli incantesimi del mago confondendolo e addormentando tutti i suoi sgherri. Il principe riesce così a liberare le fanciulle e sposare Zarièvna, la più bella.

Vassilissa la Bella.  Il personaggio è  presente in molte fiabe.  Una bimba, rimasta orfana della madre in tenera età, deve superare diverse prove per cercare (e infine trovare) la luce. Altre protagoniste della fiaba sono la Baba-Jaga, una sorta di strega donna/madre, che muove i fili delle azioni di Vassilissa, e una bambola, regalata alla bimba dalla madre in punto di morte, un feticcio che, sotto forma di voce interiore, non abbandona mai la bimba nel pericolo, anzi l’accompagna fino alla fine della sua ricerca.

Maria Marina (o Morovna) . Morti i genitori, il principe Ivan rimane con tre sorelle che concede in sposa a tre principi. Dopo un anno, spinto dal desiderio di rivederle, si mette in cammino. Strada facendo  arriva ad un campo di battaglia disseminato di  morti. Ad ucciderli erano state le truppe di Maria Marina. Il principe, quando la incontra, se ne innamora e la sposa. La donna, guerriera nata, gli affida l’incarico di governare in sua assenza, ma gli proibisce di entrare in una sala del castello. Ivan disubbidisce e, aperta la porta, si trova di fronte ad un uomo incatenato, Scheletro senza Morte. Preso da pietà, lo libera. Per ricompensa però otterrà solo guai e per ritrovare la sposa  dovrà affrontare peripezie e pericoli sino a sconfiggere e ad uccidere il suo avversario.

Falco sereno.  È la storia di tre sorelle che chiedono in dono al padre un abito, uno scialle e la più piccola un fiore vermiglio. Il padre trova il fiore presso un vecchio che glielo cede a patto che la ragazza sposi suo figlio Finish, il Falco sereno. La ragazza accetta e ogni notte un falco si reca nella sua stanza dove si trasforma in un bel giovane. Scoperto il suo segreto, le sorelle tramano contro di lei e riescono a tramutare l’amore del giovane in odio. La ragazza dovrà affrontare difficili prove, superare pericoli, prima di riconquistare l’amore del suo amato.

 

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RUSSIA 1969 (3548/52),  1976 (4289),  1984 (5135/38)

 

 

Ahlberg Janet   Hall
(Inghilterra)

Nata nel 1944.  Morta nel 1994,
Ahlberg  Allan
(Inghilterra)

 

Nato nel  1938.

Marito e moglie, sono  creatori e illustratori di libri per bambini.

Pubblicarono inizialmente tre libri,  The Old Joke Book, Vanishement of Thomas Tull e  Antifurti Bill, i quali ottennero subito un largo consenso. Uno dei libri successivi più popolari e che maggiormente si è imposto all’attenzione dell’infanzia è Jolly il postino, pubblicato nel 1956,cui fece seguito Pocket Jolly e Il natale del postino Jolly.

I due autori hanno ottenuto il Janet Kate Greenaway Medal per le illustrazioni di Peach Plum Bear, e il Premio Machler Kurt.

La loro produzione letteraria è per lo più rivolta ad una fascia di età compresa fra i tre e gli otto anni.  Per la fascia superiore scrissero e illustrarono Antifurti Bill, guardie e ladri, Funny Bones e la serie La famiglia felice.

Allan ha pure scritto due libri di poesie e libri di testo per bambini tra cui Woof!

 

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ISOLA DI MAN  2008.

 

 

 

Aksakov  Sergey TIMOFEEVIC

(Russia)

 

Nato a Ufa nel 1791. Morto nel 1859.

Figura letteraria russa del diciannovesimo secolo ricordata per i suoi racconti semi-autobiografici di vita familiare, di caccia, di pesca e di raccolta dì farfalle.

Di famiglia agiata, studiò all’università di Kazan e poi trascorse una vita da gentiluomo di campagna per oltre vent’anni. Dopo di che si recò a Mosca dove cominciò a pubblicare le sue note di caccia e di pesca che lo resero celebre e gli procurarono molti ammiratori, tanto che alcuni critici lo dichiararono superiore non solo a Gogol ma persino a Shakespeare.

Nel 1843 Aksakov si trasferì nel villaggio di Abramtsevo assieme ai suoi figli Konstantin e Ivan. Verso la fine del 1850 pubblicò La cronaca della famiglia (1856) e  Gli anni di infanzia del nipote Bagrov (1858), che hanno il sapore di reminiscenze di un'infanzia spesa nella famiglia patriarcale russa piuttosto che di un lavoro di tipo romanzesco. Le descrizioni semi-autobiografiche di Aksakov sono ineguagliabili per la descrizione obiettiva e dettagliata della vita quotidiana della nobiltà russa.

Fra i suoi lavori destinati all’infanzia si impose la fiaba  Il fiore di colore scarlatto che, nel  1952, fu utilizzata in campo cinematografico per  un lungometraggio animato.

Nel 1952, nell'allora Unione Sovietica, usando la tecnica del rotoscopio, fu creato un adattamento animato della fiaba  Il fiore scarlatto. La storia, simile a quella della fiaba La bella e la bestia di M.me de Beaumont,  è ambientata nel Medioevo slavo e i personaggi parlano l'antica lingua russa (detta anche Vecchia Lingua Slava Orientale), che si usava tra il X e il XIVsecolo.

 

 

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RUSSIA  Anno 2004,  SHARIAH Anno 1792,  URSS 1959, 1977

 

 

 

ALCOTT  LOUISE MAY

(America)

 

Il padre Amos Bronson Alcott, educatore, filosofo e poeta, introdusse nel sistema educativo americano nuovi metodi, ispirandosi a Pestalozzi  e ancor più al sistema socratico della conoscenza e dell’analisi. Aveva aperto una scuola a Fruitslands, ma la scuola da lui fondata non fu pari alle sue aspettative e per l’ostilità generale dovette essere chiusa.  Radiato dall’insegnamento per aver messo nella stessa classe bambini bianchi e di colore, dovette cercarsi un altro lavoro.

In questo clima educativo nasce nel 1832 a Germantown in Pennsylvania la secondogenita, Louisa May Alcott.

Louisa viene educata dal padre e da David Thoreau a Concord (Massachussets) e altri suoi insegnanti furono anche R.W.Emerson e Theodore Parker. La sua aspirazione è quella di diventare attrice e comincia con lo scrivere alcune commedie, una delle quali fu accettata dal Boston Theatre ma non fu mai rappresentata. Dopo il fallimento della scuola aperta dal padre, lei e le sorelle dovettero adattarsi ad accettare umili lavori per aiutare la famiglia.

La carriera letteraria della Alcott inizia precocemente con  la stesura di racconti che invia a varie redazioni di riviste con la speranza di una pubblicazione. La rivista “Atlantic Monthly” è la prima a riconoscerne la capacità letteraria.

Dopo la pubblicazione di alcune novelle, riesce a far stampare il suo primo romanzo Favole di fiori

Durante la guerra civile presta servizio in qualità di infermiera nell’Union Hospital di Georgetown e l’ esperienza  acquisita costituisce il nucleo dell’opera Moods (1865), in cui la scrittrice rievoca fatti ed episodi di quel periodo.  Il romanzo viene apprezzato da Henry James; ma la notorietà giunge più tardi,  dopo un viaggio in Europa come dama di compagnia di una zia.

Dietro la spinta dell’editore T. Nyles la Alcott assume la direzione di “Merry Museum”, una rivista per bambini e comincia a scrivere un soggetto tutto al femminile, leggero, ma apprezzabile dal pubblico. Nascono le  Piccole donne (1868), un romanzo indirettamente autobiografico  in cui si raccontano le vicende familiari ed educative di una tipica famiglia borghese. Dopo l’ottima accoglienza da parte dei lettori, la scrittrice continua sullo stesso argomento con  Piccole donne crescono (1869), Piccoli uomini (1871), I figli di Jo (1886).

Con il suo lavoro di scrittrice e i guadagni che ne seguono, sopperisce ai bisogni della famiglia, aiutando le sorelle Ann,  May e i genitori. Una terza sorella, Beth, era morta di scarlattina così come uno dei personaggi delle sue Piccole donne.

Tra le altre opere emergono, anche se non all’altezza di Piccole donne. i romanzi Il sacchetto degli stracci di zia Jo (1828), Le buone mogli (1840), La donna di marmo (1865), Rosa in fiore (1875), Otto cugini (1875), Sotto i lillà (1878), Jack e Jill, Una ragazza fuori moda, Polly.

La Alcott non si sposò. Morì a Boston nel 1888.

I suoi romanzi sono sopravvissuti nell’immaginario giovanile sino ai tempi nostri per la freschezza delle idee e per i buoni sentimenti profusi a piene mani.  La Alcott non si propone di divertire i lettori ma di persegure l’intento di dare quegli ammaestramenti morali in lei inculcati in gioventù dal padre e dagli altri suoi  insegnanti.           

 

OPERE

 

Piccole donne  La storia abbraccia l’arco di un anno, da un Natale all’altro, e narra le vicende della famiglia March durante la Guerra di secessione, della quale però si avverte solo un accenno lontano. Il padre è volontario come cappellano, la madre lavora in una società di assistenza dei soldati e le quattro figlie devono affrontare la vita quotidiana da sole. Meg fa l’istitutrice, Jo, la più irrequieta, amante della lettura, accudisce una vecchia zia ricca e brontolona. Le minori vanno a scuola, l’una appassionata di musica e la più piccola di pittura. La venuta di Laurie, il nipote di un ricco vicino di casa, viene a movimentare la loro vita. Jo fa amicizia con lui, mentre Meg viene corteggiata dal precettore del ragazzo. Le ragazze March, nonostante i sacrifici, riescono a cavarsela, anche se sono tutte rattristate dalla malattia di Beth, colpita da una grave forma di scarlattina. Jo tra tutte è la più forte anche perché si accorge che la sua adolescenza sta giungendo al termine. Il romanzo ebbe fortuna e fu seguito da Piccole donne crescono, Piccoli uomini, Buone mogli in cui la saga della famiglia March prosegue. Meg sposa John Brooke, Beth muore,  Jo sposa un professore di tedesco e Laurie finirà per sposare Amy.

L’opera ebbe diverse edizioni cinematografiche: quella di G.Cukor del 1933 e le successive di G.Armstrong (1944) e  di Mervyn Le Roy (1949).

La RAI TV  mandò in onda nel 1955 una versione a puntate, diretta da A.G.Majano.

 

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USA  1940  (416),  1993  (2199) 

 

  

 

ALEXANDRESCU GRIGORE

(Romania)

 

Nasce nel 1812 a Tirgoviste, una antica città valacca, patria di Michele il Prode e di Heliade. Muore a Bucarest nel 1885.

Da ufficiale, nel 1840,  prende parte al complotto contro il principe Ghica  e simpatizza con i rivoluzionari nel 1848. In seguito ottiene alte cariche amministrative, ma una malattia mentale lo colpisce negli ultimi anni di vita.

Sotto l’influsso del romanticismo, negli anni 1832,1838,1842 scrive raccolte di Poesie, in cui affiora una malinconia di maniera, tranne che nell’opera L’ombra di Mircea e Cozia. Più originalità si trova  nella raccolta Ricordi e impressioni e in Epistole e favole (1847).

Alexandrescu è conosciuto come favolista  e arguto censore della vita pubblica, dove spesso usò perifrasi che ricordano  La Fontaine.

 

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ROMANIA  1960  (1667),  1985  (3556)

 

 

 

 

 

ALGER jr.  HORATIO

(U.S.A.)

 

Horatio Alger jr.  nasce nel Massachussets, a Revere, il 13 gennaio 1834.  

Figlio di un pastore unitariano, si laurea ad Harward e, divenuto pastore come il padre, si trasferisce a New York nel 1866 per collaborare con la Newsboys’ Lodging House, una organizzazione caritatevole che cercava di affrontare  i problemi  derivanti dal frenetico sviluppo urbano di quegli anni.       

Da questa esperienza trae il materiale per scrivere oltre cento romanzi per ragazzi, impostandoli tutti su una formula che raramente varia e che fa scuola in seguito in subito applicata da altri scrittori. Si tratta di schemi che seguivono sempre lo stesso iter nei quali lo scrittore descrive le vicende di ragazzini di estrazione sociale povera i quali con la perseveranza, l’onestà, la dedizione  riescono ad evitare le trappole della società, a sottrarsi ai pericoli e a raggiungere il successo e la ricchezza attraverso atti di bontà e d’amore.   

Tra i migliori romanzi Ragged Dick (1867), Lunch and Pluck (1869), The Young Outlaw (1875).

Il fine perseguito dall’autore prevale sempre sul punto di vista letterario per cui i suoi romanzi non sono stilisticamente curati, ma le sue opere hanno un peso nella cultura di fine Ottocento, tanto che si diffuse il mito di Horatio Alger  inteso come paradigma del passaggio dalla povertà alla ricchezza e al successo, senza mai uscire dal binario della lealtà e del bene.

 

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USA  1892  (1439)

 

 

 

ALLEN  PAMELA

(Nuova Zelanda)

 

Nata ad Auckland nel 1934.

Ha studiato Belle Arti e, terminati gli studi, si è trasferita nel 1977 a Sidney col marito e due figli.

Sin da bambina sviluppa la sua passione per il disegno e su tale linea conduce i suoi studi.

Il primo libro Il signor Archimede Bath fu  pubblicato nel 1980.

Scrittrice e illustratrice di libri per bambini, inserisce sia nei testi sia nelle illustrazioni toni umoristici ed espressivi. I suoi libri sono operette ideali per una lettura ad alta voce in un coinvolgimento adulto bambino. Nelle sue opere e disegni è sempre costante e stretto il rapporto tra testo, immagine ed espressività dei personaggi. La Allen sostiene l’utilità della lettura ad alta voce seguita da un rapporto dialettico con i piccoli ascoltatori.

Molte sue opere sono state premiate: nel 2004 ottiene la medaglia d’oro nel prestigioso premio per la letteratura per l’infanzia, Medaglia Margareth Mahy. Nello stesso anno le viene assegnato il Nuova Zelanda Post Book Awards for Childrens & Young Adults. E’ stata finalista nel 2006 per il Premio Nuova Zelanda Post Book Award for Childrens and Young  Adults.

Ha scritto e illustrato:  Chi affondò la barca? 1982, Winner, CBCA Picture Book of the Year Award, 1983 Bertie and the Bear, 1983 Bertie e l'Orso, 1983, Mr McGee , 1987 Simon Said, (1985), Watch Me (1985),  Herbert e Harry (1986), Fancy That (1987), Il Signor McGee, 1987, Fancy That! , 1988 Questa fantasia!, 1988, Simon Ti (1988),  Watch Me Now 81989), I Wish i Had a Pirata Suit (1989), My Cat Maisie , 1990 Il mio gatto Maisie, 1990, Black Dog (1991),  Shortlisted, CBCA Picture Book of the Year, 1991 Belinda , 1992 Belinda, 1992,Honour Book, CBCA Picture Book of the Year, 1993 Waddle Giggle Gargle, 1996, IlCBCA Notable Picture Book, 1997 Signor McGee e la Biting delle pulci, 1998,Shortlisted, CBCA Picture Book of the Year, 1999 Il Signor McGee e la perfetta Nest, 1999, Dentro la casa di Mary Elisabeth (2000), Potete mantenere un segreto? (2000), Pane e miele Brown (2001), Il popolo di patate (2002), The Pear in the Pear Tree , 1999 Il nonno e Thomas, 2003,  Il Shortlisted, CBCA Book of the Year: Early Childhood, 2004Grandpa and Thomas and the Green Umbrella , 2006 Nonno, Thomas e l’ombrello verde (2006)

 

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AUSTRALIA  Anno 1996 (1556)

 

Allsburg Chris Van

(U.S.A.)

 

Nato a Grand Rapids, Michigan, il 18 giugno 1949.

Frequentò la junior e la senior high school nell’East Gran Rapids, dove si applicò alla matematica e alle scienze. Selezionato tra vari studenti, fu inviato nel 1967 all’Università del Michigan, dove, inizialmente si sentì fuori luogo a causa della sua inesperienza. Trovò uno sfogo nell’occuparsi nella costruzione  di modelli  di automobili e barche. Laureatosi nel 1972, continuò la sua esperienza presso la Rhode Island School of Design.

Nel 1975 aprì un suo studio a Providence, assieme  alla moglie, Lisa Morrison, conosciuta quattro anni prima, durante un corso universitario. Chris espose le sue sculture a New York e in altre città. Assieme a Lisa, che era stata insegnante, cominciarono ad occuparsi di illustrazioni dapprima di un libro di storia e poi, dietro suggerimento di David Macaulay, furono spinti ad illustrare libri da loro stessi prodotti.

Senza tralasciare la scultura,  scrissero e pubblicarono nel 1979  Il giardino di Abdul Gasazi, che nel 1980 ottenne in premio  la Medaglia d’Onore Caldecott. Altre due medaglie furono vinte per le opere  Jumanij e L’espresso polare. Altre opere ricevettero riconoscimenti come I misteri della Harris Burdick. Dal libro Jumanij nel 1982 fu tratto un lungometraggio.

 

FILATELIA

OLANDA 2004  (2178)

 

 

 

ALMQUIST  CARL  JONAS LOVE

(Svezia)

 

Scrittore svedese nacque a Stoccolma il 18 novembre 1793.

Poeta e romanziere, è autore di una vastissima e caotica produzione letteraria che abbraccia e riflette tutte le varie  tendenze del romanticismo.

Ebbe una infanzia tranquilla e la possibilità di studiare (la madre proveniva da una famiglia insigne e agiata). Frequentò gli studi a Upsala e si iscrisse alla locale  università. Dopo la laurea ottenne vari impieghi nell’amministrazione civile di Stoccolma. Seguace di Rousseau, abbandonò presto la vita cittadina per rifugiarsi a vivere in campagna come semplice contadino. A Värmland sposò nel 1824 una contadina e assunse il nome di “contadino Love Carlson”.

 Il tentativo ’agreste-pastorale’ fallì dopo qualche anno e Almquist ritornò nella capitale dove nel 1837 cominciò ad insegnare in una scuola elementare. In seguito divenne direttore della ‘Elementarskolau’, una carica che lo impegnò nella stesura di testi scolastici. Scrisse pure un sillabario svedese e altre pubblicazioni si carattere pedagogico. Tentò inutilmente di ottenere una cattedra di linguistica presso l’università di Lund.

 Le opere che sino ad allora aveva scritto, fortemente tinte di socialismo, e la  visione romantica della vita e della società, cominciarono a suscitare scandalo. Nel 1822 compose la novella Amorina, il cui tema era la responsabilità dei delinquenti e della società. Un suo zio vescovo lo dissuase dal pubblicarla. Nel 1939  scrisse Così va bene, una novella in cui affrontava una tesi contraria alla tradizionale concezione del matrimonio. La novella attirò su di lui una solenne ammonizione da parte del Consiglio capitolare del Duomo e in seguito ad essa dovette lasciare l’insegnamento.

 Ripiegò sulla sua attività di scrittore e si diede al giornalismo entrando a far parte della redazione del giornale liberale ‘Aftonbladet’.

Incline ad una vita non proprio irreprensibile si trovò presto in precarie condizioni finanziarie. Dovette chiedere aiuto ad usurai. Inoltre le cattive compagnie sconvolsero la sua esistenza.

Nel giugno del 1851 dovette fuggire in America perché citato da un usuraio per falso in cambiali e tentativo di veneficio. Il tribunale lo condannò in contumacia e lui cambiò nome assumendo quello di K. Westerman. In America rimase per una quindicina di anni e di lui, fino al settembre del 1866, non si ebbero più notizie. Si disse che in quegli anni avesse svolto funzioni di segretario presso Abramo Lincoln, che fosse stato depredato di tutti i suoi manoscritti, che avesse avuto a che fare con la giustizia americana. Quando ritornò in Europa, solitario e sconosciuto, trascorse, sempre sotto falso nome, l’ultimo periodo della sua vita a Brema dove morì il 26 settembre del 1866. Solo dopo una cinquantina di anni, nel 1901, la sua figura venne riabilitata e la salma venne traslata solennemente in Svezia.

Almquist scrisse molti romanzi, novelle, drammi, poemi epici, opere di fantasia, progetti di riforme sociali, romanzi avventurosi e ‘noir’, per la maggior parte raccolti sotto il titolo Il libro della rosaspina che comprende Il gioiello della regina (1834);  il racconto Così va bene (1838); opere teatrali tra cui Ramido Marinaresco (1834); saggi Importanza della povertà svedese (1838), Fondamenti del malcontento europeo (1847); poesie  Sogni (1849). Scrisse i romanzi Amalia Hillner (1840), Gabriele Mimanso (1841), Tre signore nello Smaland (1842).

La sua è un’opera discontinua che spazia da temi erotici, Colombina (1835) a novelle in cui aleggia uno spirito cristiano, La cappella, a opere storiche che  trattano della Svezia antica, della  Stoccolma moderna di Gustavo III; della Bretagna di Re Artù, della Sicilia medievale, della Spagna cinquecentesca.

La sua opera principale rimane Il libro della rosaspina scritto tra il 1832 e il 1850.

 

Opere: Il libro della rosaspina  Raccolta di novelle, drammi, poesie, saggi pubblicati a partire dal 1832.

Il primo libro Il castello di caccia serve da introduzione. L’autore racconta la storia di Julianus che incontra Richard Furumo e da lui apprende la vicenda di Maddalena, una giovane dissoluta, la quale non è riuscita a soffocare nel suo animo la visione della purezza persa e il desiderio di redenzione. Furumo ascolta la storia da Maddalena mentre si trovano vicino ad un baratro. Il giovane la esorta a sperare e a ricercare la perduta innocenza e quando capisce che in lei sono nati buoni sentimenti e sono riaffiorati i pensieri di purezza della fanciullezza, la spinge nell’abisso perché la morte le impedisca di ripensarci.

Il libro contiene pure Il gioiello della regina, un episodio accaduto dopo l’uccisione di Gustavo III. Protagonista è Tintomara, figlia di un principe e di una ballerina. Tintomara non è né uomo né donna. È un essere androgino, di indole buona ma incapace di amare. Quando sua madre le esprime il desiderio di vedere un gioiello della regina, Tintomara si reca a corte, dove ha libero accesso, lo prende e lo porta alla madre, con l’intenzione poi di restituirlo. Ma viene accusata di furto e condannata a morte.

La cappella è, forse, la migliore delle novelle. Narra la vicenda di un sacerdote inviato in una lontana cappella per una predica. Il giovane, che ha preparato un dotto sermone, si trova di fronte a povera gente, modesta e primitiva. Allora butta via il sermone scritto e parla con le parole semplici che il cuore gli detta. La sera prende dimora in una umile capanna e capisce di aver ormai trovato la sua vera missione: quella di predicare e parlare con gli umili.

Nell’opera vi sono altre novelle soffuse di romanticismo a sfondo mistico-realistico, nate sulla scia della conoscenza dell’opera di Rousseau.

 

FILATELIA 

SVEZIA Anno 1966 (544), 1973  (771)

 

 

AMIR-PINKERFELD ANDA

(Polonia)

 

 Nata in Galizia nel 1902. Morta nel 1981.  (1902–1981)

Suo padre lavorò come architetto per il governo austro-ungarico. Anda completò la scuola secondaria di Lvov, e pubblicò un libro di versi in polacco all'età di 18 anni. La sua prima poesia è la preghiera di un bambino polacco per la liberazione del suo paese.

Dopo aver studiato presso le università di Lipsia e Lvov, si trasferì in Palestina nel 1923. Nel 1921 ha pubblicato un altro volume di versi in lingua polacca, Piesni źycia ("Canti di vita"). Successivamente, sotto l'influenza di Uri evi  iniziò a scrivere in ebraico. I temi dei suoi versi sono l'amore della natura, l'amore romantico, e le gioie della maternità. Il suo lungo poema Ahat ("Uno", 1953) descrive la vicenda di una giovane ragazza ebrea immigrata in Israele dopo essere sopravvissuto dell'Olocausto, la quale muore combattendo per l'indipendenza di Israele.Tra i suoi libri sono Noraim Dovevim (1929); Yuval (1932); Geisha Lian Sharah Tang (1935); Gittit (1937); Duda'im (1943); Gadish (1949); Kokhavim bi-Deli (Stelle in un secchio,1957).

Anda Amir è stato il primo poeta a scrivere poesie per bambini in ebraico.

La sua prima raccolta di poesie quali, Al Anan Kevish (1933), è stato curata da HN Bialik, mentre al suo Shirei Yeladim (1934) è stato assegnato il Premio Bialik per le poesie per bambini. Nel 1978 ha ricevuto il Premio Israele per la letteratura infantile.

 

FILATELIA

ISRAELE, Anno 1995

FILATELIA  guarda l'album
ISRAELE
  Anno 1995  (1281/3)

 

 

 

 

 

ANDERSEN HANS CHRISTIAN

(Danimarca)

 

C’era una volta nella città di Odense, fondata dal dio Odino, un povero anatroccolo sognatore, incapace di volare ma desideroso  di diventare un maestoso cigno. Purtroppo i genitori, alquanto bizzarri, poco si curavano di lui. Mamma anatra, dall’aspetto trasandato e volgare, se ne andava ogni giorno a lavare i panni in un fiume dove alleviava la fatica sostenendosi con qualche bevuta (non certo di acqua). Suo marito sedeva tutto il giorno accanto al deschetto da ciabattino, lavorando poco e sognando molto quando guardava, appeso alla parete di fronte, il ritratto di un famoso condottiero di eserciti, il quale in quei giorni collezionava vittorie su vittorie. Se solo avesse potuto seguirlo! Nel frattempo si limitava a sognare.  Il nonno del piccolo anatroccolo era tipo assai bizzarro. Invece di lavorare preferiva  aggirarsi per la città, vendendo buffe statuine di legno e raccontando storie…

 

Così potrebbe iniziare una fiaba e così inizia la realtà di Hans Christian Andersen.

Andersen nasce a Odense il 2 aprile del 1805  in una umilissima famiglia.

Il padre calzolaio è così povero da aver dovuto adattare i resti di un catafalco acquistato ad un asta per ricavarne il letto nuziale.  Sognatore per natura lavora poco e si limita a pensare  a  Napoleone e alla fortuna che avrebbe fatto se avesse potuto seguirlo. Sposato con una lavandaia più vecchia di lui, una donna ‘robustamente sensuale’ e con istinti da popolana, l’abbandona per seguire l’armata napoleonica. L’avventura militare dura poco perché, minato nel fisico, deve presto ritornare a Odense dove  muore nel 1816, quando Hans aveva quindici anni.

Due anni dopo la madre, ormai cinquantenne, si risposa con un altro ciabattino più giovane di lei. La donna, abituata al bere, discende sempre più la china dell’abbrutimento e Hans si ritrova abbandonato a se stesso  privo di istruzione, tranne gli insegnamenti tratti dai racconti uditi dal padre e da quelli veri e non veri della nonna paterna che spesso lo porta con sé nell’orto.  Il ragazzo preferisce stare con gli adulti e schiva la compagnia dei suoi coetanei vuoi per un certo ritegno, vuoi per sfuggire alla baia dei ragazzi della sua età, vuoi per le matterie e le stravaganze del nonno, vuoi, infine,  per la vergogna della sua corporatura allampanata, dalle braccia troppo lunghe. Impara a leggere alla scuola dei poveri e legge di tutto.  Il suo sogno è quello di diventare attore e ballerino.

Nel 1919 parte alla volta di Copenhagen in cerca di fortuna. Il primo impresario teatrale cui si rivolge lo giudica non valido a calpestare le scene. Anche una celebre danzatrice del Teatro Reale  cui si era presentato (dopo aver imparato a danzare come una ballerina!) lo manda a spasso. L’unico che comincia ad interessarsi a lui è un tenore italiano, Giuseppe Siboni, cui aveva chiesto di insegnargli il canto. Costui forse per pietà lo istruisce e lo mantiene fino a quando si accorge che il giovane Andersen non avrebbe mai potuto far parte di un coro. Allora si dà alla recitazione. Manda memoria scene, poesie monologhi che recita a tutti e nelle più disparate occasioni, ma tale attività  non funziona. Riusciva però ad inserire in quei ‘tentativi teatrali’  poesie e scenette scritte da lui, tanto che porta a termine per il teatro una tragedia… naturalmente respinta.

 Vive quindi stentatamente finché non si presenta a Jonas Collin, un alto funzionario, il quale riesce a fargli ottenere un  assegno mensile dal re Federico VI e il permesso di frequentare gratuitamente la scuola di latino a Slagelse. Può così ricominciare gli studi che furono proficui, sebbene si sente a disagio, lui giovane ventenne, a fianco di allievi tredicenni e quattordicenni. Si diploma nel 1828.

Nel frattempo comincia  a farsi conoscere nel campo della poesia, pubblicando nel 1827 Il bambino morente sulla rivista “Kjoebenhaavnspost” e nel 1829 un racconto romantico e ironico Viaggio a piedi dal canale di Holmen fino alla punta orientale di Amager. Ottiene anche qualche successo nel comporre vaudeville per il teatro, un genere difeso dall’illustre critico danese Johan Ludwig Heiberg, divenuto suo amico. Nel 1831 dà alle stampe anche un volume di liriche, un volume di schizzi e fantasie (1831), due melodrammi (1832) e il poema drammatico Agnete e il Tritone (1833).

Rientra in questo periodo il suo amore non corrisposto per Riborg Voigt, sorella di un suo compagno di studi. Il rifiuto della ragazza lo spinge a viaggiare. Contando sull’assegno reale, si reca a Lubecca, Amburgo, Dresda, Lipsia, Berlino dove incontra  Ludwig Tieck, Adelbert von Chamisso, Karl Simrock e altri personaggi illustri nel campo della letteratura. Il viaggio gli suggerisce un nuovo libro Echi ed immagini di un viaggio nel’Harz e nella Svizzera Sassone.

Ritornato in Danimarca vi soggiorna per poco tempo perché un secondo amore sfortunato come il primo per Luisa Collin, la figlia del suo benefattore, lo spinge a riprendere i suoi viaggi per il mondo. Parte per la Francia dove incontra Victor Hugo, Cherubini, il poeta Heine; visita l’Italia, (dove in seguito ritorna per altre tre volte). In Italia scrive e ambienta il romanzo L’improvvisatore che aumenta la sua fama attraverso i molti elogi dei critici.

Nel campo sentimentale Andersen non ha altrettanta fortuna perché il suo carattere oltremodo romantico e sognatore gli aliena anche il suo amore verso la cantante svedese Jenny Lind. Di quella passione rimangono tracce nelle sue opere.

Compie altri viaggi in Germania, in Grecia, in Turchia, in Austria, in Inghilterra, dove è ospite di Charles Dickens.  Erano gli anni che precedettero i sussulti e gli sconvolgimenti del 1848, ma Andersen non ne fa alcun cenno nelle sue opere. La politica non fa per lui: è come una nebbia che lo avvolge ma non lo soffoca. Il conflitto diretto della sua Danimarca con la Germania per la questione dei Ducati di Slevig e Holstein, susciteranno solo il dolore di fronte alla guerra. Neppure i conflitti sociali lo interessano, cosa strana in lui, figlio del popolo. È di questo periodo il volume autobiografico La fiaba della mia vita senza poesia, in cui invece di poesia ve n’è molta. Terminato il conflitto, riprende i suoi amati viaggi. Scrive Essere e non essere (1857) un incontro con la filosofia che non ottiene grandi consensi; Reiselberg: Svezia (1851), Portogallo (1866), Spagna (1873), tutti resoconti di viaggio con descrizioni e impressioni.

Nel 1867 Andersen onorato con titoli e commende, introdotto nelle Corti e nelle case della più alta società europea, acclamato all’estero, ritorna nel suo paese dove riceve quale omaggio la cittadinanza onoraria che la città di Odense gli attribuisce…

Il 4 agosto del 1875 muore serenamente  nella villa Rolighed, vicino a Copenhagen, dove era ospite dei Melchior, ricchi mercanti danesi

 

e così il piccolo anatroccolo che era nato e vissuto nella città di Odino coronò tutti i suoi sogni e poté morire felice. Ormai era diventato il maestoso cigno che aveva sempre sognato.

 

Così potrebbe concludersi la fiaba della sua vita. C’è però da notare che nella sua fiaba Il brutto anatroccolo il personaggio non ha i tentennamenti che Andersen ebbe in tutta la sua vita e non mostra indecisioni né cedimenti..

Andersen ebbe in realtà un carattere debole e forte allo stesso tempo. Facile all’entusiasmo, propenso alla malinconia e alla depressione,  mantenne per tutta la vita una ingenuità infantile. Agognava le lodi dei suoi contemporanei ed era, però, capace di deprimersi fino alle lacrime per un giudizio sfavorevole anche se espresso da un giornalista poco  noto. Infantilmente vanitoso dei suoi successi, era gravato di complessi vari.

Su Andersen il regista Kung Vidor girò  nel 1952 un film dal titolo “Il favoloso Andersen”, mentre la produzione di Walt Disney dedicò un lungometraggio alla Sirenetta e utilizzò altre fiabe dando ai vari protagonisti l’aspetto e le cararatteristiche dei personaggi disneyani.

 

LE FIABE

 

Come accadde a molti scrittori di talento, l’opera in cui avevano creduto meno e che avevano scritto per diletto e passatempo spesso si è rivelata quella che ha dato loro fama imperitura, mentre altri lavori in cui avevano maggiormente confidato, perché al momento in cui furono pubblicati avevano ricevuto il plauso comune, col passare del tempo sono rimasti confinati in una specie di limbo da cui vengono saltuariamente tratti da studiosi o amanti di quell’autore. È stata la sorte di Charles Perrault oggi ricordato solo per i suoi Contes de ma mère l’oie e di Andersen la cui notorietà è oggi legata alla raccolta Fiabe e racconti (Eventyr og Historier).

Lo scrittore danese  pubblica ottimi romanzi quali L’improvvisatore (1935), O.T. (1936) iniziali che a Copenhagen indicavano una casa di pena,  Soltanto violinista (1837), Le due baronesse (1849), Essere o non essere (1857). Piero il fortunato (1879). Scrive libri di poesie, opere autobiografiche, descrizioni di viaggi e per tutta la vita continua a coltivare la sua passione per il teatro scrivendo commedie, tragedie, vaudeville, libretti d’opera oggi dimenticati.

Ma la fama e la notorietà odierne sono legate solo alle sue fiabe. 

Raccontano i suoi biografi che il danese si stupisse quando qualcuno anteponeva ‘La regina delle nevi’ , ‘L’acciarino’ o qualche altra fiaba al romanzo L’improvvisatore.

Andersen comincia a raccogliere e a pubblicare le fiabe nel 1835 in un primo fascicolo cui, quasi ogni anno, ne seguirono altri fino al 1872 per un totale di 156 fiabe e racconti. Molto materiale lo ricava da quanto il padre, il nonno e la nonna gli raccontarono quando era bambino, altro materiale lo raccoglie attraverso racconti popolari del suo e di altri paesi visitati, dalle Mille e una notte, opera letta in gioventù. In altri casi, specie nei racconti, si tratta di invenzioni su fatti realmente accaduti da lui rielaborati poeticamente e ricostruiti con la fantasia. 

Andersen nel raccogliere il materiale dalla viva voce del popolo opera diversamente dai fratelli Grimm. Questi accettarono dal popolo le fiabe nella loro interezza e cercarono di rispettare la poesia e lo stile popolare senza sovrastarli. Andersen, invece, non concede nulla alla moda dell’epoca; non si sottomette alle varie correnti in voga. Inventa un suo particolare tipo di fiaba, diverso dai Grimm, dai romantici tedeschi Tieck, Chamisso, Arnim. Nel suo stile semplice, nella visione serena della natura e del mondo in cui immerge i suoi personaggi non v’è mai nulla di pauroso. Andersen ammira E.T.A.Hoffmann ma di lui non accetta il mondo fantastico, magico e demoniaco in cui vi sono scene che possono destare terrore nei lettori giovani. Andersen parla in modo più sommesso e immagina un mondo positivo fondato sulla bontà. Il suo animo è rimasto quello di un fanciullo, assai diverso, ad esempio, dalla visione leopardiana che vede nella natura non una madre amorevole ma una matrigna maligna e tragica. Lontano dalle visioni lunari e notturne dei romantici, le sue sono fiabe solari.

Utilizza fiabe del passato, quelle legate alla féerie in cui abbondano principi  e principesse, fate e streghe, gnomi e elfi e folletti. Utilizza per costruirle materiali apparentemente inadatti ad una fiaba, ma che riescono a parlare alla sua fantasia come  un’ago da rammendo, un vecchio lampione, un solino, stracci. Per lui è un gioco scoprire una fiaba in una persona o una cosa incontrata. E la natura gli fornisce materiale in abbondanza suggerito dal lino, dall’abete, dai fiori, dalle margherite, dai cardi, dai bucaneve dagli animali.  La sua aspirazione è quasi sempre religiosa, attenta ai segnali della vita, della morte, della salvezza. Non sempre c’è il lieto fine, ma la morte, ad esempio, può essere l’inizio di una nuova vita, come in ‘Scarpette rosse’.

Andersen non è mai stato uno spirito combattivo e i suoi personaggi, in cui infonde molto di sé, quando vengono posti di fronte ad avversità piangono, soffrono ma sperano in un Dio buono e misericordioso a cui affidarsi con umiltà. Nelle sue fiabe c’è saggezza e c’è morale, non quella palese di Esopo, di Fedro, di La Fontaine con le loro conclusive massime didattiche e moraleggianti. In Andersen la morale salta fuori a poco a poco, la si legge tra le righe e non buttata in faccia a mo’ di conclusione, quasi la fiaba fosse stata scritta solo per quella funzione. Nei suoi racconti c’è spesso umorismo e comicità, vedi ‘I vestiti nuovi dell’imperatore’; manca l’ironia e la satira perché sono qualcosa di troppo intellettualistico per essere alla portata dei fanciulli.

Per  questo l’Andersen della fiaba non fece scuola. Non poteva farla: le sue sono fiabe paniche, uniche, singolari le quali non ebbero e forse non potevano avere imitatori e seguaci.

In Italia furono fatte conoscere attraverso due ottime traduzioni: quella di Maria Pezzé Pascolato, Quaranta novelle (1903) e quella di Maria Tibaldi Chiesa, Nuove novelle (1937). Nel 1954 Einaudi pubblicò tutte le fiabe nella collana ‘I Millenni’.

Il cinema attraverso un lungometraggio a cartoni animati di Walt Disney immortalò La sirenetta, travisando alquanto, secondo lo stile disneiano, il personaggio, facendone una fanciulla allegra e un poco contestataria. Ma quando mai Disney è fedele all’originale!

 

L’acciarino o Il soldato di ventura  Un soldato dal ritorno dalla guerra incontra una strega che lo invita a calarsi in una grotta dove si trova un tesoro a custodia del quale stanno tre cani. Gli spiega come neutralizzarli e concorda con lui che il tesoro sarà suo e a lei andrà invece un acciarino che sua nonna aveva dimenticato durante una precedente visita nelle grotta.  Il soldato al momento della consegna, vuole sapere a che serve l’acciarino. Nasce un diverbio. La vecchia  viene uccisa e il soldato con le ricchezze vive in città da signore. Quando i soldi finiscono si ricorda dell’acciarino e scopre che con le scintille della pietra focaia compaiono tre cani che si mettono ai suoi ordini.  Il soldato, innamorato di una principessa, ordina loro di portargliela nottetempo.  Al mattino la principessa non sa dove ha trascorso la notte. La storia si ripete. Allora la regina ordina ad una fantesca di fare la guardia e quella, nottetempo, segue la principessa e il cane e contrassegna col gesso la porta della casa in cui è entrato. Ma il cane, accortosene, segna col gesso tutte le porte delle case. Allora la regina lega alla cintura della figlia un sacchettino bucato, pieno di grani di miglio.  E questo permetterà di trovare il soldato che viene condannato all’impiccagione. Ma all’ultimo istante arrivano i tre cani i quali lo liberano. Il soldato sposerà così la principessa.

Il bambino cattivo  In una sera di tempesta un vecchio poeta sente bussare alla porta. Apre e si trova davanti un bambinello nudo, intirizzito e tremante con un arco e una freccia in mano. Lo ospita presso il fuoco, lo rifocilla, lo asciuga e se lo tiene sulle ginocchia. Gli chiede il nome e quello risponde ‘Amore’. Riprese le forze, il bambino per tutta ricompensa incocca una freccia e lo colpisce al cuore. “Che bambino cattivo è Amore!” esclama il poeta. “Da oggi in poi lo dirò a tutti i bambini buoni perché stiano in guardia e non giochino mai con lui. Ma Amore conosceva tutti i sotterfugi per ingannare tanto che riusciva a camuffarsi e a scagliare sempre le sue frecce. Non può farne a meno perché Amore è dappertutto: è riuscito a colpire anche il cuore di tuo padre e di tua madre e anche quello della nonna, che, pur essendo passato molto tempo non lo scorderà mai.

 

Il baule volante  Un giovane ereditò dal padre, un mercante molto ricco, una fortuna che sperperò in pochi anni. Rimasto senza il becco di un quattrino, perduti gli amici, si ritrovò con un solo baule lasciatogli da uno di essi che gli disse: “Fai fagotto e vattene!”. Non avendo nulla da mettere nel baule, ci entrò lui. Il baule era singolare. Appena lo si chiudeva, cominciava a volare. Atterrò in Turchia, vicino ad un palazzo dove era segregata una principessa. Nottetempo il giovane andò a farle visita. La principessa si innamorò di lui e gli chiese di tornare non di nascosto ma alla presenza dei suoi genitori ai quali avrebbe dovuto portare in dono una bella fiaba. Dopo averla raccontata,  il re gli offrì la mano della figlia. Si fece in città gran festa e il giovane volle partecipare con dei fuochi di artificio. Li mise nel baule e innalzatosi sopra la città vi diede fuoco, illuminando la notte con fiamme colorate. Poi atterrò nel bosco dove lasciò il baule e andò in città per conoscere l’effetto dei suoi fuochi. Quando ritornò nel bosco trovò il baule bruciato. Una scintilla vi era rimasta e l’aveva distrutto. Poiché solo col baule poteva ritornare dalla principessa, il giovane dovette rinunciare al suo matrimonio.

 

Il brutto anatroccolo.  Un anatroccolo è diverso dai suoi fratelli. È brutto, sgraziato, goffo tanto da essere preso in giro. Fugge disperato. Si unisce ad alcune oche, viene accolto in una casa in cui vive una vecchia, un gatto e una gallina. Ma non sapendo fare le uova, viene cacciato. Durante l’inverno ne passa di tutti i colori, viene raccolto, curato e di nuovo scacciato Ma giunge la primavera e si accorge di saper volare. Tanto da raggiungere dei superbi uccelli bianchi. Con meraviglia, specchiandosi nell’acqua, si accorgerà di essere diventato un magnifico cigno.

 

 

La casa vecchia  In un quartiere in mezzo a case nuove ne sorgeva una vecchia. Le case nuove la guardavano con disprezzo e la consideravano una topaia che avrebbe dovuto essere demolita. Di fronte alla vecchia casa abitava un bimbo al quale invece l’edificio piaceva e si chiedeva chi lo abitasse. Vide un giorno un vecchio signore ad una finestra e lo salutò. Quello rispose. Il giorno appresso il bimbo, pensando che l’uomo vivesse solo e che la solitudine è triste, gli mandò in dono uno dei suoi soldatini di piombo. Il vecchio signore lo accettò e invitò il bimbo a fargli visita. Da quel giorno la solitudine del vecchio ebbe uno sprazzo di luce. L’unico a lamentarsi fu il soldatino di piombo il quale avrebbe preferito vivere accanto al bambino perché nella sua casa  regnava la gioia e la serenità. Un giorno il vecchio morì e non avendo parenti e amici venne portato al cimitero senza alcun estremo saluto, tranne l’unico bacio  gettato al feretro dal bimbo da dietro i vetri della sua finestra.  La vecchia casa fu  demolita e i mobili venduti all’asta.  Al suo posto fu creato un piccolo giardino. Passarono gli anni e un giorno il bambino, ormai uomo e sposato, venne ad abitare la casa paterna. Un mattino la moglie, scavando con le mani la terra per piantare un fiore, si punse un dito con un soldatino rimasto sepolto da anni. In esso l’uomo ritrovò il dono che aveva fatto al vecchio signore e raccontò la storia alla moglie. Costei gli chiese di visitare la tomba del vecchio e di portargli un fiore,  ma nessuno sapeva dove fosse sepolto. “Come deve esser stata tremenda la sua solitudine!” disse la donna. Il soldatino aggiunse: “Però che felicità essere ricordati da qualcuno!”. Ma nessuno lo udì, tranne un pezzo di cuoio di una poltrona appartenuta alla vecchia casa, rimasto anche lui sepolto per tanti anni.

Le cicogne   In un nido in cima ad tetto un gruppo di cicognini appena nati sono spaventati da una filastrocca cantata da un bambino poco amante degli animali. La filastrocca dice che i cicognini devono essere impiccati, infilzati, bruciati. La filastrocca viene ripetuta ogni giorno, anche da altri bambini. I cicognini crescono, imparano a volare e meditano la vendetta. Ma la madre riesce sempre a dissuaderli. Solo alla fine, suggerisce loro cosa dovranno fare.  Siccome le cicogne portano i bambini nelle famiglie e i figli dell’uomo si trovano nello stagno prima di nascere dove fanno sogni belli che non faranno mai più, si vendicheranno portando fratellini a coloro che non hanno cantato la filastrocca, mentre a quelli che l’hanno cantata non ne porteranno affatto. Al  bimbo più crudele porteranno un bimbo morto nello stagno a forza di sognare.

La figlia del re della palude  Babbo Cicogna, che con la famiglia viveva sul tetto della casa di un re vichingo, raccontò alla moglie di aver veduto tre cigni volare sulla palude. Ma non si trattava di uccelli ma di tre fanciulle una delle quali era una principessa d’Egitto, venuta per cercare un fiore che avrebbe guarito suo padre. La giovane, pensando di averlo veduto in fondo alla palude, consegnò le piume di cigno che le permettevano di volare alle due compagne e si tuffò. Quelle, malvagie, portarono via il vestito di piume e lo distrussero impedendo così alla principessa di tornare. Quella rimase  prigioniera in fondo alla palude per sempre, compagna del re di quel regno melmoso. Il tempo passò e un giorno dal fondo spuntò una pianta dalla quale nacque un fiore. Quando si aprì, conteneva una bella bimba. Mamma cicogna, seguendo il compito che le era stato affidato, cercò una madre a cui affidarla e dato che la moglie del re vichingo rimaneva quasi sempre sola in quanto il marito era  impegnato in scorrerie, gliela affidò. La madre amava la figlia anche se quella  aveva un’indole cattiva. Un mattino all’alba la madre non trovò più la piccola: al suo posto c’era un rospo. Stava per ucciderlo quando scorse una infinita tristezza dipinta sul muso dell’animale e ne ebbe compassione. In quel momento, attraverso la finestra entrò un raggio di sole e il rospo si tramutò nella sua  bimba. Col passar del tempo la cosa si ripeté e la donna capì che la sua creatura era di notte un rospo buono e di giorno una bella bimba, ma cattiva. Al marito non disse mai nulla. Si limitò a mostrarle la bimba solo di giorno. Quando le cicogne migrarono in   Egitto seppero che il padre della fanciulla morta nello stagno era sempre ammalato e nella vana attesa del ritorno della figlia. Ma le compagne gli avevano detto che un cacciatore l’aveva uccisa mentre volavano. Allora le  cicogne decisero di rubare una veste da cigno e di portarla in riva alla palude. Se la principessa non era morta, sarebbe ritornata. Intanto la bimba, cui avevano dato il nome di Elga, cresceva sempre più bella e sempre più malvagia. La madre spesso si sentiva attratta dalla tristezza del rospo che vedeva ogni notte e che ormai aveva preso ad amare. Un giorno dalle scorrerie ritornò il marito portando prigioniero un prete che predicava una religione fatta solo di amore. Elga però non lo ascoltava, anzi attendeva il giorno in cui sarebbe stato sacrificato agli dei. Il rospo, venuto a conoscenza del fatto, nottetempo andò nella cella del prete prigioniero lo liberò e in sua compagnia fuggì a cavallo nella notte. Al sorgere del sole però il rospo riprese la forma di Elga la quale tentò di usare la sua malvagità contro il prete, inutilmente. La conoscenza del giovane prete, della sua dottrina e le avventure che dovettero affrontare fianco a fianco,  risanarono a poco a poco la fanciulla che ritornò nella terra da dove sua madre era partita per compiere un atto d’amore.

Gian Babbeo. Tre fratelli, due intelligenti e loquaci e il terzo, Gianbabbeo, assai meno colto, si recano al castello del re dove la principessa ha messo in palio la sua mano. La concederà a colui che avrebbe parlato con più spigliatezza. Due fratelli partono con i loro cavalli, mentre Gianbabbeo, che cavallo non ha, parte seduto sul dorso del suo caprone. Strada facendo trova un uccello morto, uno zoccolo spezzato e della molle fanghiglia. Dal colloquio con la principessa i due fratelli escono sconfitti, mentre Gianbabbeo,  parlando di quello che ha trovato, vince la gara e la mano della principessa. 

Il guardiano di porci  Viveva in un minuscolo regno un principe che desiderava sposarsi. Era famoso per la sua bontà e per la sua perizia nel fabbricare oggetti d’arte.Un giorno si presentò alla figlia del re di un paese vicino e le chiese la mano. Quella, alquanto altezzosa, gli chiese che cosa le aveva portato in dono. Il principe le offrì una rosa che fioriva ogni cinque anni. Ma venne rifiutata perché non sembrava vera. Allora le offrì un usignuolo che cantava divinamente. La principessa volle appurare se era vero o no. Fece aprire una finestra e quello volò via.  Rimasta con un dono che non le piaceva e senza l’altro che s’era involato, la principessa lo respinse. Il principe se ne andò e ritornò qualche giorno dopo, tutto tinto di nero, sporco e con i vestiti a brandelli. Chiese lavoro al re e ottenne quello di guardiano dei porci reali. Durante le pause del lavoro si dilettava a costruire oggetti. Fece una pentola con sonaglini i quali tintinnavano canzoni quando l’acqua bolliva e fece anche un sonaglio che eseguiva tutte le danze in voga. La principessa volle gli oggetti e il porcaro glieli diede a patto che lo baciasse. Il re la sorprese mentre baciava il porcaro e  cacciò entrambi dalla reggia. Strada facendo il porcaro di nascosto si lavò, si tolse di dosso i cenci sporchi, indossò abiti principeschi e ritornò dalla ragazza. “Tu, le disse, hai disdegnato il mio fiore e il mio usignuolo; tu sai solo dilettarti con balocchi e per averli  accetti persino di baciare un porcaro. Non sei la sposa che fa per me. Ritorna pure  da tuo padre. Addio!”  E lui continuò la sua strada per ritornare nel suo minuscolo regno.

Madre Sambuco o MadreSureau  C’era una volta un bambino che si prese il raffreddore e la madre, per farlo guarire, gli diede una tazza d’infuso di sambuco e lo mise a letto. Un vecchio, vicino di casa, venne a trovarlo. Il vecchio era solito raccontare al bimbo delle fiabe e quella sera ne inventò una. Disse al bimbo: “Guarda la teiera. Vedrai spuntare un albero carico di fiori di sambuco e dentro di esso vedrai una vecchina. I marinai la chiamano Mamma Sambuco.”  Raccontò che sotto quell’albero stava un giorno seduta una coppia di vecchi, marito e moglie, che avevano raggiunto l’età delle nozze d’oro. I due vecchietti, che non rammentavano quello che avevano fatto quella mattina, cominciarono a rivangare il passato, dal loro primo incontro, alle nozze, ai lunghi viaggi e alle assenze di lui che era marinaio, al fiore di sambuco che lei gli aveva donato un giorno prima della partenza, alle lunghe attese di lei, ai figli che vennero, ai nipoti. E i ricordi fluivano chiari pieni di rimpianto ma al tempo stesso di gioia. Quando il vecchio cessò di raccontare, prese il libro dei salmi che portava sempre con sé, l’aprì nella pagina in cui c’era un fiore di sambuco. Era ancora fresco. Poi chiuse il libro e se ne andò. Ma prima disse al bimbo il nome di quella che i marinai chiamavano Mamma Sambuco: il suo vero nome è Ricordo.

L’ombra  Un filosofo che viveva nei paesi freddi del nord decise di andare nei paesi caldi, là dove il sole maggiormente metteva in evidenza le ombre degli uomini.  La casa dirimpetto a quella in cui viveva il filosofo aveva sempre le finestre socchiuse e da esse usciva una musica dolce. Incuriosito chiese chi vi abitasse, ma nessuno sapeva nulla. Pensò allora di inviare in quella casa la sua ombra perché si guardasse attorno e poi gli riferisse ciò che aveva visto. L’ombra andò e non ritornò più. L’uomo ne rimase senza, ma a poco a poco si accorse che un’altra cresceva attorno a lui. Quando ritornò nei paesi del nord aveva una seconda ombra normale. Passarono li anni, Un  giorno udì bussare alla porta. Aprì e si trovò di fronte un tipo magro, distinto che gli confessò di essere la sua vecchia ombra. Gli raccontò di essere penetrato in quella casa e di aver scoperto che ad abitarla era la poesia. Così era rimasto. Da allora aveva cominciato ad assumere un corpo, si essersi istruito e di aver iniziato a girare mondo. Ora era ricco di denaro e di esperienza. Gli raccontò molte altre cose  e poi se ne andò. Passarono altri anni. Il filosofo cominciò a trovarsi in ristrettezze quando l’ombra – ormai uomo – tornò e gli propose di viaggiare con lui, purché  gli facesse da ombra. Il filosofo non accettò. Nel frattempo si era ammalato e era diventato così magro che la gente diceva “Si è ridotto ad un ombra. Avrebbe bisogno di essere curato”. Fu così che il filosofo accettò la proposta della sua ex ombra con la quale si recò in un luogo di cura. Lì incontrarono una principessa che cercava uno sposo che fosse all’altezza di reggere le sorti del suo regno. Conobbe l’ex ombra, se ne innamorò e accettò di sposarlo quando seppe che era intelligente assai più dell’ombra che ora l’accompagnava. Prima di sposarsi l’ombra disse al filosofo: “Da ora in poi sarai la mia ombra, non dovrai mai dire di esser stato un uomo e quando starò al sole tu dovrai sdraiarti  per terra davanti a me”. Il filosofo non accettò, anzi disse che avrebbe rivelato tutto alla principessa. Ma non fece in tempo perché il giorno delle nozze non poté udire le urla di giubilo, gli spari dei cannoni né vedere i fuochi d’artificio perché l’avevano ucciso.

Il paradiso terrestre  Il figlio di un re da piccolo aveva imparato a conoscere il mondo solo dai libri: La nonna gli aveva raccontato che nel paradiso terrestre c’erano molti fiori  che contenevano la storia, la geografia, la matematica… Bastava mangiarli per imparare tutto. Da grande non ci aveva più creduto e diceva: “Perché mai Adamo ha ceduto ad Eva e ha mangiato il frutto del bene e del male? Io non l’avrei mai fatto.” Un giorno mentre passeggiava in un bosco scoppiò un furioso temporale e trovò rifugio in una caverna dove viveva la madre dei venti. Stava cucinando in attesa del loro ritorno. Quando rientrarono ognuno narrò di aver scatenato qui una tempesta, di aver sparso la neve, di aver soffiato tanto da seppellire intere carovane nel deserto. Per ultimo rientrò il vento dell’Est il quale aveva una foglia di palma sulla quale l’araba fenice aveva scritto tutta la storia della  sua vita degli ultimi cento anni trascorsi sulla terra. Doveva consegnarla alla regina delle fate che abitava nel Paradiso terrestre e gliela avrebbe portata l’indomani. Il principe gli chiese di accompagnarlo. Il giorno dopo si ritrovarono nel paradiso terreste davanti alla regina delle fate. Durante il soggiorno il principe poté vedere  tutto quello che accadeva sulla terra. Quando il vento ripartì, il principe disse: “Va pure: io rimango qui. Ritorna fra cent’anni.”  “Puoi rimanere” acconsentì la regina “ma ricordati: nei cento anni che seguiranno, ogni sera io ti chiederò di seguirmi, ma tu non dovrai farlo. E se lo farai, non tentare mai di baciarmi.” Il giovane promise. Ma già la prima sera disubbidì e seguì l’invito della fata che lo condusse sotto l’albero del bene e del male e lì si lasciò tentare e la baciò. Il paradiso terrestre scomparve e il giovane si ritrovò nella caverna accanto alla madre dei venti. “Se tu fossi mio figlio, ti chiuderei in un sacco per sempre!” disse adirata. Ma la Morte che era presente disse: “No,  lasciamolo errare sulla terra affinché possa espiare ogni peccato e un giorno tornerò. Lo metterò in una bara e lo porterò nel paradiso terrestre dove, se sarà stato buono e pio, potrà entrare. 

La pastorella  e lo spazzacamino. Un fauno intagliato in una credenza chiese in moglie una pastorella di porcellana, fidanzata con uno spazzacamino, di porcellana pure lui, che se ne stava su un tavolino accanto ad un cinesino che diceva di essere suo nonno e faceva sempre cenno di sì con la testa. Alla richiesta del fauno, che si chiamava Zampa di Capra, fece cenno di sì e la pastorella si disperò e chiese allo spazzacamino di fuggire. Si nascosero in un cassettone dove c’erano mazzi di carte e un teatro di burattini in cui si rappresentava la storia di due innamorati che non  potevano sposarsi.  Non contenta del nascondiglio, la pastorella volle riprendere la fuga  e i due fuggitivi, attraverso il camino, salirono sul tetto  Il cielo e il mondo che li circondavano impaurì la pastorella che volle ritornare sul suo tavolinetto di cristallo. Lì giunti seppero che il cinesino di porcellana, caduto a terra non faceva più cenno di sì col capo. Per cui il fauno Zampa di Capra non ebbe il consenso di sposare la pastorella che visse per sempre col suo spazzacamino.

La piccola fiammiferaia. La notte di Natale una bambina mendicante, intirizzita dal freddo, accende i suoi fiammiferi uno dopo l’altro per scaldarsi e alla luce della fiammella ha delle visioni confortevoli: una stufa, un’oca arrosto, un albero di Natale, la nonna morta, che le aveva voluto bene. Per trattenere la visione della nonna la bimba accende tutti i fiammiferi che possiede e la nonna la prenderà in braccio per portarla là dove non esiste la fame, il freddo, l’angoscia.

Il piccolo Tuk  Piccolo Tuk era un bambino povero che viveva con la madre e una sorella ancora piccola di cui doveva aver cura.  Tuk, quando la madre era assente, la teneva sulle ginocchia  e canticchiava per tenerla tranquilla e non  aveva così il tempo di studiare. Un giorno dovette attendere il ritorno della madre prima di poter prendere in mano il libro di geografia, ma la madre  giunse tardi quando le ombre della  notte erano già scese per cui, non essendo la casa illuminata ed essendo la madre tanto povera da non poter comprare delle candele, dovette rinunciarvi. Vedendo dalla finestra una povera lavandaia tornare dal fiume carica di cenci bagnati, il piccolo Tuk  le andò incontro per aiutarla. Quella sera andò a letto e si addormentò a stento pensando alla lezione di geografia dell’indomani alla quale sarebbe andato impreparato. Qualcuno gli aveva però detto di mettere sotto il guanciale  il libro, forse durante il sonno…Durante la notte sognò la vecchia lavandaia la quale gli disse di non disperare ed ecco che dal libro cominciarono ad uscire le notizie che doveva imparare e Tuk se le vide passare tutte davanti agli occhi come se fossero scene vere. Vide le città, gli abitanti, le loro vicende storiche, i fiumi, i mari, le genti al lavoro. Tutto, insomma. Quando al mattino si svegliò si accorse di sapere tutto. Andando a scuola incontrò la vecchia lavandaia che gli disse “Ti ringrazio, piccino per l’aiuto. Dio ti benedica e trasformi in realtà ogni tuo sogno”. E così avvenne,

Pollicina    Una donna senza figli riesce ad averne uno per intervento di una strega. Solo che Pollicina, nata in un fiore, è così minuscola da vivere in un guscio. Una rospa la rapisce per darla in sposa a suo figlio. Pollicina riesce a fuggire e a bordo di una foglia di ninfea scende lungo il fiume. Incontra varie avventure e alla fine finisce nella tana di una topa alla quale fa da serva. Un vecchio topone si innamora di Pollicina e la vuole sposare. Prima delle nozze la bimba trova abbandonata per terra una rondine che tutti credono morta. Pollicina riesce a donarle la vita e la libertà. Quando arriva il giorno delle nozze, Pollicina esce dalla tana per salutare il sole che forse non vedrà mai più. Ed ecco arrivare la rondine che la porta via con sé nei paesi caldi. Là Pollicina vivrà nelle corolle dei fiori e in una di esse troverà il suo principe col quale vivere per sempre.

La principessa sul pisello. Un principe voleva sposare una vera principessa ma per quanto cercasse non ne trovò una vera. Una sera di pioggia si presentò al castello una fanciulla che, dicendo di essere di stirpe reale, chiedeva ospitalità. La regina madre le fece preparare un letto con sette materassi e sotto quello più basso mise n pisello. Al risveglio la principessa disse di avere tutto il corpo illividito perché qualcosa l’aveva disturbata durante il sonno. Questo bastò a conferirle la patente di vera principessa.

Quello che fa il babbo è ben fatto  Due vecchi vivono miseramente e per far fronte al bisogno decidono di vendere il cavallo. Il marito (che la moglie chiama affettuosamente babbo), ottenuta l’approvazione e il consenso della donna, si avvia verso il mercato. Strada facendo incontra un amico con una mucca il quale gli dice di aver sempre sperato di avere un cavallo. Il vecchio di buon cuore fa il cambio. Proseguendo nel cammino incontra altri amici con i quali continua a cambiare la sua merce, ottenendo così prima una pecora e poi un’oca, una gallina e alla fine un sacco di mele marce. Due inglesi, udendo nell’osteria il vecchio raccontare la sua storia, gli dissero che al ritorno a casa la moglie lo avrebbe bastonato ben bene. Il vecchio rispose  di no, anzi , gli darà un bacio e dirà “Quel che fa il babbo è ben fatto”. I due inglesi scommisero uno staio pieno di monete d’oro contro uno staio di mele marce. Quando il vecchio raccontò alla moglie i vari passaggi della merce la donna trovò che ognuno poteva essere vantaggioso e non ebbe nulla da ridire così il marito ricevette baci invece di busse. I due inglesi pagarono la scommessa.

La regina delle nevi  Kay e Gerda abitano in due soffitte adiacenti. Un giorno nel cuore di Kay entra una scheggia del diavolo. Da quel, momento il ragazzo diserta i giochi con l’amica. Scende in piazza e attacca il suo slittino alla slitta della Regina delle Nevi che se lo porta via. Gerda parte alla sua ricerca. Viene catturata da una maga che tenta di farle dimenticare lo scopo della sua ricerca. Durante le sue peripezie capita nella casa di un brigante e si salva solo perché la figlia del brigante la vuole per amica. Poi una renna la porta in Finlandia dove una donna le predice che solo lei ha la forza di liberare Kay e sarà proprio in Finlandia, dove la Regina delle Nevi ha il suo palazzo, che Gerda riuscirà a liberare Kay dall’incantesimo.

Scarpette rosse Una bimba molto graziosa ma anche molto ambiziosa ambiva ad avere un paio di scarpette rosse. Le ebbe da una vecchia  e le indossò il giorno in cui morì sua madre.  Una signora anziana e ricca si prese cura di lei, la rivestì con abiti sontuosi  e bruciò le scarpette perché le ritenne orribili. Il giorno della confermazione la bimba, che si chiamava Karen, riuscì a farsi comprare un paio di scarpette rosse. L’anziana signora, ormai mezza cieca, non badò al colore perché non avrebbe mai permesso che Karen di  entrare in chiesa con quelle scarpette. Quando Karen si avvicinò all’altare tutti la guardavano e scuotevano il capo.  Quando la vecchia signora seppe dell’accaduto ordinò alla figlioccia di non usare più le scarpette rosse per andare in chiesa. Karen non ubbidì. Uscendo di chiesa un vecchio soldato disse: “Che belle scarpette da ballo. Aderite ai piedi quando ballate”. Da quel momento la bimba  non poté più togliersi le scarpette e cominciò a ballare. Le era impossibile fermarsi e continuò a ballare notte e giorno finché non chiese al boia di tagliarle i piedi. Costui eseguì la triste richiesta e costruì per la bimba un paio di grucce. Da quel momento Karen cominciò a pentirsi. Entrò al servizio della moglie del pastore, eseguì i lavori più umili. Un giorno entrò in chiesa dove non era più stata dal giorno in cui aveva calzato le scarpette rosse. Il pastore l’accolse e il cuore della bimba si colmò di una tale gioia che si spezzò. La sua anima volò sino a Dio e lassù nessuno le ricordò mai le scarpette rosse.

La sirenetta  Una sirena, la più piccola figlia del re del mare, nel suo quindicesimo anno d’età, quando è permesso alle sirene di affacciarsi alla superficie, vede e si innamora di un principe che festeggia i suoi sedici anni su una nave in transito. Scoppia una tempesta e la nave cola a picco, ma la sirenetta salva il principe e lo depone sulla spiaggia dove viene trovato da una fanciulla di cui il principe si innamora. La sirenetta, ignara, vorrebbe diventare come gli umani e chiede alla Strega del Mare di mutare la coda in due gambe, rinunciando alla voce. Il principe però sposerà un’altra. Per liberarsi dall’incantesimo, la sirenetta dovrà uccidere il principe con un coltello fornito dalla sue sorelle le quali per ottenerlo dalla Strega del Mare hanno sacrificato le chiome.  Ma la sirenetta non lo farà e si dissolverà nella schiuma del mare. Potrà, comunque avere un’anima immortale dopo trecento anni, e ogni buona azione compiuta da un bambino accorcerà questo tempo.

La Sirenetta fu trasferita sullo schermo nel 1989 dal regista J. Musker e nel 2000 da J.Kammerud e Brian Smith,

Il soldatino di piombo (o di stagno).  Un bimbo riceve in regalo una scatola di soldatini di piombo tutti uguali, tranne uno cui manca una gamba. Sistemato sul davanzale della finestra il soldatino vede una fanciulla di carta ritagliata che danza su una gamba sola  e se ne innamora. Un colpo di vento apre la finestra e il soldatino cade nel prato sottostante dove due ragazzini lo raccolgono e lo fanno navigare su  una barchetta di carta che finisce nelle fogne. Un topo  non riesce a prenderlo ma un grosso pesce lo ingoia. Il pesce pescato finisce nella casa da dove il soldatino era partito. Tutto come prima. Un bimbo, però, non contento del soldatino con una gamba sola, lo getta tra le fiamme. Una folata di vento, afferrata la ballerina di carta, la porta pure essa nel fuoco accanto al soldatino. Entrambi moriranno abbracciati. Il mattino dopo, nella cenere ancora calda,  verrà trovato un cuore di piombo e un nastrino della ballerina.  

L’uomo di neve.  L’uomo di neve era stato costruito e modellato da un gruppo di bambini dopo una abbondante nevicata. L’omino era stupito di fronte al sole che correva veloce nel cielo, ma dopo essere sparito ritornava subito con un altro colore.  “Tu non sai niente” gli disse un cane legato alla catena. “Il primo è il sole e l’altra è la luna”.  Il colloquio tra l’omino e il cane durò a lungo e il cane ebbe modo di raccontare la sua storia, inizialmente bella, perché viveva in una casa dove poteva godere del tepore di una grossa stufa, e poi sempre più triste finché non era finito legato alla catena. La stufa di cui il cane aveva parlato l’omino la vedeva attraverso i vetri della finestra, lo affascinava e lo attirava. “Brutta cosa  per un uomo di neve essere attratti dal fuoco di una stufa” gli diceva il cane.  Poi, un giorno il tempo cambio, arrivò prima un tepore e poi il caldo. L’omino si sciolse e si squagliò e di lui non rimase nulla. Rimasero i bimbi lieti dell’arrivo della nuova stagione e il cane che legato alla catena continuava ad abbaiare. E dell’uomo di neve non si ricordò più nessuno.

L’usignolo dell’imperatore.  Un imperatore cinese viveva in un castello di porcellana. Un giorno venne a conoscenza che nei suoi giardini c’era un usignolo che cantava divinamente. Lo invitò a corte dove l’uccello cantò per l’imperatore e per i suoi ospiti, ma non volle ricompense. Si accontentò di aver veduto lacrime di gioia negli occhi dell’imperatore. Un giorno l’imperatore del Giappone  mandò all’imperatore cinese un usignolo meccanico e i dignitari di corte lo preferirono all’usignolo vero perché cantava a comando, mentre quello vero era imprevedibile. Ma l’usignolo meccanico si ruppe e l’imperatore per il dispiacere si ammalò. Era in punto di morte quando l’usignolo vero ritornò e prese a cantare così melodiosamente che la Morte stessa si fermò ad ascoltarlo e se ne andò, dimenticandosi dell’imperatore che guarì. L’usignolo non volle nulla tranne la sua libertà. Sarebbe tornato dall’amico imperatore  a cantargli quanto vedeva nel suo regno.

I vestiti nuovi dell’imperatore  Un sovrano molto attento all’eleganza  ricevette un giorno la visita di due impostori che si vantarono di saper tessere una  tela invisibile agli occhi degli sciocchi. Il sovrano si lasciò convincere, ma non svelò a nessuno il segreto della tela invisibile. I suoi dignitari non osarono dirgli che una tale stoffa non esisteva e, quando l’abito fu confezionato, lo lasciarono uscire… completamente nudo. L’inganno non durò a lungo perché venne svelato da un bambino che, vedendo l’imperatore, esclamò: “Ma l’imperatore è nudo!”. L’imperatore non si scompose e dignitosamente continuò  a camminare, mentre i dignitari di corte fingevano di reggere uno strascico che non esisteva.

 

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ALDERNEY 2005 , ANTIGUA 2005 (3665/67+BF 610),  -2006  ,  ASCENSION 2005  , BAHAMAS 2005 (1224/7), BELGIO 2005 (3434/8), BRASILE 2005 (2937), BIELORUSSIA 2005, BOSNIA ERZEGOVINA 2005, BULGARIA 1955 (841), 1968 (1591), 2000 (3869), 2005  (BF),  BURUNDI 1977 (741/4), CECOSLOVACCHIA 1955  (831),  CENTROAFRICA REPUBBLICA 1979  (395/9), CINA 2005 (4267/71), COREA DEL NORD 1987 (1924), CUBA 2000  (3879), DANIMARCA 1935  (229/34), 1974  (576), 1975 (601/3), 1975  (Aerogramma), 1989  (947),  1996  (1122), 1997 (1165/6), 2005  (1399/1402),  DDR 1972  , 1975  (1776), DOMINICA 1991 (1279/82; 1337/40+BF196),  FALKLAND 2005 (922/5), GAMBIA 2005,  GERMANIA 2005 (2277), GRENADA 1987 (1521/32+BF 187 e 189), 2005 (4723/5+BF 690), GRECIA 2008 (2459), GRENADINES 1987 (801/12+BF139 e 141), 1997 (2154), GRENADINES DI SAINT VINCENT 1992 (794/802+BF 91/92),  GUYANA 1999 (4764/69), 2005 (5830/32+BF489), HONGKONG 2005, ISRAELE 2000 (1483/5),  JERSEY 2005 (1206), KAZAKISTAN 2005 (448),  2006  (1v),  LESOTHO 2005 (1850/2+BF 198),  LIBERIA 1998 (1764),  2006,  MACEDONIA 2005 (355), 2006 , MALDIVE 2005 (3700/2), MALTA 2005 (1342/5), MANAMA 1972 (893/899),   MARSHALL ISOLE 2005,  MICRONESIA 2005 (1435/37), MONACO 1980 (1235/40), MONTSERRAT 2005 (1184/6), NEVIS 2005 (1846/49+BF 258), NORVEGIA 1981 (792), PALAU 2005 (2114/6+BF 183),  POLONIA 1987 (2931/6), 2005 (3923/4), REDONDA 1986, ROMANIA 1955 (1424), 2005 (4969),  SAN CRISTOFORO 2005 (1226/8+BF 79), SAINT VINCENT 2005 (4879/81+BF 604), SALOMONE 2005 (1155/60), SAN MARINO 2005 (2035) SERBIA MONTENEGRO 2005 (3100/1), SIERRA LEONE 1977 (BF),  2005, SINGAPORE 2005 (1024A/30A) (1288/91), TUVALU 2005 (1078/89), UNGHERIA 1976 (2508), 1979 (2697), 1987 (3144/5).

 

 

ANDERSON LENA

(Svezia)

 

Nata nel 1939. 

Lena Anderson è autrice e illustratrice di libri per bambini e adolescenti.  Tra i suoi lavori sono da ricordare:  Hedgehog, Pig e la dolce piccola amica, Il segregto di Hedgehog, Linnea nel Giardino di Monet, ed Eugenia a Venezia.

 

FILATELIA

SVEZIA, Anno 2010 

 

 

 

ANDERSON POUL

(USA)

 

Nato nel 1926 a Bristol, Pennsylvania . Morto il 31 luglio del 2001 a Orinda, California.

Scrittore americano di origine scandinava.

Poiché il lavoro del padre, ingegnere, lo portava in diverse parti dell’America, il giovane Poul viaggiò moltissimo. Si laureò in Fisica nel 1948 e in seguito studiò anche Matematica e Filosofia, ma non si occupò mai di tali settori preferendo dedicarsi all'attività di scrittore.

Esordì sulla rivista “Astouding” nel 1947 con un racconto dal titolo Tomorrow’s Children, senza attirare grande attenzione. La ottenne, invece, con il romanzo La città perduta e altri tre romanzi Quoziente mille  (1953), Tre cuori e tre leoni (1953),  I proteiformi (1953). 

Si affidò più alla letteratura fantastica che non a quella fantascientifica. Nel 1954 pubblicò il suo miglior romanzo La spada spezzata spesso accostato al Signore degli anelli di Tolkien.

Nella trama della Spada spezzata ritroviamo infatti molti degli stessi elementi fantastici quali troll, gnomi, elfi, draghi e la stessa Spada Spezzata. Entrambi gli autori, esperti in  lingue antiche e saghe islandesi, attinsero alle  medesime fonti. Vi è però una profonda differenza tra i due capolavori: Tolkien  presenta  gli Elfi come esseri belli, saggi, colti, rispettabili e gentili; Anderson li descrive, invece, come esseri amorali, spietati, crudeli, feroci ed avidi, molto più avanzati tecnologicamente dei loro contemporanei umani e in grado di vivere all'infinito e di mutare forma.
Scrisse anche romanzi storici: The Golden Slave (1960),  War of the Gods (1998), libri per ragazzi; gialli  Murder in Black Letter (1960), Murder Bound (1962) e Perish by the Sword (1959), volumi di saggistica, articoli critici e poesie.

Tra le altre opere da lui scritte occorre ricordare ancora: War of Two Worlds (1953), After Doomsday (1962), il ciclo Time Patrol (1950-1991), Tau Zero (1970), The Boat of a Million Years (1989), il ciclo  Polesothecnic League (1958-1978) e quello di  Dominic. Pur non presentando la sua fantascienza elementi di particolare interesse, bisogna comunque riconoscere che la narrativa di Anderson è sempre dotata di trame intelligenti ed impeccabili, perfette da qualunque angolo di visuale le si analizzi.

Oggi Poul Anderson è certamente considerato un "mostro sacro" della narrativa fantastica: idolatrato da milioni di fans in tutto il mondo, ha collezionato tutti i massimi premi di genere: dall'Hugo al Nebula, dal World Fantasy al Locus, dal Mythopoeic al Gandalf Grand Master alla carriera.

 

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SIERRA LEONE   Anno 1996  (Mic. 2712, fogl.321)

 

 

Andreevski  Petre

(Macedonia)

 

Nato nel 1934 a v.Sloestilca, Demir Hisar. Morto nel 2007.

Poeta, romanziere, narratore, commediografo, fu per più di quattro decenni tra le figure di punta della letteratura moderna macedone. Ha scritto poesie, racconti, romanzi, opere teatrali, sceneggiature di film e altri tipi di opere.

Si laureò presso la Facoltà di Filosofia di Skopje. Per un breve periodo fu docente a Demir Hisar e poi si trasferì a Skopje, dove si dedicò al giornalismo.

Per molti anni fu il direttore della direzione editoriale di musica popolare del programma RTV Drama a Skopje. Divenne membro del DP.Min. nel 1964 e un membro della MANU nel 2000 di cui fu nominato segretario nel 2006.

E 'stato anche membro del Centro PEN macedone e di  altre associazioni letterarie.  

Nella letteratura debuttò nel 1960 con la sua raccolta  di poesie Knots, cui seguirono racconti, romanzi e commedie.

Opere: Nodi (poesia 1960), Né in cielo né in terra (poesia 1962), Denicia (poesia 1968), Incudini lontane (poesia 1971), Premi e reclami (poesia 1975), Casa eterna (poesia 1987), Lakrimarij (poesia 1999), Il settimo giorno (racconti, 1964), Anni infidi (racconti, 1974), Tutte le facce della morte (racconti, 1994), Erba di grano (romanzo 1980), Cavallette (romanzo 1983), Tijanovna (1988), L’ultimo  contadino (1987) e Tunnel (romanzo 2003).

Ha pure pubblicato due raccolte di poesie per bambini intitolate Roll e guardarsi intorno e Mangia e cresci.

Diverse opere, selezionate da tutta la sua produzione letteraria, nel 1984 sono state stampate in 5 volumi.

Ad Andreevski sono stati assegnati diversi premi tra cui il premio  "Fratelli Miladinovci" (due volte), il premio "Racin", lo “Stale Popov" e il premio dell’Associazione degli scrittori della Macedonia. (da Internet)


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MACEDONIA  Anno 2009  (Mic. 525)

 

 

ARNIM LUDWIG ACHIM von 

(Germania)

 

Discendente da una nobile famiglia prussiana, nacque il 26 gennaio 1781 a Berlino. Passò parte della sua gioventù a studiare scienze naturali, ma finì per dedicarsi alla letteratura.  Di indole girovaga e vagabonda, per ampliare le sue esperienze,  percorse a piedi la Germania, la Svizzera, l’Italia settentrionale, la Francia, l’Olanda, l’Inghilterra. Durante le sue peregrinazioni conobbe e divenne amico di un altro scrittore di tendenze a lui affini,  Clemens Brentano, col quale percorse la Renania alla ricerca di antichi canti popolari. I due scrissero  in seguito la raccolta Il corno meraviglioso del fanciullo (1806-1808)

A Heidelberg incontrarono i fratelli Grimm e Görres, formando una specie di cenacolo che diede il via al romanticismo tedesco.

Arnim pubblicò ad Heidelberg il “Giornale per gli eremiti”.

L’attività politico-letteraria berlinese di quegli anni, che si preparava alla riscossa antinapoleonica, attirò i suoi interessi e gli ispirò le novelle  Giardino d’inverno. Di interesse notevole sono i racconti La contessa Dolores (1810) e Isabella d’Egitto (1812), che è una sorta di anticipazione del surrealismo.

 Nel 1811 sposò Bettina Brentano, sorella minore di Clemens, e con lei tornò nelle  sue terre della Marca, dove si dedicò all’agricoltura e alla poesia.

Il suo spirito prussiano lo spinse a sostenere attivamente la sua patria, come quando, nel 1813, devolse tutti i proventi di una sua opera  drammatica a favore dell’armamento delle truppe che combatterono nella battaglia di Lipsia. Tornò anche al giornalismo, ma rimase deluso dal fallimento del suo sogno nella grandezza prussiana. Il suo ideale è espresso nell’ultima opera rimasta incompiuta I custodi della corona (1817-56). Si avverte  in lui il raffreddamento giovanile verso il romanticismo.

I rapporti con la moglie Bettina non furono sempre idilliaci. Ciò non toglie che  ebbe su di lei una influenza letteraria tanto da condurla a seguire la sua via.

Morì a Wiepersdorf il 21 gennaio 1831.

 

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GERMANIA-BERLINO  Anno 1981  (598)

 

 

AROSENIUS  IVAR

(Svezia)

 

Nato nel 1878. Morto  nel 1909.

Pittore, disegnatore, scrittore. Le sue opere riflettono il drammatico rapporto tra il piacere di vivere e la consapevolezza della sua malattia (emofilia) che avrebbe potuto colpirlo in ogni momento.

I suoi soggetti  attinsero alla fantasia orientale, alle favole, alle immagini domestiche della moglie e della figlia.

Eseguì splendide illustrazioni per libri per ragazzi.

 

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SVEZIA Anno 1969, (640) 

 

 

Arráiz Antonio

(Venezuela)

 

Nato a Barquisimeto (Edo, Lara) il 27 marzo 1903. Morto  a Westport (USA) il 16 settembre 1962.

Scrittore, poeta, giornalista, iniziò gli studi  nel suo paese natale e li continuò a Caracas nel Collegio Cattolico Tedesco e nel Liceo Andrei Bello sino al 1914.

Nel 1919 viaggiò negli Stati Uniti dove prestò servizio militare. Rientrato in patria, partecipò ai movimenti antigovernativi, fu incarcerato e poi confinato a Barquisimeto, dove fondò il giornale “El Heraldo”.

Esercitò il giornalismo in maniera attiva. Fu direttore dei giornali “Ahora” e “El Nacional” dal 1943 al 1948. 

Nel gennaio del 1949 andò in volontario esilio negli USA dove lavorò nel Dipartimento Stampa delle Nazioni Unite.

Nel 1924 pubblicò i poemi Aspero, nei quali ruppe con la tradizione  venezuelana troppo impregnata di puritanesimo.

Alla caduta della dittatura di Gomez fu segretario del Governo dello Stato Carabobo, prima dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.

Altre sue opere: Historia de Venezuela, Geografía de Venezuela, Lecturas, Vida ejemplar del Gran Mariscal de Ayacucho, Puros Hombres, Dámaso Velázquez.

Per i giovani scrisse Tío Tigre y Tío Conejo e Il gallo Martinez .

 

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VENEZUELA  Anno 1997, 1998

 

 

ASIMOV  ISAAC

(U.S.A)

 

Isaac Iudich Asimov nasce nel 1920 a Petrovich, Russia. Muore a New York nel 1992.
Nel 1923 la sua famiglia - ebrea - emigra negli USA dove il padre Judah acquista a New York, nel quartiere di Brooklyn, un negozio di dolciumi con annessa una rivendita di giornali e riviste. A cinque anni il piccolo Isaak sa già leggere da solo e inizia a frequentare le biblioteche pubbliche.

Nel 1928 ottiene la cittadinanza americana e ‘americanizza’ il suo nome in Isaac Asimov.

La sua passione per la lettura lo porta presto a contatto con le riviste di fantascienza che in quel periodo proliferavano e che acuiscono la passione per visioni fantastiche di mondi nuovi e lo predispongono ad accostarsi alla scienza, condizionando il suo futuro di scrittore.

Inizialmente comincia a scrivere racconti e nel 1938 pubblica la sua prima novella  che gli permette di entrare a far parte del Club ‘Futurians’ che già contava tra i suoi membri validi scrittori di fantascienza come Pohl, Kornbluth, Wollheim. In quel periodo conosce John W. Campbell jr., geniale direttore della prestigiosa rivista  “Astouding Science Fiction”, il quale gli fu amico e mentore, seguendolo passo passo il suo lavoro. Contemporaneamente studia  alla Columbia University dove si laurea in chimica e biologia.

Nel 1942, il giorno di San Valentino, incontra Gertrude Blugerman che sposerà. Pochi mesi dopo, però, i  due divorzieranno e nel 1970 Asimov passerà a nuove nozze, sposando la psichiatra e scrittrice Janet Opal Jeppson.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, lavora come chimico presso la U.S. Naval Air Experimental Station a Philadelphia, e nel 1945 viene inviato ad Honolulu, dove partecipa al primo esperimento atomico del dopoguerra.

Al termine del conflitto, nel 1948,   riprende i suoi studi in biochimica e consegue la laurea; dal  1949 al 1958 insegna tale materia alla Boston University School of Medicine.  L’insegnamento si interrompe quando  le sue opere cominciano ad aver successo e lo spingono a scegliere la carriera di scrittore a tempo pieno. 

Il debutto come scrittore avviene nel 1939 col racconto Marooned Off Vesta, pubblicato su “Amazing Stories, ma l'opera che lo pone tra i grandi della fantascienza è Cade la notte, pubblicato nel 1941 e giudicato come il migliore racconto di fantascienza.

Le sue opere più interessanti risalgono proprio a quel periodo in cui nascono i racconti più noti: quelli dedicati ai Robot Positronici, che saranno successivamente raccolti nei libri e quelli dedicati al ciclo Foundation (1942-1993) - ispirato ad Asimov dalla lettura di The Decline and Fall of Roman Empire di Edward Gibbon e di A Study of History di Arnold Toynbee . Il ciclo di Fondazione verrà premiato nel 1956 con l'Hugo Award quale «miglior ciclo fantastico di tutti i tempi».

L’anno prima aveva scritto The End of Eternity, ritenuto il suo miglior romanzo.

A partire dal 1958 smette di scrivere  romanzi di fantascienza per dedicarsi alla divulgazione scientifica, allora più remunerativa.

L’interesse per la letteratura fantastica riprende quando  fonda la  rivista “Isaac Asimov's Science-Fiction Magazine.

Asimov è pure scrittore di racconti polizieschi,  raccolti nelle 4 collezioni dedicate ai Black Widowers e nel volume Union Club Mysteries.

Il cinema lo affascina e nel 1966 partecipa alla sceneggiatura del film Un viaggio allucinante, da cui poi trarrà l'omonimo romanzo.

Al  1976 risale la pubblicazione del  racconto The Bicentennial Man, sorta di moderna favola di Pinocchio dalla quale, negli anni Novanta, verrà ricavato un film con Robin Williams.

Purtroppo un attacco cardiaco lo costringe ad una degenza in ospedale e costituirà un ridimensionamento nella sua attività di scrittore. Nel suo ultimo decennio di vita l'autore s'impegna a fondere tra loro le sue opere più importanti: scrive così I Robot e l’impero, quale collegamento del ciclo dei Robot (1940-1992) con quello del Trantorian Empire (1950-1952) e Forward the Foundation.

Sebbene i ragazzi siano soliti impadronirsi anche di opere scritte e pensate per adulti, Asimov, assieme alla moglie Janet, scrive una serie di libri per ragazzi,  incentrata sulle avventure del robot Norby, che va ad aggiungersi agli altri juveniles che hanno come protagonista la figura del "vagabondo degli Spazi", Lucky Starr, originariamente scritti quali sceneggiature di una serie di telefilm che non venne mai girata. 

Nel 1989 contrae l'AIDS a causa di una trasfusione di sangue infetto. La notizia viene tenuta  nascosta agli occhi del pubblico, tanto che la sua scomparsa verrà attribuita  ad una semplice crisi cardiaca. La vera ragione  verrà diffusa dalla moglie solo nel 2002.

Asimov muore a New York nel 1992. In suo onore il Mensa ha dato il suo nome all'asteroide “5020 Asimov”.

Autore di oltre quattrocento opere, vincitore di sei Hugo Award,, insignito di 14 dottorati ad honorem,  rimane nella leggenda della fantascienza come uno degli autori più prolifici.

Sebbene il suo stile non sia entusiasmante, Asimov è universalmente apprezzato per essere riuscito ad abbinare la fantasia fantascientifica alle Scienze umane quali la Psicologia, la Storia, la Politologia.  La sua opera incentrata sui Robots ha influito sullo studio della robotica e ha mutato l’impostazione narrativa che vedeva , fino a quel momento, prevalere la tesi della Shilley e il “complesso di Frankenstein” che aveva continuato a dominare dalla fine dell’Ottocento.

Notevoli e importanti sono, infatti, le sue famose leggi che stanno alla base dei suoi racconti:

Legge Zero - un robot non può danneggiare l'Umanità, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, l'Umanità riceva danno;

Prima Legge - un robot non può recare danno agli esseri Umani, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, gli esseri Umani ricevano danno;

Seconda Legge - un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri Umani, a meno che ciò non contrasti con la Prima Legge;

Terza Legge - un robot deve salvaguardare la propria esistenza, a meno che ciò non contrasti con la Prima e la Seconda Legge;

Le leggi sono ormai diventate una sorta di postulato scientifico fondamentale.

Tra le sue migliori opere sia di fantasia che di divulgazione vanno ricordati:

I paria del cielo (1950),  Stelle come polvere (1951), Le correnti dello  spazio (1952), Abissi d’acciaio (1953), La fine dell’eternità (1955), Il corpo umano (1963), Il cervello umano (1964), La porta sul futuro (1969)., I mattoni dell’universo (1971), L’orologio su cui viviamo (1973), Uomini (1978), Astronavi (1978),  I perché della scienza (1978), Opus 200 (1979), Autobiografia (1979), L’orlo della Fondazione (1982), Preludio alla fondazione (1988), Azalal   e   Nemesi (1989),  Norby, il robot stravagante (1985),  Norby e la principessa perduta (1987),  Norby e gli invasori (1988), Storie di giovani mostri (1989), Storie di giovani alieni (1989), Storie da un altro mondo (1990), Storie di giovani fantasmi (1990), Storie di giovani maghi (1991) L’ascesa dei mercanti (1992),  La conquista dei quattro regni (1992), Il leone della XX flotta (1992),  La repubblica di Korell (1992), I segreti di Norby (1992), La seconda fondazione (1992),  Sogni di robot (1993) .

 

OPERE

 

Cronache della Galassia   Il titolo originale  è Foundation (1951-53) L’opera è composta da tre volumi ed è un grandioso affresco cosmico dove la forza negativa del Mutante cerca di distruggere un sogno di perfezione socio-politica e la sua sconfitta significa il trionfo della razionalità. Difficile riassumere la vicenda. L’immenso impero galattico creato dall’uomo è scosso da sussulti di agonia e da sanguinose lotte intestine. Le autorità centrali non sono più in grado di tenere a freno le rivolte che scoppiano ovunque. E dal caos che ne deriva nasce una sorta di una milizia privata che, guidata da un avventuriero misterioso, dotato di poteri sovrumani, il Mutante, si impadronisce a poco a poco dell’impero.

 

Io  robot   racconti  pubblicati separatamente e poi raccolti in due volumi. In essi lo scrittore rivoluzionò le precedenti teorie sui robot, stabilendo  definitivamente che il robot è solo una macchina programmata. Ma intuendo che l’uomo cominciava a temere la macchina da lui programmata e ne avrebbe in futuro rifiutato l’uso come elettrodomestico, applicò al personaggio un cervello positronico in cui erano inserite tre ferree leggi, tutte a difesa dell’uomo, e creò il personaggio della dottoressa Susan Calvin, la psicologa dei robot.  Tutti i racconti sono studiati e condotti applicando la ferra legge sui robot, dando vita a sottili intuizioni e a casi particolari. Dal primo racconto Robbie in cui una bambinaia viene sostituita con un robot, ai successivi in cui ai robot viene impedita la libera circolazione sulla Terra, si giunge all’ultimo agghiacciante racconto  scritto nel 1974  Che tu debba preoccuparti di lui in cui i robot decidono che per il bene dell’umanità  si rende necessaria la sua estinzione e la successiva sostituzione dell’uomo con i robot.

                                                                                                                                               

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ISRAELE 2000 (1510),    SAN MARINO 1998  (1583) .

 

 

Aškenazy Ludvík

(Cecoslovacchia)

 

Nato nel 1921. Morto nel 1986.

Giornalista e scrittore, di famiglia ebrea, nacque nel Sachsenberg.  Studiò filologia slava a Lwòw.

Nella seconda guerra mondiale militò nella Repubblica ceca, in una unità dell’esercito sovietico.  Fu membro del Partito Comunista in Cecoslovacchia e tra il 1945 e il 1950 lavorò nella Repubblica Ceca nella radio di stato.

Dopo l’invasione sovietica della Cecoslovacchia nel 1968, partì in volontario esilio e trovò rifugio a Monaco di Baviera.

Tra il 1976 e il 1986 visse a Bolzano con la moglie Leonia Mann, figlia  dello scrittoretedesco Heinrich Mann.

Scrisse anche per bambini tra cui la commedia  Problemi con la Luna .

 

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CECOSLOVACCHIA  1961  (1159)

 

Aukrust Kjell

(Norvegia)

 

Nato ad Alvdal il 19 marzo 1920  e ivi morto il 24 dicembre 2002.

Poeta e scrittore, nipote del poeta romantico Olav Aukrust, è conosciuto per aver raccontato nei libri Simen, Bonden e Bror Min la sua infanzia nella città natale e anche  per aver creato il villaggio immaginario di Flåklypa e dei suoi eccentrici abitanti.

Questo villaggio diventò lo sfondo del film animato realizzato con la tecnica dello stop motion, Flåklypa Grand Prix, diretto da Ivo Caprino (1975). Il film fu un grande successo e venne tradotto in più di settanta lingue.  Il film ha quali personaggi delle marionette tra le quali primeggiano il merlo Solan Gunderesen, il porcospino nevrotico Ludvig, Gurin con la coda di volpe.

Aukrust ha ricevuto un particolare riconoscimento dalla sua città natale di Alvdal e  il titolo di cavaliere - L'Ordine Reale Norvegese di St. Olav - a lui  concesso da re Harald nel 1998.

 

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NORVEGIA, Anno 1988

 

 

AULNOY MARIE CHATERINE LE JUMEL DE BARNEVILLE contessa  de

(Francia)

 

Nasce a Barneville presso Honfleur il 14 gennaio del 1650 o 1651.. Muore a Parigi nel 1705..

Figlia di Claude Le Jumel e di Judith Angelique Le Coustelier, parente del Marchese di Béringhem, la D’Aulnoy appartiene ad una delle più note famiglie normanne.

Si sposa all’età di 15 anni con François de la Motte, barone d’Aulnoy, aiutante di camera di Cesare di Borbone, duca di Vendôme (figlio naturale di Enrico IV), di circa trent’anni più anziano di lei.  Una unione che non poteva durare. La d’Aulnoy, decisa a liberarsi del marito, che detestava, comincia a tessere trame contro di lui e con la complicità della madre e di due gentiluomini inventa una falsa accusa, denunciando alle autorità il marito, colpevole di aver commesso un crimine.

Quando la falsa accusa viene scoperta, i due gentiluomini vengono processati e giustiziati. Lei riesce a sfuggire alla giustizia rifugiandosi dapprima in Inghilterra e successivamente in Spagna, dove, si dice, diventa una spia al servizio della corte del Re Sole.

Sull’esperienza spagnola  Mme d’Aulnoy scrive Memorie della corte di Spagna (1690) in cui si riflette la visione che i francesi avevano della Spagna e Relazione di un viaggio in Spagna (1691), alla quale  si ispirò Victor Hugo prima di scrivere il  Ruy Blas.

Ottenuto il perdono di Luigi XIV, rientra in Francia nel 1685 e si stabilisce a Parigi dove apre un salotto letterario frequentato da tutta la società mondana.

La scrittrice nella storia della letteratura francese si propone come un singolare personaggio la cui vita è costellata di avventure in cui si è immersa senza scrupoli. Una vita tumultuosa che si conclude in un convento dove trascorre gli ultimi suoi anni di vita.

La d’Aulnoy inizia la carriera letteraria scrivendo il  romanzo Avventure di Ippolito, conte di Douglas  (1690) che ottiene una vasta eco; segue  Jean de Bourbon, principe di Carency (1691).

Nella Relazione di un viaggio in Spagna è inserito il racconto La storia di  Mira  legata al personaggio di Melusina e al genere racconti di fate, allora di moda.

La sua notorietà è, comunque, legata alla sua produzione per i giovani. Nel 1696-99,  pubblica in otto tomi I racconti di fate, I nuovo racconti di fate, Le fate alla moda… che comprendono le note fiabe La bella dai capelli d’oro,  Graziosa e Percinet, Babiola, Il buon piccolo topo, La principessa Rosetta, Il montone,  Il principe Lutin, La rana benefattrice, Il ramo d’oro, Il piccione e la colomba, Il principe Marcassin, Il nano giallo, La gatta bianca,  L’uccellino azzurro.

 

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JERSEY  2005 

 

 

 

 

Avidar-Tchernovitz Yemima

(Lituania)

 

Nata a Vilnius nel 1909.  Morta nel 1998.

Nacque in una famiglia di letterati in cui la lingua parlata era l’ebreo.  Nel 1922 emigrò con la famiglia a Eretz, Israele, e cominciò ad insegnare in una scuola di bambini, figli di operai, di Tel Aviv e nel 1929 iniziò a pubblicare libri destinati all’infanzia.

Nel 1932 si recò in Germania dove studiò psicologia con Alfred Adler e Anna Freud presso l’università di Berlino e inoltre si laureò nel seminario di Jugendheim.

Ritornata in Israele  lavorò per vent’anni negli asili come insegnante.    

Pubblicò 43 libri per giovani lettori. Tradusse molti classici in ebraico e nel 1983 e 1984 ricevette premi e riconoscimenti per la sua opera e il suo lavoro dedicati all’infanzia. I suoi diari furono pubblicati nel 2003.

 

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ISRAELE  Anno 2004

 

 

AWDRY WILBER VERE

(Inghilterra)

 

Nato a Romsey15 giugno 1911. Morto il  21 marzo 1997.

Autore di romanzi per ragazzi. Figlio di un pastore, studiò alla Dauntseys School, West Lavington, Wiltshire, alla San Pietro Hall, Oxford e alla Wycliffe Hall, Oxford. Fu ordinato sacerdote anglicano nel 1936.

Nel 1938 sposò Magraret Wale. Ebbe un figlio, Christopher Awdry che, dopo la morte del padre, proseguì il lavoro di alcune creazioni artistiche.

Il primo libro fu pubblicato nel 1945, ed ebbe, non immediatamente, un buon successo. Divenne Ufficiale dell'Impero Britannico per i suoi meriti letterari nel 1996. Morì l'anno dopo a 85 anni.

Sempre in merito alle sue opere, dopo la morte, venne dato il suo nome ad una locomotiva. Ma Awdry non ottenne successo solo grazie alla sua famosa serie. Durante la sua vita scrisse anche molti altri romanzi, come Belinda the Beetle non pubblicato in Italia, la storia di una macchina rossa che divenne una Volkswagen Maggiolino nelle illustrazioni dell'edizione tascabile.

 

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ISOLA DI MAN Anno 1995

 

 

AYMÈ  MARCEL

(Francia)

 

Nato a Joigny, Yonne, nel 1902. Morto a Parigi nel 1967.

Fece i suoi studi al Collège di Dole, poi fu giornalista a Parigi. Nei circoli letterari si fece notare con il suo primo romanzo, Brûlebois (1927); La Table aux crevés ottenne nel 1929 il Premio Renaudot.. Pubblicò racconti per bambini, romanzi, raccolte di novelle. Pubblicò anche testi nell'organo collaborazionista Je suis partout, cosa che gli fu in seguito rimproverata.

La sua narrativa, che raggiunse la popolarità con La cavalla verde, descrive soprattutto ambienti di provincia, alternando toni cronachisti e toni fantastici, satira ed erotismo.

Nel dopoguerra furono rappresentate alcune sue commedie, Luciana e il macellaio (1948), La testa degli altri (1952),  La mosca blu (1957), che ripropongono le cadenze realistico-grottesche dei romanzi con spunti di critica sociale. (da Enc, Le Garzantine)

 

FILATELIA

FRANCIA

 

 

 

AZZOPARDI CLARE
(Malta)

Nata nel 1977.
Ha studiato presso la Facoltà di Scienze dell'Educazione dell’Università di Malta ed a conseguito un Master in Letteratura presso l'Università di Sheffield.
In seguito si è occupata di laboratori di scrittura creativa per adulti e bambini. Ha scritto sei libri di testo, Stilel (2003-2006) ed ha anche curato una serie di libri per bambini, Senduq Kuluri / Senduq Buffuri (2005-2007). Attualmente sta lavorando al suo primo romanzo per l’infanzia.
Le sue poesie e racconti sono stati raccolti in antologie come Illejla Ismagħni Ftit (2001), Gżejjer (2000), F'Kull Belt Hemm Kantuniera (2003), Ktieb għall-Ħruq (2004), e Storja Tinkiteb (2005). Traduzioni dei suoi racconti sono state pubblicate in riviste letterarie, tra cui Focus ( 2005/2006).
Ha pubblicato Across (2005), che contiene due racconti tradotti in inglese, e Il-Linja l-Hadra (La linea verde, 2006), la sua prima raccolta di racconti brevi in lingua maltese, vincendo il Maltese National Book Award per la narrativa. La storia La Linea Verde è stata definita una delle migliori storie on-line nel 2006.
Nel 2003 Chiara ha partecipato come membro del gruppo maltese alla Biennale dei Giovani Artisti dell'Europa e del Mediterraneo, svoltasi ad Atene.

FILATELIA
MALTA Anno 2010.

 

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