ABERSON HELEN
(USA)
Nata
il 16 giugno 1907 a Siracusa, New York. Morta il 3 aprile 1999 a New York.
È nota per aver creato il personaggio dell’elefantino volante Dumbo, per la
cui storia, (come lei stessa scrisse ) utilizzò alcuni ricordi autobiografici
legati a lei e a sua madre.
Studiò all’Università di Siracusa e per trent’anni fu ospite di un programma
radiofonico di una emittente di Siracusa. In seguito lavorò in un suo ufficio a
Manhattan per produrre opere legate al mondo degli animali e alle loro
caratteristiche.
Morì all’età di novantuno anni, colpita dal morbo di Parkinson.
FILATELIA
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BELGIO
Anno 2006, BENIN Anno 2003, CINA Anno 2005, Dominica
Anno 1987, GRENADA GRENADINES Anno 1988, LESOTHO Anno 1985,
SIERRA LEONE Anno 1987, 1991, 1993, SAINT VINCENT Anno 1991,
TANZANIA Anno 1990, 1991, USA Anno 2007.
ACHEBE CHINUA
(Niger)
Nato a Ogidi,
(presso Onitsha) il 16 novembre del 1930.
Studiò medicina e letteratura all’università di Ibadan e poi lavorò alla radio
nigeriana dove fece carriera.
Trascorse lunghi periodi all’estero presso l’università del Massachutsetts.
Poeta creativo dallo stile modellato sulla lingua ibo è autore di una
trilogia di romanzi epico-storici sulla storia del popolo ibo prima e dopo la
colonizzazione europea. La trilogia Dove batte la pioggia comprende
Il crollo o Le locuste bianche (1958), Ormai a disagio o La goduria dura
poco (1960), La freccia di Dio (1964). È pure autore di un romanzo
satirico dal titolo Uomo del popolo (1978) e scrittore di racconti
raccolti in Ragazze in guerra (1972), di saggi Al mattino del giorno
della creazione (1975), di poesie Attento fratello (1971,1972).
I suoi temi sono la trasformazione del popolo africano dalla forma tribale ad
una forma nuova in cui la politica e la società sono alla base di profondi
mutamenti.
Achebe si occupò anche di letteratura per ragazzi. Per essi scrisse Dead
Men’s Path (1972), Marriage is a Private Affair, The Flute (1975),
The Drum (1978), pubblicato in Italia dalla Mondadori col titolo di Il
flauto e il tamburo.
FILATELIA
NIGERIA
Anno 2006 (774),
GUINEA BISSAU
Anno 2009 (2928)
AFANASJEV ALEKSANDR NIKOLAEVIC
(Russia)
Nasce
a Voronez l’11 luglio1826 e ivi muore nel 1871.
Di estrazione
borghese, era figlio di un modesto impiegato statale, trascorre un’infanzia
scialba e poco felice. Il padre, autodidatta, consapevole che l’istruzione era
la sola via per innalzarsi al di sopra del normale, lo affida a maestri e a
popi talvolta rozzi e poco adatti a curare l’evoluzione mentale degli
allievi loro affidati. I rapporti tra discente e docente si dovettero imprimere
profondamente nei ricordi di Afanasjev e lasciarono tracce che emergeranno nei
suoi futuri scritti attraverso elementi satirici che hanno per bersaglio la
scuola, la chiesa, l’insegnamento, la burocrazia dei piccoli centri delle
cittadine di provincia.
Terminati gli studi primari, si reca a Mosca per studiar legge, ma dai codici e
dalle pandette passa presto ad interessarsi anche di argomenti storici, folkloristici e linguistici.
L’ambiente culturale russo, intorno agli anni 1840, ferve di nuove idee, di
accese dispute tra illuministi e romantici, fra occidentalisti e slavofili e
furono proprio le idee degli esponenti delle varie dottrine a fornire al giovane
Afanasjev modelli e indirizzi. In particolar modo è Fedor Ivanovic Buslaev
(1818-1897), autore di una Grammatica storica della lingua russa,
pubblicata nel 1863, a spingere il suo interesse verso la lingua russa e in
particolar modo verso il patrimonio popolare e il folklore slavo.
Nel 1849 ottiene un incarico in sintonia con la sua passione per le antiche
carte. Diviene, infatti, funzionario dell’Archivio del Ministero degli Esteri.
E' l’inizio fecondo di una attività che gli permette di scrivere articoli di
storia, di letteratura, opere bibliografiche e di concentrarsi sul genere che
gli conferirà la fama: la raccolta e la pubblicazione del patrimonio favolistico
russo, tanto che per la sua raccolta di fiabe viene definito il ‘Grimm russo’.
Afanasjev trova una fonte importante nel lavoro iniziato in precedenza da
Vladimir Ivanovic (1801-1872), un linguista e folklorista d’origine danese, ed
ancor più attinge dalla viva voce dei contadini russi.
In quel tempo la Russia, tranne il lavoro di Sacharov in cui era presentata una
serie di racconti popolari, non possedeva in quel settore quasi nulla. E',
pertanto, accolta con entusiasmo l’opera di Afanasjev composta tra il 1855 e il
1864, racchiusa in otto volumi. Tutto un mondo fantastico, nuovo fino ad allora,
frammentato in mille rivoli, trova nel cantore delle ‘skàzki’ (fiabe e
racconti) e delle leggende slave la via per confluire nel vasto fiume delle
Fiabe popolari russe (1866-1864) in 8 volumi in cui sono riunite circa 600
tra fiabe e novelle e nella raccolta Leggende popolari russe del
1859, vietata dalla censura zarista fino al 1914.
Studioso dei fratelli Grimm, ne segue le orme, cercando di penetrare gli aspetti
primitivi, religiosi e mitologici delle fiabe da lui raccolte. A partire dal
1866 pubblica tre volumi dal titolo Concezioni poetiche degli slavi riguardo
alla natura. L’opera ebbe critiche. Si disse che le sue concezioni
riconducessero molte tradizioni e canti popolari slavi al culto del sole,
trattando in modo artificioso la mitologia solare degli antichi slavi.
Linguista qual
è cerca di penetrare, di interpretare e di valutare parole,
frasi, inflessioni dei racconti, seguendo una concezione che gli deriva dal
romanticismo tedesco e in particolar modo dalla varietà di motivi, dalla
fantasia creativa, dall’umorismo, dalla malinconia che precedenti e oscuri
scrittori di ’skàzka’avevano sparso a
piene mani nelle loro opere.
Afanasjev attinge spunti dalla tradizione,
dal mito, da reminiscenze letterarie crea figure e personaggi tipici come
Vassilissa Prekràsnaia, che ricorda la Cenerentola di Perrault Vassilissa
Premùdraia, sposa del re del mare; l’uccello di fuoco, una fulgente Fenice; il
ridicolo “Ivànusko-duracok'’ che per certi aspetti ricorda il nostro Bertoldo.
Afanasjev non vive solo nel mondo della fantasia. Nel 1862, durante il periodo
delle persecuzioni politiche, è obbligato a lasciare il lavoro al Ministero per
le sue idee non in sintonia col regime e l’ultimo periodo della vita lo dedica
a curare i suoi racconti e a scrivere altre opere.
Viaggia per l’Europa, in particolar modo in Germania, in Svizzera e in Italia.
Nei suoi scritti si avverte la simpatia con cui segue l’evolversi degli
avvenimenti italiani nel periodo che vede la preparazione dell’unità d’Italia.
Tra le
sue opere vanno ancora ricordate: Il domovoj (1850), Lo stregone e la
strega (1851)
Muore
a Voronez nel 1871.
LE FIABE
Nonostante la vastissima raccolta di fiabe
presenti nell’opera di Afanasjev, pochissime sono state oggetto di valori
postali sia in Russia che altrove e, contrariamente a Puskin, l’Autore non
ricevette “omaggi filatelici” negli anniversari della nascita e della morte. Ciò
non toglie che da qualche fiaba da lui raccolta, siano stati tratti valori
postali, ad esempio L’uccello di fuoco, fiaba molto nota nella
favolistica russa e dalla quale Igor Stravinskij trasse un balletto, in un atto
e due quadri, su richiesta di Diaghilev. Il balletto venne presentato per la
prima volta all’Opera di Parigi nel 1910 dalla compagnia dei Balletti russi.
L’uccello
di fuoco. Nel giardino del mostro Kaschchei capita il principe Ivan mentre
insegue un magico uccello dalle piume di fuoco. Il giovane riesce a catturarlo
ma, dietro le preghiere dell’uccello e la promessa di aiuto, lo libera,
ottenendo in cambio una piuma di fuoco. Scomparso l’uccello, dal castello
adiacente al giardino escono tredici fanciulle che cominciano a ridere e a
scherzare col giovane. Gli raccontano di essere prigioniere del mostro il quale
pietrifica chiunque tenterà di liberarle. Il principe non desiste e affronta il
mostro e i suoi sgherri. Una lotta impari, ma quando sta per soccombere, chiede
aiuto all’uccello di fuoco. Questi lo libera dagli incantesimi del mago
confondendolo e addormentando tutti i suoi sgherri. Il principe riesce così a
liberare le fanciulle e sposare Zarièvna, la più bella.
Vassilissa la Bella.
Il personaggio è presente in molte fiabe. Una bimba, rimasta orfana della
madre in tenera età, deve superare diverse prove per cercare (e infine trovare)
la luce. Altre protagoniste della fiaba sono la Baba-Jaga, una sorta di strega
donna/madre, che muove i fili delle azioni di Vassilissa, e una bambola,
regalata alla bimba dalla madre in punto di morte, un feticcio che, sotto forma
di voce interiore, non abbandona mai la bimba nel pericolo, anzi l’accompagna
fino alla fine della sua ricerca.
Maria Marina (o Morovna)
. Morti i genitori, il principe Ivan rimane con tre sorelle che concede in sposa
a tre principi. Dopo un anno, spinto dal desiderio di rivederle, si mette in
cammino. Strada facendo arriva ad un campo di battaglia disseminato di morti.
Ad ucciderli erano state le truppe di Maria Marina. Il principe, quando la
incontra, se ne innamora e la sposa. La donna, guerriera nata, gli affida
l’incarico di governare in sua assenza, ma gli proibisce di entrare in una sala
del castello. Ivan disubbidisce e, aperta la porta, si trova di fronte ad un
uomo incatenato, Scheletro senza Morte. Preso da pietà, lo libera. Per
ricompensa però otterrà solo guai e per ritrovare la sposa dovrà affrontare
peripezie e pericoli sino a sconfiggere e ad uccidere il suo avversario.
Falco sereno.
È la storia di tre sorelle che chiedono in dono al padre un abito, uno scialle e
la più piccola un fiore vermiglio. Il padre trova il fiore presso un vecchio che
glielo cede a patto che la ragazza sposi suo figlio Finish, il Falco sereno. La
ragazza accetta e ogni notte un falco si reca nella sua stanza dove si trasforma
in un bel giovane. Scoperto il suo segreto, le sorelle tramano contro di lei e
riescono a tramutare l’amore del giovane in odio. La ragazza dovrà affrontare
difficili prove, superare pericoli, prima di riconquistare l’amore del suo
amato.
FILATELIA
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RUSSIA 1969
(3548/52), 1976 (4289),
1984 (5135/38)
Ahlberg Janet Hall
(Inghilterra)
Nata nel
1944. Morta nel 1994,
Ahlberg Allan
(Inghilterra)
Nato nel 1938.
Marito
e moglie, sono creatori e illustratori di libri per bambini.
Pubblicarono inizialmente tre libri, The Old Joke Book, Vanishement of
Thomas Tull e Antifurti Bill, i quali ottennero subito un largo consenso.
Uno dei libri successivi più popolari e che maggiormente si è imposto
all’attenzione dell’infanzia è Jolly il postino, pubblicato nel 1956,cui
fece seguito Pocket Jolly e Il natale del postino Jolly.
I due
autori hanno ottenuto il Janet Kate Greenaway Medal per le illustrazioni di
Peach Plum Bear, e il Premio Machler Kurt.
La loro
produzione letteraria è per lo più rivolta ad una fascia di età compresa fra i
tre e gli otto anni. Per la fascia superiore scrissero e illustrarono
Antifurti Bill, guardie e ladri, Funny Bones e la serie La famiglia
felice.
Allan ha
pure scritto due libri di poesie e libri di testo per bambini tra cui Woof!
FILATELIA
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ISOLA DI
MAN 2008.
Aksakov Sergey
TIMOFEEVIC
(Russia)
Nato a Ufa nel 1791.
Morto nel 1859.
Figura letteraria russa del diciannovesimo secolo ricordata
per i suoi racconti semi-autobiografici di vita familiare, di caccia, di pesca e
di raccolta dì farfalle.
Di famiglia agiata, studiò all’università di Kazan e poi
trascorse una vita da gentiluomo di campagna per oltre vent’anni. Dopo di che si
recò a Mosca dove cominciò a pubblicare le sue note di caccia e di pesca che lo
resero celebre e gli procurarono molti ammiratori, tanto che alcuni critici lo
dichiararono superiore non solo a Gogol ma persino a Shakespeare.
Nel 1843 Aksakov si trasferì nel villaggio di Abramtsevo
assieme ai suoi figli Konstantin e Ivan. Verso la fine del 1850 pubblicò La
cronaca della famiglia (1856) e Gli anni di infanzia del nipote
Bagrov (1858), che hanno il sapore di reminiscenze di un'infanzia spesa
nella famiglia patriarcale russa piuttosto che di un lavoro di tipo romanzesco.
Le descrizioni semi-autobiografiche di Aksakov sono ineguagliabili per la
descrizione obiettiva e dettagliata della vita quotidiana della nobiltà russa.
Fra i suoi lavori destinati all’infanzia si impose la fiaba
Il fiore di colore scarlatto che, nel 1952, fu utilizzata in
campo cinematografico per un lungometraggio animato.
Nel
1952,
nell'allora
Unione Sovietica,
usando la tecnica del
rotoscopio, fu
creato un adattamento animato della fiaba Il fiore scarlatto. La storia,
simile a quella della fiaba La bella e la bestia di M.me de Beaumont, è
ambientata nel Medioevo slavo e i personaggi parlano l'antica lingua russa
(detta anche Vecchia Lingua Slava Orientale), che si usava tra il
X e il
XIVsecolo.
FILATELIA
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RUSSIA
Anno 2004, SHARIAH
Anno 1792, URSS 1959, 1977
ALCOTT LOUISE MAY
(America)
Il padre Amos Bronson Alcott, educatore,
filosofo e poeta, introdusse nel sistema educativo americano nuovi metodi,
ispirandosi a Pestalozzi e ancor più al sistema socratico della conoscenza e
dell’analisi. Aveva aperto una scuola a Fruitslands, ma la scuola da lui fondata
non fu pari alle sue aspettative e per l’ostilità generale dovette essere
chiusa. Radiato dall’insegnamento per aver messo nella stessa classe bambini
bianchi e di colore, dovette cercarsi un altro lavoro.
In questo clima educativo nasce nel
1832 a Germantown in Pennsylvania la secondogenita, Louisa May Alcott.
Louisa viene educata dal padre e da David Thoreau a Concord (Massachussets) e
altri suoi insegnanti furono anche R.W.Emerson e Theodore Parker. La sua
aspirazione è quella di diventare attrice e comincia con lo scrivere alcune
commedie, una delle quali fu accettata dal Boston Theatre ma non fu mai
rappresentata. Dopo il fallimento della scuola aperta dal padre, lei e le
sorelle dovettero adattarsi ad accettare umili lavori per aiutare la famiglia.
La carriera letteraria della Alcott inizia precocemente con la stesura di
racconti che invia a varie redazioni di riviste con la speranza di una
pubblicazione. La rivista “Atlantic Monthly” è la prima a riconoscerne la
capacità letteraria.
Dopo la pubblicazione di alcune novelle, riesce a far stampare il suo primo
romanzo Favole di fiori
Durante la guerra civile presta servizio in qualità di infermiera nell’Union
Hospital di Georgetown e l’ esperienza acquisita costituisce il nucleo
dell’opera Moods (1865), in cui la scrittrice rievoca fatti ed episodi di
quel periodo. Il romanzo viene apprezzato da Henry James; ma la notorietà
giunge più tardi, dopo un viaggio in Europa come dama di compagnia di una zia.
Dietro la spinta dell’editore T. Nyles la Alcott assume la direzione di “Merry
Museum”, una rivista per bambini e comincia a scrivere un soggetto tutto al
femminile, leggero, ma apprezzabile dal pubblico. Nascono le Piccole donne
(1868), un romanzo indirettamente autobiografico in cui si raccontano le
vicende familiari ed educative di una tipica famiglia borghese. Dopo l’ottima
accoglienza da parte dei lettori, la scrittrice continua sullo stesso argomento
con Piccole donne crescono (1869), Piccoli uomini (1871), I
figli di Jo (1886).
Con il suo lavoro di scrittrice e i guadagni che ne seguono, sopperisce ai
bisogni della famiglia, aiutando le sorelle Ann, May e i genitori. Una terza
sorella, Beth, era morta di scarlattina così come uno dei personaggi delle sue
Piccole donne.
Tra le altre opere emergono, anche se non all’altezza di Piccole donne.
i romanzi Il sacchetto degli stracci di zia Jo (1828), Le buone mogli
(1840), La donna di marmo (1865), Rosa in fiore (1875), Otto
cugini (1875), Sotto i lillà (1878), Jack e Jill, Una ragazza
fuori moda, Polly.
La Alcott non si sposò. Morì a Boston nel 1888.
I suoi romanzi sono sopravvissuti nell’immaginario giovanile sino ai tempi
nostri per la freschezza delle idee e per i buoni sentimenti profusi a piene
mani. La Alcott non si propone di divertire i lettori ma di persegure l’intento
di dare quegli ammaestramenti morali in lei inculcati in gioventù dal padre e
dagli altri suoi insegnanti.
OPERE
Piccole
donne La storia abbraccia l’arco di
un anno, da un Natale all’altro, e narra le vicende della famiglia March durante
la Guerra di secessione, della quale però si avverte solo un accenno lontano. Il
padre è volontario come cappellano, la madre lavora in una società di assistenza
dei soldati e le quattro figlie devono affrontare la vita quotidiana da sole.
Meg fa l’istitutrice, Jo, la più irrequieta, amante della lettura, accudisce una
vecchia zia ricca e brontolona. Le minori vanno a scuola, l’una appassionata di
musica e la più piccola di pittura. La venuta di Laurie, il nipote di un ricco
vicino di casa, viene a movimentare la loro vita. Jo fa amicizia con lui, mentre
Meg viene corteggiata dal precettore del ragazzo. Le ragazze March, nonostante i
sacrifici, riescono a cavarsela, anche se sono tutte rattristate dalla malattia
di Beth, colpita da una grave forma di scarlattina. Jo tra tutte è la più forte
anche perché si accorge che la sua adolescenza sta giungendo al termine. Il
romanzo ebbe fortuna e fu seguito da Piccole donne crescono, Piccoli uomini,
Buone mogli in cui la saga della famiglia March prosegue. Meg sposa John
Brooke, Beth muore, Jo sposa un professore di tedesco e Laurie finirà per
sposare Amy.
L’opera ebbe diverse edizioni cinematografiche:
quella di G.Cukor del 1933 e le successive di G.Armstrong (1944) e di Mervyn Le
Roy (1949).
La RAI TV mandò in onda nel 1955 una versione a
puntate, diretta da A.G.Majano.
FILATELIA
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USA 1940
(416), 1993 (2199),
ALEXANDRESCU GRIGORE
(Romania)
Nasce nel 1812 a Tirgoviste, una antica città valacca, patria di Michele il
Prode e di Heliade. Muore a Bucarest nel 1885.
Da ufficiale, nel 1840, prende parte
al complotto contro il principe Ghica e simpatizza con i rivoluzionari nel
1848. In seguito ottiene alte cariche amministrative, ma una malattia mentale lo
colpisce negli ultimi anni di vita.
Sotto l’influsso del romanticismo, negli anni 1832,1838,1842 scrive raccolte di
Poesie, in cui affiora una malinconia di maniera, tranne che nell’opera
L’ombra di Mircea e Cozia. Più originalità si trova nella raccolta
Ricordi e impressioni e in Epistole e favole (1847).
Alexandrescu è conosciuto come favolista e arguto censore della vita pubblica,
dove spesso usò perifrasi che ricordano La Fontaine.
FILATELIA
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ROMANIA 1960
(1667), 1985 (3556)
ALGER jr. HORATIO
(U.S.A.)
Horatio Alger jr. nasce nel Massachussets, a Revere, il 13 gennaio 1834.
Figlio di un pastore unitariano, si
laurea ad Harward e, divenuto pastore come il padre, si trasferisce a New York
nel 1866 per collaborare con la Newsboys’ Lodging House, una organizzazione
caritatevole che cercava di affrontare i problemi derivanti dal frenetico
sviluppo urbano di quegli anni.
Da
questa esperienza trae il materiale per scrivere oltre cento romanzi per
ragazzi, impostandoli tutti su una formula che raramente varia e che fa
scuola in seguito in subito applicata da altri scrittori. Si tratta di schemi
che seguivono sempre lo stesso iter nei quali lo scrittore descrive le
vicende di ragazzini di estrazione sociale povera i quali con la perseveranza,
l’onestà, la dedizione riescono ad evitare le trappole della società, a
sottrarsi ai pericoli e a raggiungere il successo e la ricchezza attraverso atti
di bontà e d’amore.
Tra i migliori romanzi Ragged Dick (1867), Lunch
and Pluck (1869), The Young Outlaw (1875).
Il fine perseguito dall’autore prevale sempre sul punto di vista letterario per
cui i suoi romanzi non sono stilisticamente curati, ma le sue opere hanno un
peso nella cultura di fine Ottocento, tanto che si diffuse il mito di Horatio
Alger inteso come paradigma del passaggio dalla povertà alla ricchezza e al
successo, senza mai uscire dal binario della lealtà e del bene.
FILATELIA
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USA 1892
(1439)
ALLEN PAMELA
(Nuova Zelanda)
Nata
ad Auckland nel 1934.
Ha studiato Belle Arti e,
terminati gli studi, si è trasferita nel 1977 a Sidney col marito e due figli.
Sin da bambina sviluppa
la sua passione per il disegno e su tale linea conduce i suoi studi.
Il primo libro Il
signor Archimede Bath fu pubblicato nel 1980.
Scrittrice e
illustratrice di libri per bambini, inserisce sia nei testi sia nelle
illustrazioni toni umoristici ed espressivi. I suoi libri sono operette ideali
per una lettura ad alta voce in un coinvolgimento adulto bambino. Nelle sue
opere e disegni è sempre costante e stretto il rapporto tra testo, immagine ed
espressività dei personaggi. La Allen sostiene l’utilità della lettura ad alta
voce seguita da un rapporto dialettico con i piccoli ascoltatori.
Molte sue opere sono
state premiate: nel 2004 ottiene la medaglia d’oro nel prestigioso premio per la
letteratura per l’infanzia, Medaglia Margareth Mahy. Nello stesso anno le viene
assegnato il Nuova Zelanda Post Book Awards for Childrens & Young Adults. E’
stata finalista nel 2006 per il Premio Nuova Zelanda Post Book Award for
Childrens and Young Adults.
Ha scritto e illustrato:
Chi affondò la barca?
1982, Winner, CBCA Picture Book of the Year
Award, 1983
Bertie and the Bear,
1983
Bertie e l'Orso,
1983, Mr McGee , 1987 Simon Said,
(1985), Watch Me (1985), Herbert e Harry (1986), Fancy That
(1987), Il Signor McGee, 1987, Fancy That! ,
1988 Questa fantasia!, 1988, Simon Ti (1988), Watch Me
Now 81989), I Wish i Had a Pirata Suit (1989),
My Cat Maisie , 1990 Il mio gatto Maisie,
1990, Black Dog (1991), Shortlisted, CBCA
Picture Book of the Year, 1991 Belinda , 1992
Belinda, 1992,Honour Book, CBCA Picture Book
of the Year, 1993 Waddle Giggle Gargle, 1996, IlCBCA
Notable Picture Book, 1997
Signor McGee e la Biting
delle pulci, 1998,Shortlisted, CBCA
Picture Book of the Year, 1999 Il
Signor McGee e la
perfetta Nest, 1999, Dentro la casa di Mary Elisabeth
(2000), Potete mantenere un segreto? (2000), Pane e miele Brown
(2001), Il popolo di patate (2002),
The Pear in the Pear Tree
, 1999 Il nonno
e Thomas, 2003, Il Shortlisted,
CBCA Book of the Year: Early Childhood, 2004Grandpa
and Thomas and the Green Umbrella , 2006
Nonno, Thomas e
l’ombrello verde (2006)
FILATELIA
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AUSTRALIA Anno 1996
(1556)
Allsburg Chris Van
(U.S.A.)
Nato
a Grand Rapids, Michigan, il 18 giugno 1949.
Frequentò
la junior e la senior high school nell’East Gran Rapids, dove si applicò alla
matematica e alle scienze. Selezionato tra vari studenti, fu inviato nel 1967
all’Università del Michigan, dove, inizialmente si sentì fuori luogo a causa
della sua inesperienza. Trovò uno sfogo nell’occuparsi nella costruzione di
modelli di automobili e barche. Laureatosi nel 1972, continuò la sua esperienza
presso la Rhode Island School of Design.
Nel 1975
aprì un suo studio a Providence, assieme alla moglie, Lisa Morrison, conosciuta
quattro anni prima, durante un corso universitario. Chris espose le sue sculture
a New York e in altre città. Assieme a Lisa, che era stata insegnante,
cominciarono ad occuparsi di illustrazioni dapprima di un libro di storia e poi,
dietro suggerimento di David Macaulay, furono spinti ad illustrare libri da loro
stessi prodotti.
Senza
tralasciare la scultura, scrissero e pubblicarono nel 1979 Il giardino di
Abdul Gasazi, che nel 1980 ottenne in premio la Medaglia d’Onore Caldecott.
Altre due medaglie furono vinte per le opere Jumanij e L’espresso
polare. Altre opere ricevettero riconoscimenti come I misteri della
Harris Burdick. Dal libro Jumanij nel 1982 fu tratto un lungometraggio.
FILATELIA
OLANDA
2004
(2178)
ALMQUIST CARL JONAS LOVE
(Svezia)
Scrittore svedese nacque a Stoccolma il 18 novembre 1793.
Poeta e romanziere, è autore di una vastissima e caotica produzione letteraria
che abbraccia e riflette tutte le varie tendenze del romanticismo.
Ebbe
una infanzia tranquilla e la possibilità di studiare (la madre proveniva da una
famiglia insigne e agiata). Frequentò gli studi a Upsala e si iscrisse alla
locale università. Dopo la laurea ottenne vari impieghi nell’amministrazione
civile di Stoccolma. Seguace di Rousseau, abbandonò presto la vita cittadina per
rifugiarsi a vivere in campagna come semplice contadino. A Värmland sposò nel
1824 una contadina e assunse il nome di “contadino Love Carlson”.
Il tentativo ’agreste-pastorale’ fallì dopo qualche anno e Almquist ritornò
nella capitale dove nel 1837 cominciò ad insegnare in una scuola elementare. In
seguito divenne direttore della ‘Elementarskolau’, una carica che lo impegnò
nella stesura di testi scolastici. Scrisse pure un sillabario svedese e altre
pubblicazioni si carattere pedagogico. Tentò inutilmente di ottenere una
cattedra di linguistica presso l’università di Lund.
Le opere che sino ad allora aveva scritto, fortemente tinte di socialismo, e
la visione romantica della vita e della società, cominciarono a suscitare
scandalo. Nel 1822 compose la novella Amorina, il cui tema era la
responsabilità dei delinquenti e della società. Un suo zio vescovo lo dissuase
dal pubblicarla. Nel 1939 scrisse Così va bene, una novella in cui
affrontava una tesi contraria alla tradizionale concezione del matrimonio. La
novella attirò su di lui una solenne ammonizione da parte del Consiglio
capitolare del Duomo e in seguito ad essa dovette lasciare l’insegnamento.
Ripiegò sulla sua attività di scrittore e si diede al giornalismo entrando a
far parte della redazione del giornale liberale ‘Aftonbladet’.
Incline ad una vita non proprio irreprensibile si trovò presto in precarie
condizioni finanziarie. Dovette chiedere aiuto ad usurai. Inoltre le cattive
compagnie sconvolsero la sua esistenza.
Nel giugno del 1851 dovette fuggire in America perché citato da un usuraio per
falso in cambiali e tentativo di veneficio. Il tribunale lo condannò in
contumacia e lui cambiò nome assumendo quello di K. Westerman. In America rimase
per una quindicina di anni e di lui, fino al settembre del 1866, non si ebbero
più notizie. Si disse che in quegli anni avesse svolto funzioni di segretario
presso Abramo Lincoln, che fosse stato depredato di tutti i suoi manoscritti,
che avesse avuto a che fare
con la
giustizia americana. Quando ritornò in Europa, solitario e sconosciuto,
trascorse, sempre sotto falso nome, l’ultimo periodo della sua vita a Brema dove
morì il 26 settembre del 1866. Solo dopo una cinquantina di anni, nel 1901, la
sua figura venne riabilitata e la salma venne traslata solennemente in Svezia.
Almquist scrisse molti romanzi, novelle, drammi, poemi epici, opere di fantasia,
progetti di riforme sociali, romanzi avventurosi e ‘noir’, per la maggior parte
raccolti sotto il titolo Il libro della rosaspina che comprende Il
gioiello della regina (1834); il racconto Così va bene (1838); opere
teatrali tra cui Ramido Marinaresco (1834); saggi Importanza della
povertà svedese (1838), Fondamenti del malcontento europeo (1847);
poesie Sogni (1849). Scrisse i romanzi Amalia Hillner (1840),
Gabriele Mimanso (1841), Tre signore nello Smaland (1842).
La sua è un’opera discontinua che spazia da temi erotici, Colombina
(1835) a novelle in cui aleggia uno spirito cristiano, La cappella, a
opere storiche che trattano della Svezia antica, della Stoccolma moderna di
Gustavo III; della Bretagna di Re Artù, della Sicilia medievale, della Spagna
cinquecentesca.
La sua opera principale rimane Il libro della rosaspina scritto tra il
1832 e il 1850.
Opere: Il libro della rosaspina Raccolta di novelle, drammi, poesie,
saggi pubblicati a partire dal 1832.
Il primo libro Il castello di caccia serve da introduzione. L’autore
racconta la storia di Julianus che incontra Richard Furumo e da lui apprende la
vicenda di Maddalena, una giovane dissoluta, la quale non è riuscita a soffocare
nel suo animo la visione della purezza persa e il desiderio di redenzione.
Furumo ascolta la storia da Maddalena mentre si trovano vicino ad un baratro. Il
giovane la esorta a sperare e a ricercare la perduta innocenza e quando capisce
che in lei sono nati buoni sentimenti e sono riaffiorati i pensieri di purezza
della fanciullezza, la spinge nell’abisso perché la morte le impedisca di
ripensarci.
Il libro contiene pure Il gioiello della regina, un episodio accaduto
dopo l’uccisione di Gustavo III. Protagonista è Tintomara, figlia di un principe
e di una ballerina. Tintomara non è né uomo né donna. È un essere androgino, di
indole buona ma incapace di amare. Quando sua madre le esprime il desiderio di
vedere un gioiello della regina, Tintomara si reca a corte, dove ha libero
accesso, lo prende e lo porta alla madre, con l’intenzione poi di restituirlo.
Ma viene accusata di furto e condannata a morte.
La cappella è, forse, la migliore delle novelle. Narra la vicenda di un
sacerdote inviato in una lontana cappella per una predica. Il giovane, che ha
preparato un dotto sermone, si trova di fronte a povera gente, modesta e
primitiva. Allora butta via il sermone scritto e parla con le parole semplici
che il cuore gli detta. La sera prende dimora in una umile capanna e capisce di
aver ormai trovato la sua vera missione: quella di predicare e parlare con gli
umili.
Nell’opera vi sono altre novelle soffuse di romanticismo a sfondo
mistico-realistico, nate sulla scia della conoscenza dell’opera di Rousseau.
FILATELIA
SVEZIA Anno 1966 (544), 1973
(771)
AMIR-PINKERFELD ANDA
(Polonia)
Nata
in Galizia nel 1902. Morta nel 1981. (1902–1981)
Suo padre lavorò come architetto per il governo
austro-ungarico. Anda completò la scuola secondaria di Lvov, e
pubblicò un libro di versi in polacco all'età di 18 anni. La sua prima poesia è
la preghiera di un bambino polacco per la liberazione del suo paese.
Dopo aver studiato presso le università di Lipsia e
Lvov, si trasferì in Palestina nel 1923. Nel 1921 ha pubblicato un altro volume
di versi in lingua polacca, Piesni źycia ("Canti di vita").
Successivamente, sotto l'influenza di Uri
Ẓevi
iniziò a scrivere in ebraico. I temi dei
suoi versi sono l'amore della natura, l'amore romantico, e le gioie della
maternità. Il suo lungo poema Ahat ("Uno", 1953) descrive la vicenda di
una giovane ragazza ebrea immigrata in Israele dopo essere sopravvissuto
dell'Olocausto, la quale muore combattendo per l'indipendenza di Israele.Tra i
suoi libri sono Noraim Dovevim (1929); Yuval (1932); Geisha
Lian Sharah Tang (1935); Gittit (1937); Duda'im (1943);
Gadish (1949); Kokhavim bi-Deli (Stelle in un secchio,1957).
Anda Amir è stato il primo poeta a scrivere poesie per
bambini in ebraico.
La sua prima raccolta di poesie quali, Al Anan
Kevish (1933), è stato curata da HN Bialik, mentre al suo Shirei Yeladim
(1934) è stato assegnato il Premio Bialik per le poesie per bambini. Nel 1978 ha
ricevuto il Premio Israele per la letteratura infantile.
FILATELIA
ISRAELE, Anno 1995
FILATELIA
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l'album
ISRAELE Anno 1995 (1281/3)
ANDERSEN HANS CHRISTIAN
(Danimarca)
C’era una volta nella città di Odense, fondata dal dio Odino, un povero
anatroccolo sognatore, incapace di volare ma desideroso di diventare un
maestoso cigno. Purtroppo i genitori, alquanto bizzarri, poco si curavano di
lui. Mamma anatra, dall’aspetto trasandato e volgare, se ne andava ogni giorno a
lavare i panni in un fiume dove alleviava la fatica sostenendosi con qualche
bevuta (non certo di acqua). Suo marito sedeva tutto il giorno accanto al
deschetto da ciabattino, lavorando poco e sognando molto quando guardava, appeso
alla parete di fronte, il ritratto di un famoso condottiero di eserciti, il
quale in quei giorni collezionava vittorie su vittorie. Se solo avesse potuto
seguirlo! Nel frattempo si limitava a sognare. Il nonno del piccolo anatroccolo
era tipo assai bizzarro. Invece di lavorare preferiva aggirarsi per la città,
vendendo buffe statuine di legno e raccontando storie…
Così potrebbe iniziare una fiaba e
così inizia la realtà di Hans Christian Andersen.
Andersen nasce a Odense il 2 aprile del 1805 in una umilissima famiglia.
Il padre calzolaio è così povero da aver dovuto adattare i resti di un catafalco
acquistato ad un asta per ricavarne il letto nuziale. Sognatore per natura
lavora poco e si limita a pensare a Napoleone e alla fortuna che avrebbe fatto
se avesse potuto seguirlo. Sposato con una lavandaia più vecchia di lui, una
donna ‘robustamente sensuale’ e con istinti da popolana, l’abbandona per seguire
l’armata napoleonica. L’avventura militare dura poco perché, minato nel fisico,
deve presto ritornare a Odense dove muore nel 1816, quando Hans aveva quindici
anni.
Due
anni dopo la madre, ormai cinquantenne, si risposa con un altro ciabattino più
giovane di lei. La donna, abituata al bere, discende sempre più la china
dell’abbrutimento e Hans si ritrova abbandonato a se stesso privo di
istruzione, tranne gli insegnamenti tratti dai racconti uditi dal padre e da
quelli veri e non veri della nonna paterna che spesso lo porta con sé
nell’orto. Il ragazzo preferisce stare con gli adulti e schiva la compagnia dei
suoi coetanei vuoi per un certo ritegno, vuoi per sfuggire alla baia dei ragazzi
della sua età, vuoi per le matterie e le stravaganze del nonno, vuoi, infine,
per la vergogna della sua corporatura allampanata, dalle braccia troppo lunghe.
Impara a leggere alla scuola dei poveri e legge di tutto. Il suo sogno è quello
di diventare attore e ballerino.
Nel 1919 parte alla volta di Copenhagen in cerca di fortuna. Il primo impresario
teatrale cui si rivolge lo giudica non valido a calpestare le scene. Anche una
celebre danzatrice del Teatro Reale cui si era presentato (dopo aver imparato a
danzare come una ballerina!) lo manda a spasso. L’unico che comincia ad
interessarsi a lui è un tenore italiano, Giuseppe Siboni, cui aveva chiesto di
insegnargli il canto. Costui forse per pietà lo istruisce e lo mantiene fino a
quando si accorge che il giovane Andersen non avrebbe mai potuto far parte di un
coro. Allora si dà alla recitazione. Manda memoria scene, poesie monologhi che
recita a tutti e nelle più disparate occasioni, ma tale attività non funziona.
Riusciva però ad inserire in quei ‘tentativi teatrali’ poesie e scenette
scritte da lui, tanto che porta a termine per il teatro una tragedia…
naturalmente respinta.
Vive quindi stentatamente finché non si presenta a Jonas Collin, un alto
funzionario, il quale riesce a fargli ottenere un assegno mensile dal re
Federico VI e il permesso di frequentare gratuitamente la scuola di latino a
Slagelse. Può così ricominciare gli studi che furono proficui, sebbene si sente
a disagio, lui giovane ventenne, a fianco di allievi tredicenni e
quattordicenni. Si diploma nel 1828.
Nel frattempo comincia a farsi conoscere nel campo della poesia, pubblicando
nel 1827 Il bambino morente sulla rivista “Kjoebenhaavnspost” e nel 1829
un racconto romantico e ironico Viaggio a piedi dal canale di Holmen fino
alla punta orientale di Amager. Ottiene anche qualche successo nel comporre
vaudeville per il teatro, un genere difeso dall’illustre critico danese
Johan Ludwig Heiberg, divenuto suo amico. Nel 1831 dà alle stampe anche un
volume di liriche, un volume di schizzi e fantasie (1831), due melodrammi (1832)
e il poema drammatico Agnete e il Tritone (1833).
Rientra in questo periodo il suo amore non corrisposto per Riborg Voigt, sorella
di un suo compagno di studi. Il rifiuto della ragazza lo spinge a viaggiare.
Contando sull’assegno reale, si reca a Lubecca, Amburgo, Dresda, Lipsia, Berlino
dove incontra Ludwig Tieck, Adelbert von Chamisso, Karl Simrock e altri
personaggi illustri nel campo della letteratura. Il viaggio gli suggerisce un
nuovo libro Echi ed immagini di un viaggio nel’Harz e nella Svizzera Sassone.
Ritornato in Danimarca vi soggiorna per poco tempo perché un secondo amore
sfortunato come il primo per Luisa Collin, la figlia del suo benefattore, lo
spinge a riprendere i suoi viaggi per il mondo. Parte per la Francia dove
incontra Victor Hugo, Cherubini, il poeta Heine; visita l’Italia, (dove in
seguito ritorna per altre tre volte). In Italia scrive e ambienta il romanzo
L’improvvisatore che aumenta la sua fama attraverso i molti elogi dei
critici.
Nel campo sentimentale Andersen non ha altrettanta fortuna perché il suo
carattere oltremodo romantico e sognatore gli aliena anche il suo amore verso la
cantante svedese Jenny Lind. Di quella passione rimangono tracce nelle sue
opere.
Compie altri viaggi in Germania, in Grecia, in Turchia, in Austria, in
Inghilterra, dove è ospite di Charles Dickens. Erano gli anni che precedettero
i sussulti e gli sconvolgimenti del 1848, ma Andersen non ne fa alcun cenno
nelle sue opere. La politica non fa per lui: è come una nebbia che lo avvolge ma
non lo soffoca. Il conflitto diretto della sua Danimarca con la Germania per la
questione dei Ducati di Slevig e Holstein, susciteranno solo il dolore di fronte
alla guerra. Neppure i conflitti sociali lo interessano, cosa strana in lui,
figlio del popolo. È di questo periodo il volume autobiografico La fiaba
della mia vita senza poesia, in cui invece di poesia ve n’è molta. Terminato
il conflitto, riprende i suoi amati viaggi. Scrive Essere e non essere
(1857) un incontro con la filosofia che non ottiene grandi consensi;
Reiselberg: Svezia (1851), Portogallo (1866), Spagna (1873),
tutti resoconti di viaggio con descrizioni e impressioni.
Nel 1867 Andersen onorato con titoli e commende, introdotto nelle Corti e nelle
case della più alta società europea, acclamato all’estero, ritorna nel suo paese
dove riceve quale omaggio la cittadinanza onoraria che la città di Odense gli
attribuisce…
Il 4 agosto del 1875 muore serenamente nella villa Rolighed, vicino a
Copenhagen, dove era ospite dei Melchior, ricchi mercanti danesi
… e così il piccolo anatroccolo che era nato e vissuto nella città di Odino
coronò tutti i suoi sogni e poté morire felice. Ormai era diventato il maestoso
cigno che aveva sempre sognato.
Così potrebbe concludersi la fiaba della sua vita. C’è però da notare che nella
sua fiaba Il brutto anatroccolo il personaggio non ha i tentennamenti che
Andersen ebbe in tutta la sua vita e non mostra indecisioni né cedimenti..
Andersen ebbe in realtà un carattere debole e forte allo stesso tempo. Facile
all’entusiasmo, propenso alla malinconia e alla depressione, mantenne per tutta
la vita una ingenuità infantile. Agognava le lodi dei suoi contemporanei ed era,
però, capace di deprimersi fino alle lacrime per un giudizio sfavorevole anche
se espresso da un giornalista poco noto. Infantilmente vanitoso dei suoi
successi, era gravato di complessi vari.
Su Andersen il regista Kung Vidor girò nel 1952 un film dal titolo “Il
favoloso Andersen”, mentre la produzione di Walt Disney dedicò un
lungometraggio alla Sirenetta e utilizzò altre fiabe dando ai vari
protagonisti l’aspetto e le cararatteristiche dei personaggi disneyani.
LE FIABE
Come accadde a molti scrittori di
talento, l’opera in cui avevano creduto meno e che avevano scritto per diletto e
passatempo spesso si è rivelata quella che ha dato loro fama imperitura, mentre
altri lavori in cui avevano maggiormente confidato, perché al momento in cui
furono pubblicati avevano ricevuto il plauso comune, col passare del tempo sono
rimasti confinati in una specie di limbo da cui vengono saltuariamente tratti da
studiosi o amanti di quell’autore. È stata la sorte di Charles Perrault oggi
ricordato solo per i suoi Contes de ma mère l’oie e di Andersen la cui
notorietà è oggi legata alla raccolta Fiabe e racconti (Eventyr og Historier).
Lo scrittore danese pubblica ottimi romanzi quali L’improvvisatore
(1935), O.T. (1936) iniziali che a Copenhagen indicavano una casa di
pena, Soltanto violinista (1837), Le due baronesse (1849),
Essere o non essere (1857). Piero il fortunato (1879). Scrive libri
di poesie, opere autobiografiche, descrizioni di viaggi e per tutta la vita
continua a coltivare la sua passione per il teatro scrivendo commedie, tragedie,
vaudeville, libretti d’opera oggi dimenticati.
Ma la fama e la notorietà odierne sono legate solo alle sue fiabe.
Raccontano i suoi biografi che il danese si stupisse quando qualcuno anteponeva
‘La regina delle nevi’ , ‘L’acciarino’ o qualche altra fiaba al romanzo
L’improvvisatore.
Andersen comincia a raccogliere e a pubblicare le fiabe nel 1835 in un primo
fascicolo cui, quasi ogni anno, ne seguirono altri fino al 1872 per un totale di
156 fiabe e racconti. Molto materiale lo ricava da quanto il padre, il nonno e
la nonna gli raccontarono quando era bambino, altro materiale lo raccoglie
attraverso racconti popolari del suo e di altri paesi visitati, dalle Mille e
una notte, opera letta in gioventù. In altri casi, specie nei racconti, si
tratta di invenzioni su fatti realmente accaduti da lui rielaborati poeticamente
e ricostruiti con la fantasia.
Andersen nel raccogliere il materiale dalla viva voce del popolo opera
diversamente dai fratelli Grimm. Questi accettarono dal popolo le fiabe nella
loro interezza e cercarono di rispettare la poesia e lo stile popolare senza
sovrastarli. Andersen, invece, non concede nulla alla moda dell’epoca; non si
sottomette alle varie correnti in voga. Inventa un suo particolare tipo di
fiaba, diverso dai Grimm, dai romantici tedeschi Tieck, Chamisso, Arnim. Nel suo
stile semplice, nella visione serena della natura e del mondo in cui immerge i
suoi personaggi non v’è mai nulla di pauroso. Andersen ammira E.T.A.Hoffmann ma
di lui non accetta il mondo fantastico, magico e demoniaco in cui vi sono scene
che possono destare terrore nei lettori giovani. Andersen parla in modo più
sommesso e immagina un mondo positivo fondato sulla bontà. Il suo animo è
rimasto quello di un fanciullo, assai diverso, ad esempio, dalla visione
leopardiana che vede nella natura non una madre amorevole ma una matrigna
maligna e tragica. Lontano dalle visioni lunari e notturne dei romantici, le sue
sono fiabe solari.
Utilizza fiabe del passato, quelle
legate alla féerie in cui abbondano principi e principesse, fate e
streghe, gnomi e elfi e folletti. Utilizza per costruirle materiali
apparentemente inadatti ad una fiaba, ma che riescono a parlare alla sua
fantasia come un’ago da rammendo, un vecchio lampione, un solino, stracci. Per
lui è un gioco scoprire una fiaba in una persona o una cosa incontrata. E la
natura gli fornisce materiale in abbondanza suggerito dal lino, dall’abete, dai
fiori, dalle margherite, dai cardi, dai bucaneve dagli animali. La sua
aspirazione è quasi sempre religiosa, attenta ai segnali della vita, della
morte, della salvezza. Non sempre c’è il lieto fine, ma la morte, ad esempio,
può essere l’inizio di una nuova vita, come in ‘Scarpette rosse’.
Andersen non è mai stato uno spirito combattivo e i suoi personaggi, in cui
infonde molto di sé, quando vengono posti di fronte ad avversità piangono,
soffrono ma sperano in un Dio buono e misericordioso a cui affidarsi con umiltà.
Nelle sue fiabe c’è saggezza e c’è morale, non quella palese di Esopo, di Fedro,
di La Fontaine con le loro conclusive massime didattiche e moraleggianti. In
Andersen la morale salta fuori a poco a poco, la si legge tra le righe e non
buttata in faccia a mo’ di conclusione, quasi la fiaba fosse stata scritta solo
per quella funzione. Nei suoi racconti c’è spesso umorismo e comicità, vedi ‘I
vestiti nuovi dell’imperatore’; manca l’ironia e la satira perché sono qualcosa
di troppo intellettualistico per essere alla portata dei fanciulli.
Per questo l’Andersen della fiaba non fece scuola. Non poteva farla: le sue
sono fiabe paniche, uniche, singolari le quali non ebbero e forse non potevano
avere imitatori e seguaci.
In Italia furono fatte conoscere attraverso due ottime traduzioni: quella di
Maria Pezzé Pascolato, Quaranta novelle (1903) e quella di Maria Tibaldi
Chiesa, Nuove novelle (1937). Nel 1954 Einaudi pubblicò tutte le fiabe
nella collana ‘I Millenni’.
Il cinema attraverso un lungometraggio a cartoni animati di Walt Disney
immortalò La sirenetta, travisando alquanto, secondo lo stile disneiano,
il personaggio, facendone una fanciulla allegra e un poco contestataria. Ma
quando mai Disney è fedele all’originale!
L’acciarino o Il soldato
di ventura Un soldato dal
ritorno dalla guerra incontra una strega che lo invita a calarsi in una grotta
dove si trova un tesoro a custodia del quale stanno tre cani. Gli spiega come
neutralizzarli e concorda con lui che il tesoro sarà suo e a lei andrà invece un
acciarino che sua nonna aveva dimenticato durante una precedente visita nelle
grotta. Il soldato al momento
della
consegna, vuole sapere a che serve l’acciarino. Nasce un diverbio. La vecchia
viene uccisa e il soldato con le ricchezze vive in città da signore. Quando i
soldi finiscono si ricorda dell’acciarino e scopre che con le scintille della
pietra focaia compaiono tre cani che si mettono ai
suoi ordini. Il soldato, innamorato di una principessa, ordina loro di
portargliela nottetempo. Al mattino la principessa non sa dove ha trascorso la
notte. La storia si ripete. Allora la regina ordina ad una fantesca di fare la
guardia e quella, nottetempo, segue la principessa e il cane e contrassegna col
gesso la porta della casa in cui è entrato. Ma il cane, accortosene, segna col
gesso tutte le porte delle case. Allora la regina lega alla cintura della figlia
un sacchettino bucato, pieno di grani di miglio. E questo permetterà di trovare
il soldato che viene condannato all’impiccagione. Ma all’ultimo istante arrivano
i tre cani i quali lo liberano. Il soldato sposerà così la principessa.
Il bambino cattivo
In una sera di tempesta un vecchio poeta sente bussare alla porta. Apre e si
trova davanti un bambinello nudo, intirizzito e tremante con un arco e una
freccia in mano. Lo ospita presso il fuoco, lo rifocilla, lo asciuga e se lo
tiene sulle ginocchia. Gli chiede il nome e quello risponde ‘Amore’. Riprese le
forze, il bambino per tutta ricompensa incocca una freccia e lo colpisce al
cuore. “Che bambino cattivo è Amore!” esclama il poeta. “Da oggi in poi lo dirò
a tutti i bambini buoni perché stiano in guardia e non giochino mai con lui. Ma
Amore conosceva tutti i sotterfugi per ingannare tanto che riusciva a camuffarsi
e a scagliare sempre le sue frecce. Non può farne a meno perché Amore è
dappertutto: è riuscito a colpire anche il cuore di tuo padre e di tua madre e
anche quello della nonna, che, pur essendo passato molto tempo non lo scorderà
mai.
Il
baule volante Un giovane
ereditò dal padre, un mercante molto ricco, una fortuna che sperperò in pochi
anni. Rimasto senza il becco di un quattrino, perduti gli amici, si ritrovò con
un solo baule lasciatogli da uno di essi che gli disse: “Fai fagotto e
vattene!”. Non avendo nulla da mettere nel baule, ci entrò lui. Il baule era
singolare. Appena lo si chiudeva, cominciava a volare. Atterrò in Turchia,
vicino ad un palazzo dove era segregata una principessa. Nottetempo il giovane
andò a farle visita. La principessa si innamorò di lui e gli chiese di tornare
non di nascosto ma alla presenza dei suoi genitori ai quali avrebbe dovuto
portare in dono una bella fiaba. Dopo averla raccontata, il re gli offrì
la mano della figlia. Si fece in città gran festa e il giovane volle partecipare
con dei fuochi di artificio. Li mise nel baule e innalzatosi sopra la città vi
diede fuoco, illuminando la notte con fiamme colorate. Poi atterrò nel bosco
dove lasciò il baule e andò in città per conoscere l’effetto dei suoi fuochi.
Quando ritornò nel bosco trovò il baule bruciato. Una scintilla vi era rimasta e
l’aveva distrutto. Poiché solo col baule poteva ritornare dalla principessa, il
giovane dovette rinunciare al suo matrimonio.
Il
brutto anatroccolo. Un
anatroccolo è diverso dai suoi fratelli. È brutto, sgraziato, goffo tanto da
essere preso in giro. Fugge disperato. Si
unisce ad alcune oche, viene accolto in una casa in cui vive una vecchia, un
gatto e una gallina. Ma non sapendo fare le uova, viene cacciato. Durante
l’inverno ne passa di tutti i colori, viene raccolto, curato e di nuovo
scacciato Ma giunge la primavera e si accorge di saper volare. Tanto da
raggiungere dei superbi uccelli bianchi. Con meraviglia, specchiandosi
nell’acqua, si accorgerà di essere diventato un magnifico cigno.
La casa vecchia
In un quartiere in mezzo a case nuove ne sorgeva una vecchia. Le case nuove la
guardavano con disprezzo e la consideravano una topaia che avrebbe dovuto essere
demolita. Di fronte alla vecchia casa abitava un bimbo al quale invece
l’edificio piaceva e si chiedeva chi lo abitasse. Vide un giorno un vecchio
signore ad una finestra e lo salutò. Quello rispose. Il giorno appresso il
bimbo, pensando che l’uomo vivesse solo e che la solitudine è triste, gli mandò
in dono uno dei suoi soldatini di piombo. Il vecchio signore lo accettò e invitò
il bimbo a fargli visita. Da quel giorno la solitudine del vecchio ebbe uno
sprazzo di luce. L’unico a lamentarsi fu il soldatino di piombo il quale avrebbe
preferito vivere accanto al bambino perché nella sua casa regnava la gioia e la
serenità. Un giorno il vecchio morì e non avendo parenti e amici venne portato
al cimitero senza alcun estremo saluto, tranne l’unico bacio gettato al feretro
dal bimbo da dietro i vetri della sua finestra. La vecchia casa fu demolita e
i mobili venduti all’asta. Al suo posto fu creato un piccolo giardino.
Passarono gli anni e un giorno il bambino, ormai uomo e sposato, venne ad
abitare la casa paterna. Un mattino la moglie, scavando con le mani la terra per
piantare un fiore, si punse un dito con un soldatino rimasto sepolto da anni. In
esso l’uomo ritrovò il dono che aveva fatto al vecchio signore e raccontò la
storia alla moglie. Costei gli chiese di visitare la tomba del vecchio e di
portargli un fiore, ma nessuno sapeva dove fosse sepolto. “Come deve esser
stata tremenda la sua solitudine!” disse la donna. Il soldatino aggiunse: “Però
che felicità essere ricordati da qualcuno!”. Ma nessuno lo udì, tranne un pezzo
di cuoio di una poltrona appartenuta alla vecchia casa, rimasto anche lui
sepolto per tanti anni.
Le cicogne
In un nido in cima ad tetto un gruppo di cicognini appena nati sono spaventati
da una filastrocca cantata da un bambino poco amante degli animali.
La
filastrocca dice che i cicognini devono essere impiccati, infilzati, bruciati.
La filastrocca viene ripetuta ogni giorno, anche da altri bambini. I cicognini
crescono, imparano a volare e meditano la vendetta. Ma la madre riesce sempre a
dissuaderli. Solo alla fine, suggerisce loro cosa dovranno fare. Siccome le
cicogne portano i bambini nelle famiglie
e i figli dell’uomo si trovano nello stagno prima di nascere dove fanno sogni
belli che non faranno mai più, si vendicheranno portando fratellini a coloro che
non hanno cantato la filastrocca, mentre a quelli che l’hanno cantata non ne
porteranno affatto. Al bimbo più crudele porteranno un bimbo morto nello stagno
a forza di sognare.
La figlia del re della palude
Babbo Cicogna, che con la famiglia viveva sul tetto della casa di un re
vichingo, raccontò alla moglie di aver veduto tre cigni volare sulla palude. Ma
non si trattava di uccelli ma di tre fanciulle una delle quali era una
principessa d’Egitto, venuta per cercare un fiore che avrebbe guarito suo padre.
La giovane, pensando di averlo veduto in fondo
alla
palude, consegnò le piume di cigno che le permettevano di volare alle due
compagne e si tuffò. Quelle, malvagie, portarono via il vestito di piume e lo
distrussero impedendo così alla principessa di tornare. Quella rimase
prigioniera in fondo alla palude per sempre, compagna del re di quel regno
melmoso. Il tempo passò e un giorno dal fondo spuntò una pianta dalla quale
nacque un fiore. Quando si aprì, conteneva una bella bimba. Mamma cicogna,
seguendo il compito che le era stato affidato, cercò una madre a cui affidarla e
dato che la moglie del re vichingo
rimaneva quasi sempre sola in quanto il marito era impegnato in scorrerie,
gliela affidò. La madre amava la figlia anche se quella aveva un’indole
cattiva. Un mattino all’alba la madre non trovò più la piccola: al suo posto
c’era un rospo. Stava per ucciderlo quando scorse una infinita tristezza dipinta
sul muso dell’animale e ne ebbe compassione. In quel momento, attraverso la
finestra entrò un raggio di sole e il rospo si tramutò nella sua bimba.
Col passar del tempo la cosa si ripeté e la donna capì che la sua creatura era
di notte un rospo buono e di giorno una bella bimba, ma cattiva. Al marito non
disse mai nulla. Si limitò a mostrarle la bimba solo di giorno. Quando le
cicogne migrarono in Egitto seppero che il padre della fanciulla
morta nello stagno era sempre ammalato e nella vana attesa del ritorno della
figlia. Ma le compagne gli avevano detto che un cacciatore l’aveva uccisa mentre
volavano. Allora le cicogne decisero di rubare una veste da cigno e di
portarla in riva alla palude. Se la principessa non era morta, sarebbe
ritornata. Intanto la bimba, cui avevano dato il nome di Elga, cresceva sempre
più bella e sempre più malvagia. La madre spesso si sentiva attratta dalla
tristezza del rospo che vedeva ogni notte e che ormai aveva preso ad amare. Un
giorno dalle scorrerie ritornò il marito portando prigioniero un prete che
predicava una religione fatta solo di amore. Elga però non lo ascoltava, anzi
attendeva il giorno in cui sarebbe stato sacrificato agli dei. Il rospo, venuto
a conoscenza del fatto, nottetempo andò nella cella del prete prigioniero lo
liberò e in sua compagnia fuggì a cavallo nella notte. Al sorgere del sole però
il rospo riprese la forma di Elga la quale tentò di usare la sua malvagità
contro il prete, inutilmente. La conoscenza del giovane prete, della sua
dottrina e le avventure che dovettero affrontare fianco a fianco,
risanarono a poco a poco la fanciulla che ritornò nella terra da dove sua madre
era partita per compiere un atto d’amore.
Gian
Babbeo. Tre fratelli, due
intelligenti e loquaci e il terzo, Gianbabbeo, assai meno colto, si recano al
castello del re dove la principessa ha messo in palio la sua mano. La concederà
a colui che avrebbe parlato con più spigliatezza. Due fratelli partono con i
loro cavalli, mentre Gianbabbeo, che cavallo non ha, parte seduto sul dorso del
suo caprone. Strada facendo trova un uccello morto, uno zoccolo spezzato e della
molle fanghiglia. Dal colloquio con la principessa i due fratelli escono
sconfitti, mentre Gianbabbeo, parlando di quello che ha trovato, vince la gara
e la mano della principessa.
Il guardiano di porci
Viveva in un minuscolo regno un principe che desiderava sposarsi. Era famoso per
la sua bontà e per la sua perizia nel fabbricare oggetti d’arte.Un giorno si
presentò alla figlia del re di un paese vicino e le chiese la mano. Quella,
alquanto altezzosa, gli chiese che cosa le aveva portato in dono. Il principe le
offrì una rosa che fioriva ogni cinque anni. Ma venne rifiutata perché non
sembrava vera. Allora le offrì un usignuolo che cantava divinamente. La
principessa volle appurare se era vero o no. Fece aprire una finestra e quello
volò via. Rimasta con un dono che non le piaceva e senza l’altro che s’era
involato, la principessa lo respinse. Il principe se ne andò e ritornò qualche
giorno dopo, tutto tinto di nero, sporco e con i vestiti a brandelli. Chiese
lavoro al re e ottenne quello di guardiano dei porci reali. Durante le pause del
lavoro si dilettava a costruire oggetti. Fece una pentola con sonaglini i quali
tintinnavano canzoni quando l’acqua bolliva e fece anche un sonaglio che
eseguiva tutte le danze in voga. La principessa volle gli oggetti e il porcaro
glieli diede a patto che lo baciasse. Il re la sorprese mentre baciava il
porcaro e cacciò entrambi dalla reggia. Strada facendo il porcaro di nascosto
si lavò, si tolse di dosso i cenci sporchi, indossò abiti principeschi e ritornò
dalla ragazza. “Tu, le disse, hai disdegnato il mio fiore e il mio usignuolo; tu
sai solo dilettarti con balocchi e per averli accetti persino di baciare un
porcaro. Non sei la sposa che fa per me. Ritorna pure da tuo padre. Addio!” E
lui continuò la sua strada per ritornare nel suo minuscolo regno.
Madre Sambuco o MadreSureau
C’era una volta un bambino che si prese il raffreddore e la madre, per farlo
guarire, gli diede una tazza d’infuso di sambuco e lo mise a letto. Un vecchio,
vicino di casa, venne a trovarlo. Il vecchio era solito raccontare al bimbo
delle fiabe e quella sera ne inventò una. Disse al bimbo: “Guarda la teiera.
Vedrai spuntare un albero carico di fiori di sambuco e dentro di esso vedrai una
vecchina. I marinai la chiamano Mamma Sambuco.” Raccontò che sotto quell’albero
stava un giorno seduta una coppia di vecchi, marito e moglie, che avevano
raggiunto l’età delle nozze d’oro. I due vecchietti, che non rammentavano quello
che avevano fatto quella mattina, cominciarono a rivangare il passato, dal loro
primo incontro, alle nozze, ai lunghi viaggi e alle assenze di lui che era
marinaio, al fiore di sambuco che lei gli aveva donato un giorno prima della
partenza, alle lunghe attese di lei, ai figli che vennero, ai nipoti. E i
ricordi fluivano chiari pieni di rimpianto ma al tempo stesso di gioia. Quando
il vecchio cessò di raccontare, prese il libro dei salmi che portava sempre con
sé, l’aprì nella pagina in cui c’era un fiore di sambuco. Era ancora fresco. Poi
chiuse il libro e se ne andò. Ma prima disse al bimbo il nome di quella che i
marinai chiamavano Mamma Sambuco: il suo vero nome è Ricordo.
L’ombra
Un filosofo che viveva nei paesi freddi del nord decise di andare nei paesi
caldi, là dove il sole maggiormente metteva in evidenza le ombre degli uomini.
La casa dirimpetto a quella in cui viveva il filosofo aveva sempre le finestre
socchiuse e da esse usciva una musica dolce. Incuriosito chiese chi vi abitasse,
ma nessuno sapeva nulla. Pensò allora di inviare in quella casa la sua ombra
perché si guardasse attorno e poi gli riferisse ciò che aveva visto. L’ombra
andò e non ritornò più. L’uomo ne rimase senza, ma a poco a poco si accorse che
un’altra cresceva attorno a lui. Quando ritornò nei paesi del nord aveva una
seconda ombra normale. Passarono li anni, Un giorno udì bussare alla porta.
Aprì e si trovò di fronte un tipo magro, distinto che gli confessò di essere la
sua vecchia ombra. Gli raccontò di essere penetrato in quella casa e di aver
scoperto che ad abitarla era la poesia. Così era rimasto. Da allora aveva
cominciato ad assumere un corpo, si essersi istruito e di aver iniziato a girare
mondo. Ora era ricco di denaro e di esperienza. Gli raccontò molte altre cose e
poi se ne andò. Passarono altri anni. Il filosofo cominciò a trovarsi in
ristrettezze quando l’ombra – ormai uomo – tornò e gli propose di viaggiare con
lui, purché gli facesse da ombra. Il filosofo non accettò. Nel frattempo si era
ammalato e era diventato così magro che la gente diceva “Si è ridotto ad un
ombra. Avrebbe bisogno di essere curato”. Fu così che il filosofo accettò la
proposta della sua ex ombra con la quale si recò in un luogo di cura. Lì
incontrarono una principessa che cercava uno sposo che fosse all’altezza di
reggere le sorti del suo regno. Conobbe l’ex ombra, se ne innamorò e accettò di
sposarlo quando seppe che era intelligente assai più dell’ombra che ora
l’accompagnava. Prima di sposarsi l’ombra disse al filosofo: “Da ora in poi
sarai la mia ombra, non dovrai mai dire di esser stato un uomo e quando starò al
sole tu dovrai sdraiarti per terra davanti a me”. Il filosofo non accettò, anzi
disse che avrebbe rivelato tutto alla principessa. Ma non fece in tempo perché
il giorno delle nozze non poté udire le urla di giubilo, gli spari dei cannoni
né vedere i fuochi d’artificio perché l’avevano ucciso.
Il paradiso terrestre
Il figlio di un re da piccolo aveva imparato a conoscere il mondo solo dai
libri: La nonna gli aveva raccontato che nel paradiso terrestre c’erano molti
fiori che contenevano la storia, la geografia, la matematica… Bastava mangiarli
per imparare tutto. Da grande non ci aveva più creduto e diceva: “Perché mai
Adamo ha ceduto ad Eva e ha mangiato il frutto del bene e del male? Io non
l’avrei mai fatto.” Un giorno mentre passeggiava in un bosco scoppiò un furioso
temporale e trovò rifugio in una caverna dove viveva la madre dei venti. Stava
cucinando in attesa del loro ritorno. Quando rientrarono ognuno narrò di aver
scatenato qui una tempesta, di aver sparso la neve, di aver soffiato tanto da
seppellire intere carovane nel deserto. Per ultimo rientrò il vento dell’Est il
quale aveva una foglia di palma sulla quale l’araba fenice aveva scritto tutta
la storia della sua vita degli ultimi cento anni trascorsi sulla terra. Doveva
consegnarla alla regina delle fate che abitava nel Paradiso terrestre e gliela
avrebbe portata l’indomani. Il principe gli chiese di accompagnarlo. Il giorno
dopo si ritrovarono nel paradiso terreste davanti alla regina delle fate.
Durante il soggiorno il principe poté vedere tutto quello che accadeva sulla
terra. Quando il vento ripartì, il principe disse: “Va pure: io rimango qui.
Ritorna fra cent’anni.” “Puoi rimanere” acconsentì la regina “ma ricordati: nei
cento anni che seguiranno, ogni sera io ti chiederò di seguirmi, ma tu non
dovrai farlo. E se lo farai, non tentare mai di baciarmi.” Il giovane promise.
Ma già la prima sera disubbidì e seguì l’invito della fata che lo condusse sotto
l’albero del bene e del male e lì si lasciò tentare e la baciò. Il paradiso
terrestre scomparve e il giovane si ritrovò nella caverna accanto alla madre dei
venti. “Se tu fossi mio figlio, ti chiuderei in un sacco per sempre!” disse
adirata. Ma la Morte che era presente disse: “No, lasciamolo errare sulla terra
affinché possa espiare ogni peccato e un giorno tornerò. Lo metterò in una bara
e lo porterò nel paradiso terrestre dove, se sarà stato buono e pio, potrà
entrare.
La pastorella e lo spazzacamino.
Un fauno intagliato in una credenza chiese in moglie una pastorella di
porcellana, fidanzata con uno spazzacamino, di porcellana pure lui, che se ne
stava su un tavolino accanto ad un cinesino che diceva di essere suo nonno e
faceva sempre cenno di sì con la testa. Alla richiesta del fauno, che si
chiamava Zampa di Capra, fece cenno di sì e la pastorella si disperò e chiese
allo spazzacamino di fuggire. Si nascosero in un cassettone dove c’erano mazzi
di carte e un teatro di burattini in cui si rappresentava la storia di due
innamorati che non potevano sposarsi. Non contenta del nascondiglio, la
pastorella volle riprendere la fuga e i due fuggitivi, attraverso il camino,
salirono sul tetto Il cielo e il mondo che li circondavano impaurì la
pastorella che volle ritornare sul suo tavolinetto di cristallo. Lì giunti
seppero che il cinesino di porcellana, caduto a terra non faceva più cenno di sì
col capo. Per cui il fauno Zampa di Capra non ebbe il consenso di sposare la
pastorella che visse per sempre col suo spazzacamino.
La
piccola fiammiferaia. La notte di
Natale una bambina mendicante, intirizzita dal freddo, accende i suoi fiammiferi
uno dopo l’altro per scaldarsi e alla luce della fiammella ha delle visioni
confortevoli: una stufa, un’oca arrosto, un albero di Natale, la nonna morta,
che le aveva voluto bene. Per trattenere la visione della nonna la bimba accende
tutti i fiammiferi che possiede e la nonna la prenderà in braccio per portarla
là dove non esiste la fame, il freddo, l’angoscia.
Il piccolo Tuk
Piccolo Tuk era un bambino povero che viveva con la madre e una sorella ancora
piccola di cui doveva aver cura. Tuk, quando la madre era assente, la teneva
sulle ginocchia e canticchiava per tenerla tranquilla e non aveva così il
tempo di studiare. Un giorno dovette attendere il ritorno della madre prima di
poter prendere in mano il libro di geografia, ma la madre giunse tardi quando
le ombre della notte erano già scese per cui, non essendo la casa illuminata ed
essendo la madre tanto povera da non poter comprare delle candele, dovette
rinunciarvi. Vedendo dalla finestra una povera lavandaia tornare dal fiume
carica di cenci bagnati, il piccolo Tuk le andò incontro per aiutarla. Quella
sera andò a letto e si addormentò a stento pensando alla lezione di geografia
dell’indomani alla quale sarebbe andato impreparato. Qualcuno gli aveva però
detto di mettere sotto il guanciale il libro, forse durante il sonno…Durante la
notte sognò la vecchia lavandaia la quale gli disse di non disperare ed ecco che
dal libro cominciarono ad uscire le notizie che doveva imparare e Tuk se le vide
passare tutte davanti agli occhi come se fossero scene vere. Vide le città, gli
abitanti, le loro vicende storiche, i fiumi, i mari, le genti al lavoro. Tutto,
insomma. Quando al mattino si svegliò si accorse di sapere tutto. Andando a
scuola incontrò la vecchia lavandaia che gli disse “Ti ringrazio, piccino per
l’aiuto. Dio ti benedica e trasformi in realtà ogni tuo sogno”. E così avvenne,
Pollicina
Una donna senza figli riesce ad averne uno per
intervento di una strega. Solo che Pollicina, nata in un fiore, è così minuscola
da vivere in un guscio. Una
rospa la rapisce per darla in sposa a suo figlio. Pollicina riesce a fuggire e a
bordo di una foglia di ninfea scende lungo il fiume. Incontra varie avventure e
alla fine finisce nella tana di una topa alla quale fa da serva. Un vecchio
topone si innamora di Pollicina e la vuole sposare. Prima delle nozze la bimba
trova abbandonata per terra una rondine
che tutti credono morta. Pollicina riesce a donarle la vita e la libertà. Quando
arriva il giorno delle nozze, Pollicina esce dalla tana per salutare il sole che
forse non vedrà mai più. Ed ecco arrivare la rondine che la porta via con sé nei
paesi caldi. Là Pollicina vivrà nelle corolle dei fiori e in una di esse troverà
il suo principe col quale vivere per sempre.
La principessa sul pisello.
Un principe voleva sposare una vera principessa ma per quanto cercasse non ne
trovò una vera. Una sera di pioggia si presentò al castello una fanciulla che,
dicendo di essere di stirpe reale, chiedeva ospitalità. La regina madre le fece
preparare un letto con sette materassi e sotto quello più basso mise n pisello.
Al risveglio la principessa disse di avere tutto il corpo illividito perché
qualcosa l’aveva disturbata durante il sonno. Questo bastò a conferirle la
patente di vera principessa.
Quello
che fa il babbo è ben fatto Due
vecchi vivono miseramente e per far fronte al bisogno decidono di vendere il
cavallo. Il marito (che la moglie chiama affettuosamente babbo), ottenuta
l’approvazione e il consenso della donna, si avvia verso il mercato. Strada
facendo incontra un amico con una mucca il quale gli dice di aver sempre sperato
di avere un cavallo. Il vecchio di buon cuore fa il cambio. Proseguendo nel
cammino incontra altri amici con i quali continua a cambiare la sua merce,
ottenendo così prima una pecora e poi un’oca, una gallina e alla fine un sacco
di mele marce. Due inglesi, udendo nell’osteria il vecchio raccontare la sua
storia, gli dissero
che al ritorno a casa la moglie lo avrebbe bastonato ben bene. Il vecchio
rispose di no, anzi , gli darà un bacio e dirà “Quel che fa il babbo è ben
fatto”. I due inglesi scommisero uno staio pieno di monete d’oro contro uno
staio di mele marce. Quando il vecchio raccontò alla moglie i vari passaggi
della merce la donna trovò che ognuno poteva essere vantaggioso e non ebbe nulla
da ridire così il marito ricevette baci invece di busse. I due inglesi pagarono
la scommessa.
La regina delle nevi
Kay e Gerda abitano in due soffitte adiacenti. Un giorno nel cuore di Kay entra
una scheggia del diavolo.
Da quel, momento il ragazzo diserta i giochi con
l’amica. Scende in piazza e attacca il suo slittino alla slitta della Regina
delle Nevi che se lo porta via. Gerda parte alla sua ricerca. Viene catturata da
una maga che tenta di farle dimenticare lo scopo della sua ricerca. Durante le
sue peripezie capita nella casa di un brigante e si salva solo perché la figlia
del brigante la vuole per amica. Poi una renna la porta in Finlandia dove una
donna le predice che solo lei ha la forza di liberare Kay e sarà proprio in
Finlandia, dove la Regina delle Nevi ha il suo palazzo, che Gerda riuscirà a
liberare Kay dall’incantesimo.
Scarpette rosse Una bimba molto graziosa ma anche molto ambiziosa ambiva ad avere un paio di
scarpette rosse. Le ebbe da una vecchia e le indossò il giorno in cui morì sua
madre. Una signora anziana e ricca si prese cura di lei, la rivestì con abiti
sontuosi e bruciò le scarpette perché le ritenne orribili. Il giorno della
confermazione la bimba, che si chiamava Karen, riuscì a farsi comprare un paio
di scarpette rosse. L’anziana signora, ormai mezza cieca, non badò al colore
perché non avrebbe mai permesso che Karen di entrare in chiesa con quelle
scarpette. Quando Karen si avvicinò all’altare tutti la guardavano e scuotevano
il capo. Quando la vecchia signora seppe dell’accaduto ordinò alla figlioccia
di non usare più le scarpette rosse per andare in chiesa. Karen non ubbidì.
Uscendo di chiesa un vecchio soldato disse: “Che belle scarpette da ballo.
Aderite ai piedi quando ballate”. Da quel momento la bimba non poté più
togliersi le scarpette e cominciò a ballare. Le era impossibile fermarsi e
continuò a ballare notte e giorno finché non chiese al boia di tagliarle i
piedi. Costui eseguì la triste richiesta e costruì per la bimba un paio di
grucce. Da quel momento Karen cominciò a pentirsi. Entrò al servizio della
moglie del pastore, eseguì i lavori più umili. Un giorno entrò in chiesa dove
non era più stata dal giorno in cui aveva calzato le scarpette rosse. Il pastore
l’accolse e il cuore della bimba si colmò di una tale gioia che si spezzò. La
sua anima volò sino a Dio e lassù nessuno le ricordò mai le scarpette rosse.
La
sirenetta Una sirena, la più piccola
figlia del re del mare, nel suo quindicesimo anno d’età, quando è permesso alle
sirene di affacciarsi alla superficie, vede e si innamora di un principe che
festeggia i suoi sedici anni su una nave in transito. Scoppia una tempesta e la
nave cola a picco, ma la sirenetta salva il principe e lo depone sulla spiaggia
dove viene trovato da una fanciulla di cui il principe si innamora. La
sirenetta, ignara, vorrebbe diventare come gli umani e chiede alla Strega del
Mare di mutare la coda in due gambe, rinunciando alla voce. Il principe però
sposerà un’altra. Per liberarsi dall’incantesimo, la sirenetta dovrà uccidere il
principe con un coltello fornito dalla sue sorelle le quali per ottenerlo dalla
Strega del Mare hanno sacrificato le chiome. Ma la sirenetta non lo farà e si
dissolverà nella schiuma del mare. Potrà, comunque avere un’anima immortale dopo
trecento anni, e ogni buona azione compiuta da un bambino accorcerà questo
tempo.
La Sirenetta fu trasferita sullo schermo nel
1989 dal regista J. Musker e nel 2000 da J.Kammerud e Brian Smith,
Il
soldatino di piombo (o di stagno).
Un bimbo riceve in regalo una scatola di soldatini di piombo tutti uguali,
tranne uno cui manca una gamba. Sistemato sul davanzale della finestra il
soldatino vede una fanciulla di carta ritagliata che danza su una gamba sola
e se ne innamora. Un colpo di vento apre la finestra e il soldatino cade nel
prato sottostante dove due ragazzini lo raccolgono e lo fanno navigare su
una barchetta di carta che finisce nelle fogne. Un topo non riesce a
prenderlo ma un grosso pesce lo ingoia. Il pesce pescato finisce nella casa da dove il soldatino era
partito. Tutto come prima. Un bimbo, però, non contento del soldatino con una
gamba sola, lo getta tra le fiamme. Una folata di vento, afferrata la ballerina
di carta, la porta pure essa nel fuoco accanto al soldatino. Entrambi moriranno
abbracciati. Il mattino dopo, nella cenere ancora calda, verrà trovato un
cuore di piombo e un nastrino della ballerina.
L’uomo di neve.
L’uomo di neve era stato costruito e modellato da un gruppo di bambini dopo una
abbondante nevicata. L’omino era stupito di fronte al sole che correva veloce
nel cielo, ma dopo essere sparito ritornava subito con un altro colore.
“Tu non sai niente” gli disse un cane legato alla catena. “Il primo è il sole e
l’altra è la luna”. Il colloquio tra l’omino e il cane durò a lungo e il
cane ebbe modo di raccontare la sua storia, inizialmente bella, perché viveva in
una casa dove poteva godere del tepore di una grossa stufa, e poi sempre più
triste finché non era finito legato alla catena. La stufa di cui il cane aveva
parlato l’omino la vedeva attraverso i vetri della finestra, lo affascinava e lo
attirava. “Brutta cosa per un uomo di neve essere attratti dal fuoco di
una stufa” gli diceva il cane. Poi, un giorno il tempo cambio, arrivò
prima un tepore e poi il caldo. L’omino si sciolse e si squagliò e di lui non
rimase nulla. Rimasero i bimbi lieti dell’arrivo della nuova stagione e il cane
che legato alla catena continuava ad abbaiare. E dell’uomo di neve non si
ricordò più nessuno.
L’usignolo
dell’imperatore. Un imperatore
cinese viveva in un castello di porcellana. Un giorno venne a conoscenza che nei
suoi giardini c’era un usignolo che cantava divinamente. Lo invitò a corte dove
l’uccello cantò per l’imperatore e per i suoi ospiti, ma non volle ricompense.
Si accontentò di aver veduto lacrime di gioia negli occhi dell’imperatore. Un
giorno l’imperatore del Giappone mandò all’imperatore cinese un usignolo
meccanico e i dignitari di corte lo preferirono all’usignolo vero perché cantava
a comando, mentre quello vero era imprevedibile. Ma l’usignolo meccanico si
ruppe e l’imperatore per il dispiacere si ammalò. Era in punto di morte quando
l’usignolo vero ritornò e prese a cantare così melodiosamente che la Morte
stessa si fermò ad ascoltarlo e se ne andò, dimenticandosi dell’imperatore che
guarì. L’usignolo non volle nulla tranne la sua libertà. Sarebbe tornato
dall’amico imperatore a cantargli quanto vedeva nel suo regno.
I
vestiti nuovi dell’imperatore
Un sovrano molto attento all’eleganza ricevette un giorno la visita di due
impostori che si
vantarono di saper tessere una tela invisibile agli occhi degli sciocchi.
Il sovrano si lasciò convincere, ma non svelò a nessuno il segreto della tela
invisibile. I suoi dignitari non osarono dirgli che una tale stoffa non esisteva
e, quando l’abito fu confezionato, lo lasciarono uscire… completamente nudo.
L’inganno non durò a lungo perché venne svelato da un bambino che, vedendo
l’imperatore, esclamò: “Ma l’imperatore è nudo!”. L’imperatore non si scompose e
dignitosamente continuò a camminare, mentre i dignitari di corte fingevano
di reggere uno strascico che non esisteva.
FILATELIA
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l'album
ALDERNEY 2005 , ANTIGUA 2005
(3665/67+BF 610), -2006 ,
ASCENSION 2005 , BAHAMAS 2005 (1224/7), BELGIO 2005 (3434/8),
BRASILE 2005 (2937), BIELORUSSIA 2005, BOSNIA ERZEGOVINA 2005,
BULGARIA 1955 (841), 1968 (1591), 2000
(3869), 2005 (BF), BURUNDI 1977 (741/4),
CECOSLOVACCHIA 1955 (831), CENTROAFRICA REPUBBLICA
1979
(395/9), CINA 2005 (4267/71), COREA DEL NORD 1987
(1924), CUBA 2000 (3879), DANIMARCA
1935
(229/34), 1974 (576), 1975 (601/3),
1975 (Aerogramma), 1989 (947),
1996 (1122), 1997 (1165/6), 2005 (1399/1402),
DDR 1972 , 1975 (1776), DOMINICA 1991 (1279/82;
1337/40+BF196), FALKLAND 2005 (922/5), GAMBIA 2005,
GERMANIA 2005 (2277), GRENADA 1987 (1521/32+BF 187 e 189),
2005 (4723/5+BF 690), GRECIA
2008 (2459), GRENADINES 1987 (801/12+BF139 e
141), 1997 (2154), GRENADINES DI SAINT VINCENT 1992
(794/802+BF 91/92), GUYANA 1999 (4764/69), 2005
(5830/32+BF489), HONGKONG 2005, ISRAELE 2000 (1483/5),
JERSEY 2005 (1206), KAZAKISTAN 2005 (448),
2006
(1v), LESOTHO 2005 (1850/2+BF 198),
LIBERIA 1998
(1764), 2006, MACEDONIA 2005 (355), 2006
, MALDIVE 2005 (3700/2), MALTA 2005 (1342/5), MANAMA
1972 (893/899), MARSHALL ISOLE 2005, MICRONESIA 2005
(1435/37), MONACO 1980 (1235/40), MONTSERRAT 2005
(1184/6), NEVIS 2005 (1846/49+BF 258), NORVEGIA 1981
(792), PALAU 2005 (2114/6+BF 183), POLONIA 1987
(2931/6), 2005 (3923/4), REDONDA 1986, ROMANIA 1955
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(1226/8+BF 79), SAINT VINCENT 2005 (4879/81+BF 604),
SALOMONE 2005
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(3100/1), SIERRA LEONE 1977 (BF), 2005,
SINGAPORE 2005 (1024A/30A) (1288/91), TUVALU 2005
(1078/89), UNGHERIA 1976 (2508), 1979 (2697),
1987 (3144/5).
ANDERSON
LENA
(Svezia)
Nata nel 1939.
Lena Anderson è
autrice e illustratrice di libri per bambini e adolescenti. Tra i suoi lavori
sono da ricordare: Hedgehog, Pig e la dolce piccola amica, Il segregto di
Hedgehog, Linnea nel Giardino di Monet, ed Eugenia a Venezia.
FILATELIA
SVEZIA, Anno 2010
ANDERSON POUL
(USA)
Nato nel 1926 a Bristol, Pennsylvania . Morto il 31 luglio del 2001 a Orinda,
California.
Scrittore americano di origine scandinava.
Poiché il lavoro del padre, ingegnere, lo portava in diverse parti dell’America,
il giovane Poul viaggiò moltissimo. Si laureò in Fisica nel 1948 e in seguito
studiò anche Matematica e Filosofia, ma non si occupò mai di tali settori
preferendo dedicarsi all'attività di scrittore.
Esordì sulla rivista “Astouding” nel 1947 con un racconto dal titolo
Tomorrow’s Children, senza attirare grande attenzione. La ottenne, invece,
con il romanzo La città perduta e altri tre romanzi Quoziente mille
(1953), Tre cuori e tre leoni (1953), I proteiformi (1953).
Si affidò più alla letteratura fantastica che non a quella fantascientifica. Nel
1954 pubblicò il suo miglior romanzo La spada spezzata spesso accostato
al Signore degli anelli di Tolkien.
Nella trama della Spada spezzata ritroviamo infatti molti degli stessi
elementi fantastici quali troll, gnomi, elfi, draghi
e la stessa Spada Spezzata. Entrambi gli autori, esperti in lingue
antiche e saghe islandesi, attinsero alle medesime fonti. Vi è però una
profonda differenza tra i due capolavori: Tolkien presenta gli Elfi
come esseri belli, saggi, colti, rispettabili e gentili; Anderson li descrive,
invece, come esseri amorali, spietati, crudeli, feroci ed avidi, molto più
avanzati tecnologicamente dei loro contemporanei umani e in grado di vivere
all'infinito e di mutare forma.
Scrisse anche romanzi storici: The Golden Slave
(1960), War of the Gods (1998), libri per ragazzi; gialli Murder in Black Letter (1960), Murder
Bound (1962) e Perish by the Sword (1959), volumi di saggistica,
articoli critici e poesie.
Tra le altre opere da lui scritte occorre ricordare ancora: War of Two Worlds
(1953), After Doomsday (1962), il ciclo Time Patrol (1950-1991),
Tau Zero (1970), The Boat of a Million Years (1989), il ciclo
Polesothecnic League (1958-1978) e quello di Dominic. Pur non
presentando la sua fantascienza elementi di particolare interesse, bisogna
comunque riconoscere che la narrativa di Anderson è sempre dotata di trame
intelligenti ed impeccabili, perfette da qualunque angolo di visuale le si
analizzi.
Oggi Poul Anderson è certamente considerato un "mostro sacro" della narrativa
fantastica: idolatrato da milioni di fans in tutto il mondo, ha collezionato
tutti i massimi premi di genere: dall'Hugo al Nebula, dal World
Fantasy al Locus, dal Mythopoeic al Gandalf Grand Master
alla carriera.
FILATELIA
guarda
l'album
SIERRA LEONE
Anno 1996 (Mic. 2712, fogl.321)
(Macedonia)
Nato
nel 1934 a v.Sloestilca, Demir Hisar. Morto nel 2007.
Poeta, romanziere, narratore, commediografo, fu per più di quattro decenni tra
le figure di punta della letteratura moderna macedone. Ha scritto poesie,
racconti, romanzi, opere teatrali, sceneggiature di film e altri tipi di opere.
Si laureò presso la Facoltà di Filosofia di Skopje. Per un breve periodo fu
docente a Demir Hisar e poi si trasferì a Skopje, dove si dedicò al giornalismo.
Per molti anni fu il direttore della direzione editoriale di musica popolare del
programma RTV Drama a Skopje. Divenne membro del DP.Min. nel 1964 e un membro
della MANU nel 2000 di cui fu nominato segretario nel 2006.
E 'stato
anche membro del Centro PEN macedone e di altre associazioni letterarie.
Nella
letteratura debuttò nel 1960 con la sua raccolta di poesie Knots, cui
seguirono racconti, romanzi e commedie.
Opere:
Nodi (poesia 1960), Né in cielo né in terra (poesia 1962), Denicia
(poesia 1968), Incudini lontane (poesia 1971), Premi e reclami
(poesia 1975), Casa eterna (poesia 1987), Lakrimarij (poesia
1999), Il settimo giorno (racconti, 1964), Anni infidi (racconti,
1974), Tutte le facce della morte (racconti, 1994), Erba di grano
(romanzo 1980), Cavallette (romanzo 1983), Tijanovna (1988),
L’ultimo contadino (1987) e Tunnel (romanzo 2003).
Ha pure
pubblicato due raccolte di poesie per bambini intitolate Roll e guardarsi
intorno e Mangia e cresci.
Diverse
opere, selezionate da tutta la sua produzione letteraria, nel 1984 sono state
stampate in 5 volumi.
Ad
Andreevski sono stati assegnati diversi premi tra cui il premio "Fratelli
Miladinovci" (due volte), il premio "Racin", lo “Stale Popov" e il premio
dell’Associazione degli scrittori della Macedonia.
(da Internet)
FILATELIA
MACEDONIA
Anno 2009 (Mic. 525)
ARNIM LUDWIG ACHIM von
(Germania)
Discendente
da una nobile famiglia prussiana, nacque il 26 gennaio 1781 a Berlino. Passò
parte della sua gioventù a studiare scienze naturali, ma finì per dedicarsi alla
letteratura. Di indole girovaga e vagabonda, per
ampliare le sue esperienze, percorse a piedi la Germania, la Svizzera, l’Italia
settentrionale, la Francia, l’Olanda, l’Inghilterra. Durante le sue
peregrinazioni conobbe e divenne amico di un altro
scrittore di tendenze a lui affini, Clemens
Brentano, col quale percorse la
Renania alla ricerca di antichi canti popolari. I due scrissero in
seguito la raccolta Il corno meraviglioso del fanciullo
(1806-1808)
A
Heidelberg incontrarono i fratelli Grimm e Görres,
formando una specie di cenacolo che diede il via al romanticismo tedesco.
Arnim
pubblicò ad Heidelberg il
“Giornale per gli eremiti”.
L’attività politico-letteraria berlinese
di quegli anni, che si preparava alla riscossa antinapoleonica, attirò i suoi
interessi e gli ispirò le novelle Giardino d’inverno.
Di interesse notevole sono i racconti La contessa
Dolores (1810) e Isabella d’Egitto (1812), che è una sorta di
anticipazione del surrealismo.
Nel 1811 sposò Bettina
Brentano, sorella minore di
Clemens, e con lei tornò nelle sue terre della Marca, dove si dedicò
all’agricoltura e alla poesia.
Il suo spirito prussiano lo
spinse a sostenere attivamente la sua patria, come quando, nel 1813, devolse
tutti i proventi di una sua opera drammatica a favore dell’armamento delle
truppe che combatterono nella battaglia di Lipsia. Tornò anche al giornalismo,
ma rimase deluso dal fallimento del suo sogno nella grandezza prussiana. Il suo
ideale è espresso nell’ultima opera rimasta
incompiuta I custodi della corona (1817-56). Si avverte in lui il
raffreddamento giovanile verso il romanticismo.
I rapporti con la moglie
Bettina non furono sempre idilliaci. Ciò non toglie che ebbe su di lei
una influenza letteraria tanto da condurla a seguire
la sua via.
Morì a
Wiepersdorf il 21 gennaio 1831.
FILATELIA
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GERMANIA-BERLINO Anno 1981 (598)
AROSENIUS IVAR
(Svezia)
Nato nel 1878. Morto nel 1909.
Pittore, disegnatore, scrittore. Le sue opere riflettono il drammatico rapporto
tra il piacere di vivere e la consapevolezza della sua malattia (emofilia) che
avrebbe potuto colpirlo in ogni momento.
I suoi soggetti attinsero alla fantasia orientale, alle favole, alle immagini
domestiche della moglie e della figlia.
Eseguì splendide illustrazioni per libri per ragazzi.
FILATELIA
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SVEZIA Anno 1969, (640)
Arráiz Antonio
(Venezuela)
Nato a Barquisimeto (Edo, Lara) il 27 marzo 1903. Morto a Westport (USA) il 16
settembre 1962.
Scrittore, poeta, giornalista, iniziò gli studi nel suo paese natale e li
continuò a Caracas nel Collegio Cattolico Tedesco e nel Liceo Andrei Bello sino
al 1914.
Nel 1919 viaggiò negli Stati Uniti dove prestò servizio militare. Rientrato in
patria, partecipò ai movimenti antigovernativi, fu incarcerato e poi confinato a
Barquisimeto, dove fondò il giornale “El Heraldo”.
Esercitò il giornalismo in maniera attiva. Fu direttore dei giornali “Ahora” e
“El Nacional” dal 1943 al 1948.
Nel gennaio del 1949 andò in volontario esilio negli USA dove lavorò nel
Dipartimento Stampa delle Nazioni Unite.
Nel 1924 pubblicò i poemi Aspero, nei quali ruppe con la tradizione
venezuelana troppo impregnata di puritanesimo.
Alla caduta della dittatura di Gomez fu segretario del Governo dello Stato
Carabobo, prima dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Altre sue opere: Historia de Venezuela, Geografía de Venezuela, Lecturas,
Vida ejemplar del Gran Mariscal de Ayacucho, Puros Hombres, Dámaso Velázquez.
Per i giovani scrisse Tío Tigre y Tío Conejo e Il gallo Martinez .
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VENEZUELA
Anno 1997, 1998
ASIMOV ISAAC
(U.S.A)
Isaac Iudich Asimov nasce nel 1920
a Petrovich, Russia. Muore a New York nel 1992.
Nel 1923 la sua famiglia - ebrea - emigra negli USA dove il
padre Judah acquista a New York, nel quartiere di Brooklyn, un negozio di
dolciumi con annessa una rivendita di giornali e riviste. A cinque anni il
piccolo Isaak sa già leggere da solo e inizia a frequentare le biblioteche
pubbliche.
Nel 1928 ottiene la
cittadinanza americana e ‘americanizza’ il suo nome in Isaac Asimov.
La sua passione per la lettura lo porta presto a contatto con le riviste di
fantascienza che in quel periodo proliferavano e che acuiscono la passione per
visioni fantastiche di mondi nuovi e lo predispongono ad accostarsi alla
scienza, condizionando il suo futuro di scrittore.
Inizialmente comincia a scrivere racconti e nel 1938 pubblica la sua prima
novella che gli permette di entrare a far parte del Club ‘Futurians’ che
già contava tra i suoi membri validi scrittori di fantascienza come Pohl,
Kornbluth, Wollheim. In quel periodo conosce John W. Campbell jr., geniale
direttore della prestigiosa rivista “Astouding Science Fiction”, il quale
gli fu amico e mentore, seguendolo passo passo il suo lavoro. Contemporaneamente
studia alla Columbia University dove si laurea in chimica e biologia.
Nel 1942, il giorno di San Valentino, incontra Gertrude Blugerman che sposerà.
Pochi mesi dopo, però, i due divorzieranno e nel 1970 Asimov passerà a
nuove nozze, sposando la psichiatra e scrittrice Janet Opal Jeppson.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, lavora come chimico presso la U.S. Naval
Air Experimental Station a Philadelphia, e nel 1945 viene inviato ad
Honolulu, dove partecipa al primo esperimento atomico del dopoguerra.
Al termine del conflitto, nel 1948, riprende i suoi studi in
biochimica e consegue la laurea; dal 1949 al 1958 insegna tale materia
alla Boston University School of Medicine. L’insegnamento si
interrompe quando le sue opere cominciano ad aver successo e lo spingono a
scegliere la carriera di scrittore a tempo pieno.
Il debutto come scrittore avviene nel 1939 col racconto Marooned Off Vesta,
pubblicato su “Amazing Stories”, ma l'opera che lo pone tra i grandi
della fantascienza è Cade la notte, pubblicato nel 1941 e giudicato come
il migliore racconto di fantascienza.
Le sue opere più interessanti risalgono proprio a quel periodo in cui nascono i
racconti più noti: quelli dedicati ai Robot Positronici, che saranno
successivamente raccolti nei libri e quelli dedicati al ciclo Foundation
(1942-1993) - ispirato ad Asimov dalla lettura di The Decline and Fall of
Roman Empire di Edward Gibbon e di A Study of History di
Arnold Toynbee . Il ciclo di Fondazione verrà premiato nel 1956 con l'Hugo
Award quale «miglior ciclo fantastico di tutti i tempi».
L’anno prima aveva scritto The End of Eternity, ritenuto il suo miglior
romanzo.
A partire dal 1958 smette di scrivere romanzi di fantascienza per
dedicarsi alla divulgazione scientifica, allora più remunerativa.
L’interesse per la letteratura fantastica riprende quando fonda la
rivista “Isaac Asimov's Science-Fiction Magazine”.
Asimov è pure scrittore di racconti polizieschi, raccolti nelle 4
collezioni dedicate ai Black Widowers e nel volume Union Club
Mysteries.
Il cinema lo affascina e nel 1966 partecipa alla sceneggiatura del film Un
viaggio allucinante, da cui poi trarrà l'omonimo romanzo.
Al 1976 risale la pubblicazione del racconto The Bicentennial Man,
sorta di moderna favola di Pinocchio dalla quale, negli anni Novanta,
verrà ricavato un film con Robin Williams.
Purtroppo un attacco cardiaco lo costringe ad una degenza in ospedale e
costituirà un ridimensionamento nella sua attività di scrittore. Nel suo ultimo
decennio di vita l'autore s'impegna a fondere tra loro le sue opere più
importanti: scrive così I Robot e l’impero, quale collegamento del ciclo
dei Robot (1940-1992) con quello del Trantorian Empire (1950-1952)
e Forward the Foundation.
Sebbene i ragazzi siano soliti impadronirsi anche di opere scritte e pensate per
adulti, Asimov, assieme alla moglie Janet, scrive una serie di libri per
ragazzi, incentrata sulle avventure del robot Norby, che va ad
aggiungersi agli altri juveniles che hanno come protagonista la figura
del "vagabondo degli Spazi", Lucky Starr, originariamente scritti quali
sceneggiature di una serie di telefilm che non venne mai girata.
Nel 1989 contrae l'AIDS a causa di una trasfusione di sangue infetto. La notizia
viene tenuta nascosta agli occhi del pubblico, tanto che la sua scomparsa
verrà attribuita ad una semplice crisi cardiaca. La vera ragione
verrà diffusa dalla moglie solo nel 2002.
Asimov muore a New York nel 1992. In suo onore il
Mensa ha dato il suo nome all'asteroide “5020 Asimov”.
Autore di oltre quattrocento opere, vincitore di sei Hugo Award,,
insignito di 14 dottorati ad honorem, rimane nella leggenda della
fantascienza come uno degli autori più prolifici.
Sebbene il suo stile non sia entusiasmante, Asimov è universalmente apprezzato
per essere riuscito ad abbinare la fantasia fantascientifica alle Scienze umane
quali la Psicologia, la Storia, la Politologia. La sua opera incentrata
sui
Robots ha influito sullo studio della robotica e ha mutato l’impostazione
narrativa che vedeva , fino a quel momento, prevalere la tesi della Shilley e il
“complesso di Frankenstein” che aveva continuato a dominare dalla fine
dell’Ottocento.
Notevoli e importanti sono, infatti, le sue famose leggi che stanno alla base
dei suoi racconti:
Legge Zero - un robot non può danneggiare l'Umanità, né può permettere
che, a causa del suo mancato intervento, l'Umanità riceva danno;
Prima Legge - un robot non può recare danno agli esseri Umani, né può
permettere che, a causa del suo mancato intervento, gli esseri Umani ricevano
danno;
Seconda Legge - un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri
Umani, a meno che ciò non contrasti con la Prima Legge;
Terza Legge - un robot deve salvaguardare la propria esistenza, a meno
che ciò non contrasti con la Prima e la Seconda Legge;
Le leggi sono ormai diventate una sorta di postulato
scientifico fondamentale.
Tra le sue migliori opere sia di fantasia che di
divulgazione vanno ricordati:
I
paria del cielo (1950), Stelle come polvere (1951), Le
correnti dello spazio (1952), Abissi d’acciaio (1953), La
fine dell’eternità (1955), Il corpo umano (1963), Il cervello
umano (1964), La porta sul futuro (1969)., I mattoni dell’universo
(1971), L’orologio su cui viviamo (1973), Uomini (1978),
Astronavi (1978), I perché della scienza (1978), Opus 200
(1979), Autobiografia (1979), L’orlo della Fondazione (1982),
Preludio alla fondazione (1988), Azalal e
Nemesi (1989),
Norby, il robot stravagante (1985), Norby e la principessa
perduta
(1987), Norby e gli invasori (1988), Storie di giovani
mostri
(1989), Storie di giovani alieni (1989), Storie da un altro mondo (1990),
Storie di giovani fantasmi (1990), Storie di giovani maghi (1991)
L’ascesa dei mercanti (1992), La conquista dei quattro regni
(1992), Il leone della XX flotta (1992), La repubblica di Korell
(1992), I segreti di Norby (1992), La seconda fondazione
(1992), Sogni di robot (1993)
.
OPERE
Cronache
della Galassia Il titolo
originale è Foundation (1951-53) L’opera è composta da tre volumi
ed è un grandioso affresco cosmico dove la forza negativa del Mutante cerca di
distruggere un sogno di perfezione socio-politica e la sua sconfitta significa
il trionfo della razionalità. Difficile riassumere la vicenda. L’immenso impero
galattico creato dall’uomo è scosso da sussulti di agonia e da sanguinose lotte
intestine. Le autorità centrali non sono più in grado di tenere a freno le
rivolte che scoppiano ovunque. E dal caos che ne deriva nasce una sorta di una
milizia privata che, guidata da un avventuriero misterioso, dotato di poteri
sovrumani, il Mutante, si impadronisce a poco a poco dell’impero.
Io
robot racconti
pubblicati separatamente e poi raccolti in due volumi. In essi lo scrittore
rivoluzionò le precedenti teorie sui robot, stabilendo definitivamente che
il robot è solo una macchina programmata. Ma intuendo che l’uomo cominciava a
temere la macchina da lui programmata e ne avrebbe in futuro rifiutato l’uso
come elettrodomestico, applicò al personaggio un cervello positronico in cui
erano inserite tre ferree leggi, tutte a difesa dell’uomo, e creò il personaggio
della dottoressa Susan Calvin, la psicologa dei robot. Tutti i racconti
sono studiati e condotti applicando la ferra legge sui robot, dando vita a
sottili intuizioni e a casi particolari. Dal primo racconto Robbie in cui
una bambinaia viene sostituita con un robot, ai successivi in cui ai robot viene
impedita la libera circolazione sulla Terra, si giunge all’ultimo agghiacciante
racconto scritto nel 1974 Che tu debba preoccuparti di lui in
cui i robot decidono che per il bene dell’umanità si rende necessaria la
sua estinzione e la successiva sostituzione dell’uomo con i robot.
FILATELIA
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ISRAELE 2000
(1510),
SAN MARINO 1998 (1583)
.
Aškenazy Ludvík
(Cecoslovacchia)
Nato
nel 1921. Morto nel 1986.
Giornalista e scrittore,
di famiglia ebrea, nacque nel Sachsenberg. Studiò filologia slava a Lwòw.
Nella seconda guerra
mondiale militò nella Repubblica ceca, in una unità dell’esercito sovietico. Fu
membro del Partito Comunista in Cecoslovacchia e tra il 1945 e il 1950 lavorò
nella Repubblica Ceca nella radio di stato.
Dopo l’invasione
sovietica della Cecoslovacchia nel 1968, partì in volontario esilio e trovò
rifugio a Monaco di Baviera.
Tra il 1976 e il 1986
visse a Bolzano con la moglie Leonia Mann, figlia dello scrittoretedesco
Heinrich Mann.
Scrisse anche per bambini
tra cui la commedia Problemi con la Luna .
FILATELIA
CECOSLOVACCHIA 1961
(1159)
(Norvegia)
Nato
ad Alvdal il 19 marzo 1920 e ivi morto il 24 dicembre 2002.
Poeta e scrittore, nipote del poeta
romantico Olav Aukrust, è conosciuto per aver raccontato nei libri Simen,
Bonden e Bror Min la sua infanzia nella città natale e anche per
aver creato il villaggio immaginario di Flåklypa e dei suoi eccentrici
abitanti.
Questo villaggio diventò lo sfondo
del film animato realizzato con la tecnica dello stop motion, Flåklypa Grand
Prix, diretto da Ivo Caprino (1975). Il film fu un grande successo e venne
tradotto in più di settanta lingue. Il film ha quali personaggi delle
marionette tra le quali primeggiano il merlo Solan Gunderesen, il porcospino
nevrotico Ludvig, Gurin con la coda di volpe.
Aukrust
ha ricevuto un particolare riconoscimento dalla sua città natale di Alvdal e il
titolo di cavaliere - L'Ordine Reale Norvegese di St. Olav - a lui concesso da
re Harald nel 1998.
FILATELIA
NORVEGIA, Anno 1988
AULNOY MARIE CHATERINE LE JUMEL DE
BARNEVILLE contessa de
(Francia)
Nasce a Barneville presso
Honfleur il 14 gennaio del 1650 o 1651.. Muore a Parigi nel
1705..
Figlia di Claude Le Jumel e di Judith Angelique Le Coustelier, parente del
Marchese di Béringhem, la D’Aulnoy appartiene ad una delle più note famiglie
normanne.
Si sposa all’età di 15 anni con François de la Motte, barone d’Aulnoy, aiutante
di camera di Cesare di Borbone, duca di Vendôme (figlio naturale di Enrico IV),
di circa trent’anni più anziano di lei. Una unione che non poteva durare.
La d’Aulnoy, decisa a liberarsi del marito, che detestava, comincia a tessere
trame contro di lui e con la complicità della madre e di due gentiluomini
inventa una falsa accusa, denunciando alle autorità il marito, colpevole di aver
commesso un crimine.
Quando la falsa accusa viene scoperta, i due gentiluomini vengono processati e
giustiziati. Lei riesce a sfuggire alla giustizia rifugiandosi dapprima in
Inghilterra e successivamente in Spagna, dove, si dice, diventa una spia al
servizio della corte del Re Sole.
Sull’esperienza spagnola Mme d’Aulnoy scrive Memorie della corte di
Spagna (1690) in cui si riflette la visione che i francesi avevano della
Spagna e
Relazione di un viaggio in Spagna (1691), alla quale si ispirò Victor
Hugo prima di scrivere il Ruy Blas.
Ottenuto il perdono di Luigi XIV, rientra in Francia nel 1685 e si stabilisce a
Parigi dove apre un salotto letterario frequentato da tutta la società
mondana.
La scrittrice nella storia della letteratura francese si propone come un
singolare personaggio la cui vita è costellata di avventure in cui si è immersa
senza scrupoli. Una vita tumultuosa che si conclude in un convento dove
trascorre gli ultimi suoi anni di vita.
La d’Aulnoy inizia la carriera letteraria scrivendo il romanzo
Avventure di Ippolito, conte di Douglas (1690) che ottiene una vasta
eco; segue Jean de Bourbon, principe di Carency (1691).
Nella Relazione di un viaggio in Spagna è inserito il racconto La
storia di Mira legata al personaggio di Melusina e al genere
racconti di fate, allora di moda.
La sua notorietà è, comunque, legata alla sua produzione per i giovani. Nel
1696-99, pubblica in otto tomi I racconti di fate, I nuovo
racconti di fate, Le fate alla moda… che comprendono le note fiabe La
bella dai capelli d’oro, Graziosa e Percinet, Babiola, Il buon piccolo
topo, La principessa Rosetta, Il montone, Il principe Lutin, La rana
benefattrice, Il ramo d’oro, Il piccione e la colomba, Il principe Marcassin,
Il nano giallo, La gatta bianca, L’uccellino azzurro.
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JERSEY 2005
Avidar-Tchernovitz Yemima
(Lituania)
Nata a Vilnius nel 1909.
Morta nel 1998.
Nacque in una famiglia di
letterati in cui la lingua parlata era l’ebreo. Nel 1922 emigrò con la famiglia
a Eretz, Israele, e cominciò ad insegnare in una scuola di bambini, figli di
operai, di Tel Aviv e nel 1929 iniziò a pubblicare libri destinati all’infanzia.
Nel 1932 si recò in Germania dove studiò psicologia con Alfred Adler e Anna
Freud presso l’università di Berlino e inoltre si laureò nel seminario di
Jugendheim.
Ritornata in Israele lavorò per vent’anni negli asili come insegnante.
Pubblicò 43 libri per giovani lettori. Tradusse molti classici in ebraico e nel
1983 e 1984 ricevette premi e riconoscimenti per la sua opera e il suo lavoro
dedicati all’infanzia. I suoi diari furono pubblicati nel 2003.
FILATELIA
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ISRAELE
Anno 2004
AWDRY WILBER VERE
(Inghilterra)
Nato a
Romsey, 15
giugno 1911.
Morto il 21
marzo 1997.
Autore di romanzi per ragazzi. Figlio di un pastore, studiò alla Dauntseys
School, West Lavington, Wiltshire, alla San Pietro Hall, Oxford e alla Wycliffe
Hall, Oxford. Fu ordinato sacerdote anglicano nel 1936.
Nel
1938 sposò
Magraret Wale. Ebbe un figlio, Christopher Awdry
che, dopo la morte del padre, proseguì il lavoro di alcune creazioni artistiche.
Il primo libro fu pubblicato nel
1945, ed ebbe,
non immediatamente, un buon successo. Divenne Ufficiale dell'Impero Britannico
per i suoi meriti letterari nel
1996. Morì
l'anno dopo a 85 anni.
Sempre in merito alle sue opere, dopo la morte, venne dato il suo nome ad una
locomotiva. Ma Awdry non ottenne successo solo grazie alla sua famosa serie.
Durante la sua vita scrisse anche molti altri romanzi, come Belinda the
Beetle non pubblicato in Italia, la storia di una macchina rossa che divenne
una
Volkswagen Maggiolino
nelle illustrazioni dell'edizione tascabile.
FILATELIA
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ISOLA DI MAN
Anno 1995
AYMÈ MARCEL
(Francia)
Nato a Joigny,
Yonne, nel 1902. Morto a Parigi nel 1967.
Fece i suoi studi al Collège di Dole, poi fu giornalista a Parigi. Nei circoli
letterari si fece notare con il suo primo romanzo, Brûlebois (1927);
La Table aux crevés ottenne nel 1929 il Premio Renaudot.. Pubblicò racconti
per bambini, romanzi, raccolte di novelle. Pubblicò anche testi nell'organo
collaborazionista Je suis partout, cosa che gli fu in seguito
rimproverata.
La sua narrativa, che raggiunse la popolarità con La
cavalla verde, descrive soprattutto ambienti di provincia, alternando toni
cronachisti e toni fantastici, satira ed erotismo.
Nel dopoguerra furono rappresentate alcune sue commedie,
Luciana e il macellaio (1948), La testa degli altri (1952), La
mosca blu (1957), che ripropongono le cadenze realistico-grottesche dei
romanzi con spunti di critica sociale. (da Enc, Le Garzantine)
FILATELIA
FRANCIA
AZZOPARDI CLARE
(Malta)
Nata nel 1977.
Ha studiato presso la Facoltà di Scienze dell'Educazione dell’Università di
Malta ed a conseguito un Master in Letteratura presso l'Università di Sheffield.
In seguito si è occupata di laboratori di scrittura creativa per adulti e
bambini. Ha scritto sei libri di testo, Stilel (2003-2006) ed ha anche curato
una serie di libri per bambini, Senduq Kuluri / Senduq Buffuri (2005-2007).
Attualmente sta lavorando al suo primo romanzo per l’infanzia.
Le sue poesie e racconti sono stati raccolti in antologie come Illejla Ismagħni
Ftit (2001), Gżejjer (2000), F'Kull Belt Hemm Kantuniera (2003), Ktieb
għall-Ħruq (2004), e Storja Tinkiteb (2005). Traduzioni dei suoi racconti sono
state pubblicate in riviste letterarie, tra cui Focus ( 2005/2006).
Ha pubblicato Across (2005), che contiene due racconti tradotti in inglese, e
Il-Linja l-Hadra (La linea verde, 2006), la sua prima raccolta di racconti brevi
in lingua maltese, vincendo il Maltese National Book Award per la narrativa. La
storia La Linea Verde è stata definita una delle migliori storie on-line nel
2006.
Nel 2003 Chiara ha partecipato come membro del gruppo maltese alla Biennale dei
Giovani Artisti dell'Europa e del Mediterraneo, svoltasi ad Atene.
FILATELIA
MALTA Anno 2010.
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