(Romania)
Nato a Sliven nel 1794, morì a Bucarest il 2 novembre 1854. Autodidatta, cantore di chiesa, musicista, insegnò musica per un certo tempo in un convento di suore e fuggì con una di esse. Abbandonato dalla compagna, si dedicò alla letteratura, distinguendosi come primo autore del folklore rumeno e si accinse a fissare in forma scritta il patrimonio culturale rumeno sino allora affidato alla sola oralità. Nella raccolta intitolata Il racconto del parlare (1847) tentò di sistemare e codificare la lingua viva in lingua scritta. Sue opere: Favole e storielle (1838-41), Poesie popolari (1846), Proverbi o racconti della parola (1847). Scrisse pure una autobiografia dal titolo L’ospedale dell’amore (1850-52). Pann musicò la poesia di A. Muresanu La squilla, che divenne l’inno dei rivoluzionari romeni.
FILATELIA guarda l'album ROMANIA Anno 1955 (1409), 1996 (4039)
PATERSON ANDREW BARTON (BANJO) (Australia)
Nasce a Narramela il 17 febbraio 1864 da Andrew Bogle e Rosa Isabella Paterson. Iniziati gli studi primari nella scuola di Binalong, li prosegue poi a Sydney All’età di 16 anni lavora presso un procuratore legale e inizia a scrivere le sue prime opere firmandole con lo pseudonimo Banjo. Nel 1945 , a 31 anni, comincia la sua notorietà con la ballata Matilda waltzing e col suo primo libro L’uomo del fiume Snowy. Con le opere che seguono contribuisce a creare un’epoca nuova nella letteratura australiana con l’aiuto della casa editrice Angus e Robertson. Nel 1899 viaggia nel Sudafrica come corrispondente di guerra per un giornale di Sydney, seguendo le fasi della guerra boera e successivamente si reca in Cina per seguire da vicino la rivolta dei Boxer, ma vi giunge a conflitto concluso. Nel 1902 lascia la sua professione legale in quanto viene nominato redattore del giornale di Sydney, occupazione che tiene fino al1908. Convola a nozze nel 1903 e dall’unione nascono due figli. Durante la prima guerra mondiale si arruola volontario nell’esercito con la speranza di poter lavorare quale corrispondente di guerra per qualche testata giornalistica. Finisce per lavorare presso un ospedale militare. Per la sua attività viene promosso al grado di maggiore. Tornato in Australia continua ad occuparsi di giornalismo sino al 1930. Muore il 6 febbraio del 1941 Paterson scrisse sette volumi di poesie e prose, un libro per bambini e una antologia il cui contenuto è per lo più incentrato su racconti del bush australiano..
FILATELIA guarda l'album AUSTRALIA 1987 (1007/11), 1991 (1226).
PERGAUD LOUIS (Francia)
Nasce a Belmont, Doubs, il 22 gennaio del 1882. Muore a Vedrdun l’8 aprile del 1915. Dopo zaver compiuto i suoio studi alla Scuola Normale di Besançon. Maestro elementare a Landresse, comincia a scrivere poemi , Nel 1907 lascia l’insegnamento per trasferitrsi a Parigi dpove trova impiego presso la Compagnia delle Acque. L’incontro col letterato Francio Carco segna l’inizio della sua carriera letteraria.. Irrompe nel campo letterario con un gustoso libro sugli animali, Da Goupil a Margot (1910), per il quale gli viene assegnato il premio Goncourt. La terra, gli animali e le figure della vita contadina sono i protagonisti delle pagine di altri suoi romanzi: La rivincita del corvo (1911) e il Romanzo di Miraut, cane da caccia (1914). Ma l’opera per la quale è più noto in Francia e fuori rimane La guerra dei bottoni: romanzo dei miei dodici anni (1912), un’opera vivace, umoristica in cui ci s’imbatte nella comica vita di ragazzi della provincia francese, il villaggio di Landresse dove insegnò. Postume furono pubblicate le novelle Rustiche (1921). Louis Pergaud mori all’età di 33 anni, combattendo a Marcheville, presso Verdun nel 1915,. Il suo corpo non fu ritrovato..
LIBRI
La guerra dei bottoni Gli abitanti di due piccoli villaggi, Velran e Longeverne, l’uno rosso per tradizione e l’altro molto religioso, per ragioni di campanilismo sono in costante attrito, un attrito che coinvolge anche i ragazzi i quali saltuariamente si affrontano in epiche lotte a suon di pugni, sberle e botte in un terreno neutro; la foresta che divide i due villaggi. Come sia nato l’attrito fra i due villaggi è cosa ormai perduta nelle brume del passato: sembra a causa di una contesa generata per il seppellimento di una mucca durante la moria del bestiame; oppure per scontri avvenuti durante una processione per invocare la pioggia, Comunque i ragazzi han fatte loro le ragioni dei grandi e si sono dichiarati guerra perenne. Da una parte c’è il gruppo guidato dal grande Lebrac, il quale deve trovare una soluzione alla questione dei prigionieri. Quando, infatti, una delle due bande cattura qualche prigioniero, infierisce su di lui tagliandogli tutti i bottoni degli abiti e costringendolo a ritornare a casa reggendosi calzoni e camicia e con la sicurezza di buscar botte dalla madre, costretta a ricucire i bottoni e, quel che più conta, a ricomprarli. Lebrac trova la soluzione: duranti gli scontri lui e i suoi soldati combatteranno nudi. I ragazzi, abituati alla vita di campagna usano un linguaggio colorito e… pepato, ma, si scusa l’autore: “Io mi sono divertito a descrivere le vicende, ho divertito gli amici e l’editore e penso che gli uomini di buona volontà, per dirla col Vangelo, lo leggeranno con piacere. In quanto al resto, per dirla con le parole di Lebrac, uno dei miei eroi, me ne sbatto”. Dal libro nel 1961 è stato ricavato il film omonimo del regista Yves Robert e negli anni Novanta un remake dello stesso regista che però ha spostato la vicenda in Irlanda
FILATELIA FRANCIA 1982 (2228)
PERRAULT CHARLES (Francia)
Baldanzoso, sicuro di sé, con un cappello piumato alla moschettiera, portato spavaldamente alla d’Artagnan, un ampio mantello sulle spalle, un grosso cinturone con appeso un topolino e una borsa, le zampe posteriori ricoperte da due stupendi stivali di cuoio con fibbia, lo sguardo fiero rivolto verso l’alto, così Gustave Doré presenta Le maitre chat, meglio noto come Il gatto con gli stivali, il felino più celebre della sua razza, salito alla ribalta nel 1697. Da oltre duecento anni il gatto non solo è approdato in tutte le letterature mondiali ma, come Phileas Fogg, ha fatto il giro del mondo ed è entrato a far parte della filatelia di molti stati europei e d’oltremare che lo hanno gratificato ora con un valore, ora con tutta una serie, segno della sua vitalità nell’immaginario collettivo e in particolar modo nella fantasia dei bambini. Sebbene la tradizione attribuisca la paternità del personaggio a Charles Perrault, è inesatto considerarlo una invenzione dello scrittore francese. Perrault si è limitato a donargli una dignità artistica. Ma prima di lui Giovanni Francesco Straparola, scrittore nato nell’ultimo ventennio del 1400, nella sua raccolta di novelle Le piacevoli notti, pubblicata nel 1508, aveva inserito in una di esse un personaggio femminile, una gatta, che si comporta esattamente come il gatto con gli stivali; e cento anni dopo il napoletano Giovanbattista Basile (1575-1632) nella sua opera Il Pentamerone (ovvero Lo cunto de li cunti o Lo trattenemiento de peccerille), utilizzò pure lui una gatta con le stesse caratteristiche. Perrault scrive le sue fiabe nel 1695 e dunque è ipotizzabile che abbia avuto tra le mani i testi dei suoi due illustri predecessori. Comunque una accurata ricerca potrebbe svelare che prima di loro tre già esisteva un personaggio analogo, approdato in Europa dalle lontane terre d’Oriente, portato da marinai e viaggiatori. Perrault nella filatelia non è noto solo per il suo gatto ma anche per altri personaggi conosciuti da giovani e da adulti quali Cenerentola, Cappuccetto Rosso, Pollicino, Barbablu, La bella addormentata nel bosco. Oggi, se accantonassimo le sue fiabe, Perrault diventerebbe un perfetto sconosciuto, un ignoto Carneade. Charles Perrault nasce a Parigi nel 1628 in una famiglia agiata. Fa la sua prima prova di scrittore negli anni del collegio, frequentati assieme ai suoi due fratelli Nicolàs e Claude, di lui più anziani. Con essi compone una parodia del VI libro dell’Eneide. Più tardi, seguendo la moda del momento, si dedica alla composizione di operette galanti quali Ritratto di Iris, La camera di giustizia d’amore, di scarso valore letterario. Nel frattempo il ministro Colbert, amico di famiglia, ottiene per lui l’incarico di Funzionario della ricevitoria generale delle finanze e, in seguito, di controllore generale della Soprintendenza alle costruzioni. Amante della letteratura antica, ma ancor più di quella del suo tempo, nel 1687, in occasione della convalescenza di Luigi XIV, legge all’Accademia davanti al re un poema in versi dal titolo Il secolo di Luigi XIV in cui sosteneva la superiorità dei moderni sugli antichi. Il poema dà origine ad una lunga diatriba con Boileau che sosteneva, invece, il contrario. La Querelle des anciens et des modernes durò a lungo e infiammò gli animi dei letterati. Per sostenere la sua tesi Perrault scrive I confronti degli antichi e dei moderni (1688-1698) e Gli uomini illustri comparsi in Francia nel XVII secolo (1697-1701). Nel 1700 tuttavia si riconcilia col suo avversario Boileau. Oggi la questione è dimenticata e si trova solo nelle storie della letteratura. Con tali illustri precedenti stupisce constatare che Perrault si sia dedicato ad una cosa frivola e fantasiosa come la fiaba e anche lui, rendendosene conto, tenne la cosa nascosta ai suoi contemporanei, tant’è vero che le sue otto fiabe in prosa più tre in versi furono pubblicate nel 1697 sotto il titolo di Contes de ma mêre l’oie ou Contes du temps passé e il nome indicato sul frontespizio era quello di suo figlio Pierre Perrault D’Armancourt, che all’epoca aveva solo dieci anni. Il grande accademico di Francia che dissertava di letteratura davanti al re non se l’era sentita di firmare col suo nome. Solo nelle edizioni successive, quando le fiabe ebbero successo, lo scrittore vi pose il suo nome. Perrault morì a Parigi nel 1703.
FIABE
La ragione del successo dei Contes de ma mère l’oie e della loro notorietà va ricercata nella voga letteraria del tempo in cui le damine che affollavano il Trianon di Versailles erano avide di racconti fantasiosi ed edulcorati, gravitanti attorno a storie che stimolavano l’immaginazione e avevano tutte un lieto fine… oltre ad una morale palese o nascosta. Che le fiabe si diffondessero nel patrimonio letterario di tutta l’Europa è comprensibile. Meno comprensibile che paesi extraeuropei, in particolar modo quelli d’oltreoceano in cui gli Stati avevano culture e patrimoni folkloristici totalmente diversi da quelli europei, abbiano accettato di emettere (all’incirca dopo il 1970) dei valori postali con personaggi fiabeschi provenienti dalla Francia (e non solo). Il primo pensiero che viene spontaneo è l’apporto dei coloni francesi trasferitisi in molti paesi dell’Africa e dell’America, portandosi appresso la loro cultura. Minor impatto ebbe tale cultura nei paesi asiatici dove è raro imbattersi in Stati che abbiano emesso valori con personaggi tratti dal patrimonio perraultiano. La loro cultura, la loro mitologia e il loro mondo folkloristico era già saturo di personaggi, uomini e animali fantastici. Più che ricevere l’Oriente era pronto a dare. Al contrario nei paesi dell’America Latina e in molti Stati dell’America del Nord i racconti attecchirono ed ebbero buon gioco in un humus fertile, pronto, ricettivo. Una seconda ipotesi è che molti paesi d’oltreoceano, da poco colonizzati o diventati indipendenti, non avendo una storia propria, abbiano utilizzato quella dei precedenti colonizzatori esaltando di essi i re, le regine, i grandi condottieri, i grandi scienziati e, perché no?, anche il loro patrimonio fiabesco. Negli ultimi decenni, però, sfogliando i cataloghi, si avverte una tendenza inversa, un calo nell’apporto della cultura europea del passato di fronte ad una presa di coscienza della loro cultura. Sempre più spesso gli Stati extraeuropei emettono serie di valori dedicati alle loro storie e alle leggende locali per evidenziare la loro cultura che può stare in quel campo alla pari con quella europea. È un’onda carica di suggestioni, di temi, di fantasie, di problemi che investono chi si occupa di folklore. L’unica difficoltà per noi europei è che, trovandoci di fronte ad un dentello in cui viene rappresentata una scena fantastica, si rimane spesso disorientati perché non vi sono fonti cui attingere per capire a quale leggenda, mito o fiaba faccia riferimento. I cataloghi, infatti, si limitano alla pura indicazione di un titolo come: “un uomo e un leopardo in mezzo alla savana”, “un fanciullo avvolto in una nube di fuoco vola in mezzo al cielo a cavallo di un drago”… Spiegazioni che non dicono nulla, perfettamente superflue perché attraverso la lente il filatelico capisce subito la situazione, senza però riuscire ad inquadrarla in un contesto preciso. Ma ritorniano ai personaggi di Perrault. Le fiabe da lui scritte sono otto in prosa (La bella addormentata nel bosco, Cappuccetto rosso, Barbablù, Il gatto con gli stivali, Le fate, Cenerentola, Ciuffettino, Pollicino) e tre in versi, pubblicate anteriormente (La Marchesa di Saluzzo o La pazienza di Griselda, , Gli auguri e Pelle d’asino). Solo le fiabe in prosa ( ad eccezione di Pelle d’asino) sono presenti tra i molti valori dedicati all’opera di Perrault
Barbablu: È un personaggio che non è uscito dai confini della Francia, forse per la sua particolare vicenda tutta impregnata di horror. Barbablu, ricco signore, apparentemente bonario, è, invece, un serial killer, un Landru che ha già ucciso sei mogli, conservandone i corpi in una stanza segreta del suo castello. Alla settima sposa, ignara di tutto, dovendo partire per affari, lascia le chiavi di casa, con l’ordine di andare dove vuole tranne che in una stanza particolare. Ovviamente la moglie disubbidisce e, aprendo la porta proibita, trova i cadaveri delle mogli precedenti. Al suo ritorno Barbablu, riscontrata la disubbidienza che già era stata fatale alle mogli precedenti, decide di ucciderla. Solo l’intervento dei fratelli la salva da una brutta fine. La fiaba non ha riscontri nel mondo della fantasia: il personaggio di Barbablu è realmente esistito. Sembra si tratti di Gilles de Rays o Rais o Retz, maresciallo di Francia, nato nel 1400 e morto a Nantes nel 1440. Compagno d’armi di Giovanna d’Arco, maresciallo dal 1429, si ritirò nel 1435 nelle sue terre di Bretagna dove, sperperato nel lusso il suo patrimonio, tentò di ridiventar ricco praticando la magia nera e l’alchimia. Si racconta che per soddisfare le sue pratiche abbia ucciso dai 130 ai 300 bambini. Accusato da più parti anche per il reato di pedofilia, e reo confesso e pentito, fu giustiziato mediante strangolamento. Ultimamente qualche storico cercò di riabilitarlo. Le orribili dicerie sul suo conto sembra che fossero solo calunnie messe in atto dall’Inquisizione che aveva già mandato sul rogo Giovanna ‘d’Arco di cui Rays era stato luogotenente. Dalla realtà alla fiaba. La bella addormentata nel bosco La fiaba è presente anche nella raccolta dei F.lli Grimm (tanto che nei cataloghi è attribuita ora a Perrault ora ai due fratelli tedeschi) e nelle fiabe del Basile, con molte varianti. Una fata cattiva, non invitata al battesimo, per vendetta getta un maleficio sulla neonata principessa, dicendo che a quindici anni sarebbe morta per essersi punta con un fuso. Un’altra fata però mitiga l’incantesimo. La fanciulla si sarebbe solo addormentata per cento anni e con lei tutta la sua corte. Nonostante il re avesse fatto distruggere tutti i fusi presenti nel reame, ne rimase uno. La principessa incautamente si punse, si addormentò. Passarono cento anni durante i quali attorno alla reggia nacque un bosco. Un principe, che si era inoltrato in quel bosco, scoprì la reggia dove tutti dormivano, baciò la bella addormentata e tutti ritornarono a vivere. La fiaba ha ispirato a Ciaikovski la musica per un balletto. Anche Ottorino Respighi sfruttò la trama per una fiaba musicale in tre atti. Cappuccetto Rosso É presente anche nelle fiabe dei F.lli Grimm. Fiaba popolarissima. Cappuccetto Rosso viene mandata dalla nonna ammalata per portarle la cena. La mamma le raccomanda di non attraversare il bosco per non incorrere in qualche brutta avventura. Ma la bimba disubbidisce. Nel bosco incontra il lupo che, con modi gentili, riesce a sapere dove va. Il lupo precede Cappuccetto Rosso e giunto dalla nonna la divora, si traveste con la cuffia della vecchia e si nasconde nel letto. Quando la bimba arriva, divora pure lei. Qui termina la fiaba di Perrault a cui i F.lli Grimm aggiunsero la seguente variante. Un cacciatore che passava per caso vicino alla casa della nonna, avendo veduto il lupo, lo uccide, gli squarcia il ventre e nonna e Cappuccetto Rosso ‘riemergono sane’ e salve. Cenerentola .Fiaba presente anche nel Basile e nell’opera dei F.lli Grimm. Cenerentola è figlia di un vedovo. Il padre, risposatosi con una vedova autoritaria, madre di due figlie alquanto scorbutiche, non si preoccupa se la ragazza viene in casa relegata al rango di serva, mentre le figliastre se la spassano in feste e danze. Ma l’intervento della madrina, una fata, permetterà a Cenerentola di frequentare in abiti sontuosi le feste di corte. Unica clausola è quella di rientrare a casa entro mezzanotte. Un principe si innamora di lei ma non riesce a scoprire chi sia. Una notte Cenerentola, dimentica della clausola, si allontana dopo lo scoccare della mezzanotte e, fuggendo, perde una scarpina di vetro. Sarà attraverso questa che il principe riuscirà a ritrovarla e a sposarla. La fiaba è molto nota. Meno noto è il particolare della scarpetta. Anche se si tratta di una fiaba, pare strano che la fata madrina abbia procurato alla pupilla un paio di scarpette di vetro, un materiale per nulla adatto alla confezione delle calzature e ancor più per danzare. Studiosi di folklore, fra cui Marc Soriano, autore di parecchi volumi storico-critici su Perrault, sostengono che la parola ‘vetro’ attribuita alle scarpette è nata da un errore. Nel testo originale di Perrault sta scritto scarpetta di ‘vair’, cioè di vaio, una pelliccia tratta dalla pelle morbida di uno scoiattolo dei paesi nordici, in passato usata per confezionare abiti e pantofole. Da vair a verre il passo è breve. Bettelheim nel suo testo Il mondo incantato (p. 230) nota che già nel IX secolo a.C. esisteva in Cina una novella con tema analogo a quello Cenerentola e il quel caso la protagonista calzava una morbida pantofola di materiale prezioso. Anche in Egitto, a partire dal terzo secolo, si trovano diversi tipi di calzature, comprese pantofole, fatte di cuoio fino babilonese. Quindi, è assai probabile che Perrault abbia pensato ad una morbida scarpina di cuoio di scoiattolo, assai più adatta al ballo. Solo che a pensarla di vetro è più suggestivo e fantastico. La fiaba ha ispirato Rossini, che compose un melodramma giocoso in due atti nel quale mantiene intatto il fascino della fiaba. Fu rappresentato a Roma nel 1817. Anche Massenet compose un’opera presentata sulle scene parigine nel 1899. Prokofiev ne trasse un balletto per il Bolscioi e Marius Petipa con Michel Fokine utilizzarono la fiaba per coreografie realizzate al Teatro Imperiale di Pietroburgo nel 1883 e al Covent Garden di Londra nel 1938. Walt Disney nel 1949 realizzò un lungometraggio a cartoni animati dal titolo Cinderella. Enrichetto dal ciuffo Fiaba poco nota. Un re ha avuto un figlio deforme, brutto ma spiritoso e intelligente. Un altro re ha due figlie di cui una bellissima ma oca e un’altra bruttissima ma geniale. Le due regine madri s’incontrano e ricorrono ad una fata per sanare la situazione. Enrichetto ottiene di poter trasmettere la sua intelligenza alla donna che sposerà e la principessa oca di poter trasmettere la sua bellezza allo sposo. I due si incontrano in un bosco. Enrichetto si offre di sposare la fanciulla bellissima e questa, pur prendendo tempo, accetta. Dopo un anno il principe rimarrà brutto agli occhi di tutti, tranne che a quelli della bella principessa, mentre lei diventerà intelligente solo agli occhi di lui. La morale di Perrault è: “In colui che amiamo vediamo solo il buono e il bello. E colui che amiamo è per noi intelligente”. Le fate Fiaba di due sorelle: una brutta, spavalda, prepotente; l’altra bella, remissiva e servizievole cui toccano tutti i lavori più pesanti. Quest’ultima, un giorno, trovandosi alla fontana per attingere acqua, viene avvicinata da una vecchia che le chiede un sorso d’acqua e la ragazza glielo offre con cortesia. La vecchia è una fata e per ringraziarla le fa un dono: ad ogni sua parola le usciranno di bocca perle e diamanti. La madre, veduto il miracolo, manda alla fonte anche la figlia brutta, ma questa, alla richiesta della vecchia, risponde in malo modo e rimedia il dono di sputare rospi e serpenti ogni volta che parla. La prima diventerà regina. La seconda, scacciata di casa dalla madre, andrà a morire in fondo al bosco. Il gatto con gli stivali . Un giovane riceve in eredità dal padre un gatto. Ben poca cosa. Ma il gatto con la sua astuzia si rivela un buon amico tanto da usare mille sotterfugi ed espedienti pur di vivere meglio. Alla fine con uno stratagemma riusirà a far sposare il suo padrone alla figlia di un re. Pelle d’asino Fiaba in versi. Un re molto ricco (aveva un asino che cacava denari), promise alla moglie in punto di morte di sposare solo una donna degna di lei. Morta la moglie, decise che l’unica donna all’altezza della defunta fosse sua figlia. La figlia, inorridita, chiese aiuto alla madrina, la Fata dei Lillà, che le consigliò di chiedere al padre doni impossibili. Lui, però, riusciva sempre a trovarli. Alla fine la ragazza gli chiese di donarle la pelle dell'asino che cacava i denari. E il padre non esitò ad uccidere la bestia. Con la pelle sulle spalle la ragazza fuggì. Si rifugiò in una fattoria lontana dove col nome di Pelle d’Asino lavorò come sguattera. La fata madrina le aveva consegnato una bacchetta magica con la quale, quando era sola, faceva apparire i suoi abiti più belli e li indossava. Il figlio del re la vide in queste vesti e se ne innamorò. Caduto ammalato, il principe chiese che Pelle D’Asino gli facesse una focaccia per guarire. La ragazza ubbidì, ma nascose un anellino nella focaccia. Il principe, guarito, dichiarò che avrebbe sposato la ragazza al cui dito si fosse adattato l’anello. Naturalmente Pelle d’Asino fu la .fortunata. Pollicino Non ebbe in filatelia altrettanta fama delle altre fiabe forse perché entrò in competizione con fiabe scritte dai F.lli Grimm. Si tratta di una tipica fiaba di abbandono, causato da difficoltà economiche dei genitori. Pollicino era l’ultimo di sette fratelli, figli di un povero taglialegna. Non potendo il padre sfamare tutti, decide di abbandonarli nel bosco. Pollicino, avendo udito il padre esporre alla moglie quanto stava per fare, si riempie le tasche di sassolini bianchi che semina mentre il padre si dirige nel folto del bosco. In tal modo i sette fratelli, seguendo la traccia lasciata dai sassi, riescono a ritrovare la via di casa. Alcuni giorni dopo il padre ritenta e stavolta Pollicino, non avendo avuto il tempo di raccogliere sassolini bianchi, si mette in tasca briciole di pane e le semina dietro di sè. Purtroppo gli uccelli le mangiano e i sette non riescono a ritrovare la via del ritorno. Vagando per il bosco, scorgono una casa e chiedono ospitalità, senza sapere che è la casa dell’orco, padre di sette figlie. Quando vanno a dormire nella stessa camera delle ragazze, Pollicino per prudenza scambia i berrettucci dei suoi fratelli con le cuffie delle figlie dell’orco addormentate. Al suo ritorno, nel buio della notte, l’orco, credendo di uccidere i bambini per divorarli, uccide invece le sue figlie. Pollicino e i suoi fratelli fuggono, inseguiti dall’orco che indossa gli stivali dalle sette leghe. Non trovando i bambini, l’orco si riposa e si addormenta. Pollicino riesce a sfilargli gli stivali e con questi si reca dall‘orchessa. Dicendole di essere inviato dal marito (che gli aveva imprestato gli stivali magici), si fa consegnare tutto il denaro e con i fratelli ritorna a casa dove padre e madre lo accolgono a braccia aperte. Gli studiosi di folklore, più che un abbandono dei figli dovuto alla povertà, hanno voluto ravvisare nel racconto antichi riti di iniziazione che i giovani dovevano affrontare prima di entrare nell’età adulta. Il tema dell’orco e dell’orchessa è presente anche in fiabe italiane quali Corvetto del Basile e Il gobbo Tabagnino di Calvino.
FILATELIA guarda l'album BELIZE 1980 (495/52+BF 17), BERLINO 1964 (214/6), 1965 (242/5), BRASILE 1964 (2207), BULGARIA 2000 (3867/8), BURUNDI 1997 (752), CENTRO AFRICA REPUBBLICA 1979 (396), D.D.R. 1968 (1122/7), 1985 (2616/21), DOMINICA 1997 (BF 333), FRANCIA 1983 (2273), 1997 (3040) , GERMANIA 1971 (526), GRAN BRETAGNA 2005 (1205), GRECIA 2010, GRENADA 1981 (989/97+BF 95), 1987 (1464/81+BF 181 e 184), GRENADINES DI GRENADA 1986 (701), 1997 (2153), GUYANA 2001 (401 e 404), JERSEY 1995 (717/9), LIBERIA 1999 (1 valore), MALI 1972 (153/5 P.A.), MANAMA 1972 (819/23 Catal. Michel), MONACO 1978 (1152/60), NEVIS 1996 (950*BF 118), OLANDA 1997 (1602/3), PARAGUAY 1978 (1668/74+P.A. 809/10), 1980 (1713/9+P.A. 824/5), 1980 (1749/55+P.A, 835/6) 1982 (1919/1925), POLONIA 1968 (1679-1682/3), RUSSIA 1993 (5978), SAINT VINCENT 1992 (1558), SAINT VINCENT GRANADINES 1992 (828/36), SAN MARINO 2004 (2101), SANT’ELENA 2000 (758/9), SIERRA LEONE 1986 (751/58+BF 54/5), SIRIA 1976 (478), UNGHERIA 1959 (1328 e 1334), 1960 (1406), 1979 (2696 e 2699), URUGUAY 1979 (1030)
(Romania)
Nato il 1 dicembre del 1892 a Hodura, Cotnari, Contea di Jasi Morto a Bucarest il 9 marzo del 1961. Figlio primogenito dell’ingegnere Dimitri, professore presso la Facoltà di agraria Trifeşti dopo gli studi primari frequentò il liceo a Iasi e nel 1915 ottenne la laurea in diritto Iniziò a scrivere precocemente e all’età di 15 anni pubblicò un romanzo breve. Nel 1919 si trasferì a Budapest per lavorare come redattore presso alcuni giornali „Verità”, „Mattino”,” Bucovina”, „Il paese”. Tra il 1923 e il 1928 pubblicò alcuni romanzi tra cui Intunecarea, uno dei migliori romanzi rumeni sulla prima guerra mondiale. Nel 1940, sull’esempio della Commedia umana di Balzac, scrisse una Cronaca della Romania nel XX secolo. Assieme a Lucian Braga e a G. Mihescu fondò la rivista „Il pensiero” . E in seguito fu pure tra i fondatori, accanto Pamfil Seicaru, della rivista socio-politico e culturale „Hiena” (1919 - 1924) di cui fu condirettore. Nel 1955 venne incluso tra i membri della Accademia rumena. Died on March 9, 1961 by a heart failure. Petrescu dedicò parte della sua attività letteraria all’infanzia, scrivendo per i bambini Fram, ursul polar , 1931 Fram, orso polare, (1931), Cocârţ şi bomba atomică , 1945 Cocârţ e bomba nucleare, (1945), Pif - Paf - Puf , 1945 Pif - Paf - Puf, (1945), Omul de zăpadă , 1945 L'uomo di neve, (1945), Iliuţă copil , 1945 Iliuţă bambino, (1945), Neghiniţă , 1945 Neghiniţă, (1945).Morì a causa di insufficienza cardiaca.
FILATELIA ROMANIA Anno 1992 (4049)
Petrov Valeri (pseud. Valeri Nisim Mevorah) (Bulgaria)
Nato a Sofia il 24 aprile 1920. Valeri Petrov, poeta, sceneggiatore, drammaturgo e traduttore, figlio dell’avvocato Nisim Mevorah ( ambasciatore bulgaro negli Stati Uniti nel 1945-1947 e rappresentante presso le Nazioni Unite) e dell’insegnante Mariya Petrova, studiò presso la scuola italiana di Sofia e si laureò in medicina alla locale università nel 1944. A quindici anni Petrov pubblicò il suo primo libro di poesie Sever Ptitsi kam (Uccelli Verso nord). Per le pubblicazioni successive, a causa della discendenza ebraica del padre, prese il nome della madre per non incorrere nelle sanzioni del regime bulgaro allora filo-nazista. In seguito scrisse le poesie Palechko (Pollicino), Na pat (In rotta), Mentre siamo ancora giovani, Sinyoto Kray di più (Con il mare blu), Spomen Tavanski) e la serie Nezhnosti (Carezze). Valeri Petrov è particolarmente apprezzato per la sua traduzione dell'intera opera di Shakespeare. Nell’autunno e l'inverno del 1944, quando la Bulgaria cambiò politica, partecipò con gli alleati alla Seconda Guerra Mondiale e lavorò prima a Radio Sofia e poi come scrittore di guerra con il quotidiano “Frontovak” (Fronte Combattente). Dopo la guerra, fu tra i fondatori del giornale umoristico “Starshel”(Il calabrone) e in seguito assistente-redattore capo (1945-1962). Lavorò pure come medico in un ospedale militare e nel monastero di Rila. Tra il 1947 e il 1950 Valeri Petrov fu inviato nella legazione bulgara a Roma come addetto culturale stampa e si recò negli Stati Uniti, in Svizzera e in Francia per incarichi vari. E' stato anche editor in uno studio cinematografico e nella casa editrice “Pisatel Balgarski”. Servì come deputato alla Grande Assemblea Nazionale; e dal 2003 è un accademico della Accademia Bulgara delle scienze. Politicamente, ha militato nella sinistra-socialista sin da quando frequentava la scuola al tempo nel Terzo Regno Bulgaro. Opere: Stari neshta Malko Po novomu (Roba vecchia in un modo un po 'nuovo, poesie), Stihotvoreniya (Poesie), Esen mekata V (Mezzo Autunno), Improvizatsiya (Improvvisazione), commedia, Poemi, raccolta di poesie, Belezhnik Afrikanski (appunti di viaggio), Na smyah (Per scherzo), poesie satiriche, Prikazka Byala (Fiabe), San za Kopche, Pet prikazki (Cinque fiabe), Opere scelte (due voll.)
FILATELIA BULGARIA Anno 2010 (4949/50)
Pogorelsky Antoniy(Russia)Nato nel 1789 e morto nel 1836. Il Conte Alexey Perovsky (nome d’arte Anton Pogorelsky) è stato un figlio illegittimo del Conte Alexey Razumovsky, fratello del conte Vasili Perovsky. Fu l'autore del un romanzo Il popolo sotterraneo. ben noto ai bambini russi,
FILATELIA URSS, 1984 , (Busta postale)
POLO MARCO (Italia)
Nato a Venezia nel 1254, appartiene ad una nobile famiglia di origine probabilmente dalmata, dedita al commercio, con botteghe e fondaci in Venezia e in altri porti del Mediterraneo e anche nel Mar Nero. Suo padre Niccolò e suo zio Matteo, per ampliare la loro zona commerciale, si erano spinti fino a Cambalig (Pechino) dove erano stati ricevuti dal conquistatore mongolo Kublai Khan. Dopo quindici anni di permanenza in Cina, al loro ritorno a Venezia avevano riabbracciato Marco, il figlio di Niccolò, allora quindicenne, Le ricchezze vedute in Cina, l’incitamento di Kublai a continuare i rapporti commerciali, spinsero i due fratelli a partire per un nuovo viaggio nel 1271, stavolta in compagnia di Marco. La carovana dei Polo penetra nell Asia dalla costa del Mare di Levante, attraversa l’Anatolia, l’Armenia, la Persia, lungo un itinerario che nessun europeo aveva mai percorso. Tocca le pianure della Boccaria, i Monti del Corassan, gli altipiani del Pamir, la catena dello Tien-Scian, i deserti del Sinchiang e del Gobi, finché non arrivano a Cambalig dove sono accolti alla corte imperiale di Kublai. L’accoglienza dell’imperatore è fastosoa anche perché Kublai aveva compreso che i rapporti tra occidente e Oriente sarebbero stati proficui per la Cina. Per di più il sovrano si affeziona al giovane Polo, il quale diviene un suo consigliere e può seguirlo nei viaggi in varie parti dell’impero, consentendogli di vedere e di conoscere la vita e la cultura di quelle popolazioni. A Marco vengono affidati importanti incarichi: preposto al governo di province con incarichi ispettivi; ambasciatore in Birmania e in India. Dopo diciassette anni di permanenza in Cina, la nostalgia della laguna prevale sui suoi impegni orientali, tanto da spingerlo a riprendere la via del ritorno in una occasione particolare: quando dovette accompagnare una principessa cinese destinata sposa al al sovrano di Persia. La carovana parte per nave, facendo un lungo periplo che la porta a costeggiare le coste della Cina, dell’Indocina, della Malesia, di Sumatra, dell’India, dell’Iran. Nel 1295 Polo rivede Venezia di cui segue le vicende politiche nella lotta contro la rivale Genova. Dopo la battaglia di Curzola (secondo altri durante uno scontro di galee che nel Mar di Levante gareggiavano per accaparrarsi i mercati e i commerci migliori) lo ritroviamo prigioniero dei Genovesi, in una cella dove già si trovava Rustichello da Pisa, un modesto letterato, al quale racconta le sue esperienze in Cina. Costui scrive le avventure raccontate in ‘volgare gallico’, la lingua d’oil allora molto nota. Nascono così Le Meraviglie del mondo, comunemente note col nome di Il milione, sembra fosse questo il nomignolo dato a Marco Polo. Il libro ha una immensa fortuna. Viene tradotto in molte lingue, anche in latino. Oggi esistono oltre 200 codici i quali riportano molte varianti. Con l’avvento della stampa si cominciarono a fare del libro edizioni in molte altre lingue. Dall’opera emerge come Polo fosse un osservatore acuto, la cui mente in quei venticinque anni di permanenza in Cina immagazzinò una enorme quantità di notizie, di dati e di fatti che sollecitarono altri visitatori e missionari, spinti verso quei luoghi con scopi di propaganda religiosa, e mercanti attirati dalle enormi ricchezze che Polo aveva descritto. Molti viaggiatori seguirono gli itinerari terrestri percorsi dai Polo, dando vita a quella ‘strada della seta’ che ebbe larga fortuna nel Medioevo: altri seguirono le rotte marittime. L’opera contribuì anche alle scoperte geografiche. Basti pensare che dopo il dono di una copia del Milione a Enrico il Navigatore, i portoghesi sotto la guida di Vasco de Gama intrapresero la circumnavigazione dell’Africa intera per raggiunger la Cina. Probabilmente anche Colombo conobbe il Milione e fu uno dei tanti motivi che indusse i sovrani di Spagna a fornirlo di caravelle per raggiungere il mitico Catai e le sue ricchezze. Ma, indipendentemente da queste conseguenze, che Marco Polo non poteva prevedere, il viaggiatore veneziano fu venerato da cinesi e giapponesi per aver rivelato al popolo intero la loro cultura e civiltà, e rimane uno dei maggiori viaggiatori di tutti i tempi.
LIBRI Il Milione o Le meraviglie del mondo Il titolo completo secondo la tradizione è Il libro di Messer Marco Polo cittadino di Venezia, detto Milione, dove si raccontano le meraviglie del mondo. Vi si narrano le avventure dell’esploratore mercante che fra ambascerie, commerci, governatorati eincarichi vari, visse alla corte del grande imperatore cinese Kublai Khan e poté conoscere terre e costumi delle favolose regioni del Catai e del Cipango. Il libro è stato composto a Genova, da Rustichello da Pisa, compagno di prigionia, un modesto letterato che nel 1271 aveva scritto il romanzo Meliadus. Il testo fu per secoli trasformato e deformato da varie edizioni in italiano, francese, latino, finché, in epoca moderna, non venne rivisitato e ricostruito da Luigi Foscolo Benedetto, secondo una riedizione integrale in francese e poi divulgato in una nuova edizione italiana. È la rievocazione fatta da Marco Polo al suo rientro a Venezia delle ricchissime e allora misteriose regioni orientali, un racconto espresso con un tono di meraviglia. Famose sono le pagine sul Veglio della Montagna (una leggenda che ha tracce medievali), sulla vita e sulle varie residenze fastose dell’imperatore Kublai. Polo ricorda anche epiche battaglie come quella tra il re Alau Halagu, Khan di Persia, e il re Berke Khan dell’Orda d’Oro, dove con rara efficacia è resa la lotta sanguinosa per la conquista di territori e di gloria. Il Milione è anche un importante documento storico per il lavoro svolto da un ‘occidentale’ in un ambiente del tutto diverso dove ricoprì funzioni di governatore, applicando la saggezza occidentale ad usi e costumi orientali. Stupende le descrizioni di terre nuove, visitate durante molteplici viaggi in compagnia dell’imperatore, attraverso lande sconfinate, a contatto con genti e popolazioni sconosciute talvolta anche agli orientali stessi che le avevano relegate in dicerie e favole antiche. Altrettanto importanti le descrizioni di piante sconosciute come le spezie, il pepe, il gengiavo o l’abbondanza di minerali come il carbon fossile del Catai, le pietre preziose e il petrolio dell’Armenia. Splendide pure le descrizioni di palazzi meravigliosi in cui l’oro era profuso a piene mani; le folle prostrate davanti all’imperatore, ai potenti, davanti ai templi e agli idoli; schiere armate in marcia o in piena battaglia, costumi, linguaggi, sentimenti mai noti alla pur antichissima civiltà mediterranea. Con il Milione Marco Polo diede all’Italia un’opera epica che questa ancora non aveva nel suo patrimonio letterario e che le mancava nel confronti con la letteratura cavalleresca di altri popoli.
FILATELIA guarda l'album CECOSLOVACCHIA 1994 (2 valori), CROAZIA 1995 (314), ITALIA 1954 (740/1), 1995 (2239), MACEDONIA 2004 (327), MONACO 2004 (2464), SAN MARINO 1986, VATICANO 1996 (5valori)
POMBO RAFAEL (Colombia)
Nato a Buga nel 1833 e morto a Bogotà nel 1912. Studia ingegneria e si dedica in seguito alla politica. Membro del Parlamento colombiano, sensibile all’influsso dei poeti romantici europei, coltiva generi lirici con musicalità e ricchezza di immagini tanto da essere considerato uno dei più grandi poeti e narratori del romanticismo ispano americano. Tra i temi della sua poesia, presenti in Ora di tenebra e Preludio di primavera, emerge l’amore per la natura, la solitudine, la disperazione. Nel 1816/17 a Bogotà viene stampata la sua opera omnia in Poesie complete.e Traduzioni poetiche (1917) La popolarità gli deriva dalle opere antologiche e dalla letteratura rivolta ai giovani, in particolar modo dai Racconti illustrati e racconti morali per bambini (1854), racconti in rima che hanno come personaggi Simon el Bobito, Donna Panfaga, Renacuaio paseador Stufato e il suo gatto, Pastorcita, La povera vecchia, Il bambino e la farfalla. Pombo si affida ai ricordi della sua infanzia per ricrearli e ricordarli ai ragazzi, per cui in essi è tuttora vivo il senso del passato che emerge dai suoi personaggi, in particolar modo Rin Rin, i vestiti della Povera vecchia e in particolar modo la Pastorella.
FILATELIA BRASILE 1994 (2208), COLOMBIA 1980 (658/60 P.A.)
PONSON du TERRAIL PIERRE-ALEXIS (Francia)
Nacque a Montmaur, Grenoble, l’8 luglio 1829 e morì a Bordeaux il 20 gennaio del 1871. Romanziere francese, inizia giovanissimo a scrivere romanzi d’appendice e si conquista un vasto pubblico col primo romanzo feuilleton Le quinte del mondo (1853). Da allora in poi si dedica interamente ai romanzi d’appendice. I suoi sono romanzi fiume, con intrecci spettacolari e macchinosi. Sono tutti ravvivati da continui colpi di scena da imprevisti patetici e sensazionali che lo portarono alla notorietà e ad un pubblico fedele, ansioso di conoscere ogni sua nuova opera. Venivano stampati in un un primo tempo su giornali e riviste e poi assemblati in volumi. Tra essi si ricordano I cavalieri della notte (1855) e soprattutto Le imprese di Rocambole (1859) cui seguirono altri ventidue volumi della serie. Sono opere per adolescenti ma non solo. Scrisse oltre trecento romanzi tra cui: La fata di Auteuil, Il grillo del mulino, L’organetto, Il nuovo maestro di scuola: racconto di un campagnuolo, La Bella Argentiera (1872), La favorita del re di Navarra (1872), La seconda gioventù di Re Enrico (1872), Senza fortuna: storia di un fanciullo perduto (1873), Gli amori della bella Nancy (1873), La notte di San Bartolomeo (1873), Le avventure del fante di fiori (1873), L‘ebrea del Chateau-Trompette (1879), Le Chambrion (1880), La regina delle gitane (1882). Pubblicati in Italia dopo la sua more: Le avventure del fante di cuori (1919), Il regicida (1919), Il bel Galaor (1919), La regina delle barricate (1919), Un dramma nell’India (1920), I cavalieri del chiaro di luna (1921), L’eredità misteriosa (1921), La seconda gioventù di Re Enrico (1924), Il fabbro del convento (1924), Gli amori del fante di fiori (1923).
LIBRI Il suo personaggio più noto è Rocambole. Lo creò dietro invito del direttore di “La Patrie” il quale gli commissionò un feuilleton sul tipo dei Misteri di Parigi di Sue. Scrisse così il primo libro della serie in cui Rocambole era un bambino che accompagnava sempre La Mère Fipart. Avendo l’autore bisogno di qualcuno che si opponesse ed osteggiasse il suo protagonista ‘buono’, Armand de Kergaze, e non avendo tra le mani altri ‘cattivi’, fece improvvisamente crescere d’età Rocambole che divenne una specie di rappresentante del male, astuto al punto che su di lui venne creato l’aggettivo ‘rocambolesco’. Al primo libro I drammi di Parigi fecero seguito Il club dei fanti di cuori, Tourquoise la peccatrice, Le imprese di Rocambole (1859), La corda dell’impiccato (1861), L’ultima parola di Rocambole (1865), La resurrezione di Rocambole (1866), La verità su Rocambole (1867) e altri. Ad un certo punto, forse stanco del personaggio, l’Autore lo fece morire a Londra, durante una ennesima avventura, sfigurato dal vetriolo. Su richiesta dei lettori lo fece risorgere col viso orrendamente sfigurato dalle cicatrici nel volume I cavalieri del chiaro di luna (1862). In seguito lo rese di nuovo bello nel corpo e anche nell’animo, una redenzione dovuta ad un atto di pietà verso una sua vittima. Divenne l’angelo del bene, il difensore dei perseguitati, una specie di detective privato. Dopo La verità su Rocambole, la serie cessò. Venne comunque ripresa da molti epigoni. Nel 1971 le Edizioni Paoline pubblicarono i titoli: Rocambole la vendetta di Baccarat, Il testamento di Grano di Sale, Maddalena, La resurrezione di Rocambole.
FILATELIA FRANCIA 1996 (3007)
(Inghilterra)
Nato a Hewndon, Middlesex il 12 aprile 1925. Morto l’8 dicembre 2008.Fu il creatore e scrittore di alcuni dei più popolari programmi televisivi per bambini di Gran Bretagna. Pingwings, Pogles’ Wood, Noggin il Nog, Ivor Engine, Clangers e Bagpuss sono i personaggi da lui inventati e realizzati dalla Smallfilm, la società da lui costituita con Peter Firmin (vedi) per la televisione BBC tra il 1950 e il 1980, e su ITV dal 1959 ad oggi. In un sondaggio del 1999, Bagpuss è stato votato quale migliore programma televisivo per bambini. Di famiglia agiata i cui membri erano impegnati nella politica, nella letteratura (suo nonno era un noto classicista latino), nel cinema (era cugino dell’attrice Angela Landsbury), studiò. presso la Scuola privata Woodstock Golders Green Road a Finchley, nel nord-ovest di Londra e presso la Woodhouse scuola secondaria, già nota dal 1923 in poi, come Woodhouse Grammar School. Avrebbe voluto studiare in una scuola di recitazione, ma nel 1943, quando doveva essere arruolato nell’esercito, si dichiarò (come già aveva fatto suo padre) obiettore di coscienza. Gli fu negato il riconoscimento e fu inviato a Windsor dove si rifiutò di indossare la divisa. Subì un processo di fronte alla Corte Marziale e fu condannato a tre mesi di carcere. Ricorse in appello e ottenne di essere inquadrato nel servizio sociale quale contadino. Lavorò in alcune aziende agricole fino alle fine della guerra e, dopo l’occupazione della Germania, lavorò presso la Croce Rossa. Nel 1948 al ritorno nel Regno Unito, frequentò la scuola di recitazione. Nel 1957 fu nominato direttore di scena presso la Associated Rediffusion e si dedicò a programmi per bambini. In quel periodo scrisse Alessandro Mouse, la storia di un topo nato per essere re. In quel periodo incontrò Peter Firmin. Dopo il successo di Alessandro Mouse, Postgate scrisse la storia cinese Il Viaggio della Master Ho, un programma televisivo destinato a bambini audiolesi. Nacque in quel periodo il sodalizio Postgate-Firmin e la nascita di una società per la produzione di programmi per bambini; la Smallfilms. La prima produzione fu Ivor Engine (1959), storia di una locomotiva a vapore, seguita da Nogin Nog e altri personaggi. Noggin il Nog è stata una popolare serie televisiva originariamente riportato dalla BBC negli anni 1959 al 1965. Trenta i programmi, originariamente in bianco e nero. Strettamente parlando, il titolo è "La Saga di Noggin il Nog", dal momento che le storie si basavano su una saga nordica, e ogni episodio inizia con le parole: "Ascoltami e io ti dirò la storia di Noggin il Nog, così come è stata raccontata. Le storie ruotano attorno al personaggio centrale di Noggin, un principe semplice e di buon carattere. Nei primi episodi, sposa una principessa eschimese, Nooka, e nasce un figlio, Knut. Altri personaggi regolari sono amico di Noggin, Thor Nogson, un inventore eccentrico, Olaf, e Graculus, un grande uccello verde dalle oscure origini. Delle storie fa anche parte Nogbad il Malo, zio cattivo di Noggin che voleva il trono per se stesso. I vari racconti brevi di Noggin sono stati pubblicati. Tra essi emerge Noggin e il Topo Luna, che in seguito ha fornito la base per i personaggi di un’altra popolare serie TV: Clangers. Oltre ad occuparsi di programmi per bambini Postgate ebbe diverse altre attività. Nel 1986, in collaborazione con lo storico Linnell Naomi, dipinse l’Illuminazione della vita e della morte di Thomas Becket per un libro con lo stesso titolo; nel 1990 dipinse un lavoro simile su Cristoforo Colombo per un libro intitolato Il fallimento Trionfante; un trittico Canterbury una cronaca, commissionato nel 1990 si trova nella Sala Grande dell’Eliot College a Canterbury; negli anni 1970 e 1980 Postgate è stato attivo nella campagna anti-nucleare, affrontando incontri e scrivendo alcuni opuscoli, tra cui The Writing on the Sky; nel 1995 narrò le sei puntate comiche del Pianeta elastico alla BBC Radio, nel. 2003 si occupò di un documentario Gli alchimisti del suono per loa BBC Radiophonic Workshop e nel 2007 fu ospite della BBC Radio 4 per Desert Island Disc. Nel 1987 l’Università del Kent gli conferì la laurea honoris causa per la sua opera di animatore. La sua autobiografia, Vedere le cose, è stato pubblicata nel 2000
FILATELIA INGHILTERRA Anno 1994 (1742), 1996 (1913)
POTTER BEATRIX(Inghilterra)
Nacque a Londra il 28 luglio 1866 e ivi morì il 22 dicembre 1943 Entrambi i genitori disponevano di rendite ereditate dai loro genitori. Suo padre, Rupert Potter, in teoria era avvocato ma trascorreva gran parte del tempo in circoli esclusivi e raramente esercitava. La madre trascorreva le sue giornate facendo visite o ricevendone. Per cui Beatrix e il fratello vengono per lo più allevati da baby sitter e governanti. Quando Beatrix cresce i suoi genitori scoraggiano qualunque tentativo di ‘istruzione pubblica’ e la giovane deve invece imparare le regole per la gestione della casa. Solo il fratello Bertrand viene inviato a scuola, mentre Beatrix, secondo l’uso del tempo è educata da precettori privati. Uno zio tenta di farla accedere come studente presso i Royal Botanic Gardens di Kew ma le è negato in quanto donna. L'ispirazione per le sue illustrazioni e per i racconti le viene dai numerosi piccoli animali che portava a casa o che osservava durante le vacanze in Scozia e nel Lake District. Tutti la incoraggiano a pubblicare la sua prima storia, The Tale of Peter Rabbit ma fatica a trovare un editore, la storia viene pubblicata nel 1902 in duecentocinquanta copie. Il piccolo libro e i successivi, molto apprezzati, le permettono di diventare economicamente indipendente. Si fidanza segretamente con l'editore, Norman Warne ma i genitori ostacolano il matrimonio in quanto disapprovano che lei sposasse un uomo che lavorava per vivere. Non si sarebbero mai sposati perché Norman morì sei mesi dopo il fidanzamento per leucemia. Beatrix si rifugia in casa di uno zio e poi acquista con i proventi dei suoi libri una fattoria nel Lake District. Nella calma dei campi continua a scrivere storie per i più piccoli, aggiungendo al coniglio Rabbit altri personaggi quali la gattina Moppet e il gatto Tom Nicio, il riccio Trovatutto, lo scoiattolo Nutkin e molti altri animaletti All'età di 47 anni sposa il suo avvocato, William Heelis, anche questo riprovato dai genitori troppo snob per avere un genero ‘lavoratore’. Non ebbero figli. Dovette smettere di scrivere intorno al 1920 per problemi di vista. In tutto scrisse 23 libri, pubblicati in piccolo formato adatto per i piccoli lettori. Furono tradotti in una trentina di lingue. Diventarono anche cartoni animati messi in atto dalla Warner Brows nel 1935 e dalla TV britannica.
Sue opere scritte e da lei illustrate: La storia di Peter Coniglio (1902), Il sarto di Gloucester, (1903), La storia di due topini cattivi (1904), La storia della signora trovatutto (1905), The Tale of the Pie and the Patty-Pan (1906), The Tale of Mr. Jeremy Fisher, The Story of a Fierce Bad Rabbit, The Story of Miss Moppet (1906), The Tale of Tom Kitten (1907), La storia di Jemima anatra de' stagni (1908), La storia di Samuel Baffetti (1908), La storia dei coniglietti Flopsy (1909), The Tale of Ginger and Pickles (1909), La storia della signora topolina (1910), La storia di Timmy Puntappiè (1911), The Tale of Mr. Tod (1912), La storia di Bland porcellino (1913), Appley Dapply's Nursery Rhymes (1917), The Tale of Johnny Town-Mouse (1918), Cecily Parsley's Nursery Rhymes (1919), The Tale of Little Pig Robinson (1930)
FILATELIA guarda l'album INGHILTERRA 1979 (896), 1993 (1853), 2006, JERSEY 2006 (1530/3), LIBERIA 1998 (1764) Prežihov Voranc (pseud. di Lovro Kuhar)(Slovenia)
É considerato uno dei più grandi scrittori sloveni. Poeta della Corinzia e rivoluzionario è uno dei rappresentanti del neo-realismo nella letteratura slovena dopo la seconda guerra mondiale. I suoi romanzi Doberdob, Požganica e Jamnica, e la raccolta di racconti brevi Samorastniki si distinguono per la loro monumentalità, l'ampia panoramica di affreschi raffiguranti il mondo e la psicologia dei personaggi, che si presentano forti, solidi, indomiti. Politicamente inquadrati nella società della Carinzia durante le lotte del 1920. Il suo ultimo libro Solzice è uno dei più bei libri per la letteratura giovanile slovena. Si tratta di un’artistica rivelazione dell'autore in cui emerge l'amore per la madre, per la patria, la sua simpatia per la sofferenza e la sua stretta connessione con la natura, Voranc è una personalità quasi leggendaria nel campo della cultura slovena.
FILATELIA Slovenia , 1993, Girl , SLOVENIA Anno 1993 (36)
(Russia)
Nato a Cruscevo, governatorato di Orel, il 23 gennaio (o 4 febbraio) 1873, morì a Mosca il 16 gennaio 1954. La sua vita, raccontata nel romanzo autobiografico La catena di Kascei (1923-54), ha come episodio centrale il suo arresto e detenzione mentre, studente di agronomia all’Università di Riga, aveva aderito alle idee socialiste. Nel 1900 si recò in Germania dove si laureò in agronomia a Lipsia. Il suo primo libro fu una monografia sulla coltivazione della patata. Partì per un lungo viaggio attraverso la Russia del Nord, raggiungendo anche la Norvegia e si avvalse delle nozioni apprese durante il viaggio per scrivere le opere Nel paese degli uccelli non spaventati (1907), Per la pagnottella magica (1908), Presso le mura della città invisibile (1909) derivato da un soggiorno nel governatorato di Nizanij Novgorod le cui foreste erano sede di settari e di Vecchi Credenti che suscitavano l’interesse dei simbolisti. Le sue opere sono animate da un senso panico e scientifico della natura. Dopo la Rivoluzione il suo lavoro continuò, affiancando alla natura il tema delle leggende popolari. Tra le sue opere sono da ricordare i racconti Le sorgenti di Berendej (1925), poi uscite ampliate nel 1935 col titolo Il calendario della natura, destinato all’infanzia; il lungo racconto Ginseng o La radice della vita (1933), il ciclo Il disgelo della foresta (1940). Prisvin fu un raffinato poeta-scienziato della natura, uno scrittore-ecologo che avverte la presenza della vita nella natura e cerca di coglierne gli aspetti più sfuggenti.
FILATELIA RUSSIA Anno 1972 (3912)
Przymanowski Janusz(Polonia)
Nato il 20 gennaio 1922 . Morto nel 1998. Studiò a Varsavia. Durante gli anni 1940-1943 fu costretto dalle autorità sovietiche a lavorare in una cava di basalto. Nel 1943 entrò volontariamente nella armata rossa e combatté durante la seconda guerra mondiale. Durante il periodo militare fu inviato speciale e vice direttore di alcuni quotidiani dell’esercito. Terminato il conflitto entrò a far parte del Partito Comunista Polacco e, rimasto nell’esercito, continuò a lavorare nel campo giornalistico e come editorialista del giornale ”Armata del Popolo” Nel 1961 fu promosso al grado di colonnello. Negli anni dal 1962 al 1985 ricoprì diversi incarichi politico-militari. Durante la sua permanenza nell’esercito ottenne numerosi riconoscimenti e decorazioni: una Croce al merito, la Croce di Grunwald , una medaglia d’argento, la Bandiera del Lavoro... Autore di numerosi romanzi è soprattutto noto per Quattro uomini, un carro armato e un cane. L’opera, scritta per i giovani, ebbe un seguito in una serie di filmati televisivi. Per la TV scrisse più di 200 testi e due musical. Scrisse anche altri libri per i giovani, assai letti e apprezzati nelle scuole Opere: Czterej pancerni i pies (per ragazzi), Fortele Jonatana Koota (per ragazzi 1980-1981), Listy siwiejące (1973), Minerzy podniebnych dróg Studzianki Tajemnica (per ragazzi 1972), Studzianski, Ze 101 frontowych nocy (per ragazzi 1974), Zawzięty (1975), Znużony (1974), Żołnierze czterech rzek FILATELIA guarda l'album POLONIA Anno 1970 Due buste postali.
P’U SUNG-LING (Cina)
Nativo dello Shang Tun (1630-1715) fu un luminare del regno di K’ieng Lung. Impiegò vent’anni per scrivere una raccolta di racconti dal titolo Liao Cai Ci , interpretato variamente dai traduttori come Storie strane del ritiro, Racconti straordinari scritti nella sala della quiete, Fantasie strane di uno studio cinese. L’opera è composta di sedici libri per un totale di 431 racconti. Fu compiuta nel 1679 ma a stampa uscì solo nel 1765. Si racconta che l’Autore chiedesse in strada un contributo di una storiella ai passanti, che ripagava con tè o con tabacco e che poi rielaborava con la sua sensibilità di poeta, fornendo così un monumento della prosa colta cinese. Scrittore insigne, fu sfortunato nella sua carriera burocratica. Nella letteratura dimenticò i propri crucci o meglio li espresse indirettamente nella finzione letteraria. I suoi racconti sono comici, umoristici, idillici. Le trame sono avventurose e talvolta soprannaturali, specie quando appaiono demoni, spiriti, volpi che si trasformano in fanciulle e in avvenenti giovanotti.
FILATELIA CINA 2001 (3895/89+BF 112), 2001 (3951/4)
(Inghilterra)
Nato il 19 ottobre del 1946 a Norwich. Spese la prima parte della sua vita viaggiando per il mondo in compagnia del padre che lavorava per la Royal Air Force. L’infanzia la trascorse in Australia dove iniziò la sua passione per i fumetti. A undici anni si trasferì nel Galles del Nord e frequentò l’Exeter College di Oxford. Prima di dedicarsi alla letteratura, fece diversi mestieri, tra cui l’insegnante. Per oltre dieci anni insegnò in una scuola media e poi si trasferì al Westminster College di Oxford come docente a tempo parziale. Tenne corsi sul romanzo vittoriano e sul romanzo popolare e poi lasciò l’impiego per dedicrsi alla scrittura a tempo pieno. Inizialmente si dedicò a scrivere libri per adulti, ma presto dirottò il suo interesse sulla stesura di opere per adolescenti, tanto da diventare assai noto nel campo della letteratura per i giovani. Assai nota la trilogia Queste oscure materie che comprende La bussola d’oro, La lama sottile e Il cannocchiale d’ambra. Altre opere (tradotte in Italiano, editrice Salani): Il fiammifero svedese, Il falsario e il manichino di cera, Ero un topo, Lo spaventapasseri e il suo servitore, La principessa di latta, Il ponte spezzato, La tigre nel pozzo, La Oxford di Lyra, L’ombra del nord, Il rubino di fumo, Il conte Karlstein e la leggenda del demone cacciatore, L’orologio meccanico, La farfalla tatuata. A Pullman nel 2004 è stato conferito L’Order of the British Empire .
FILATELIA INGHILTERRA 1998 Busta postale.
PUSKIN ALEXANDR SERGEEVIC’ (Russia)
Nascere in una famiglia di antichissima nobiltà – la madre si dilettava a scrivere poesie, il padre a comporre musica, lo zio Vassili era poeta – non essere compreso, anzi fatto segno al disinteresse familiare comune, rese l’infanzia del giovane Puskin assai infelice. Nessuno si preoccupava della sua ‘precocità letteraria’ (scriveva poesie in russo e in francese che leggeva solo alla sorella Olga e alla nutrice Irina Rodiònovna, la sua njania, l’amata nutrice, che alimentò la sua fervida fantasia con i racconti di antiche fiabe popolari.) Agli amici scriveva “Ascolto la sera le fiabe della mia nutrice”, “Irina è la sola compagna con cui non provo noia”, “Dopo pranzo vado a cavallo ma di sera ascolto le fiabe di Irina”. Irina fu una delle sue muse ispiratrici, quella che gli aprì le porte della fantasia e gli permise, a sua volta, di far rivivere per il suo popolo un patrimonio culturale e fantastico. Puskin nasce a Mosca nel 1799. Dopo un tirocinio letterario curato, secondo i metodi educativi della nobiltà di allora, da precettori francesi e tedeschi e dalla già menzionata Irina, entra dodicenne nel liceo di Zarskoie Selò, il villaggio imperiale presso Pietroburgo. L’amato liceo diviene l’ambiente sostitutivo della famiglia. Vi rimane dal 1812 al 1817, anni durante i quali scrive le sue prime poesie e incontra persone portatrici di nuove idee riformatrici. Terminato il liceo, entra nella burocrazia ed ha un impiego al ministero degli affari esteri. Nel 1820 ottiene il suo primo successo col poema Rùslan e Ljudmilla, di argomento frivolo, sensuale e licenzioso, il quale agì come manifesto delle nuove tendenze romantiche e irritò i classicisti. L’aggiunta poi di alcuni componimenti ‘rivoluzionari’ gli valsero il confine a Ekaterinislav, nella Russia Meridionale, dove fu ospite della famiglia Raevskij. Viaggia in Crimea, nel Caucaso e nel 1820 raggiunge la nuova sede di Kisinev in Moldavia, dove rimane per tre anni, fino a quando gli fu concesso il trasferimento ad Odessa dove può godere di una tenore di vita più libero e spensierato, segnato da due amori: quello per la dalmata Amalia Riznic e per la moglie del governatore locale. Nel 1923, intercettata una sua lettera in cui esprimeva idee favorevoli all’ateismo, viene definitivamente licenziato dalla burocrazia imperiale e costretto ad un isolamento nella tenuta familiare di Pskov. Ciò valse a tenerlo lontano dalla rivolta decabrista del 1825. Salito al trono lo zar Nicola II, è da questi chiamato a Mosca dove ottiene il perdono, una realtà che lo paralizza e lo emargina in quanto il suo compromesso col potere allontana da lui i giovani. Nel 1830 sposa Natalia Gonciarova, donna bella ma frivola. Nascono quattro figli…e una serie di dispiaceri per la condotta della moglie, alimentata dai pettegolezzi di corte. Uno di essi, assai pesante, lo costringe a sfidare in duello il barone francese Georges D’Anthés, che lo ferisce a morte. Muore due giorni dopo, il 27 gennaio 1937: Nella sua opera emergono i romanzi orientali, scritti a Kisinev durante l’esilio. In essi si avverte l’influsso di Byron, ma anche l’adesione allo spirito russo di cui Puskin era un autentico conoscitore. Così nacquero Il prigioniero del Caucaso (1820-21), La fontana di Bachcisaraj (1822), I fratelli masnadieri (1821) dove cronaca e storia, biografia e leggenda concorrono a rendere realistiche le vicende narrate. Comunque la fama di Puskin è legata al romanzo in versi Eugenio Onegin, iniziato nel 1823 e terminato nel 1831. I due personaggi Onegin, sempre autoindulgente, e Tatiana, donna virtuosa ma non puritana né moralista, possono essere considerati i capostipiti di molti futuri personaggi della letteratura russa. Tra le altre opere di Puskin vanno ricordate: Poltava (1828) in cui alla storia di un vecchio cosacco si intreccia il motivo epico della lotta fra Pietro il Grande e Carlo di Svezia; Il cavaliere di bronzo, scritto nel 1833 ma pubblicato postumo nel 1841, basato sul conflitto fra la ragione di stato e i diritti dell’individuo. Nel campo della prosa e del teatro vanno pure ricordate le opere: La figlia del capitano (1836) basata sulla rivolta di Pugacev; La donna di picche (1834); il lavoro teatrale in prosa e versi Boris Gudonov (1825), primo tentativo russo sulla scia shakespiriana; Mozart e Salieri, Il festino durante la peste, Il cavaliere avaro, Il convitato di pietra. Ma presso i giovani in particolare Puskin viene oggi ricordato per le sue splendide fiabe in versi, scritte tra il 1830 e il 1834 e raccolte nel volume Le veglie in una fattoria presso Dikan’ka. Si tratta delle fiabe: Lo zar Saltan, il principe Guidone la principessa cigno; Il pescatore e il pesciolino d’oro; Il pope e il suol servo Baldà; La principessa morta e i sette eroi; Il galletto d’oro. Le fiabe, pur imbevute di una tradizione che affonda le radici nell’animo orientale, non mancano di rifarsi alla cultura occidentale di cui era impregnato il suo spirito romantico. Puskin è il narratore del popolo russo, ma nel suo tempo non fu capito e fu accusato di populismo. Si disse che la sua produzione, troppo legata al mondo della fiaba, era scadente, non degna di un poeta quale egli era. Per molti critici del suo tempo gli elementi reali presenti nelle sue fiabe, i riferimenti concreti, non si conciliavano con l’elemento fantastico che sta alla base di ogni fiaba. Nella stessa collana “Biblioteca per la lettura” dove apparvero, furono accolte come un divertissement che solo una persona di talento poteva concedersi nei momenti di relaxe. Altri grandi scrittori le considerarono opere poco significative, buone intenzioni, non certo opere capaci di sopravvivere all’autore. Puskin, invece, come Andersen, scrisse fiabe letterarie. Ma tra Andersen e Puskin vi è una differenza: nel danese manca la penetrazione profonda dell’animo popolare che contraddistingue l’opera del russo ed è solo marginale l’utilizzo delle tradizioni del proprio paese. Anche il carattere russo viene evidenziato nelle fiabe di Puskin: basta leggere Il pope e il suo serbo Baldà, per notare come il servitore assommi tutte le caratteristiche di chi per secoli è stato costretto a ubbidire e servire umilmente, ma senza perdere la propria umanità e dignità. Poeta dei buoni sentimenti, poeta del popolo e della gente umile, non disdegnava mescolarsi ad essa per partecipare alle sue gesta e per meglio coglierne l’essenza e l’animo.
LIBRI Evgenij Oniegin. Un giovane russo corteggia una romantica fanciulla di provincia, Tatiana, fino a farla innamorare perdutamente. Poi, con raffinata crudeltà, l’abbandona e rivolge le sue attenzioni alla sorella Olga, amata da Lenskij, un poeta idealista, amico di Oniegin. Venuto a diverbio con l’amico, lo uccide in duello e deve riparare all’estero. Dopo anni torna a Pietroburgo dove riprende la vita mondana. Ad un ballo incontra Tatiana, sposa di un vecchio generale. Oniegin tenta di risuscitare nella donna i sentimenti di un tempo, ma Tatiana, ormai smaliziata, lo respinge. Il galletto d’oro. Lo zar Dadone, ormai vecchio, non riusciva più a difendere col suo esercito i confini del regno dagli attacchi dei suoi nemici perché questi attaccavano imprevedibilmente da ogni parte. Chiesto ad un mago come potesse difendersi, questi gli consegnò un galletto d’oro che avrebbe cantato quando qualcuno avesse osato varcare le frontiere. In cambio il mago chiese di essere esaudito in un suo desiderio, ma lo avrebbe espresso quando più gli faceva comodo. Lo zar accettò e il galletto
funzionò a dovere tanto che i nemici non osarono più sferrare attacchi di sorpresa senza essere preceduti dal canto del gallo. Passarono anni di pace. Un giorno il galletto riprese a cantare e si voltò a guardare dalla parte dove il nemico sarebbe giunto. Lo zar inviò uno dei figli con una parte dell’esercito. I giorni passarono ma nessuna notizia pervenne dal fronte. Il gallo continuò a cantare e lo zar inviò il secondo figlio. Neppure questi diede più notizie. Allora l’anziano zar partì con tutte le sue truppe ma non trovò nulla, tranne una tenda abbandonata in cui vide i corpi trafitti dei figli. Mentre impietrito li guardava, giunse una bellissima fanciulla che disse di essere la regina di Samachan. Lo zar se ne invaghì e decise di sposarla. Ritornò alla capitale e tra il tripudio del popolo vide venirgli incontro il mago che gli chiese di onorare la promessa fatta e gli chiese la mano della regina. Lo zar rifiutò. Ne scaturì un diverbio durante il quale lo zar colpì a morte con lo scettro il mago. Il galletto che aveva assistito alla scena, volò sul capo dell’uccisore e lo colpì ripetutamente alla nuca fino ad ucciderlo. Poi volò via. Morto lo zar, la regina sparì improvvisamente. Il pescatore e il pesce d’oro Un povero pescatore trova nella rete un pesciolino d’oro il quale lo prega di lasciarlo libero dietro una ricompensa. Il pescatore, assai generoso, non pretende nulla e lo lascia libero. La moglie, venuta a conoscenza del fatto, va su tutte le furie e ordina al marito di tornare in riva al mare e di chiedere al pesce un mastello nuovo in cambio di quello che si è rotto. Viene esaudita. Allora rimanda il marito dal pesce per chiedere un’isba. Non contenta e sempre più avida, vuole un palazzo, poi una reggia, poi diventare zarina e, infine, regina del mare per avere il pesciolino sotto il suo controllo. A questo punto il pesciolino ritira tutti i doni e il pescatore e la moglie si ritrovano poveri come prima. La fiaba è pure riportata dai F.lli Grimm, solo che la moglie chiede di diventare… Dio. Il pope e il suo servo Baldà. Un anziano pope si recò al bazar per cercare un servo che lo servisse. lavorasse molto e chiedesse un salario basso. Gli si presentò Baldà. “Eseguirò – disse il servo - tutti i lavori in casa e nei campi. Mi darai da mangiare e da dormire. In compenso chiedo come paga di poterti dare a fine anno tre pacche in testa. Se non ti accontenterò potrai mandarmi via”. Il pope accettò e non se ne pentì perche il servo era un vero lavoratore fido e onesto. A fine anno, avvicinandosi il momento della paga e non volendo prendere pacche in testa, il vecchio pope parlò con la moglie. Costei gli disse: “Affidagli un’impresa impossibile e se non la porta a termine, licenzialo!”. Il pope disse allora a Baldà di andare da alcuni diavoli i quali non gli pagavano da anni un tributo. “Fatti restituire tutto il denaro che mi devono e portamelo!” Baldà andò in riva al mare, chiamò i diavoli i quali, restii a pagare, gli imposero a loro volta tre prove. Se le avesse superate gli avrebbero pagato il tributo, se no quello sarebbe rimasto nelle loro mani. Il furbo Baldà accettò, superò le prove, ritornò col sacco pieno di monete e pretese la paga. Il povero pope non poté tirarsi indietro e porse il capo. La prima pacca lo mandò a sbattere contro il soffitto; la seconda gli fece perdere la parola e la terza gli staccò il cervello. “Così impari a voler spendere poco” concluse Baldà soddisfatto. La principessa morta e i sette eroi. Rimasto vedovo con una bambina ancora in fasce, lo zar Saltan si sposa con una bellissima giovane. Costei possiede uno specchio parlante che le ripete continuamente di essere la donna più bella. Passano gli anni. La figliastra cresce e un bel giorno lo specchio dice alla zarina che la più bella è la figliastra che sta per sposare il principe Elisej. Rosa dall’invidia la zarina ordina ad una sua serva di portare la figliastra nel bosco, di legarla e di lasciarla in pasto ai lupi. La serva, presa da pietà, si limita a liberarla e la fanciulla comincia a vagare nel bosco, finché non trova una capanna abitata da sette guerrieri che la prendono a benvolere e la rispettano come una sorella. Passa il tempo e un giorno la zarina, interrogando lo specchio, apprende che la figliastra è ancora viva. Infuriata ordina alla serva, pena la morte, di trovare il mezzo di ucciderla. La serva ci riesce consegnando alla fanciulla una mela avvelenata e ai sette guerrieri non rimane che seppellirla in una bara di cristallo in fondo ad una caverna. Il promesso sposo, intanto continua a vagare per il mondo alla ricerca della sua amata. Chiede a chiunque incontri se l’hanno vista, ma neppure il Sole e la Luna a cui si rivolge sono in grado di dirgli dove si trova. Solo il Vento, che si intrufola dappertutto, glielo svela. Elisej raggiunge così la caverna e trova la bara sospesa a mezz’aria. Al principe basta infrangere il cristallo per ridare la vita alla fidanzata. La malvagia zarina nel vederli ritornare felici muore di rabbia. (È la variante russa di Biancaneve) Russlan e Liudmila. Scritto nel 1820 il poema è in sei canti basati su una leggenda popolare di cui il poeta seguì molto liberamente la trama. L’argomento di gusto francese è frivolo e licenzioso e la sensualità dei suoi episodi contribuì al successo. Lo zar Saltan, suo figlio Guidone e la bellissima principessa cigno. Tre sorelle, parlando tra di loro dicevano che se avessero avuto la possibilità di diventar zarina avrebbero la prima imbandito un pranzo per tutti i poveri del mondo, la seconda tessuto un manto per ricoprire la terra e la terza dato un figlio maschio allo zar. Lo zar che aveva ascoltato, sposò quest’ultima ma invitò a vivere a corte anche le sorelle. Mentre era lontano nacque un figlio ma le sorelle fecero sapere all zar che era nato un piccolo mostro, poi fecero chiudere la madre e il figlio in una botte e la fecero gettare in mare. La botte approdò in un’isola lontana dove madre e figlio vissero. Passarono gli anni. Un giorno il bimbo riuscì a liberare un cigno dagli artigli di un avvoltoio. Il cigno, che in realtà era una principessa traformata in un uccello, era fatato. Per ricompensa il cigno fece sorgere sull’isola una città e nominò re il giovane salvatore, che si chiamava Guidone. Poi il cigno si trasformò in una fanciulla e lo sposò. Lo zar Saltan, sentito nominare il regno di Guidone, volle visitarlo. Ritrovò così la moglie e il figlio. Le due sorelle furono perdonate.
FILATELIA guarda l'album BIELORUSSIA 1999 (299) , CECOSLOVACCHIA 1949 (508), D.D.R. 1984 (2543-47), ETIOPIA 2000 (1510), KIRGHISISTAN 1999 (145+ BF 22), MOLDAVIA 1999 (266), POLONIA 1968 (1681), ROMANIA 1947 (953), 1949 (1089-80), RUSSIA 1937 (590-5), 1947 (1079-80), 1949 (1341-45 + BF 12), 1955 (1754), 1956/7 (1885), 1959 (2194), 1961 (2380), 1962 (2493), 1963 (2744), 1969 (3553), 1974 (4042A), 1975 (4220), 1977 (4358), 1982 (4925), 1987 (5415), 1997 (6262-66); BF 237), 1998 (6343-47), 1999 (6406-7 + BF 244), 2004 (BF), SENEGAL 1972 (376), SAN MARINO 2003 (1895), UCRAINA 1999 (368), UNGHERIA 1979 (2698)
QUINTANA MARIO (Brasile)
Nato ad
Alegrete il 30 luglio 1906. Muore a Porto Alegre il 5 maggio del 1994. Scrittore, poeta, giornalista, traduttore e autore anche di
libri per bambini Iniziò la carriera nel 1928, entrando al
giornale “Estado do Rio Grande”e dopo avere partecipato alla Rivoluzione
del 1930,
si trasferì a Rio de Janeiro. Nel 1936 tornò nel Rio Grande do
Sul, a Porto Alegre, e lavorò con E. Verissimo alla Livraria do
Globo. Fu un eccellente traduttore
di Charles
Morgan, Rosamond Lehman, Lin Yutang, Marcel Proust, Voltaire, Virginia
Woolf, Giovanni Papini, Guy de
Maupassant. Nel In una intervista del 1984 disse di essere nato prematuramente, cosa che
lo lasciò un poco complessato in quanto non gli pareva di essere pronto e
preparato alla vita. In seguito se ne fece una ragione, quando scoprì che Winston Churchill e Isaac Newton erano
nati prematuri. Chi mi conosce afferma che sono modesto, in verità sono
orgoglioso tanto da non credere di aver mai scritto qualcosa alla mia altezza.
Un poeta soddisfatto non soddisfa il pubblico. Dicono pure che sono timido. Niente affatto: sono taciturno,
introspettivo. Nella mia poesia ricerco sempre la forma, il
dosaggio delle parole e adoro la sintesi. A questo forse concorre il fatto di
aver lavorato per cinque anni in una farmacia. È quanto devono aver provato
Carlos Dummond de Andrade, Alberto Oliveira, Erico Verissimo che ben conoscono
la lotta amorosa con le parole. (da Internet) FILATELIA BRASILE Anno
2005 (2919)
HOME | A | B | C | D | E | F | G | H | IJK | L | M | NO | P-Q | R | S | T-U | V | W-Z |
|