
PANN ANTON
(Romania)
Nato a Sliven nel 1794, morì a Bucarest il 2 novembre 1854.
Autodidatta, cantore di chiesa, musicista, insegnò musica per un certo tempo in
un convento di suore e fuggì con una di esse. Abbandonato dalla compagna, si
dedicò alla letteratura, distinguendosi come primo autore del folklore rumeno e
si accinse a fissare in forma scritta il patrimonio culturale rumeno sino allora
affidato alla sola oralità.
Nella raccolta intitolata Il racconto del parlare (1847) tentò di
sistemare e codificare la lingua viva in lingua scritta.
Sue opere: Favole e storielle (1838-41), Poesie popolari (1846),
Proverbi o racconti della parola (1847). Scrisse pure una autobiografia
dal titolo L’ospedale dell’amore (1850-52).
Pann musicò la poesia di A. Muresanu La squilla, che divenne l’inno dei
rivoluzionari romeni.
FILATELIA
guarda
l'album
ROMANIA Anno 1955 (1409), 1996 (4039)
PATERSON ANDREW BARTON (BANJO)
(Australia)
Nasce
a Narramela il 17 febbraio 1864 da Andrew Bogle e Rosa Isabella Paterson.
Iniziati gli studi primari nella scuola di Binalong, li prosegue poi a Sydney
All’età di 16 anni lavora presso un procuratore legale e inizia a scrivere le
sue prime opere firmandole con lo pseudonimo Banjo.
Nel 1945 , a 31 anni, comincia la sua notorietà con la ballata Matilda
waltzing e col suo primo libro L’uomo del fiume Snowy. Con le opere
che seguono contribuisce a creare un’epoca nuova nella letteratura australiana
con l’aiuto della casa editrice Angus e Robertson.
Nel 1899 viaggia nel Sudafrica come corrispondente di guerra per un giornale di
Sydney, seguendo
le fasi della guerra boera e successivamente si reca in Cina per seguire da
vicino la rivolta dei Boxer, ma vi giunge a conflitto concluso.
Nel 1902 lascia la sua professione legale in quanto viene nominato redattore
del giornale di Sydney, occupazione che tiene fino al1908.
Convola a nozze nel 1903 e dall’unione nascono due figli.
Durante la prima guerra mondiale si arruola volontario nell’esercito con la
speranza di poter lavorare quale corrispondente di guerra per qualche testata
giornalistica. Finisce per lavorare presso un ospedale militare. Per la sua
attività viene promosso al grado di maggiore.
Tornato in Australia continua ad occuparsi di giornalismo sino al 1930.
Muore il 6 febbraio del 1941
Paterson scrisse sette volumi di poesie e prose, un libro per bambini e una
antologia il cui contenuto è per lo più incentrato su racconti del bush
australiano..
FILATELIA
guarda
l'album
AUSTRALIA 1987
(1007/11),
1991 (1226).
PERGAUD LOUIS
(Francia)
Nasce
a Belmont, Doubs, il 22 gennaio del 1882. Muore a Vedrdun l’8 aprile del 1915.
Dopo zaver compiuto i suoio studi alla Scuola Normale di Besançon.
Maestro elementare a Landresse, comincia a scrivere poemi , Nel 1907 lascia
l’insegnamento per trasferitrsi a Parigi dpove trova impiego presso la Compagnia
delle Acque. L’incontro col letterato Francio Carco segna l’inizio della sua
carriera letteraria..
Irrompe nel campo letterario con un gustoso libro sugli animali, Da Goupil
a Margot (1910), per il quale gli viene assegnato il premio Goncourt. La
terra, gli animali e le figure della vita contadina sono i protagonisti delle
pagine di altri suoi romanzi: La rivincita del corvo (1911) e il
Romanzo di Miraut, cane da caccia (1914). Ma l’opera per la quale è più noto
in Francia e fuori rimane La guerra dei bottoni: romanzo dei miei dodici anni
(1912), un’opera vivace, umoristica in cui ci s’imbatte nella comica vita di
ragazzi della provincia francese, il villaggio di Landresse dove insegnò.
Postume furono pubblicate le novelle Rustiche (1921).
Louis Pergaud mori all’età di 33 anni, combattendo a Marcheville, presso
Verdun nel 1915,. Il suo corpo non fu ritrovato..
LIBRI
La
guerra dei bottoni Gli abitanti di due piccoli villaggi, Velran e
Longeverne, l’uno rosso per tradizione e l’altro molto religioso, per ragioni
di campanilismo sono in costante attrito, un attrito che coinvolge anche i
ragazzi i quali saltuariamente si affrontano in epiche lotte a suon di pugni,
sberle e botte in un terreno neutro; la foresta che divide i due villaggi. Come
sia nato l’attrito fra i due villaggi è cosa ormai perduta nelle brume del
passato: sembra a causa di una contesa generata per il seppellimento di una
mucca durante la moria del bestiame; oppure per scontri avvenuti durante una
processione per invocare la pioggia, Comunque i ragazzi han fatte loro le
ragioni dei grandi e si sono dichiarati guerra perenne. Da una parte c’è il
gruppo guidato dal grande Lebrac, il quale deve trovare una soluzione alla
questione dei prigionieri. Quando, infatti, una delle due bande cattura qualche
prigioniero, infierisce su di lui tagliandogli tutti i bottoni degli abiti e
costringendolo a ritornare a casa reggendosi calzoni e camicia e con la
sicurezza di buscar botte dalla madre, costretta a ricucire i bottoni e, quel
che più conta, a ricomprarli. Lebrac trova la soluzione: duranti gli scontri
lui e i suoi soldati combatteranno nudi.
I ragazzi, abituati alla vita di campagna usano
un linguaggio colorito e… pepato, ma, si scusa l’autore: “Io mi sono divertito a
descrivere le vicende, ho divertito gli amici e l’editore e penso che gli uomini
di buona volontà, per dirla col Vangelo, lo leggeranno con piacere. In quanto al
resto, per dirla con le parole di Lebrac, uno dei miei eroi, me ne sbatto”.
Dal libro nel 1961 è stato ricavato il film
omonimo del regista Yves Robert e negli anni Novanta un remake dello stesso
regista che però ha spostato la vicenda in Irlanda
FILATELIA
FRANCIA 1982
(2228)
PERRAULT CHARLES
(Francia)
Baldanzoso, sicuro di sé, con un cappello piumato alla moschettiera, portato
spavaldamente alla d’Artagnan, un ampio mantello sulle spalle, un grosso
cinturone con appeso un topolino e una borsa, le zampe posteriori ricoperte da
due stupendi stivali di cuoio con fibbia, lo sguardo fiero rivolto verso l’alto,
così Gustave Doré presenta Le maitre chat, meglio noto come Il gatto
con gli stivali, il felino più celebre della sua razza, salito alla ribalta
nel 1697.
Da oltre duecento anni il gatto non solo è approdato in tutte le letterature
mondiali ma, come Phileas Fogg, ha fatto il giro del mondo ed è entrato a far
parte della filatelia di molti stati europei e d’oltremare che lo hanno
gratificato ora con un valore, ora con tutta una serie, segno della sua vitalità
nell’immaginario collettivo e in particolar modo nella fantasia dei bambini.
Sebbene la tradizione attribuisca la paternità del personaggio a Charles
Perrault, è inesatto considerarlo una invenzione dello scrittore francese.
Perrault si è limitato a donargli una dignità artistica. Ma prima di lui
Giovanni Francesco Straparola, scrittore nato nell’ultimo ventennio del 1400,
nella sua raccolta di novelle Le piacevoli notti, pubblicata nel 1508,
aveva inserito in una di esse un personaggio femminile, una gatta, che si
comporta esattamente come il gatto con gli stivali; e cento anni dopo il
napoletano Giovanbattista Basile (1575-1632) nella sua opera Il Pentamerone
(ovvero Lo cunto de li cunti o Lo trattenemiento de peccerille), utilizzò
pure lui una gatta con le stesse caratteristiche.
Perrault scrive le sue fiabe nel 1695 e dunque è ipotizzabile che abbia avuto
tra le mani i testi dei suoi due illustri predecessori. Comunque una accurata
ricerca potrebbe svelare che prima di loro tre già esisteva un personaggio
analogo, approdato in Europa dalle lontane terre d’Oriente, portato da marinai e
viaggiatori.
Perrault
nella filatelia non è noto solo per il suo gatto ma anche per altri personaggi
conosciuti da giovani e da adulti quali Cenerentola, Cappuccetto Rosso,
Pollicino, Barbablu, La bella addormentata nel bosco. Oggi, se accantonassimo le
sue fiabe, Perrault diventerebbe un perfetto sconosciuto, un ignoto Carneade.
Charles Perrault nasce a Parigi nel 1628 in una famiglia agiata. Fa la sua
prima prova di scrittore negli anni del collegio, frequentati assieme ai suoi
due fratelli Nicolàs e Claude, di lui più anziani. Con essi compone una parodia
del VI libro dell’Eneide. Più tardi, seguendo la moda del momento, si dedica
alla composizione di operette galanti quali Ritratto di Iris, La camera di
giustizia d’amore, di scarso valore letterario. Nel frattempo il ministro
Colbert, amico di famiglia, ottiene per lui l’incarico di Funzionario della
ricevitoria generale delle finanze e, in seguito, di controllore generale della
Soprintendenza alle costruzioni.
Amante della letteratura antica, ma ancor più di quella del suo tempo, nel
1687, in occasione della convalescenza di Luigi XIV, legge all’Accademia davanti
al re un poema in versi dal titolo Il secolo di Luigi XIV in cui
sosteneva la superiorità dei moderni sugli antichi. Il poema dà origine ad una
lunga diatriba con Boileau che sosteneva, invece, il contrario. La Querelle
des anciens et des modernes durò a lungo e infiammò gli animi dei letterati.
Per sostenere la sua tesi Perrault scrive I confronti degli antichi e dei
moderni (1688-1698) e Gli uomini illustri comparsi in Francia nel XVII
secolo (1697-1701). Nel 1700 tuttavia si riconcilia col suo avversario
Boileau. Oggi la questione è dimenticata e si trova solo nelle storie della
letteratura.
Con tali illustri precedenti stupisce constatare che Perrault si sia dedicato
ad una cosa frivola e fantasiosa come la fiaba e anche lui, rendendosene conto,
tenne la cosa nascosta ai suoi contemporanei, tant’è vero che le sue otto fiabe
in prosa più tre in versi furono pubblicate nel 1697 sotto il titolo di
Contes de ma mêre l’oie ou Contes du temps passé e il nome indicato sul
frontespizio era quello di suo figlio Pierre Perrault D’Armancourt, che
all’epoca aveva solo dieci anni. Il grande accademico di Francia che dissertava
di letteratura davanti al re non se l’era sentita di firmare col suo nome. Solo
nelle edizioni successive, quando le fiabe ebbero successo, lo scrittore vi pose
il suo nome.
Perrault morì a Parigi nel 1703.
FIABE
La ragione del successo dei Contes de ma
mère l’oie e della loro notorietà va ricercata nella voga letteraria del
tempo in cui le damine che affollavano il Trianon di Versailles erano avide di
racconti fantasiosi ed edulcorati, gravitanti attorno a storie che stimolavano
l’immaginazione e avevano tutte un lieto fine… oltre ad una morale palese o
nascosta.
Che le fiabe si diffondessero nel patrimonio
letterario di tutta l’Europa è comprensibile. Meno comprensibile che paesi
extraeuropei, in particolar modo quelli d’oltreoceano in cui gli Stati avevano
culture e patrimoni folkloristici totalmente diversi da quelli europei, abbiano
accettato di emettere (all’incirca dopo il 1970) dei valori postali con
personaggi fiabeschi provenienti dalla Francia (e non solo). Il primo pensiero
che viene spontaneo è l’apporto dei coloni francesi trasferitisi in molti paesi
dell’Africa e dell’America, portandosi appresso la loro cultura. Minor impatto
ebbe tale cultura nei paesi asiatici dove è raro imbattersi in Stati che abbiano
emesso valori con personaggi tratti dal patrimonio perraultiano. La loro
cultura, la loro mitologia e il loro mondo folkloristico era già saturo di
personaggi, uomini e animali fantastici. Più che ricevere l’Oriente era pronto
a dare. Al contrario nei paesi dell’America Latina e in molti Stati dell’America
del Nord i racconti attecchirono ed ebbero buon gioco in un humus fertile,
pronto, ricettivo.
Una seconda ipotesi è che molti paesi
d’oltreoceano, da poco colonizzati o diventati indipendenti, non avendo una
storia propria, abbiano utilizzato quella dei precedenti colonizzatori
esaltando di essi i re, le regine, i grandi condottieri, i grandi scienziati e,
perché no?, anche il loro patrimonio fiabesco.
Negli ultimi decenni, però, sfogliando i
cataloghi, si avverte una tendenza inversa, un calo nell’apporto della cultura
europea del passato di fronte ad una presa di coscienza della loro cultura.
Sempre più spesso gli Stati extraeuropei emettono serie di valori dedicati alle
loro storie e alle leggende locali per evidenziare la loro cultura che può stare
in quel campo alla pari con quella europea. È un’onda carica di suggestioni, di
temi, di fantasie, di problemi che investono chi si occupa di folklore. L’unica
difficoltà per noi europei è che, trovandoci di fronte ad un dentello in cui
viene rappresentata una scena fantastica, si rimane spesso disorientati perché
non vi sono fonti cui attingere per capire a quale leggenda, mito o fiaba faccia
riferimento. I cataloghi, infatti, si limitano alla pura indicazione di un
titolo come: “un uomo e un leopardo in mezzo alla savana”, “un fanciullo avvolto
in una nube di fuoco vola in mezzo al cielo a cavallo di un drago”… Spiegazioni
che non dicono nulla, perfettamente superflue perché attraverso la lente il
filatelico capisce subito la situazione, senza però riuscire ad inquadrarla in
un contesto preciso.
Ma ritorniano ai personaggi di Perrault.
Le fiabe da lui scritte sono otto in prosa (La
bella addormentata nel bosco, Cappuccetto rosso, Barbablù, Il gatto con gli
stivali, Le fate, Cenerentola, Ciuffettino, Pollicino) e tre in versi,
pubblicate anteriormente (La
Marchesa di Saluzzo o La pazienza di Griselda, , Gli auguri
e Pelle d’asino). Solo le fiabe in prosa
( ad eccezione di Pelle d’asino) sono presenti tra i molti valori
dedicati all’opera di Perrault
Barbablu:
È un personaggio che non è uscito dai confini della Francia, forse per la sua
particolare vicenda tutta impregnata di horror. Barbablu, ricco signore,
apparentemente bonario, è, invece, un serial
killer, un Landru che ha già ucciso sei mogli, conservandone i corpi in una
stanza segreta del suo castello. Alla settima sposa, ignara di tutto, dovendo
partire per affari, lascia le chiavi di casa, con l’ordine di andare dove vuole
tranne che in una stanza particolare. Ovviamente la moglie disubbidisce e,
aprendo la porta proibita, trova i cadaveri delle mogli precedenti. Al suo
ritorno Barbablu, riscontrata la disubbidienza che già era stata fatale alle
mogli precedenti, decide di ucciderla. Solo l’intervento dei fratelli la salva
da una brutta fine.
La fiaba non ha riscontri nel mondo della
fantasia: il personaggio di Barbablu è realmente esistito. Sembra si tratti di
Gilles de Rays o Rais o Retz, maresciallo di Francia, nato nel 1400 e morto a
Nantes nel 1440. Compagno d’armi di Giovanna d’Arco, maresciallo dal 1429, si
ritirò nel 1435 nelle sue terre di Bretagna dove, sperperato nel lusso il suo
patrimonio, tentò di ridiventar ricco praticando la magia nera e l’alchimia. Si
racconta che per soddisfare le sue pratiche abbia ucciso dai 130 ai 300
bambini. Accusato da più parti anche per il reato di pedofilia, e reo confesso e
pentito, fu giustiziato mediante strangolamento. Ultimamente qualche storico
cercò di riabilitarlo. Le orribili dicerie sul suo conto sembra che fossero solo
calunnie messe in atto dall’Inquisizione che aveva già mandato sul rogo Giovanna
‘d’Arco di cui Rays era stato luogotenente. Dalla realtà alla fiaba.
La bella addormentata nel bosco
La fiaba è presente anche nella raccolta dei F.lli Grimm (tanto che nei
cataloghi è attribuita ora a Perrault ora ai due fratelli tedeschi) e nelle
fiabe del Basile, con molte
varianti. Una fata cattiva, non invitata al battesimo, per vendetta getta un
maleficio sulla neonata principessa, dicendo che a quindici anni sarebbe morta
per essersi punta con un fuso. Un’altra fata però mitiga l’incantesimo. La
fanciulla si sarebbe solo addormentata per cento anni e con lei tutta la sua
corte. Nonostante il re avesse fatto distruggere tutti i fusi presenti nel
reame, ne rimase uno. La principessa incautamente si punse, si addormentò.
Passarono cento anni durante i quali attorno alla reggia nacque un bosco. Un
principe, che si era inoltrato in quel bosco, scoprì la reggia dove tutti
dormivano, baciò la bella addormentata e tutti ritornarono a vivere. La fiaba ha
ispirato a Ciaikovski la musica per un balletto. Anche Ottorino Respighi sfruttò
la trama per una fiaba musicale in tre atti.
Cappuccetto Rosso
É presente anche nelle fiabe dei F.lli Grimm. Fiaba popolarissima. Cappuccetto Rosso
viene mandata dalla nonna ammalata per portarle la cena. La mamma le raccomanda
di non attraversare il bosco per non incorrere in qualche brutta avventura. Ma
la bimba disubbidisce. Nel bosco incontra il lupo che, con modi gentili, riesce
a sapere dove va. Il lupo precede Cappuccetto Rosso e giunto dalla nonna la
divora, si traveste con la cuffia della vecchia e si nasconde nel letto. Quando
la bimba arriva, divora pure lei. Qui termina la fiaba di Perrault a cui i F.lli
Grimm aggiunsero la seguente variante. Un cacciatore che passava per caso
vicino alla casa della nonna, avendo veduto il lupo, lo uccide, gli squarcia il
ventre e nonna e Cappuccetto Rosso ‘riemergono sane’ e salve.
Cenerentola
.Fiaba presente anche nel Basile e
nell’opera dei F.lli Grimm. Cenerentola è figlia di un vedovo. Il padre,
risposatosi con una vedova autoritaria, madre di due figlie alquanto
scorbutiche, non si preoccupa se la ragazza viene in casa relegata al rango di
serva, mentre le figliastre se la spassano in feste e danze. Ma l’intervento
della madrina, una fata, permetterà a Cenerentola di frequentare in abiti
sontuosi le feste di corte. Unica clausola è quella di rientrare a casa entro
mezzanotte. Un principe si innamora di lei ma non riesce a scoprire chi sia.
Una notte Cenerentola, dimentica della clausola, si allontana dopo lo scoccare
della mezzanotte e, fuggendo, perde una scarpina di vetro. Sarà attraverso
questa che il principe riuscirà a ritrovarla e a sposarla. La fiaba è molto
nota. Meno noto è il particolare della scarpetta. Anche se si tratta di una
fiaba, pare strano che la fata madrina abbia procurato alla pupilla un paio di
scarpette di vetro, un materiale per nulla adatto alla confezione delle
calzature e ancor più per danzare. Studiosi di folklore, fra cui Marc Soriano,
autore di parecchi volumi storico-critici su Perrault, sostengono che la parola
‘vetro’ attribuita alle scarpette è nata da un errore. Nel testo
originale di Perrault sta scritto scarpetta di ‘vair’, cioè di vaio, una
pelliccia tratta dalla pelle morbida di uno scoiattolo dei paesi nordici, in
passato usata per confezionare abiti e pantofole. Da vair a verre
il passo è breve. Bettelheim nel suo testo Il mondo incantato (p. 230)
nota che già nel IX secolo a.C. esisteva in Cina una novella con tema analogo a
quello Cenerentola e il quel caso la protagonista calzava una morbida pantofola
di materiale prezioso. Anche in Egitto, a partire dal terzo secolo, si trovano
diversi tipi di calzature, comprese pantofole, fatte di cuoio fino babilonese.
Quindi, è assai probabile che Perrault abbia pensato ad una morbida scarpina di
cuoio di scoiattolo, assai più adatta al ballo. Solo che a pensarla di vetro è
più suggestivo e fantastico.
La fiaba ha ispirato Rossini, che
compose un melodramma giocoso in due atti nel quale mantiene intatto il fascino
della fiaba. Fu rappresentato a Roma nel 1817. Anche Massenet compose un’opera
presentata sulle scene parigine nel 1899. Prokofiev ne trasse un balletto per il
Bolscioi e Marius Petipa con Michel Fokine utilizzarono la fiaba per coreografie
realizzate al Teatro Imperiale di Pietroburgo nel 1883 e al Covent Garden di
Londra nel 1938. Walt Disney nel 1949 realizzò un lungometraggio a cartoni
animati dal titolo Cinderella.
Enrichetto dal ciuffo
Fiaba poco nota. Un re ha avuto un figlio deforme, brutto ma spiritoso e
intelligente. Un altro re ha due figlie di cui una bellissima ma oca e un’altra
bruttissima ma geniale. Le due regine madri s’incontrano e ricorrono ad una fata
per sanare la situazione. Enrichetto ottiene di poter trasmettere la sua
intelligenza alla donna che sposerà e la principessa oca di poter trasmettere la
sua bellezza allo sposo. I due si incontrano in un bosco. Enrichetto si offre di
sposare la fanciulla bellissima e questa, pur prendendo tempo, accetta. Dopo un
anno il principe rimarrà brutto agli occhi di tutti, tranne che a quelli della
bella principessa, mentre lei diventerà intelligente solo agli occhi di lui. La
morale di Perrault è: “In colui che amiamo vediamo solo il buono e il bello.
E colui che amiamo è per noi intelligente”.
Le fate
Fiaba di due sorelle: una brutta, spavalda, prepotente; l’altra bella, remissiva
e servizievole cui toccano
tutti i lavori più pesanti. Quest’ultima, un giorno, trovandosi alla fontana per
attingere acqua, viene avvicinata da una vecchia che le chiede un sorso d’acqua
e la ragazza glielo offre con cortesia. La vecchia è una fata e per ringraziarla
le fa un dono: ad ogni sua parola le usciranno di bocca perle e diamanti. La
madre, veduto il miracolo, manda alla fonte anche la figlia brutta, ma questa,
alla richiesta della vecchia, risponde in malo modo e rimedia il dono di
sputare rospi e serpenti ogni volta che parla. La prima diventerà regina. La
seconda, scacciata di casa dalla madre, andrà a morire in fondo al bosco.
 Il
gatto con gli stivali . Un giovane
riceve in eredità dal padre un gatto. Ben poca cosa. Ma il gatto con la sua
astuzia si rivela un buon amico tanto da usare mille sotterfugi ed espedienti
pur di vivere meglio. Alla fine con uno stratagemma riusirà a far sposare il suo
padrone alla figlia di un re.
Pelle d’asino Fiaba in versi. Un re molto ricco
(aveva un asino che cacava denari), promise alla moglie in punto di morte di
sposare solo una donna degna di lei. Morta la moglie, decise che l’unica donna
all’altezza della defunta fosse sua figlia. La figlia, inorridita, chiese aiuto
alla madrina, la Fata dei Lillà, che le consigliò di chiedere al padre doni
impossibili. Lui, però, riusciva sempre a trovarli. Alla fine la ragazza gli
chiese di donarle la pelle dell'asino che cacava i denari. E il padre non esitò
ad uccidere la bestia. Con la pelle sulle spalle la ragazza fuggì. Si rifugiò in
una fattoria lontana dove col nome di Pelle d’Asino lavorò come sguattera. La
fata madrina le aveva consegnato una bacchetta magica con la quale, quando era
sola, faceva apparire i suoi abiti più belli e li indossava. Il figlio del re
la vide in queste vesti e se ne innamorò. Caduto ammalato, il principe chiese
che Pelle D’Asino gli facesse una focaccia per guarire. La ragazza ubbidì, ma
nascose un anellino nella focaccia. Il principe, guarito, dichiarò che avrebbe
sposato la ragazza al cui dito si fosse adattato l’anello. Naturalmente Pelle
d’Asino fu la .fortunata.
Pollicino
Non ebbe in filatelia altrettanta fama delle altre fiabe forse perché entrò in
competizione con fiabe scritte dai F.lli Grimm. Si tratta di una tipica fiaba di
abbandono, causato da difficoltà economiche dei genitori. Pollicino era l’ultimo
di sette fratelli, figli di un povero taglialegna. Non potendo il padre sfamare
tutti, decide di abbandonarli nel bosco. Pollicino, avendo udito il padre
esporre alla moglie quanto stava per fare, si riempie le tasche di sassolini
bianchi che semina mentre il padre si dirige nel folto del bosco. In tal modo i
sette fratelli, seguendo la traccia lasciata dai sassi, riescono a ritrovare la
via di casa. Alcuni giorni dopo il padre ritenta e stavolta Pollicino, non
avendo avuto il tempo di raccogliere sassolini bianchi, si mette in tasca
briciole di pane e le semina dietro di sè. Purtroppo gli uccelli le mangiano e i
sette non riescono a ritrovare la via del ritorno. Vagando per il bosco,
scorgono una casa e chiedono ospitalità, senza sapere che è la casa dell’orco,
padre di sette figlie. Quando vanno a dormire nella stessa camera delle ragazze,
Pollicino per prudenza scambia i berrettucci dei suoi fratelli con le cuffie
delle figlie dell’orco addormentate. Al suo ritorno, nel buio della notte,
l’orco, credendo di uccidere i bambini per divorarli, uccide invece le sue
figlie. Pollicino e i suoi fratelli fuggono, inseguiti dall’orco che indossa gli
stivali dalle sette leghe. Non trovando i bambini, l’orco si riposa e si
addormenta. Pollicino riesce a sfilargli gli stivali e con questi si reca
dall‘orchessa. Dicendole di essere inviato dal marito (che gli aveva imprestato
gli stivali magici), si fa consegnare tutto il denaro e con i fratelli ritorna
a casa dove padre e madre lo accolgono a braccia aperte.
Gli studiosi di folklore, più che un
abbandono dei figli dovuto alla povertà, hanno voluto
ravvisare nel racconto antichi riti di
iniziazione che i giovani dovevano affrontare prima di entrare nell’età adulta.
Il tema dell’orco e dell’orchessa è presente anche in fiabe italiane quali
Corvetto del Basile e Il gobbo Tabagnino di Calvino.

FILATELIA
guarda
l'album
BELIZE 1980
(495/52+BF 17),
BERLINO 1964 (214/6),
1965 (242/5),
BRASILE 1964 (2207),
BULGARIA 2000
(3867/8),
BURUNDI 1997 (752),
CENTRO AFRICA REPUBBLICA 1979
(396), D.D.R. 1968
(1122/7),
1985 (2616/21),
DOMINICA 1997 (BF 333),
FRANCIA 1983 (2273),
1997 (3040)
, GERMANIA 1971 (526),
GRAN BRETAGNA 2005 (1205),
GRECIA 2010,
GRENADA 1981 (989/97+BF 95),
1987 (1464/81+BF 181 e 184),
GRENADINES DI GRENADA 1986 (701),
1997
(2153),
GUYANA 2001 (401 e 404),
JERSEY 1995 (717/9),
LIBERIA 1999 (1 valore),
MALI 1972 (153/5 P.A.),
MANAMA 1972 (819/23 Catal.
Michel), MONACO 1978
(1152/60),
NEVIS 1996 (950*BF 118),
OLANDA 1997 (1602/3),
PARAGUAY 1978 (1668/74+P.A.
809/10), 1980 (1713/9+P.A.
824/5), 1980
(1749/55+P.A, 835/6)
1982 (1919/1925),
POLONIA 1968 (1679-1682/3),
RUSSIA 1993 (5978),
SAINT VINCENT 1992 (1558),
SAINT VINCENT GRANADINES 1992
(828/36), SAN MARINO 2004
(2101),
SANT’ELENA 2000 (758/9),
SIERRA LEONE 1986 (751/58+BF
54/5), SIRIA 1976
(478),
UNGHERIA 1959 (1328 e 1334),
1960 (1406),
1979 (2696 e 2699),
URUGUAY 1979 (1030)
PETRESCU CEZAR
(Romania)
Nato
il
1 dicembre
del 1892 a
Hodura, Cotnari, Contea
di Jasi Morto a Bucarest il 9 marzo del 1961.
Figlio primogenito
dell’ingegnere Dimitri, professore
presso la Facoltà di agraria
Trifeşti dopo
gli studi primari frequentò il liceo a Iasi e nel 1915 ottenne la laurea in
diritto
Iniziò a scrivere
precocemente e all’età di 15 anni pubblicò un romanzo breve. Nel 1919 si
trasferì a Budapest per lavorare come redattore presso alcuni giornali „Verità”,
„Mattino”,” Bucovina”, „Il paese”.
Tra il 1923 e il
1928 pubblicò alcuni romanzi tra cui Intunecarea, uno dei migliori
romanzi rumeni sulla prima guerra mondiale. Nel 1940, sull’esempio della
Commedia umana di Balzac, scrisse una Cronaca della Romania nel XX
secolo.
Assieme a Lucian Braga e a G. Mihescu fondò la rivista „Il
pensiero” . E in seguito fu pure tra i fondatori, accanto
Pamfil Seicaru,
della rivista socio-politico e culturale „Hiena”
(1919 -
1924) di cui fu
condirettore.
Nel 1955 venne incluso tra
i membri della Accademia rumena. Died on March 9,
1961 by a heart failure.
Petrescu dedicò parte della
sua attività letteraria all’infanzia, scrivendo per i bambini
Fram, ursul polar
, 1931
Fram, orso polare, (1931), Cocârţ şi
bomba atomică , 1945 Cocârţ e bomba nucleare, (1945),
Pif - Paf - Puf , 1945 Pif - Paf
- Puf, (1945), Omul de zăpadă , 1945
L'uomo di neve, (1945), Iliuţă copil
, 1945 Iliuţă bambino, (1945),
Neghiniţă , 1945 Neghiniţă, (1945).
Morì a causa di
insufficienza cardiaca.
FILATELIA
ROMANIA Anno 1992
(4049)
Petrov Valeri
(pseud. Valeri Nisim Mevorah)
(Bulgaria)
Nato a Sofia il 24 aprile 1920.
Valeri Petrov, poeta,
sceneggiatore, drammaturgo e traduttore, figlio dell’avvocato Nisim Mevorah (
ambasciatore bulgaro negli Stati Uniti nel 1945-1947 e rappresentante presso le
Nazioni Unite) e dell’insegnante Mariya Petrova, studiò presso la scuola
italiana di Sofia e si laureò in medicina alla locale università nel 1944. 
A quindici anni Petrov pubblicò il
suo primo libro di poesie Sever Ptitsi kam (Uccelli Verso nord). Per le
pubblicazioni successive, a causa della discendenza ebraica del padre, prese il
nome della madre per non incorrere nelle sanzioni del regime bulgaro allora
filo-nazista.
In seguito scrisse le poesie
Palechko (Pollicino), Na pat (In rotta), Mentre siamo ancora
giovani, Sinyoto Kray di più (Con il mare blu), Spomen Tavanski)
e la serie Nezhnosti (Carezze).
Valeri Petrov è particolarmente
apprezzato per la sua traduzione dell'intera opera di Shakespeare.
Nell’autunno e l'inverno del 1944, quando la Bulgaria cambiò politica,
partecipò con gli alleati alla Seconda Guerra Mondiale e lavorò prima a Radio
Sofia e poi come scrittore di guerra con il quotidiano “Frontovak” (Fronte
Combattente). Dopo la guerra, fu tra i fondatori del giornale umoristico “Starshel”(Il
calabrone) e in seguito assistente-redattore capo (1945-1962). Lavorò pure come
medico in un ospedale militare e nel monastero di Rila.
Tra il 1947 e il 1950 Valeri Petrov
fu inviato nella legazione bulgara a Roma come addetto culturale stampa e si
recò negli Stati Uniti, in Svizzera e in Francia per incarichi vari.
E' stato anche editor in uno studio
cinematografico e nella casa editrice “Pisatel Balgarski”. Servì come
deputato alla Grande Assemblea Nazionale; e dal 2003 è un accademico della
Accademia Bulgara delle scienze. Politicamente, ha militato nella
sinistra-socialista sin da quando frequentava la scuola al tempo nel Terzo
Regno Bulgaro.
Opere:
Stari neshta Malko Po novomu
(Roba vecchia in un modo un po 'nuovo, poesie),
Stihotvoreniya
(Poesie),
Esen mekata
V (Mezzo Autunno),
Improvizatsiya
(Improvvisazione), commedia, Poemi, raccolta di poesie,
Belezhnik Afrikanski
(appunti di viaggio),
Na smyah
(Per scherzo), poesie satiriche,
Prikazka Byala
(Fiabe),
San za Kopche,
Pet prikazki
(Cinque fiabe),
Opere scelte
(due voll.)
FILATELIA
BULGARIA Anno 2010 (4949/50)

(Russia)
Nato nel 1789
e morto nel 1836.
Il Conte
Alexey Perovsky (nome d’arte Anton Pogorelsky) è stato un figlio illegittimo del
Conte Alexey Razumovsky, fratello del conte Vasili Perovsky. Fu l'autore del un
romanzo Il popolo sotterraneo. ben noto ai bambini russi,
FILATELIA
URSS, 1984
, (Busta postale)
POLO MARCO
(Italia)
Nato
a Venezia nel 1254, appartiene ad una nobile famiglia di origine probabilmente
dalmata, dedita al commercio, con botteghe e fondaci in Venezia e in altri porti
del Mediterraneo e anche nel Mar Nero. Suo padre Niccolò e suo zio Matteo, per
ampliare la loro zona commerciale, si erano spinti fino a Cambalig (Pechino)
dove erano stati ricevuti dal conquistatore mongolo Kublai Khan. Dopo quindici
anni di permanenza in Cina, al loro ritorno a Venezia avevano riabbracciato
Marco, il figlio di Niccolò, allora quindicenne, Le ricchezze vedute in Cina,
l’incitamento di Kublai a continuare i rapporti commerciali, spinsero i due
fratelli a partire per un nuovo viaggio nel 1271, stavolta in compagnia di
Marco. La carovana dei Polo penetra nell Asia dalla costa del Mare di Levante,
attraversa l’Anatolia, l’Armenia, la Persia, lungo un itinerario che nessun
europeo aveva mai percorso. Tocca le pianure della Boccaria, i Monti del
Corassan, gli altipiani del Pamir, la catena dello Tien-Scian, i deserti del
Sinchiang e del Gobi, finché non arrivano a Cambalig dove sono accolti alla
corte imperiale di Kublai.
L’accoglienza dell’imperatore è fastosoa anche perché Kublai aveva compreso che
i rapporti tra occidente e Oriente sarebbero stati proficui per la Cina. Per di
più il sovrano si affeziona al giovane Polo, il quale diviene un suo consigliere
e può seguirlo nei viaggi in varie parti dell’impero, consentendogli di vedere
e di conoscere la vita e la cultura di quelle popolazioni. A Marco vengono
affidati importanti
incarichi: preposto al governo di province con incarichi ispettivi; ambasciatore
in Birmania e in India. Dopo diciassette anni di permanenza in Cina, la
nostalgia della laguna prevale sui suoi impegni orientali, tanto da spingerlo a
riprendere la via del ritorno in una occasione particolare: quando dovette
accompagnare una principessa cinese destinata sposa al al sovrano di
Persia.
La carovana parte per nave, facendo un lungo periplo che la porta a costeggiare
le coste della Cina, dell’Indocina, della Malesia, di Sumatra, dell’India,
dell’Iran.
Nel 1295 Polo rivede Venezia di cui segue le vicende politiche nella lotta
contro la rivale Genova. Dopo la battaglia di Curzola (secondo altri durante uno
scontro di galee che nel Mar di Levante gareggiavano per accaparrarsi i mercati
e i commerci migliori) lo ritroviamo prigioniero dei Genovesi, in una cella dove
già si trovava Rustichello da Pisa, un modesto letterato, al quale racconta le
sue esperienze in Cina.
Costui scrive le avventure raccontate in ‘volgare gallico’, la lingua d’oil
allora molto nota. Nascono così Le Meraviglie del mondo, comunemente
note col nome di Il milione, sembra fosse questo il nomignolo dato a
Marco Polo.
Il libro ha una immensa fortuna. Viene tradotto in molte lingue, anche in latino.
Oggi esistono oltre 200 codici i quali riportano molte varianti. Con l’avvento
della stampa si cominciarono a fare del libro edizioni in molte altre lingue.
Dall’opera emerge come Polo fosse un osservatore acuto, la cui mente in quei
venticinque anni di permanenza in Cina immagazzinò una enorme quantità di
notizie, di dati e di fatti che sollecitarono altri visitatori e missionari,
spinti verso quei luoghi con scopi di propaganda religiosa, e mercanti attirati
dalle enormi ricchezze che Polo aveva descritto. Molti viaggiatori seguirono gli
itinerari terrestri percorsi dai Polo, dando vita a quella ‘strada della seta’
che ebbe larga fortuna nel Medioevo: altri seguirono le rotte marittime. L’opera
contribuì anche alle scoperte geografiche. Basti pensare che dopo il dono di una
copia del Milione a Enrico il Navigatore, i portoghesi sotto la guida di
Vasco de Gama intrapresero la circumnavigazione dell’Africa intera per
raggiunger la Cina. Probabilmente anche Colombo conobbe il Milione e fu
uno dei tanti motivi che indusse i sovrani di Spagna a fornirlo di caravelle per
raggiungere il mitico Catai e le sue ricchezze.
Ma, indipendentemente da queste conseguenze, che Marco Polo non poteva
prevedere, il viaggiatore veneziano fu venerato da cinesi e giapponesi per aver
rivelato al popolo intero la loro cultura e civiltà, e rimane uno dei maggiori
viaggiatori di tutti i tempi.
LIBRI
Il Milione o Le meraviglie del mondo
Il titolo completo secondo la tradizione è Il libro di Messer Marco Polo
cittadino di Venezia, detto Milione, dove si raccontano le meraviglie del mondo.
Vi si narrano le avventure dell’esploratore mercante che fra ambascerie,
commerci, governatorati e incarichi
vari, visse alla corte del grande imperatore cinese Kublai Khan e poté conoscere
terre e costumi delle favolose regioni del Catai e del Cipango. Il libro è stato
composto a Genova, da Rustichello da Pisa, compagno di prigionia, un modesto
letterato che nel 1271 aveva scritto il romanzo Meliadus. Il testo fu per
secoli trasformato e deformato da varie edizioni in italiano, francese, latino,
finché, in epoca moderna, non venne rivisitato e ricostruito da Luigi Foscolo
Benedetto, secondo una riedizione integrale in francese e poi divulgato in una
nuova edizione italiana.
È la rievocazione fatta da Marco Polo
al suo rientro a Venezia delle ricchissime e allora misteriose regioni
orientali, un racconto espresso con un tono di meraviglia. Famose sono le pagine
sul Veglio della Montagna (una leggenda che ha tracce medievali), sulla vita e
sulle varie residenze fastose dell’imperatore Kublai.
Polo ricorda anche epiche battaglie come quella
tra il re Alau Halagu, Khan di Persia, e il re Berke Khan dell’Orda d’Oro, dove
con rara efficacia è resa la lotta sanguinosa per la conquista di territori e di
gloria. Il Milione è anche un importante documento storico per il lavoro
svolto da un ‘occidentale’ in un ambiente del tutto diverso dove ricoprì
funzioni di governatore, applicando la saggezza occidentale ad usi e costumi
orientali.
Stupende le descrizioni di terre nuove,
visitate durante molteplici viaggi in compagnia dell’imperatore, attraverso
lande sconfinate, a contatto con genti e popolazioni sconosciute talvolta anche
agli orientali stessi che le avevano relegate in dicerie e favole antiche.
Altrettanto importanti le descrizioni di piante
sconosciute come le spezie, il pepe, il gengiavo o l’abbondanza di minerali come
il carbon fossile del Catai, le pietre preziose e il petrolio dell’Armenia.
Splendide pure le descrizioni di palazzi
meravigliosi in cui l’oro era profuso a piene mani; le folle prostrate davanti
all’imperatore, ai potenti, davanti ai templi e agli idoli; schiere armate in
marcia o in piena battaglia, costumi, linguaggi, sentimenti mai noti alla pur
antichissima civiltà mediterranea.
Con il Milione Marco Polo diede
all’Italia un’opera epica che questa ancora non aveva nel suo patrimonio
letterario e che le mancava nel confronti con la letteratura cavalleresca di
altri popoli.
FILATELIA
guarda
l'album
CECOSLOVACCHIA 1994
(2 valori),
CROAZIA 1995 (314),
ITALIA 1954 (740/1),
1995 (2239),
MACEDONIA 2004 (327),
MONACO 2004 (2464),
SAN MARINO 1986, VATICANO 1996
(5valori)
POMBO RAFAEL
(Colombia)
Nato a Buga nel 1833 e morto a Bogotà nel 1912.
Studia ingegneria e si dedica in seguito alla politica. Membro del
Parlamento colombiano, sensibile all’influsso dei poeti romantici europei,
coltiva generi lirici con musicalità e ricchezza di immagini tanto da essere
considerato uno dei più grandi poeti e narratori del romanticismo ispano
americano.
Tra i temi della sua poesia, presenti in Ora
di tenebra e Preludio di primavera, emerge l’amore per la natura, la
solitudine, la disperazione. Nel 1816/17 a Bogotà viene stampata la sua opera
omnia in Poesie complete.e Traduzioni poetiche (1917)
La popolarità gli deriva dalle opere antologiche e dalla letteratura rivolta ai
giovani, in particolar modo dai Racconti illustrati e racconti morali per
bambini (1854), racconti in rima che hanno come personaggi Simon el Bobito,
Donna Panfaga, Renacuaio paseador Stufato e il suo gatto, Pastorcita, La
povera vecchia, Il bambino e la farfalla.
Pombo
si affida ai ricordi della sua infanzia per ricrearli e ricordarli ai ragazzi,
per cui in essi è tuttora vivo il senso del passato che emerge dai suoi
personaggi, in particolar modo Rin Rin, i vestiti della Povera vecchia e in
particolar modo la Pastorella.
FILATELIA
BRASILE 1994
(2208),
COLOMBIA 1980 (658/60 P.A.)
PONSON du TERRAIL PIERRE-ALEXIS
(Francia)
Nacque a Montmaur, Grenoble, l’8 luglio 1829 e morì a
Bordeaux il 20 gennaio del 1871.
Romanziere
francese, inizia giovanissimo a scrivere romanzi d’appendice e si conquista un
vasto pubblico col primo romanzo feuilleton Le quinte del mondo
(1853). Da allora in poi si dedica interamente ai romanzi d’appendice. I suoi
sono romanzi fiume, con intrecci spettacolari e macchinosi. Sono tutti
ravvivati da continui colpi di scena da imprevisti patetici e sensazionali che
lo portarono alla notorietà e ad un pubblico fedele, ansioso di conoscere ogni
sua nuova opera. Venivano stampati in un un primo tempo su giornali e riviste e
poi assemblati in volumi.
Tra essi si ricordano I cavalieri della notte (1855) e
soprattutto Le imprese di Rocambole (1859) cui seguirono altri ventidue
volumi della serie. Sono opere per adolescenti ma non solo.
Scrisse oltre trecento romanzi tra cui: La fata di Auteuil, Il grillo del
mulino, L’organetto, Il nuovo maestro di scuola: racconto di un campagnuolo, La
Bella Argentiera (1872), La favorita del re di Navarra (1872), La
seconda gioventù di Re Enrico (1872), Senza fortuna: storia di un
fanciullo perduto (1873), Gli amori della bella Nancy (1873), La
notte di San Bartolomeo (1873), Le avventure del fante di fiori (1873),
L‘ebrea del Chateau-Trompette (1879), Le Chambrion (1880), La
regina delle gitane (1882). Pubblicati in Italia dopo la sua more: Le
avventure del fante di cuori (1919), Il regicida (1919), Il bel
Galaor (1919), La regina delle barricate (1919), Un dramma
nell’India (1920), I cavalieri del chiaro di luna (1921),
L’eredità misteriosa (1921), La seconda gioventù di Re Enrico (1924),
Il fabbro del convento (1924), Gli amori del fante di fiori (1923).
LIBRI
Il
suo personaggio più noto è Rocambole. Lo creò dietro invito del direttore di “La
Patrie” il quale gli commissionò un feuilleton sul tipo dei Misteri di Parigi
di Sue. Scrisse così il primo libro della serie in cui Rocambole era un bambino
che accompagnava sempre La Mère Fipart. Avendo l’autore bisogno di qualcuno che
si opponesse ed osteggiasse il suo protagonista ‘buono’, Armand de Kergaze, e
non avendo tra le mani altri ‘cattivi’, fece improvvisamente crescere d’età
Rocambole che divenne una specie di rappresentante del male, astuto al punto che
su di lui venne creato l’aggettivo ‘rocambolesco’. Al primo libro I drammi di
Parigi fecero seguito Il club dei fanti di cuori, Tourquoise la
peccatrice, Le imprese di Rocambole (1859), La corda dell’impiccato
(1861), L’ultima parola di Rocambole (1865), La resurrezione di
Rocambole (1866), La verità su Rocambole (1867) e altri. Ad un certo
punto, forse stanco del personaggio, l’Autore lo fece morire a Londra, durante
una ennesima avventura, sfigurato dal vetriolo. Su richiesta dei lettori lo
fece risorgere col viso orrendamente sfigurato dalle cicatrici nel volume I
cavalieri del chiaro di luna (1862). In seguito lo rese di nuovo bello nel
corpo e anche nell’animo, una redenzione dovuta ad un atto di pietà verso una
sua vittima. Divenne l’angelo del bene, il difensore dei perseguitati, una
specie di detective privato. Dopo La verità su Rocambole, la serie
cessò. Venne comunque ripresa da molti epigoni.
Nel 1971 le Edizioni Paoline pubblicarono i
titoli: Rocambole la vendetta di Baccarat, Il testamento di Grano di Sale,
Maddalena, La resurrezione di Rocambole.
FILATELIA
FRANCIA 1996
(3007)
Postgate Oliver
(Inghilterra)
Nato a Hewndon,
Middlesex il 12 aprile 1925. Morto l’8 dicembre 2008.
Fu il creatore
e scrittore di alcuni dei più popolari programmi televisivi per bambini di Gran
Bretagna. Pingwings, Pogles’ Wood, Noggin il Nog, Ivor Engine, Clangers e
Bagpuss sono i personaggi da lui inventati e realizzati dalla Smallfilm,
la società da lui costituita con Peter Firmin (vedi) per la televisione
BBC tra il 1950 e il 1980, e su ITV dal 1959 ad oggi. In un sondaggio del 1999,
Bagpuss è stato votato quale migliore programma televisivo per bambini.
Di famiglia agiata i cui membri erano impegnati nella politica, nella
letteratura (suo nonno era un noto classicista latino), nel cinema (era cugino
dell’attrice Angela Landsbury), studiò. presso la Scuola privata
Woodstock Golders Green Road a Finchley, nel nord-ovest di Londra e presso la
Woodhouse scuola secondaria, già nota dal 1923 in poi, come Woodhouse Grammar
School.
Avrebbe voluto studiare in una
scuola di recitazione, ma nel 1943, quando doveva essere arruolato
nell’esercito, si dichiarò (come già aveva fatto suo padre) obiettore di
coscienza. Gli fu negato il riconoscimento e fu inviato a Windsor dove si
rifiutò di indossare la divisa. Subì un processo di fronte alla Corte Marziale e
fu condannato a tre mesi di carcere. Ricorse in appello e ottenne di essere
inquadrato nel servizio sociale quale contadino. Lavorò in alcune aziende
agricole fino alle fine della guerra e, dopo l’occupazione della Germania,
lavorò presso la Croce Rossa.
Nel 1948 al ritorno nel Regno
Unito, frequentò la scuola di recitazione. Nel 1957 fu nominato direttore di
scena presso la Associated Rediffusion e si dedicò a programmi per bambini. In
quel periodo scrisse Alessandro Mouse, la storia di un topo nato per
essere re. In quel periodo incontrò Peter Firmin. Dopo il successo di
Alessandro Mouse, Postgate scrisse la storia cinese Il Viaggio della
Master Ho, un programma televisivo destinato a bambini audiolesi.
Nacque in quel periodo il sodalizio Postgate-Firmin e la nascita di una società
per la produzione di programmi per bambini; la Smallfilms. La prima produzione
fu Ivor Engine (1959), storia di una locomotiva a vapore, seguita da
Nogin Nog e altri personaggi.
Noggin il
Nog è stata una popolare serie televisiva originariamente riportato dalla BBC
negli anni 1959 al 1965. Trenta i programmi, originariamente in bianco e nero.
Strettamente parlando, il titolo è "La Saga di Noggin il Nog", dal momento che
le storie si basavano su una saga nordica, e ogni episodio inizia con le parole:
"Ascoltami e io ti dirò la storia di Noggin il Nog, così come è stata raccontata.
Le storie ruotano attorno al personaggio centrale di Noggin, un principe
semplice e di buon carattere. Nei primi episodi, sposa una principessa
eschimese, Nooka, e nasce un figlio, Knut. Altri personaggi regolari sono amico
di Noggin, Thor Nogson, un inventore eccentrico, Olaf, e Graculus, un grande
uccello verde dalle oscure origini. Delle storie fa anche parte Nogbad il Malo,
zio cattivo di Noggin che voleva il trono per se stesso.

I vari
racconti brevi di Noggin sono stati pubblicati. Tra essi emerge Noggin e il
Topo Luna, che in seguito ha fornito la base per i personaggi di un’altra
popolare serie TV: Clangers.
Oltre ad occuparsi di programmi
per bambini Postgate ebbe diverse altre attività. Nel 1986, in collaborazione
con lo storico Linnell Naomi, dipinse l’Illuminazione della vita e della
morte di Thomas Becket per un libro con lo stesso titolo; nel 1990 dipinse
un lavoro simile su Cristoforo Colombo per un libro intitolato Il fallimento
Trionfante; un trittico Canterbury una cronaca, commissionato nel
1990 si trova nella Sala Grande dell’Eliot College a Canterbury; negli anni 1970
e 1980 Postgate è stato attivo nella campagna anti-nucleare, affrontando
incontri e scrivendo alcuni opuscoli, tra cui The Writing on the Sky;
nel 1995 narrò le sei puntate comiche del Pianeta elastico alla BBC
Radio, nel. 2003 si occupò di un documentario Gli alchimisti del suono
per loa BBC Radiophonic Workshop e nel 2007 fu ospite della BBC Radio 4 per
Desert Island Disc.
Nel 1987 l’Università del Kent
gli conferì la laurea honoris causa per la sua opera di animatore.
La sua autobiografia, Vedere
le cose, è stato pubblicata nel 2000
FILATELIA
INGHILTERRA Anno 1994 (1742), 1996
(1913)
(Inghilterra)
Nacque a Londra il 28 luglio 1866 e ivi morì il 22 dicembre 1943
Entrambi i genitori disponevano di rendite ereditate dai loro genitori. Suo
padre, Rupert Potter,
in teoria era avvocato ma trascorreva gran parte del tempo in circoli esclusivi
e raramente esercitava. La madre trascorreva le sue giornate facendo visite o
ricevendone. Per cui Beatrix e il fratello vengono per lo più allevati da baby
sitter e governanti. Quando Beatrix cresce i suoi genitori scoraggiano qualunque
tentativo di ‘istruzione pubblica’ e la giovane deve invece imparare le regole
per la gestione della casa. Solo il fratello Bertrand viene inviato a scuola,
mentre Beatrix, secondo l’uso del tempo è educata da precettori privati. Uno zio
tenta di farla accedere come studente presso i
Royal Botanic Gardens
di Kew ma le è negato in quanto donna.
L'ispirazione per le sue illustrazioni e per i
racconti le viene dai numerosi piccoli animali che portava a casa o che
osservava durante le vacanze in
Scozia e nel
Lake District.
Tutti la incoraggiano a pubblicare la sua prima
storia, The Tale of Peter Rabbit ma fatica a trovare un
editore, la storia viene pubblicata nel 1902 in duecentocinquanta copie. Il
piccolo libro
e i successivi, molto apprezzati, le permettono di diventare economicamente
indipendente. Si fidanza segretamente con l'editore, Norman Warne ma i genitori
ostacolano il matrimonio in quanto disapprovano che lei sposasse un uomo che
lavorava per vivere. Non si sarebbero mai sposati perché Norman morì sei mesi
dopo il fidanzamento per leucemia. Beatrix si rifugia in casa di uno zio e poi
acquista con i proventi dei suoi libri una fattoria nel Lake District. Nella
calma dei campi continua a scrivere storie per i più piccoli, aggiungendo al
coniglio Rabbit altri personaggi quali la gattina Moppet e il gatto Tom Nicio,
il riccio Trovatutto, lo scoiattolo Nutkin e molti altri animaletti
All'età di 47 anni sposa il suo avvocato, William Heelis, anche questo riprovato
dai genitori troppo snob per avere un genero ‘lavoratore’. Non ebbero figli.
Dovette smettere di scrivere intorno al 1920 per problemi di vista.
In tutto scrisse 23 libri, pubblicati in piccolo formato adatto per i piccoli
lettori. Furono tradotti in una trentina di lingue. Diventarono anche cartoni
animati messi in atto dalla Warner Brows nel 1935 e dalla TV britannica.

Sue opere scritte e da lei illustrate: La storia di Peter Coniglio (1902),
Il sarto di Gloucester,
(1903), La storia di due topini cattivi (1904), La storia della signora
trovatutto (1905), The Tale of the Pie and the Patty-Pan (1906), The Tale of
Mr. Jeremy Fisher, The Story of a Fierce Bad Rabbit, The Story of Miss Moppet
(1906), The Tale of Tom Kitten (1907), La storia di Jemima anatra de' stagni
(1908), La storia di Samuel Baffetti (1908), La storia dei coniglietti Flopsy
(1909), The Tale of Ginger and Pickles (1909), La storia della signora topolina
(1910), La storia di Timmy Puntappiè (1911), The Tale of Mr. Tod (1912), La
storia di Bland porcellino (1913), Appley Dapply's Nursery Rhymes (1917),
The Tale of Johnny Town-Mouse (1918), Cecily Parsley's Nursery Rhymes (1919),
The Tale of Little Pig Robinson (1930)
FILATELIA
guarda
l'album
INGHILTERRA 1979
(896),
1993 (1853),
2006, JERSEY 2006 (1530/3),
LIBERIA 1998
(1764)
(Slovenia)
É
considerato uno dei più grandi scrittori sloveni.
Poeta della Corinzia e rivoluzionario è uno dei
rappresentanti del neo-realismo nella letteratura slovena dopo la seconda guerra
mondiale.
I suoi romanzi
Doberdob, Požganica e Jamnica, e la raccolta di racconti brevi
Samorastniki si distinguono per la loro monumentalità, l'ampia panoramica
di affreschi raffiguranti il mondo e la psicologia dei personaggi, che si
presentano forti, solidi, indomiti. Politicamente inquadrati nella società
della Carinzia durante le lotte del 1920.
Il suo ultimo libro Solzice è uno dei più bei libri
per la letteratura giovanile slovena.
Si tratta di un’artistica rivelazione dell'autore in cui
emerge l'amore per la madre, per la patria, la sua simpatia per la sofferenza e
la sua stretta connessione con la natura,
Voranc è una personalità quasi leggendaria nel campo della
cultura slovena.
FILATELIA
Slovenia ,
1993, Girl ,
SLOVENIA Anno 1993 (36)
PRISVIN MICHAIL MICHAILOVIC
(Russia)
Nato
a Cruscevo, governatorato di Orel, il 23 gennaio (o 4 febbraio) 1873, morì a
Mosca il 16 gennaio 1954.
La sua vita, raccontata nel romanzo autobiografico La catena di Kascei
(1923-54), ha come episodio centrale il suo arresto e detenzione mentre,
studente di agronomia all’Università di Riga, aveva aderito alle idee
socialiste.
Nel 1900 si recò in Germania dove si laureò in agronomia a Lipsia.
Il suo primo libro fu una monografia sulla coltivazione della patata.
Partì per un lungo viaggio attraverso la Russia del Nord, raggiungendo anche la
Norvegia e si avvalse delle nozioni apprese durante il viaggio per scrivere le
opere Nel paese degli uccelli non spaventati (1907), Per la
pagnottella magica (1908), Presso le mura della città invisibile
(1909) derivato da un soggiorno nel governatorato di Nizanij Novgorod le cui
foreste erano sede di settari e di Vecchi Credenti che suscitavano l’interesse
dei simbolisti. Le sue opere sono animate da un senso panico e scientifico della
natura.
Dopo la Rivoluzione il suo lavoro continuò, affiancando alla natura il tema
delle leggende popolari.
Tra le sue opere sono da ricordare i racconti Le sorgenti di Berendej
(1925), poi uscite ampliate nel 1935 col titolo Il calendario della natura,
destinato all’infanzia; il lungo racconto Ginseng o La radice della vita
(1933), il ciclo Il disgelo della foresta (1940).
Prisvin fu un raffinato poeta-scienziato della natura, uno scrittore-ecologo che
avverte la presenza della vita nella natura e cerca di coglierne gli aspetti più
sfuggenti.
FILATELIA
RUSSIA Anno 1972
(3912)
(Polonia)
Nato il 20 gennaio
1922 . Morto nel
1998.
Studiò a Varsavia. Durante gli anni 1940-1943 fu costretto dalle autorità
sovietiche a lavorare in una cava di basalto. Nel 1943 entrò volontariamente
nella armata rossa e combatté durante la seconda guerra mondiale. Durante il
periodo militare fu inviato speciale e vice direttore di alcuni quotidiani
dell’esercito. Terminato il conflitto entrò a far parte del Partito Comunista
Polacco e, rimasto
nell’esercito, continuò a lavorare nel campo giornalistico e come editorialista
del giornale ”Armata del Popolo”
Nel 1961 fu promosso al grado di colonnello. Negli anni dal 1962 al 1985
ricoprì diversi incarichi politico-militari. Durante la sua permanenza
nell’esercito ottenne numerosi riconoscimenti e decorazioni: una Croce al
merito, la Croce di Grunwald , una medaglia d’argento, la Bandiera del Lavoro...
Autore di numerosi romanzi è
soprattutto noto per Quattro uomini, un carro
armato e un cane. L’opera, scritta per i giovani,
ebbe un seguito in una serie di filmati televisivi. Per la TV scrisse più di 200
testi e due musical.
Scrisse anche altri libri per i giovani, assai letti e
apprezzati nelle scuole Opere:
Czterej pancerni i pies
(per ragazzi), Fortele Jonatana Koota (per ragazzi 1980-1981), Listy
siwiejące (1973), Minerzy podniebnych dróg Studzianki
Tajemnica (per ragazzi 1972), Studzianski, Ze 101
frontowych nocy (per ragazzi 1974), Zawzięty (1975), Znużony
(1974), Żołnierze czterech rzek
FILATELIA
guarda
l'album
POLONIA Anno 1970
Due buste postali.
P’U SUNG-LING
(Cina)

Nativo dello Shang Tun (1630-1715) fu un luminare del regno di K’ieng Lung.
Impiegò vent’anni per scrivere una raccolta di racconti dal titolo Liao Cai
Ci , interpretato variamente dai traduttori come Storie strane del
ritiro, Racconti straordinari scritti nella sala della quiete, Fantasie strane
di uno studio cinese. L’opera è composta di sedici libri per un totale di
431 racconti. Fu compiuta nel 1679 ma a stampa uscì solo nel 1765. Si
racconta che l’Autore chiedesse in strada un contributo di una storiella ai
passanti, che ripagava con tè o con tabacco e che poi rielaborava con la sua
sensibilità di poeta, fornendo così un monumento della prosa colta cinese.
Scrittore insigne, fu sfortunato nella sua carriera burocratica. Nella
letteratura dimenticò i propri crucci o meglio li espresse indirettamente nella
finzione letteraria.
I suoi racconti sono comici, umoristici, idillici. Le trame sono avventurose e
talvolta soprannaturali, specie quando appaiono demoni, spiriti, volpi che si
trasformano in fanciulle e in avvenenti giovanotti.
FILATELIA
CINA 2001
(3895/89+BF 112),
2001 (3951/4)
PULLMAN PHILIP
(Inghilterra)
Nato
il 19 ottobre del 1946 a Norwich.
Spese la prima parte
della sua vita viaggiando per il mondo in compagnia del padre che lavorava per
la Royal Air Force. L’infanzia la trascorse in Australia dove iniziò la sua
passione per i fumetti.
A undici anni si trasferì
nel Galles del Nord e frequentò
l’Exeter College di
Oxford.
Prima di dedicarsi alla
letteratura, fece diversi mestieri, tra cui l’insegnante. Per oltre dieci anni
insegnò in una scuola media e poi si trasferì al Westminster College di Oxford
come docente a tempo parziale. Tenne corsi sul romanzo vittoriano e sul romanzo
popolare e poi lasciò l’impiego per dedicrsi alla scrittura a tempo pieno.
Inizialmente si dedicò a
scrivere libri per adulti, ma presto dirottò il suo interesse sulla stesura di
opere per adolescenti, tanto da diventare assai noto nel campo della letteratura
per i giovani. Assai nota la trilogia Queste oscure materie che comprende
La bussola d’oro, La lama sottile e Il cannocchiale d’ambra.
Altre opere
(tradotte in Italiano, editrice Salani): Il fiammifero svedese, Il falsario e
il manichino di cera, Ero un topo, Lo spaventapasseri e il suo servitore, La
principessa di latta, Il ponte spezzato, La tigre nel pozzo, La Oxford di Lyra,
L’ombra del nord, Il rubino di fumo, Il conte Karlstein e la leggenda del demone
cacciatore, L’orologio meccanico, La farfalla tatuata.
A Pullman nel 2004 è
stato conferito L’Order of the British Empire .
FILATELIA
INGHILTERRA 1998
Busta postale.
PUSKIN ALEXANDR SERGEEVIC’
(Russia)
Nascere in una famiglia di antichissima nobiltà – la madre si dilettava a
scrivere poesie, il padre
a comporre musica, lo zio Vassili era poeta – non essere compreso, anzi fatto
segno al disinteresse familiare comune, rese l’infanzia del giovane Puskin assai
infelice. Nessuno si preoccupava della sua ‘precocità letteraria’ (scriveva
poesie in russo e in francese che leggeva solo alla sorella Olga e alla nutrice
Irina Rodiònovna, la sua njania, l’amata nutrice, che alimentò la sua
fervida fantasia con i racconti di antiche fiabe popolari.) Agli amici scriveva
“Ascolto la sera le fiabe della mia nutrice”, “Irina è la sola compagna
con cui non provo noia”, “Dopo pranzo vado a cavallo ma di sera ascolto le fiabe
di Irina”. Irina fu una delle sue muse ispiratrici, quella che gli aprì le porte
della fantasia e gli permise, a sua volta, di far rivivere per il suo popolo un
patrimonio culturale e fantastico.
Puskin nasce a Mosca nel 1799. Dopo un tirocinio letterario curato, secondo i
metodi educativi della nobiltà di allora, da precettori francesi e tedeschi e
dalla già menzionata Irina, entra dodicenne nel liceo di Zarskoie Selò, il
villaggio imperiale presso Pietroburgo. L’amato liceo diviene l’ambiente
sostitutivo della famiglia. Vi rimane dal 1812 al 1817, anni durante i quali
scrive le sue prime poesie e incontra persone portatrici di nuove idee
riformatrici.
Terminato il liceo, entra nella burocrazia ed ha un impiego al ministero degli
affari esteri. Nel 1820 ottiene il suo primo successo col poema Rùslan e
Ljudmilla, di argomento frivolo, sensuale e licenzioso, il quale agì come
manifesto delle nuove tendenze romantiche e irritò i classicisti. L’aggiunta
poi di alcuni componimenti ‘rivoluzionari’ gli valsero il confine a
Ekaterinislav, nella Russia Meridionale, dove fu ospite della famiglia Raevskij.
Viaggia
in Crimea, nel Caucaso e nel 1820 raggiunge la nuova sede di Kisinev in
Moldavia, dove rimane per tre anni, fino a quando gli fu concesso il
trasferimento ad Odessa dove può godere di una tenore di vita più libero e
spensierato, segnato da due amori: quello per la dalmata Amalia Riznic e per la
moglie del governatore locale. Nel 1923, intercettata una sua lettera in cui
esprimeva idee favorevoli all’ateismo, viene definitivamente licenziato dalla
burocrazia imperiale e costretto ad un isolamento nella tenuta familiare di
Pskov. Ciò valse a tenerlo lontano dalla rivolta decabrista del 1825.
Salito al trono lo zar Nicola II, è da questi chiamato a Mosca dove ottiene il
perdono, una realtà che lo paralizza e lo emargina in quanto il suo
compromesso col potere allontana da lui i giovani.
Nel 1830 sposa Natalia Gonciarova, donna bella ma frivola. Nascono quattro
figli…e una serie di dispiaceri per la condotta della moglie, alimentata dai
pettegolezzi di corte. Uno di essi, assai pesante, lo costringe a sfidare in
duello il barone francese Georges D’Anthés, che lo ferisce a morte.
Muore due giorni dopo, il 27 gennaio 1937:
Nella sua opera emergono i romanzi orientali, scritti a Kisinev durante
l’esilio. In essi si avverte l’influsso di Byron, ma anche l’adesione allo
spirito russo di cui Puskin era un autentico conoscitore. Così nacquero Il
prigioniero del Caucaso (1820-21), La fontana di Bachcisaraj (1822),
I fratelli masnadieri (1821) dove cronaca e storia, biografia e leggenda
concorrono a rendere realistiche le vicende narrate. Comunque la fama di Puskin
è legata al romanzo in versi Eugenio Onegin, iniziato nel 1823 e
terminato nel 1831. I due personaggi Onegin, sempre autoindulgente, e Tatiana,
donna virtuosa ma non puritana né moralista, possono essere considerati i
capostipiti di molti futuri personaggi della letteratura russa.
Tra le altre opere di Puskin vanno ricordate: Poltava (1828) in cui alla
storia di un vecchio cosacco si intreccia il motivo epico della lotta fra Pietro
il Grande e Carlo di Svezia; Il cavaliere di bronzo, scritto nel 1833 ma
pubblicato postumo nel 1841, basato sul conflitto fra la ragione di stato e i
diritti dell’individuo.
Nel campo della prosa e del teatro vanno pure ricordate le opere: La figlia
del capitano (1836) basata sulla rivolta di Pugacev; La donna di
picche (1834); il lavoro teatrale in prosa e versi Boris Gudonov
(1825), primo tentativo russo sulla scia shakespiriana; Mozart e Salieri, Il
festino durante la peste, Il cavaliere avaro, Il convitato di pietra.
Ma presso i giovani in particolare Puskin viene oggi ricordato per le sue
splendide fiabe in versi, scritte tra il 1830 e il 1834 e raccolte nel volume
Le veglie in una fattoria presso Dikan’ka. Si tratta delle fiabe:
Lo zar Saltan, il principe Guidone la principessa cigno; Il pescatore e il
pesciolino d’oro; Il pope e il suol servo Baldà; La principessa morta e i sette
eroi; Il galletto d’oro.
Le fiabe, pur imbevute di una tradizione che affonda le radici nell’animo
orientale, non mancano di rifarsi alla cultura occidentale di cui era impregnato
il suo spirito romantico. Puskin è il narratore del popolo russo, ma nel suo
tempo non fu capito e fu accusato di populismo. Si disse che la sua produzione,
troppo legata al mondo della fiaba, era scadente, non degna di un poeta quale
egli era. Per molti critici del suo tempo gli elementi reali presenti nelle sue
fiabe, i riferimenti concreti, non si conciliavano con l’elemento fantastico che
sta alla base di ogni fiaba. Nella stessa collana “Biblioteca per la lettura”
dove apparvero, furono accolte come un divertissement che solo una
persona di talento poteva concedersi nei momenti di relaxe. Altri grandi
scrittori le considerarono opere poco significative, buone intenzioni, non certo
opere capaci di sopravvivere all’autore. Puskin, invece, come Andersen, scrisse
fiabe letterarie. Ma tra Andersen e Puskin vi è una differenza: nel danese manca
la penetrazione profonda dell’animo popolare che contraddistingue l’opera del
russo ed è solo marginale l’utilizzo delle tradizioni del proprio paese. Anche
il carattere russo viene evidenziato nelle fiabe di Puskin: basta leggere Il
pope e il suo serbo Baldà, per notare come il servitore assommi tutte le
caratteristiche di chi per secoli è stato costretto a ubbidire e servire
umilmente, ma senza perdere la propria umanità e dignità.
Poeta dei buoni sentimenti, poeta del popolo e della gente umile, non disdegnava
mescolarsi ad essa per partecipare alle sue gesta e per meglio coglierne
l’essenza e l’animo.
LIBRI
Evgenij Oniegin.
Un giovane russo corteggia una romantica fanciulla di provincia, Tatiana, fino a
farla innamorare perdutamente. Poi, con raffinata crudeltà, l’abbandona e
rivolge le sue attenzioni alla sorella Olga, amata da Lenskij, un poeta
idealista, amico di Oniegin. Venuto a diverbio con l’amico, lo uccide in duello
e deve riparare all’estero. Dopo anni torna a Pietroburgo dove riprende la vita
mondana. Ad un ballo incontra Tatiana, sposa di un vecchio generale. Oniegin
tenta di risuscitare nella donna i sentimenti di un tempo, ma Tatiana, ormai
smaliziata, lo respinge.
Il galletto d’oro.
Lo zar Dadone, ormai vecchio, non riusciva più a difendere col suo esercito i
confini del regno dagli attacchi dei suoi nemici perché questi attaccavano
imprevedibilmente da ogni parte. Chiesto ad un mago come potesse difendersi,
questi gli consegnò un galletto d’oro che avrebbe cantato quando qualcuno avesse
osato varcare le frontiere. In cambio il mago chiese di essere esaudito in un
suo desiderio, ma lo avrebbe espresso quando più gli faceva comodo. Lo zar
accettò e il galletto

funzionò a dovere tanto che i nemici non osarono
più sferrare attacchi di sorpresa senza essere preceduti dal canto del gallo.
Passarono anni di pace. Un giorno il galletto riprese a cantare e si voltò a
guardare dalla parte dove il nemico sarebbe giunto. Lo zar inviò uno dei figli
con una parte dell’esercito. I giorni passarono ma nessuna notizia pervenne dal
fronte. Il gallo continuò a cantare e lo zar inviò il secondo figlio. Neppure
questi diede più notizie. Allora l’anziano zar partì con tutte le sue truppe ma
non trovò nulla, tranne una tenda abbandonata in cui vide i corpi trafitti dei
figli. Mentre impietrito li guardava, giunse una bellissima fanciulla che disse
di essere la regina di Samachan. Lo zar se ne invaghì e decise di sposarla.
Ritornò alla capitale e tra il tripudio del popolo vide venirgli incontro il
mago che gli chiese di onorare la promessa fatta e gli chiese la mano della
regina. Lo zar rifiutò. Ne scaturì un diverbio durante il quale lo zar colpì a
morte con lo scettro il mago. Il galletto che aveva assistito alla scena, volò
sul capo dell’uccisore e lo colpì ripetutamente alla nuca fino ad ucciderlo. Poi
volò via. Morto lo zar, la regina sparì improvvisamente.
Il pescatore e il pesce d’oro
Un povero pescatore trova nella rete un pesciolino d’oro il quale lo prega di
lasciarlo libero dietro una ricompensa. Il pescatore, assai generoso, non
pretende nulla e lo lascia libero. La moglie, venuta a conoscenza del fatto, va
su tutte le furie e ordina al marito di tornare in riva al mare e di chiedere al
pesce un mastello nuovo in cambio di quello che si è rotto. Viene esaudita.
Allora rimanda il marito dal pesce per chiedere un’isba. Non contenta e sempre
più avida, vuole un palazzo, poi una reggia, poi diventare zarina e, infine,
regina del mare per avere il pesciolino sotto il suo controllo. A questo punto
il pesciolino ritira tutti i doni e il pescatore e la moglie si ritrovano poveri
come prima. La fiaba è pure riportata dai F.lli Grimm, solo che la moglie chiede
di diventare… Dio.
Il
pope e il suo servo Baldà. Un
anziano pope si recò al bazar per cercare un servo che lo servisse. lavorasse
molto e chiedesse un salario basso. Gli si presentò Baldà. “Eseguirò – disse il
servo - tutti i lavori in casa e nei campi. Mi darai da mangiare e da dormire.
In compenso chiedo come paga di poterti dare a fine anno tre pacche in testa. Se
non ti accontenterò potrai mandarmi via”. Il pope accettò e non se ne pentì
perche il servo era un vero lavoratore fido e onesto. A fine anno,
avvicinandosi il momento della paga e non volendo prendere pacche in testa, il
vecchio pope parlò con la moglie. Costei gli disse: “Affidagli un’impresa
impossibile e se non la porta a termine, licenzialo!”. Il pope disse allora a
Baldà di andare da alcuni diavoli i quali non gli pagavano da anni un tributo.
“Fatti restituire tutto il denaro che mi devono e portamelo!” Baldà andò in
riva al mare, chiamò i diavoli i quali, restii a pagare, gli imposero a loro
volta tre prove. Se le avesse superate gli avrebbero pagato il tributo, se no
quello sarebbe rimasto nelle loro mani. Il furbo Baldà accettò, superò le prove,
ritornò col sacco pieno di monete e pretese la paga. Il povero pope non poté
tirarsi indietro e porse il capo. La prima pacca lo mandò a sbattere contro il
soffitto; la seconda gli fece perdere la parola e la terza gli staccò il
cervello. “Così impari a voler spendere poco” concluse Baldà soddisfatto.
La principessa morta e i sette eroi.
Rimasto vedovo con una bambina ancora in fasce, lo zar Saltan si sposa con una
bellissima giovane. Costei possiede uno specchio parlante che le ripete
continuamente di essere la donna più bella. Passano gli anni. La figliastra
cresce e un bel giorno lo specchio dice alla zarina che la più bella è la
figliastra che sta per sposare il principe Elisej. Rosa dall’invidia la zarina
ordina ad una sua serva di portare la figliastra nel bosco, di legarla e di
lasciarla in pasto ai lupi. La serva, presa da pietà, si limita a liberarla e la
fanciulla comincia a vagare nel bosco, finché non trova una capanna abitata da
sette guerrieri che la prendono a benvolere e la rispettano come una sorella.
Passa il tempo e un giorno la zarina, interrogando lo specchio, apprende che la
figliastra è ancora viva. Infuriata ordina alla serva, pena la morte, di trovare
il mezzo di ucciderla. La serva ci riesce consegnando alla fanciulla una mela
avvelenata e ai sette guerrieri non rimane che seppellirla in una bara di
cristallo in fondo ad una caverna. Il promesso sposo, intanto continua a vagare
per il mondo alla ricerca della sua amata. Chiede a chiunque incontri se l’hanno
vista, ma neppure il Sole e la Luna a cui si rivolge sono in grado di dirgli
dove si trova. Solo il Vento, che si intrufola dappertutto, glielo svela. Elisej
raggiunge così la caverna e trova la bara sospesa a mezz’aria. Al principe basta
infrangere il cristallo per ridare la vita alla fidanzata. La malvagia zarina
nel vederli ritornare felici muore di rabbia. (È la variante russa di
Biancaneve)
Russlan e Liudmila.
Scritto nel 1820 il poema è in sei canti basati su una leggenda popolare di cui
il poeta seguì molto liberamente la trama. L’argomento di gusto francese è
frivolo e licenzioso e la sensualità dei suoi episodi contribuì al successo.
Lo zar Saltan, suo figlio Guidone e la
bellissima principessa cigno. Tre
sorelle, parlando tra di loro dicevano che se avessero avuto la possibilità di
diventar zarina avrebbero la prima imbandito un pranzo per tutti i poveri del
mondo, la seconda tessuto un manto per ricoprire la terra e la terza dato un
figlio maschio allo zar. Lo zar che aveva ascoltato, sposò quest’ultima ma
invitò a vivere a corte anche le sorelle. Mentre era lontano nacque un figlio ma
le sorelle fecero sapere all zar che era nato un piccolo mostro, poi fecero
chiudere la madre e il figlio in una botte e la fecero gettare in mare. La botte
approdò in un’isola lontana dove madre e figlio vissero. Passarono gli anni. Un
giorno il bimbo riuscì a liberare un cigno dagli artigli di un avvoltoio. Il
cigno, che in realtà era una principessa traformata in un uccello, era fatato.
Per ricompensa il cigno fece sorgere sull’isola una città e nominò re il giovane
salvatore, che si chiamava Guidone. Poi il cigno si trasformò in una fanciulla e
lo sposò. Lo zar Saltan, sentito nominare il regno di Guidone, volle visitarlo.
Ritrovò così la moglie e il figlio. Le due sorelle furono perdonate.
FILATELIA
guarda
l'album
BIELORUSSIA 1999
(299) , CECOSLOVACCHIA 1949 (508),
D.D.R. 1984 (2543-47), ETIOPIA 2000 (1510), KIRGHISISTAN 1999
(145+ BF 22), MOLDAVIA 1999 (266), POLONIA
1968 (1681), ROMANIA 1947 (953), 1949 (1089-80),
RUSSIA 1937 (590-5), 1947 (1079-80), 1949
(1341-45 + BF 12), 1955 (1754), 1956/7 (1885),
1959 (2194), 1961 (2380), 1962 (2493),
1963 (2744), 1969 (3553), 1974 (4042A),
1975 (4220), 1977 (4358), 1982 (4925),
1987 (5415), 1997 (6262-66); BF 237), 1998
(6343-47), 1999 (6406-7 + BF 244), 2004
(BF), SENEGAL 1972 (376), SAN MARINO 2003 (1895),
UCRAINA 1999 (368), UNGHERIA 1979 (2698)

QUINTANA MARIO
(Brasile)
Nato ad
Alegrete il 30 luglio 1906. Muore a Porto Alegre il 5 maggio del 1994.
Scrittore, poeta, giornalista, traduttore e autore anche di
libri per bambini
Iniziò la carriera nel 1928, entrando al
giornale “Estado do Rio Grande”e dopo avere partecipato alla Rivoluzione
del 1930,
si trasferì a Rio de Janeiro.
Nel 1936 tornò nel Rio Grande do
Sul, a Porto Alegre, e lavorò con E. Verissimo alla Livraria do
Globo. Fu un eccellente traduttore
di Charles
Morgan, Rosamond Lehman, Lin Yutang, Marcel Proust, Voltaire, Virginia
Woolf, Giovanni Papini, Guy de
Maupassant.
Nel 1981 ha ricevuto il Premio Jabuti
come personalità Letteraria dell' anno.
In una intervista del 1984 disse di essere nato prematuramente, cosa che
lo lasciò un poco complessato in quanto non gli pareva di essere pronto e
preparato alla vita. In seguito se ne fece una ragione, quando scoprì che Winston Churchill e Isaac Newton erano
nati prematuri. Chi mi conosce afferma che sono modesto, in verità sono
orgoglioso tanto da non credere di aver mai scritto qualcosa alla mia altezza.
Un poeta soddisfatto non soddisfa il pubblico. Dicono pure che sono timido. Niente affatto: sono taciturno,
introspettivo. Nella mia poesia ricerco sempre la forma, il
dosaggio delle parole e adoro la sintesi. A questo forse concorre il fatto di
aver lavorato per cinque anni in una farmacia. È quanto devono aver provato
Carlos Dummond de Andrade, Alberto Oliveira, Erico Verissimo che ben conoscono
la lotta amorosa con le parole. (da Internet)
FILATELIA
BRASILE Anno
2005 (2919)
HOME | A | B |
C | D |
E | F |
G | H |
IJK | L |
M | NO | P-Q | R |
S | T-U |
V | W-Z |
|