Earl William Johns (pseud. Captain WE Johns)

(Inghilterra)

 

Nato a Bengeo, Hertfordshire, il 5 febbraio 1893. Morto il  21 giugno 1968.

Figlio di un sarto,  nel gennaio del 1905, ha frequentato la Hertford Grammar School. Non  era uno studente modello, come si rileva dal suo libro  Biggles Goes to School (1951). Nell'estate del 1907 fu per quattro anni apprendista geometra in una contea comunale e nel 1912 fu nominato ispettore sanitario a Seaffhan nel Norfolk.  Dopo la morte del padre si arruolò nel Territorial Army e fu assegnato al King's Own Royal Regiment.

Il reggimento. fu mandato oltremare nel settembre del 1915. Combatté a Gallipoli, sul fronte macedone e in Grecia. Ammalatosi di malaria, fu ricoverato in ospedale. Dopo la malattia fu aggregato nel 1917 al Royal Flying Corps e inviato in Inghilterra a Coley Park per l'addestramento al volo.

Il 1 ° aprile 1918, fu nominato istruttore di volo presso Marske-by-the-Sea nel Cleveland e come tale rimase fino all’agosto 1918, quando si trasferì sul fronte occidentale.  Pilotò diversi tipi di aerei e all’inizio del 1918 il suo de Havilland DHS fu abbattuto. Catturato,  rimase prigioniero fino alla fine della guerra.

Dopo la guerra rimase nella RAF fino al 1927.

Durante gli anni passati nell’esercito si dedicò alla scrittura di romanzi per adulti e per ragazzi.

Il primo romanzo, Mossyface, fu pubblicato nel 1922. Johns diventò corrispondente di un giornale; nel marzo de 1932 fondò la rivista “Popular Flying”, e fu su quelle pagine che, sotto lo pseudonimo di Cap. WE Johns,  apparve Biggles, il suo personaggio più popolare.

Durante la seconda guerra mondiale il Ministero dell’Aeronautica si servì dei suoi libri a scopi propagandistici ( vedi Biggles & Co (1936) cui la trama ruota attorno ai preparativi tedeschi per la conquista dell’Inghiterra e alla storia Biggles Air Commodore (1937) che allude ai preparativi giapponesi per la conquista delle colonie britanniche in Estremo Oriente.

Johns continuò a scrivere storie per adulti e per ragazzi fino alla sua morte avvenuta nel 1968. In tutto, quasi un centinaio di libri.

Fu uno dei pochi scrittori per ragazzi di quel periodo e creò diversi personaggi tra cui Ginger  Habblethwaite, il capitano  Lorrington, l’aviatrice Joan Worralson (che servì al Ministero dell’Aeronautica per invogliare le giovani donne a aderire al  Women’s Auxiliary Air Force ) e l'astronauta pionieristico Cap.Timothy "Tiger" Clinton, che per primo pilotò un razzo nello spazio nel 1954.

Tra la sua produzione per l’infanzia sono da ricordare i libri: Champion of the man, Sinistre Service, Comrades in arms, Adventure bound, Adventure Unlimited, Where the golden Eagle soars, Adventures of the junior detection club.

 

FILATELIA

INGHILTERRA Anno 1994  (1743)

 

 

 

EBNER-ESCHENBACH MARIE von

(Austria)

 

Nata a Zdislavice, Moravia, il13 settembre 1830. Morta  a Vienna il 12 marzo 1916.

Di nobile famiglia prima morava  e poi viennese, baronessa, contessa Dubsky, cerca sempre nelle sue opere di conciliare le due culture, tenendosi distaccata dalla nobiltà asburgica di cui faceva parte. La decadenza della società viennese viene abilmente descritta nel libro Le due contesse (1884).  In seguito, sotto l’insegnamento delle opere di Gogol e di Turgheniev tratta la situazione degli artigiani e dei contadini, come si riscontra nei romanzi Lotti l’orologiaio (1881) e  Il figlio della comunità (1887). Nell’ambientazione resta legata ai paesaggi della sua terra morava, sempre presente nei romanzi  Bozena (1885), Storie del castello e del villaggio (1883-1886).

É una voce equilbrata nei primi fermenti nazionalistici che dovevano portare alla disgregazione della compagine asburgica.

Il suo messaggio è contenuto per lo più negli Aforismi (1880), negli scritti autobiografici. Arriva alla letteratura dopo un esordio di drammi di scarso valore, tra i  quali si salva Maria di Scozia.

 Ebner lascia anche parabole, fiabe e poesie per bambini comprese nel volume Parabeln, Märche,  Gedichte (1892)

 

 

 

FILATELIA

GERMANIA  1980  (903) 

 

 

 

Egner  THORNbjØrn

(Norvegia)

 

Nasce il 12 dicembre 1912 a Oslo, e ivi  muore il 24 dicembre 1990

 Cantautore, scrittore e illustratore di libri per bambini. Lavora presso la radio  norvegese occupandosi di trasmissioni rivolte al mondo dell’infanzia. Scrive libri per bambini.

Nel 1979 ottiene il premio Cappelem e altri riconoscimenti.Tra i suoi racconti sono da ricordare: Karius e Baktus. Il toporagno dell’albero. I vagabondi di Cardampon.  Il commissario Bastiano.

Muore a Oslo nella notte dio Natale del 1990  per un attacco cardiaco.

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NORVEGIA 1984 (870/3)

 

Eichendorff Joseph von

(Germania)

 

Studia diritto e filosofia a Halle e a Heidelberg e termina gli studi a Vienna. Nel 1813 combatte i francesi nelle file prussiane, arruolandosi volontario.

Perso il castello (1822) e il patrimonio, si guadagna da  vivere come funzionario prussiano dal 1816 al 1844, anno in cui andò in pensione.      

Muore  a Neisse il 26 novembre 1857.

Cattolico e romanticista fu uno dei poeti della restaurazione.

Esordisce in campo letterario col romanzo Presentimento e presente (1815). Segue nel 1817 La statua di marmo,  il racconto Dalla vita di un perdigiorno del 1826, che risulta essere l’opera più riuscita e  I poeti e i loro compagni (1834). Scrive anche commedie tra cui I pretendenti del 1833.

Collabora ad una importante raccolta di poesia popolare Il corno magico del fanciullo, assieme ad Arnim e Brentano.

Eichendorff fu essenzialmente un lirico. Nei suoi Lieder, tra i più belli della produzione tedesca, celebra la misteriosa armonia tra sentimento e natura, e ne coglie le profonde implicazioni religiose.

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GERMANIA  DDR Anno 1957  (151), 1988 (fog 91), 1988 (1188)

 

 

ELIN PELIN pseud. di Dimitar  Ivanov Stovanov

(Bulgaria)

 

Nacque l'8 luglio del.1877 a Bajlovo, nella provincia di Sofia. Fin da piccolo si appassiona alla lettura e ancora ragazzo comincia a pubblicare racconti su numerose riviste, raggiungendo a soli 20 anni una grande popolarità. Segue il percorso comune a molti scrittori del suo tempo, iniziando come maestro elementare nei villaggi, dove organizzava centri culturali e collaborava attivamente a numerosi giornali e riviste letterarie; lui stesso è fondatore e redattore di alcuni, fra cui "Selska razgovorka" (Chiacchierata contadina), "Balgaran" (Bulgaraccio); cura inoltre l'edizione di alcuni periodici per bambini "Svetulka" (Lucciola), "Pateka" (Sentiero). Completa gli studi durante un soggiorno in Francia. Al suo ritorno occupa un posto di bibliotecario presso La Biblioteca Nazionale di Sofia e conservatore presso La Casa-Museo di I.Vazov. Nel 1940 diviene Presidente dell'Unione degli scrittori bulgari.

Considerato il miglior narratore e interprete della vita di campagna, creò una galleria di personaggi indimenticabili, che entrarono ben presto a far parte nella coscienza nazionale. Attento e affettuoso conoscitore dell'ambiente paesano, seppe ricrearlo maestosamente nello spazio breve del racconto, che fu il suo genere prediletto. Il maggior pregio delle sue opere è dovuto ad un realismo genuino, non privo di note liriche, e al suo stile narrativo inconfondibile fatto di luce e colori. Nei suoi personaggi si specchia l'essenza stessa della Bulgaria contadina e lo spirito vitale del contadino bulgaro, pronto a sorridere ora bonario ora burlesco, anche nei momenti più difficili e tristi.

Oltre ai numerosi racconti, ha pure scritto due romanzi brevi: Geracite e Zemja, in cui interpretò i profondi cambiamenti avvenuti nell'amato villaggio. In Geracite (Gli Sparvieri), considerato a ragione fra i capolavori della letteratura bulgara novecentesca, affronta il tema del contrasto fra l'ambiente paesano e la città vista come fonte di minacce e rovina, dando un'ampia e suggestiva testimonianza del declino dell'antico mondo patriarcale, fondato sull'unità famigliare e l'amore per la terra.

Importanti le raccolte di racconti Confessione (1903), Andreshko (1904). In Italia sono apparsi con i titoli:  Racconti (1984) e Sotto la pergola del monastero (1985). 

 

FILATELIA

BULGARIA  Anno 2005 

 

 

 

 

ENDE MICHAEL ANDREAS

(Germania)

 

Nato nel 1929 in Baviera.

Figlio del pittore surrealista Edgar, trascorre l’infanzia in ambienti artistici e letterari e, prima di dedicarsi alla narrativa fantastica, lavora attivamente nel mondo dello spettacolo, curando regie per il München Theater, scrivendo testi per la radio e la televisione, ed impegnandosi come attore teatrale.

Esordisce come scrittore, negli anni Sessanta, con i racconti per ragazzi Jim Knopf und Lukas der Lokomotivführer e Jim Knopf und die Wilde 13.

Nel 1970 si trasferisce in Italia, dove - tre anni più tardi - pubblica Momo. Il romanzo, dapprima passato quasi inosservato, ottiene il meritato successo solo dopo la pubblicazione - nel 1979 - di Die Unendliche Geschichte, che rivela al grande pubblico il nome di Ende

 

Opere: Jim Knopf und Lukas der Lokomotivführer (1960) (Le avventure di Jim Bottone), Jim Knopf und die Wilde Dreizehn (1962), (La terribile banda dei "tredici" pirati) (1962), Momo (1973), Die Unendliche Geschichte (1979) (La storia infinita), Das Gauklermärchen (1982) (La favola dei saltimbanchi), Der Spiegel im Spiegel (1986) (Lo specchio nello specchio), Der satanarchäolügenialkohöllische Wunschpunsch (1989) (La notte dei desideri), Das Gefägnis der Freiheit (1992) (La prigione della libertà), Norbert Nackendick (1978) (Il mangiasogni)

 

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Germania  Anno 2001

 

 

EROSHENKO VASILY YAKOVLEVICH

(Russia)

 

Nato nel 1889.  Morto nel 1952.

Non vedente e poeta esperantista. Ha vissuto in Giappone e in Cina.  Eroshenko è autore di tredici favole e  un dramma.

 

FILATELIA

UKRAINA  Anno 2003,  URSS Anno 1989 

 

 

 

 

 

 

ESOPO

(Grecia)

 

Una citazione tratta dalla Vita di Esopo, così ce lo presenta: “Esopo era  il più brutto dei suoi contemporanei: aveva la testa a punta, il naso schiacciato, il collo cortissimo, le labbra sporgenti, e la pelle scura: da qui il suo nome che significa ‘negro’. Panciuto, storto, curvo, sorpassava in bruttezza il Tersite di Omero, ma,  cosa ancor peggiore, era lento ad esprimersi e la sua parola era confusa e inarticolata”.

Dopo Omero, è il più antico scrittore greco di cui si abbiano notizie, purtroppo così vaghe e frammentarie che le vicende della sua vita si presentano contraddittorie al punto  che persino i greci lo considerarono un personaggio semileggendario.

Le notizie più dettagliate su di lui si ricavano da una Vita di Esopo scritta nel XIV secolo dal monaco Massimo Planude, che le raccolse e le ricavò da vari testi del passato, risalendo a Erodoto e a Plutarco i quali nelle loro opere parlano di Esopo, ritenendolo uno schiavo frigio, vissuto nel VI secolo a.C.

Incerto  è, comunque,  il suo luogo di nascita. Lo si vuole genericamente nato in Asia Minore: chi lo vuole nativo della Tracia, della Beozia, della Frigia, di Samo, di Sardi o, infine, nato in una città dell’Egitto.  Del suo aspetto si sa poco La più nota delle raffigurazioni pervenuta sino ai nostri tempi è un artistico e realistico busto che si trova a Roma, nella Villa Albani. Nell’immaginario popolaresco viene descritto come una specie di gnomo brutto, gobbo, balbuziente,  furbo e uomo di buon senso (che richiama subito alla memoria il Bertoldo del Croce). Erodoto dice che era uno schiavo, forse di proprietà di un certo Iadmone. La Fontaine nel suo primo libro di favole narra diffusamente la vita di Esopo attingendo dall’opera del monaco Planude e segue la leggenda che lo vuole schiavo del filosofo Xanto.

Su Esopo esiste una biografia, il Romanzo di Esopo,  scritta probabilmente nel IV secolo d.C.  Dei primi anni della sua vita nulla si sa.  Sembra sia nato verso la cinquantasettesima Olimpiade (duecento anni prima della fondazione di Roma). Il suo primo padrone lo manda a lavorare nei campi. Balbuziente, dopo essere stato cortese con due sacerdoti di Diana i quali pregarono Giove di ricompensarlo, ha la fortuna di parlare normalmente e in più la facoltà della saggezza. Accusato da un servo presso il padrone al quale riferì che Esopo, acquistato l’uso della favella normale, se ne serviva per bestemmiare e per dire  male di lui, viene assegnato affinché ne facesse quello che voleva a Zenas. Costui lo vende ad un filosofo presso il quale Esopo rimane a lungo. Al nuovo padrone lo schiavo, sfruttando il suo spirito ingegnoso e sottile, rende alcuni favori ed è da questi ricompensato con l’affrancamento.

Esopo comincia così a peregrinare attraverso l’Egitto, la Babilonia  e la Lidia. Frequenta ed è  bene accolto per la sua saggezza dal re Nectanebo; è ospite presso la corte del re Creso e di altre persone potenti  che volevano godere delle sue conoscenze, ascoltare le sue favole e e i suoi motti di spirito a volte sarcastici e mordaci.

Dalla biografia si possono ricavare dati approssimativi circa il periodo della sua vita. Essendo il suo nome collegato a Creso, ai Sette Sapienti e a Solone, lo si può collocare fra il VII e VI secolo a.C.. e sembra sia morto durante la  54° Olimpiade (564-561 a.C.).

La sua morte avviene a Delfi. Si racconta che Esopo aveva  con le sue favole disprezzato gli abitanti della città, accusandoli di vivere oziosamente e di sfruttare gli stranieri che venivano per consultare l’oracolo pitico. In una di esse paragona gli abitanti di Delfo a dei bastoni che galleggiano, dicendo che da lontano sembrano qualcosa di importante, ma da vicino non son altro che legno. Il paragone gli costa caro. Accusato di furto sacrilego, la sottrazione dal tempio di un vaso sacro ad Apollo che qualcuno gli aveva messo nella bisaccia, e il ritrovamento dello stesso vaso nella sua bisaccia, gli valgono la condanna a morte: doveva essere gettato dalla rupe Iampea. Nega il furto, inutilmente. E come testamento morale lascia la favola La rana in cui dice chiaramente che qualcuno avrebbe punito la loro malvagità.  Gli abitanti di Delfo non se ne curarono e la sentenza viene eseguita. Sempre secondo questa leggenda, il dio Apollo ne vendica la morte, facendo scoppiare in città una epidemia e altri disastri che sarebbero cessati solo dopo sacrifici fatti agli dei per riabilitare il nome di Esopo. Cosa che avvenne  e  che servì a diffondere maggiormente la fama del favolista.

Quante favole abbia scritto non si sa: non certo le oltre cinquecento che gli vennero attribuite. Un considerevole numero di esse è presente in un’opera dello scrittore, filosofo e bibliotecario Demetrio Falereo, oratore e filologo, vissuto in Atene, il quale raccolse nel IV secolo a.C. circa quattrocento favole. È naturale che il numero sia cresciuto col passare degli anni in quanto al nucleo originale si andarono via via  aggiungendo tutti i racconti che potevano avere una analogia formale e sostanziale con  le favole già presenti e che potevano servire come materia di esercizio nelle scuola.

La struttura con cui le favole si presentano è semplice. Si tratta di un breve componimento senza fronzoli superflui in cui i protagonisti, per lo più animali, incarnano una qualità, positiva o negativa, attinente all’uomo. Il racconto si conclude invariabilmente con una massima morale il cui scopo è l’insegnamento.

I favolisti che seguirono attinsero a piene mani dall’opera di Esopo, da Babrio a Fedro, dagli autori medievali a quelli del Cinquecento fra cui Agnolo Firenzuola, autore nel 1540 di La prima veste dei discorsi degli animali  a La Fontaine.  Ai tempi nostri si ricorda la raccolta di favole in romanesco, scritte da Trilussa, attento e pungente commentatore del vivere sociale..

 

FIABE

 

L’avaro e l’oro  Un avaro convertì tutte le sue sostanze in un’unica verga d’oro che seppellì in un posto segreto. Ogni giorno andava a visitare la ‘tomba’ per assicurarsi che nessuno l’avesse scoperta. Un operaio vedendolo andare ogni giorno nello stesso posto, si insospettì. Lo segui e nottetempo rubò la verga. L’avaro, vedendo un buco vuoto, cominciò a disperarsi ma un passante, appreso il fatto, gli disse, : “A te quell’oro non è mai servito quando lo avevi e, quindi, era come se tu non lo possedessi. Sotterra nella buca un sasso e faì conto che sia la tua verga. Ti farà lo stesso servizio.”

La cicala e la formica  Una cicala cantò per tutta l’estate, disprezzando la piccola formica che faticosamente portava nella sua tana le provviste  per l’inverno.  Quando giunse l’inverno e tutto il terreno fu ricoperto dalla neve, la cicala tremante e affamata andò a bussare alla porta della formica, chiedendole un po’ di cibo.  “Amica mia “ rispose quella. “ “Io ho faticato per tutta l’estate, mentre tu ti sei divertita a cantare. Ebbene, ora balla!”. E le chiuse l’uscio in faccia.

Il cieco e il paralitico

Il cieco e il topolino

L’eremita e l’orso   

I gatti litigiosi  

Giove e Mercurio  Creato l’uomo e la donna, Giove disse a Mercurio di accompagnarli sulla terra e di spiegar loro come procacciarsi di che vivere lavorando il suolo. Ma Gea (dea della Terra) non era di questo avviso. Dietro le minacce di Mercurio, dovette cedere e ubbidì all’ordine di Giove, ma disse: “Lavorino pure la terra, ma me la pagheranno con sospiri e lacrime.”

Il leone e il topo   Un leone aveva catturato un topo che lo aveva svegliato dal sonno. Era indeciso se mangiarlo o risparmiarlo. Alla fine, di fronte a quel misero boccone, lo lasciò libero. “Non te ne pentirai!” lo ringraziò il topo. Qualche tempo dopo il leone rimase catturato da una rete tesa dai cacciatori. Pur dimenandosi e usando le unghie non riuscì a liberarsi. Il topo accorse in suo aiuto e, rodendo le corde, gli restituì la libertà.

Il leone e la gazzella

Il mugnaio, il figlio e l’asino  Un mugnaio, legate le gambe di un asinello che voleva vendere, se l’era messo in spalla e in compagnia del figlio andava al mercato. La gente che lo vide disse “Ma chi è la bestia? Quella che sta sotto o sopra?” Allora il mugnaio slegò le gambe all’asino e gli mise in groppa il figlio. E la gente:”Ma guarda tu! Il padre vecchio va a piedi e il figlio se ne sta comodamente sull’asino.”  Allora il mugnaio salì sull’asino e lasciò il figlio a piedi. “Poverino – diceva la gente – lui a cavallo e il figlio arranca a piedi!”  Il mugnaio scese e col figlio si misero dietro l’asino. Ma le critiche continuarono. Nessuno era contento. Il mugnaio concluse: “Da questo momento dite quel che volete, ma io farò di testa mia!”

Prometeo e gli uomini  Obbedendo a un ordine di Giove, Prometeo plasmò gli uomini e gli animali. Vedendo, però, che gli animali erano più numerosi, disse a Prometeo di trasformarne una buona parte in uomini. Prometeo eseguì l’ordine.  Ecco perché molti uomini hanno un corpo da uomo ma un’anima da bestia.

L’orso e il viaggiatori    Due viaggiatori si imbatterono in un orso. Il più svelto dei due salì su un albero, l’altro si gettò a terra e si finse morto. Sapeva che gli orsi non si cibano di cadaveri. L’orso, infatti, gli si avvicinò, gli annusò la testa poi se ne andò. Quando l’altro viaggiatore scese  dall’albero, gli chiese: “Che cosa ti ha sussurrato l’orso nell’orecchio?”  “Di non viaggiare mai con un compagno che nel pericolo ti abbandona e fugge.”

I topi, il gatto e il campanello  Un gruppo di topi, braccati da un grosso gatto che li attaccava sempre di sorpresa, decisero di difendersi appendendogli un campanellino al collo, così lo avrebbero sentito in tempo per poter fuggire. “Buona idea! – disse uno di loro. – Ma chi andrà ad appendergli la campanella al collo?”

Il topo di campagna e il topo di città  Un topo di città aveva invitato un topo di campagna ad un pranzo nel suo appartamento. Davanti alla tavola imbandita i due cenavano allegramente, quando un rumore strano li spaventò. Il topo di città fuggì, seguito dall’amico. Prima di accomiatarsi, il topo di campagna disse: “Domani venite  da me. Non ci saranno tavole imbandite o tappeti d’Oriente, ma almeno non ci sarà nulla che ci spaventerà.”

I tre porcellini e il lupo   La favola ha origini letterarie antiche. La narrò Esopo, la ritroviamo nel medioevo e figura nei Nursery Tales (1868) di H.Callaway. Le versioni sono molte, ma riconducibili ad unico tema. Ci sono tre porcellini, un lupo e tre casette. Quando tenta di entrare nella prima, fallisce. Così nella seconda. Quando poi tenta di entrare nella terza attraverso il camino, finisce in un pentolone di acqua bollente.  In certe versioni solo un porcellino si salva; in altre si salvano tutti e tre.

La volpe e il corvo   Un corvo, trovato un bel pezzo di formaggio, non si decideva a mangiarlo  e lo teneva stretto nel becco. Una volpe, passando sotto l’albero lo vide e cominciò a blandirlo, ad adularlo e a esaltarne la bellezza. Alla fine gli chiese se effettivamente la sua voce fosse così melodiosa come dicevano gli altri uccelli. Il corvo vanitoso volle fargliela ascoltare e aprì il becco. Il formaggio cadde e la volpe, cogliendolo al volo, fuggì.

La volpe e la capra  Una capra dalle lunghe corna se ne andava in compagnia di una volpe. Faceva caldo, avevano sete e decisero di calarsi in un pozzo. Saziata la sete, si apprestarono a uscire, ma l’orlo era molto in alto.  “Appoggiati alla parete- disse la volpe – e tieni ben alte le corna. Salirò su di te e una volta uscita, ti aiuterò a venir fuori. “ La capra ubbidì, ma la volpe , una volta uscita, disse. “Ho da farei. Se tu avessi tanta intelligenza quanto è lunga la tua barba, non saresti scesa in un pozzo. Arrangiati!”. E si allontanò.

La volpe e la cicogna   (vedi La Fontaine)

La volpe e il leone  Una volpe non aveva mai visto leoni e un giorno, incontrandone uno, ne ebbe un tale spavento che quasi morì. La seconda volta ebbe meno paura, anche se si allontanò velocemente. La terza volta trovò il coraggio di avvicinarlo e di conversare con lui. Morale: l’abitudine rende tollerabili anche le cose spaventose.

L’asino nella pelle di leone  Un asino aveva indosssato una pelle di leone e tutti, credendolo tale, ne avevano timore. Ma bastò che un orecchio d’asino spuntasse fuori dalla pelle per svergognarlo. Fu punito a suon di randellate.   

La lepre e la tartaruga   Una tartaruga sfidò una lepre in una gara di corsa. Avrebbe vinto chi avesse per primo raggiunto la vetta di un colle.   La lepre, confidando nella sua velocità, se la prese comoda. Si fermò a mangiare, a conversare con le amiche e si fece un bel pisolino, mentre la tartaruga arrancava lentamente. Svegliatasi dal sonno la lepre si accorse che la tartaruga era ormai vicina all’arrivo e partì di corsa. Ma troppo tardi. La tartaruga vinse.    

 

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ALBANIA 1975 (1637/8),  BURUNDI 1977 (737/40),  GRECIA 1987 (1621/8),  MALDIVE 1990 (1293/1300-BF 174/5),  MARSHALL ISOLE 2001 (1392), SAINT VINCENT 1992 (1452+BF 156); 1992 (1931/9+BF 251/2),  SAN MARINO 1982 (1088),  SIERRA LEONE 1985 (692),  SOMALIA 2000 (3 valori in foglietto),  SPAGNA 1959 (934),  UNGHERIA 1979 (2701), 1987 (3142/3),  ZAMBIA 1990 (528).

 

 

 

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